DALLA CAMPANIA A 17 anni è morto nella notte all’ospedale di Aversa, nel casertano, a seguito di un incidente stradale avvenuto a Casal di Principe. Il ragazzino era a bordo di uno scooter con un amico e, secondo quanto accertato dai carabinieri, i due si sono scontrati frontalmente su Corso Umberto I, la via principale della città, con una Smart. Il motorino, sostengono gli accertamenti, avrebbe tentato un sorpasso azzardato quando è sopraggiunta la vettura sulla corsia opposta. L’amico della vittima è stato portato in clinica con diverse contusioni ma è stato poi dimesso.
Russia 2018. Ma non è che, forse…
Spigolature d’opinione a quattro partite dalla fine dei Mondiali in Russia
Ma non è che, forse, venir eliminati dalla Svezia ci ha insegnato che niente è too big to fail?
Ma non è che, forse, è la volta buona ed impariamo a non arrangiarci sempre all’italiana, per cui alla fine la pellaccia la si porta a casa? (chi non ha pensato che sì, in fondo, lo spareggio in qualche modo lo avremmo vinto?)
Ma non è che, forse, vista la strada che ha fatto la Svezia, Ventura non era così male? Poi ti ricordi che giochi contro la Spagna con quattro attaccanti e che gli déi la tracotanza la puniscono sempre, e allora torni sui tuoi passi…
Ma non è che, forse, a guardare i Mondiali dalla TV abbiamo imparato che cosa vuol dire guardare la festa affacciati alla finestra altrui (qualcuno chiedendo “scusi, chi ha fatto palo?”) mentre i fortunati si spartiscono la torta e sentirsi un po’ sottosviluppati?
Ma non è che, forse, vedere i tifosi delle altre nazioni riempire gli spalti a noi negati ci fa capire che a isolarti ci perdi, e rischi di avere torto a prescindere?
Ma non è che, forse, l’eliminazione prematura di Germania, Argentina, Spagna e Portogallo ci ha insegnato che:
- Non si vince con l’esibizione muscolare e la presunzione di essere i primi, qualunque cosa accada ( Germania), se poi a eliminarti è una squadra già con le valigie pronte per il ritorno, che ha deliberatamente deciso di portare a casa almeno il tuo scalpo.
- Non si vince con il tanto possesso palla, equivalente alle chiacchiere a vuoto (Spagna).
- Non si vince neppure con l’uomo solo al comando e neppure con il superuomo della provvidenza, visto che né l’Egitto di Salah (infortunato, poveretto), né l’Argentina di Messi né il Portogallo di Ronaldo – indipendentemente dalla prestazione personale – hanno fatto molta strada.
Ma non è che, forse, partecipare al mondiale e uscire verosimilmente presto, visto il livello attuale della nazionale, ci avrebbe rovinato questo principio d’estate più del lutto elaborato per tempo da quella piovosa notte di ottobre?
Ma non è che, forse, vedere Svezia, Germania e Corea del Sud contendersi la qualificazione nello stesso girone è un gustoso contrappasso dantesco, che “Caina attende chi vita ci spense”?
Ma non è che, forse, partecipare al mondiale per venirne rapidamente eliminati avrebbe soltanto avvelenato ulteriormente il dibattito metacalcistico su chi mettere e non mettere, sul convocare questo e quest’altro, sull’importanza degli stranieri o sul fare tutto in casa?
Ma non è che, forse, lo sport, non è l’oppio che tutto placa, come qualcuno potrebbe pensare rammentando certe interpretazioni di una antica vittoria di Bartali, ma avrebbe soltanto arroventato e complicato gli scontri in un clima dove il dibattito ha già più dello stadio che dell’areopago?
Ma non è che forse, vedere l’Iran, la Svezia o l’Islanda difendersi strenuamente e a tutta squadra, sacrificandosi fino all’ultimo minuto, ci insegna di nuovo che il calcio si gioca in undici e che il catenaccio all’italiana ci ha portato lontano?
Ma non è che, forse, pur avendo suscitato così tanta simpatia, la delusione di vedere l’Islanda priva di quella luce di due anni fa, incapace di giocare se non per difendere, ci insegna la solidità e la fatica, ma anche la necessità di pensare razionalmente al futuro, per il progresso o semplicemente per buttare un pallone oltre la metà campo?
Ma non è che, forse, stante i punti precedenti, quelli che hanno coniugato meglio le varie virtù sono stati i giapponesi, con quella linea del fuorigioco da opera d’arte?
Ma non è che allora, se ci fossimo qualificati e avessimo giocato con la grinta e la tenacia dei due europei passati, un po’ avanti saremmo andati?
Ma non è che, a forza di delusioni, finiamo come Panama a festeggiare il primo gol dopo averne presi sei, vero? Perché va bene la sportività, ma siamo pur sempre l’Italia…
Ma non è che l’eliminazione di Italia, Olanda, Stati Uniti, Germania, Spagna e Portogallo ci dice qualcosa sul mondo che cambia e su quali sono le nazioni che lo guidano…
Obiezione: – … beh, ma l’Argentina, il Brasile, mica sono i paesi più ricchi del mondo…
Contro obiezione: – … Vero, ma potremmo dire che questo mondiale abbia un che di terzomondista
Contro contro obiezione : – Non mi sembra proprio; le africane sono uscite tutte subito, compreso il Senegal sul quale tanto si sperava, mentre in fondo sono arrivate la Francia, la Croazia, il Belgio e l’Inghilterra, nazioni comunque benestanti –
– Hai ragione. Delle due l’una, o non si può concludere niente, o è l’Occidente da G7 quello più in affanno, e che ormai le vere prospettive si hanno pensando in termini di G20.
– Non del tutto convincente, ma meglio. Sospendiamo il giudizio, ca a l’è mej.
Ma non è che, forse, dal calcio non si può cavare nessuna morale?
Ma non è che, forse, la Francia multietnica lanciata a tutta velocità verso la finale qualcosa ce lo insegna… ah, ‘sti francesi.
Ma non è che, forse, la partita inaugurale tra Russia e Arabia Saudita e il prossimo mondiale in Qatar rappresentano gli orizzonti del mondo futuro, ma non troppo troppo futuro, diciamo fino a quando petrolio e gas non saranno più le risorse fondamentali, cioè entro questo secolo?
Ma non è che, forse, la Russia giunta fino ai quarti di finale è stata sì una soddisfazione, ma non l’arma propagandistica che Putin magari sperava (e quindi buon per noi)?
Ma non è che, forse, il vero radical chic è chi esibisce il suo disinteresse compiaciuto per questo mondiale senza tifo fanatico,preferendogli il contemporaneo Wimbledon, i suoi campi in erba, i cartocci di panna e fragole sugli spalti e le magliette candide in campo, e non chi si mette magliette rosse?
Ma non è che, forse, il mondiale senza l’Italia ci ha costretti a scegliere per chi tifare, cercando di dare una valutazione oggettiva sulla qualità del gioco espresso e sul valore della squadra, qualcosa che dovremmo fare tutti i giorni in tanti altri campi della vita?
Ma non è che, forse, il VAR non è il demonio, ma la prova che non si può vivere come quest’esistenza ci costringe, o come noi ci obblighiamo per non pensare, di immagini istantanee, che ogni cosa va osservata da tutte le angolazioni prima di trarre conclusioni?
Ma non è che tra due mondiali, quando le squadre saranno quarantotto (sic), rimpiangeremo questo mondiale e capiremo che la megalomania indiscriminata in nome del denaro, dei diritti televisivi e della pubblicità è tra i mali peggiori che ci affliggono?
Ma non è che, forse, trentadue squadre sono comunque poche?
Ma non è che, forse, il pallone è un sport appassionante indipendentemente da chi lo gioca, e vedere una bella partita ti fa venire voglia di mettere insieme un gruppo di amici, andare al campetto e divertirti?
Ma non è che, e lo dice un animo tendente al pessimismo, dovremmo provare a guardare al futuro con la speranza e l’apertura con cui si aspetta un mondiale di quattro anni in quattro anni?
Ma non è che, forse, tutto questo moraleggiare si squaglierà come neve al sole se, come probabile, la Francia vincerà domenica e noi rimugineremo le nostre secolari rivalità?
Ma non fa venire una tremenda nostalgia guardare quelle foto ormai un po’ sdrucite di una notte lontana dodici anni, pensare quello che eravamo, in compagnia di persone che magari non sono più qui con noi, più giovani, più felici, meno felici, più ricchi, meno ricchi, più grassi, più magri, più illusi, più disillusi, più ottimisti, più pessimisti…?
Quante cose sono passate e quanto siamo cambiati?
Andrea Rubiola
Ciclisti senza tutela in via De Amicis
Un lettore ci segnala che, spesso, quando c’è coda, in via De Amicis a Collegno diverse autovetture utilizzano la pista ciclabile per transitare, (nella foto) mettendo in pericolo anche l’incolumità dei ciclisti. Nel territorio comunale sono state previste nuove ciclabili, ma “se le si lasciano abbandonate a loro stesse, privandole di manutenzione e soprattutto proteggendo quei percorsi da situazioni come questa, serve a poco”, ci scrive il lettore.
200 videoslot per frodare il fisco
Il titolare di 200 videoslot dislocate in varie località del Piemonte è stato denunciato. Gestisce anche un bar nel Canavese ma gran parte parte del suo giro d’affari è sconosciuto al fisco. Si tratta di un imprenditore cinese quarantenne che la guardia di finanza di Ivrea ha denunciato per occultamento e distruzione della documentazione fiscale: l’evasione accertata è milionaria.
“Pittore delle cose semplici che fanno grande il mondo”: questo voleva essere – sono parole sue – Eso Peluzzi. E ben c’è riuscito, tenendo a freno con grande mestiere e lucida fantasia un ampio ventaglio di generi pittorici (dalla figura al paesaggio alla natura morta) con cui si è appassionatamente confrontato per oltre sessant’anni, dal secondo decennio del ‘900 fino agli anni Ottanta. Tant’è che il grande Giovanni Arpino, fra gli amici più cari – uno dei tanti di gran vaglia e fama che ne condivisero tratti importanti del lungo cammino esistenziale e artistico – ebbe a scrivere di lui che fu “uomo non antico, ma classico, che seppe concepire il suo mestiere di artista con una misura senza ostentazioni, invitando ad essere semplici, poiché la semplicità è già eternità”. E anche ad Arpino si deve, fra l’altro, il simpatico bonario epiteto, appioppato a Peluzzi, di “pittore delle more di Cairo”, ricordandone la specificità narrativa di talune naturalistiche pagine pittoriche e le origini natali. Eso Peluzzi nasce infatti a Cairo Montenotte (Savona) nel 1894 e muore, a 91 anni, a Monchiero d’Alba (Cuneo) nel 1985. A lui, figlio di uno stimatissimo liutaio e di una fotografa ritrattista, nonché allievo all’Accademia Albertina di Torino (dove si iscrive nel 1911) di Paolo Gaidano e Giacomo Grosso, la “Fondazione Bottari Lattes”, dedica un’importante antologica ospitata nelle sale di Palazzo Tovegni a Murazzano, in Alta Langa, a pochi chilometri da Monchiero d’Alba, paese in cui l’artista ha vissuto e lavorato dalla fine degli anni Quaranta fino
alla morte, facendo dell’antico “Oratorio dei Disciplinanti” – noto come la “Cesa di Batu” – il suo studio e oggi Casa-museo a lui dedicata, in quel borgo antico che vede anche la presenza di un’altra importante Casa-museo, fino al 2016 luogo di vita, di lavoro, di creazione e di ispirazione del nipote di Eso, Claudio Bonichi, scomparso due anni fa e protagonista della lunga stagione pittorica della Nuova Metafisica Italiana. Realizzata in collaborazione con il Comune di Murazzano e curata da Ivana Mulatero la rassegna comprende dipinti prodotti da Peluzzi fra il 1912 e il 1983, il “corpus pittorico” più esemplarmente significativo di un artista che ha vissuto nei crocevia geografici culturali, di particolare peso attrattivo sotto l’aspetto artistico, di Liguria, Piemonte e Lombardia, con frequenti soggiorni formativi nel resto d’Italia e in Europa e con inviti e presenze cospicue alle Biennali Internazionali di Venezia e alle Quadriennali romane e torinesi, così come alle mostre del “Museum of Art” di Baltimora e al “Jeu de Paume” di
Parigi. Cinque le sezioni in cui si articola l’iter espositivo: dalla “biografia” (in cui s’illustra la figura a tutto tondo dell’uomo e dell’artista e in cui compaiono anche alcuni significativi “Autoritratti”) alla “figura umana” (ritratti particolari, perfino bizzarri– “fondigli umani”, li definiva il futurista Farfa – per ricalcare “certo malessere di stampo espressionista”, come nelle “Maschere di paese” esposte alla Biennale di Venezia del ’30 o ne “Le sorelle Triaca” del ’44) fino al “paesaggio” (garbatamente giocato fra slabbrature divisioniste e afflati di marca cézanniana, con quelle “nevi langarole ritratte – ancora Arpino – con spirito leggero e puntuto” insieme ai suoi “contadini sbigottiti”) e alle “nature morte” e alla “vanitas” dei violini di “metafisica rarefazione spaziale”, introdotte dal ritratto “Mio padre liutaio” del ’28, amabilmente descritto con fattezze e barba da monumentale profeta biblico. Dalle opere dei primordi (compresi bozzetti e disegni preparatori ai grandi affreschi) fino all’ultimo ciclo compositivo. Il tutto raccolto in una mostra che “vuole evadere – scrive Ivana Mulatero – dal mito discreto del pittore delle Langhe, provando a rintracciare le vicinanze, come
anche le distanze, dalle molte avanguardie”. Strada che porta inevitabilmente ad alcuni nomi fra i più significativi e di primo piano del Novecento italiano cui Peluzzi guardò con sicuro interesse da Carlo Carrà ai futuristi della seconda ondata Farfa e Fillia fino allo scultore Arturo Martini, cui il pittore di Cairo fu legato da fraterna amicizia. La stessa che lo rese sodale a scrittori come Giovanni Arpino, Mario Soldati e Gina Lagorio o a critici d’arte come Alberto Sartoris e Mario De Micheli o ancora a galleristi e mercanti d’arte del calibro di un Pier Maria Bardi. Fra i suoi più illustri ammiratori, pare ci fosse anche il presidente Sandro Pertini. Stretti dunque i confini di Langa, pur se terra profondamente amata e preziosa fonte ispirativa, Peluzzi seppe pienamente inserirsi nell’ambito della cultura artistica nazionale dell’epoca. Senza mai recedere dai rigori e dalle imposizioni, anche etiche, del mestiere. Guardando alla pittura come pagina di racconto personale. Dagli esiti di singolare semplicità e imprevedibilità, ma capaci sempre di morderti al cuore con guizzi di infinita suggestione.
Gianni Milani
“Eso Peluzzi. Il pittore delle more di Cairo”
Palazzo Tovegni, via Adami 5, Murazzano (Cuneo); tel. 0173/791201 –www.fondazionebottarilattes.it
Fino al 26 agosto – Orari: ven. e sab. 15/18 – dom. 10/12 e 15/18
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Nelle foto:
Le consigliere Pd sulla preferenza di genere
Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli, Celestina Olivetti intervengono sulla proposta di legge che introduce la doppia preferenza di genere nella legge elettorale
“Abbiamo sottoscritto, con convinzione la proposta di legge, presentata dalla collega Accossato, che modifica la legge elettorale, inserendo nel testo la doppia preferenza di genere, perché siamo convinte che le donne rappresentino un valore aggiunto e sia importante che questa modalità di voto, già presente in molti meccanismi elettorali, venga introdotta anche in Piemonte” hanno dichiarato le Consigliere regionali del Partito Democratico Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli e Celestina Olivetti.
“Riteniamo fondamentale recepire la normativa nazionale in materia – hanno proseguito le Consigliere regionali – e, purtroppo, dobbiamo rilevare che, oggi, il Piemonte si colloca come fanalino di coda tra le Regioni che hanno attuato questo percorso. Lo Statuto della Regione Piemonte, all’articolo 13 “assicura uguali condizioni di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive” e la stessa Consulta delle Elette è stata istituita con legge regionale proprio per garantire una corretta rappresentanza delle donne nelle istituzioni”.
“L’assemblea regionale del Partito – hanno concluso le Consigliere Pd – ha approvato all’unanimità ben due documenti che chiedono di allineare la legge elettorale del Piemonte a quella delle altre Regioni e agli altri livelli istituzionali. Non si tratta di introdurre quote rosa, ma di dare uno strumento agli elettori che potranno, se lo ritengono, attribuire due preferenze. Oltretutto, la preferenza plurima è prevista per il livello comunale e europeo, quindi il prossimo anno in Piemonte si rischia di andare a votare con sistemi elettorali disomogenei. Auspichiamo che questa proposta venga condivisa da molti Consiglieri e possa essere approvata in tempi brevi”.
Al di là del dibattito tra tifoserie che l’ arrivo di Cristiano Ronaldo alimenta, ci sono aspetti di impatto territoriale legati al suo arrivo che vale la pena considerare
Il fenomeno del calcio rappresenta non solo un fuoriclasse sportivo, che garantisce con i suoi talenti, le sue intuizioni e la sua preparazione grandi successi di squadra, ma anche un’opportunità per il territorio che lo accoglie. Gli acquisti di top player rafforzano le società di calcio sul campo e non sono: per esempio, a suo tempo con l’acquisto di Neymar il PSG ha rafforzato ulteriormente la propria posizione nel campionato francese. Le cifre spese dai club nel calciomercato rispecchiano non solo i bilanci societari, ma anche il valore dei campionati in cui giocano. La Premier League è di gran lunga il campionato più ricco al mondo e quindi le sue squadre ricevono in media più soldi dagli accordi commerciali rispetto agli altri campionati europei. Questo incide sui costi dei trasferimenti, alzandoli, e quindi 50 milioni spesi per un giocatore pesano molto meno nel bilancio di una squadra inglese rispetto al bilancio di una italiana, per esempio, o di una spagnola (senza contare Real Madrid e Barcellona).Consideriamo innanzitutto gli effetti dell’annuncio, non confermato, dell’ingaggio alla Juventus FC : gli investitori si stanno portando avanti. In tre sedute di Borsa il titolo della squadra da sette anni consecutivi campione d’Italia è balzato del 12%, incrementando la capitalizzazione di 70 milioni di euro a quota 730 milioni. Dal 2 luglio si sono intensificate le indiscrezioni su un passaggio del più volte Pallone d’oro a Torino. Il titolo della Juventus in borsa sale, ma anche il territorio ne potrebbe beneficiare.Il primo effetto Ronaldo per il territorio è sicuramente l’incremento di turismo, anche a fini sportivi. La Juventus ha successo e il territorio richiama visitatori e turisti, nonché tifosi da tutto il mondo. È già così e l’arrivo di Ronaldo non farebbe che migliorare i flussi turistici per il territorio. Secondo i dati dell’Osservatorio alberghiero, messo in campo dalla Camera di commercio di Torino, con Turismo Torino e le associazioni di categoria A Torino gli arrivi superano quota 1 milione e 200 mila; calano gli stranieri in arrivo da Germania e Olanda, ma aumentano i turisti francesi e gli inglesi. In generale gli arrivi in Città aumentano di quasi 9 punti rispetto al 2016, con una crescita trainata dal mercato italiano (+11 %). Nel dettaglio, si evidenza il buon andamento turistico nel weekend pasquale con u tasso di occupazione delle camere e ricavi in crescita. Dati migliori per gli alberghi torinesi rispetto a quelli milanesi, anche
grazie alla partita Juventus-Milan del periodo. I turisti per calcio a Torino attratti da Ronaldo potrebbero far registrare un boom inaspettato. Il nostro territorio è in grado di accogliere con un parco museale e attrazioni, che potrebbero beneficiare per visibilità, creando un circolo virtuoso per il turismo e il suo indotto. I numeri dei Musei torinesi sono già una garanzia. E tra questi brilla già anche lo Juventus Museum: oltre 180mila visitatori nel 2017, un totale dall’inaugurazione del 2012 che si avvicina sempre di più al milione di persone. Sono numeri che testimoniano per lo Juventus Museum un successo in continua crescita Numeri che ricevono una ulteriore gratifica se letti in chiave nazionale: la rivista specializzata “Il Giornale dell’Arte” ha infatti pubblicato la classifica dei musei italiani per visitatori nel 2017, e spicca nella graduatoria proprio il balzo dello Juventus Museum, che entra nella top 50 nazionale, passa dal 52° posto dello scorso anno alla casella numero 43, con 180.932 visitatori. Un dato molto rilevante, che fra l’altro racconta di come il Museo bianconero sia il sesto più frequentato nella zona di Torino, dopo la Venaria Reale, il Museo Egizio, il Museo Nazionale del Cinema, il circuito dei Musei Reali e Palazzo Madama. L’attesa torinese per Ronaldo cresce e non solo tra i tifosi.
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*Presidente del corso di studi in professioni contabili
Coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management
Università di Torino
Bioindustry park rinnova il cda
Stretching-shiatsu alle cascate della Novalesa
Le cascate della Novalesa saranno l’affascinante cornice della giornata dedicata allo Stretching-shiatsu, in programma domenica 22 luglio prossimo, organizzata da Matteo Parigi, specializzato in questa tecnica, che pratica sia nel suo studio torinese sia, d’estate, presso il parco del castello Reale di Mercenasco
La giornata immersi nella natura si articolerà in una camminata meditativa all’interno di una sessione di rilassamento nei pressi della cascata, dalle 9.30 alle 10, seguita da una seconda sessione pomeridiana, dalle 15 alle 17,di Stretching-shiatsu rivolta a principianti ed esperti. A completamento il pranzo buffet con prodotti energetici a km. zero. Lo Stretching-shiatsu racchiude in sé due tecniche ideate per aumentare la propria flessibilità corporea ed il proprio benessere psicofisico. Ideate dal maestro Shizuto Masunaga, queste tecniche si basano sulla possibilità di lavorare sul prolungamento del rilassamento lungo i meridiani corporei anche in momenti diversi dallo shiatsu vero e proprio, potenziandone i benefici e gustando la piacevolezza nel compimento di ogni singolo movimento, liberando energie ( ki) ed eliminando eventuali tensioni. Le cascate nei presso dell’abbazia della Novalesa sono incise dal rio Claretta e dal torrente Marderello, entrambi affluenti del Cenischia, che d’estate sono utilizzati da chi fa il torrentismo e d’inverno dagli arrampicatori sul ghiaccio. Una delle cascate più belle dal punto di vista paesaggistico è quella detta “Coda di Cavallo”, proprio nei pressi dell’Abbazia. Le arrampicate sono in genere di difficoltà non elevata, tranne che nel caso di quella nelle vicinanze della Cascata detta “Fungo magico”.
Mara Martellotta
In caso di pioggia l’incontro si svolgerà in spazi chiusi con vista esterna. Ritrovo 22 luglio ore 7 a Mercenasco, in via Nazionale 9. Ore 8 a Torino, in via Cassini 7. Per ulteriori informazioni ed iscrizioni Matteo Parigi, cell: 3393916255
E’ ufficiale: Ronaldo alla Juventus
La notizia è ufficiale: CR7 è bianconero. “E’ il momento di percorrere una nuova strada nella mia vita, per questo ho chiesto al Real di accettare la mia cessione. Il Real ha conquistato il mio cuore e non smetterò mai di dirgli grazie: ma ho riflettuto molto e ora è arrivato il momento di cominciare un nuovo ciclo”, scrive il calciatore sul sito della sua ormai ex squadra. E il Real Madrid informa in un comunicato che in accordo con la volontà e le richieste del
giocatore ha raggiunto un’intesa per il trasferimento alla Juve. “Cristiano Ronaldo – si legge nella nota – sarà sempre per il Real uno dei grandi simboli, un riferimento unico per le prossime generazioni. E il Real rimarrà sempre la sua casa”.