redazione il torinese

Nel Torinese 121 immobili sequestrati alla mafia

Gli immobili confiscati alla mafia in Piemonte, assegnati agli Enti pubblici, sono in tutto 167. Lo ha comunicato l’assessora Monica Cerutti alla Commissione Legalità del Consiglio regionale, presieduta da Giorgio Bertola

 La  maggior parte degli edifici si trova in provincia di Torino (123 in tutto), 99 dei quali assegnati ai Comuni, 21 allo Stato e 3 rivenduti per soddisfare i creditori. Nove sono in provincia di Asti, 9 Vco, 9 Vercelli, 7 Cuneo, 6 Novara, 3 Alessandria, 1 Biella. È stato fatto il punto anche sull’assegnazione dei fondi del bando per interventi volti al riutilizzo e la funzione sociale dei beni confiscati alle mafie (legge regionale 14/2007): quelli più consistenti sono 75mila euro a Volpiano (To) per migliorare la caserma dei vigili del fuoco volontari; i 34mila euro a Novara per l’emergenza abitativa e la creazione di un punto informazione; i 23mila a Nichelino (To) per la creazione della “Casa dei diritti” gestita da associazioni volontarie; i 14mila a Moncalvo (At) per l’emergenza abitativa. L’assessora ha sottolineato come molti sindaci lamentino la troppa burocrazia per il riutilizzo dei beni confiscati e a essi assegnati. Nel dibattito sono intervenuti Domenico Rossi (Pd), Gianpaolo Andrissi (M5s) e Marco Grimaldi (Leu). Rossi, infine, ha proposto di organizzare un sopralluogo della Commissione Legalità a San Giusto Canavese, dove una villa (nella foto) recentemente confiscata alle organizzazioni criminali è stata dolosamente incendiata, “anche per far sentire la vicinanza del Consiglio alla popolazione”. La proposta è stata accolta dal presidente e dagli altri commissari.

 

GM – www.cr.piemonte.it

La Costituzione in undici colori

 

Assemblea Teatro, giovedì sera alle 21, porta in scena “La Costituzione in undici colori”, un lavoro tetrale che parte dagli articoli della “carta d’identità” dell’Italia repubblicana ripercorre i passaggi fondamentali del vivere civile della nostra società. L’appuntamento è alla Cascina Roccafranca di via Rubino 45 a Torino.Lo spettacolo si sviluppa attraverso il dialogo serrato tra una giovane mamma e sua figlia che deve studiare il testo come “compito” -e quindi inizia controvoglia- ma poi, gradualmente, si interessa e si appassiona sempre più a ciò che legge. Una rappresentazione scenica molto originale e quanto mai attuale in un momento come questo in cui i segnali d’intolleranza aumentano e al senso civico dell’esistenza e dei valori condivisi si contrappone, sempre più spesso, un preoccupante cinismo. La Costituzione  viene così spiegata anche ai più piccoli attraverso le immagini perchè, come diceva Umberto Saba, “i bambini pensano soprattutto per immagini“. La regia è di Renzo Sicco e Lino Spadaro mentre sul palco saliranno Cristiana Voglino e Chiara Tessitore accompagnati dalle musiche di Franco Battiato.

Marco Travaglini

Operatore sociale rubava le fedi ai malati nella casa di cura

I carabinieri hanno scoperto chi rubava le fedi nuziali dei ricoverati in una casa di cura di San Carlo Canavese: era un operatore socio-sanitario di 49 anni, che  è stato denunciato  per furto. L’uomo apriva le casseforti dove gli ospiti lasciavano i propri oggetti personali. La direzione della casa di cura ha chiamato i carabinieri che hanno installato alcune telecamere di sorveglianza nascoste e sono riusciti a scoprire  il ladro. Tre gli anelli ritrovati, ma gli inquirenti sospettano che l’uomo sia responsabile anche di altri furti.

Il Pd o 2 Pd?

di Giorgio Merlo

Tutto secondo copione. Sotto il tetto dell’attuale Partito democratico ci sono ormai due partiti con due linguaggi diversi, due prospettive politiche diverse, due approcci diversi e forse anche con due radici culturali diverse. Certo, come sempre capita in politica, le “genuflessioni” a cui eravamo abituati ormai da 4 anni verso Renzi e il Renzismo di larga parte del Pd sono ormai alle nostre spalle. Ne è un esempio emblematico, tra i tanti, l’ex sindaco di Torino Fassino, ultimo segretario della filiera Pci/Pds/ Ds, poi accanito e focoso fan di Renzi e del renzismo al punto da individuarlo come l’ultima speranza della sinistra italiana e poi, puntualmente dopo il 4 marzo, ritenuto un elemento che non può più essere riproposto alla guida di quel partito. Ma, al di là di questi atteggiamenti largamente noti e collaudati della politica italiana, resta il fatto inconfutabile che dopo il disastro elettorale del 4 marzo – l’ennesimo di una lunga serie – il Pd, di fatto, non esiste più. O meglio, e’ un luogo politico che contiene al suo interno due soggetti politici diversi. L’uno interpretato, al di là dell’atteggiamento con cui lo declina, dall’ex segretario Renzi e l’altro legato sostanzialmente alla riproposizione della vecchia “ditta”, seppur in forma aggiornata, rivista e modernizzata. Sono, appunto, due progetti politici diversi in quanto alternativi. Due soggetti diversi frutto di una semplice considerazione. Dopo 4 anni di “partito personale” il Pd scopre all’improvviso che il cosiddetto “partito plurale”, frutto della originaria intuizione dei fondatori e che coincise con la gestione di Veltroni, e’ terminato da un pezzo ed è ormai consegnato alla storia. Fuorché si pensi fanciullescamente che uno dei due contendenti abbassi la testa e alzi bandiera bianca in segno di resa ma anche di insignificanza politica e culturale. Non mi pare, però, che questo possa essere l’epilogo finale della disputa politica e di potere. E la naturale conseguenza di questo risultato non può che essere il ritorno delle tradizionali identità politico e culturali – anche riviste, corrette e modernizzate – che sono e restano disponibili per dar vita ad una coalizione o alleanza alternativa alla destra ma senza confondersi all’interno dello stesso contenitore. Non c’è da stupirsi, quindi che la recente Assemblea Nazionale del Pd abbia riproposto in tutta la sua ruvidezza la presenza di due partiti diversi che formalmente continuano a definirsi entrambi “democratici” ma che sostanzialmente sono già conflittuali e competitivi. Perché se la sinistra coltiva, legittimamente, la necessità di ricostruire dopo la debacle storica del 4 marzo un campo politico e culturale omogeneo e compatto, e’ altrettanto legittimo che chi ha di fatto “distrutto” la sinistra tradizionale, cioè Renzi, persegua un altro disegno politico e culturale. E credo che un disegno del genere aiuti addirittura il centro sinistra ad irrobustirsi e a rendersi maggiormente competitivo nei confronti della destra e del movimento antipolitico e anti sistema dei 5 stelle. Ecco perché in un quadro del genere e’ sempre più necessaria, se non indispensabile, una autentica presenza politica cattolici democratica e cattolico popolare. Ovviamente aperta a tutti in virtù della laicità che da sempre caratterizza quest’area culturale ma consapevoli che con il ritorno delle identità – a cominciare, appunto, da quella della. sinistra – il cattolicesimo politico non può più stare alla finestra a contemplare e a commentare ciò che capita nella politica italiana.

Scooter contro auto: ragazzo muore a 17 anni

DALLA CAMPANIA  A 17 anni è morto nella notte all’ospedale di Aversa, nel casertano, a seguito di un incidente stradale avvenuto a Casal di Principe. Il ragazzino era a bordo di uno scooter con un amico e, secondo quanto accertato dai carabinieri, i due si sono scontrati frontalmente su Corso Umberto I, la via principale della città, con una Smart. Il motorino, sostengono gli accertamenti,  avrebbe tentato un sorpasso azzardato quando è sopraggiunta la vettura sulla corsia opposta. L’amico della vittima è stato portato in clinica con diverse  contusioni ma è stato poi dimesso.

Russia 2018. Ma non è che, forse…

Spigolature d’opinione a quattro partite dalla fine dei Mondiali in Russia

Ma non è che, forse, venir eliminati dalla Svezia ci ha insegnato che niente è too big to fail?

Ma non è che, forse, è la volta buona ed impariamo a non arrangiarci sempre all’italiana, per cui alla fine la pellaccia la si porta a casa? (chi non ha pensato che sì, in fondo, lo spareggio in qualche modo lo avremmo vinto?)

Ma non è che, forse, vista la strada che ha fatto la Svezia, Ventura non era così male? Poi ti ricordi che giochi contro la Spagna con quattro attaccanti e che gli déi la tracotanza la puniscono sempre, e allora torni sui tuoi passi…

Ma non è che, forse, a guardare i Mondiali dalla TV abbiamo imparato che cosa vuol dire guardare la festa affacciati alla finestra altrui (qualcuno chiedendo “scusi, chi ha fatto palo?”) mentre i fortunati si spartiscono la torta e sentirsi un po’ sottosviluppati?

 

Ma non è che, forse, vedere i tifosi delle altre nazioni riempire gli spalti a noi negati ci fa capire che a isolarti ci perdi, e rischi di avere torto a prescindere?

 

Ma non è che, forse, l’eliminazione prematura di Germania, Argentina, Spagna e Portogallo ci ha insegnato che:

  • Non si vince con l’esibizione muscolare e la presunzione di essere i primi, qualunque cosa accada ( Germania), se poi a eliminarti è una squadra già con le valigie pronte per il ritorno, che ha deliberatamente deciso di portare a casa almeno il tuo scalpo.
  • Non si vince con il tanto possesso palla, equivalente alle chiacchiere a vuoto (Spagna).
  • Non si vince neppure con l’uomo solo al comando e neppure con il superuomo della provvidenza, visto che né l’Egitto di Salah (infortunato, poveretto), né l’Argentina di Messi né il Portogallo di Ronaldo – indipendentemente dalla prestazione personale – hanno fatto molta strada.

 

Ma non è che, forse, partecipare al mondiale e uscire verosimilmente presto, visto il livello attuale della nazionale, ci avrebbe rovinato questo principio d’estate più del lutto elaborato per tempo da quella piovosa notte di ottobre?

 

Ma non è che, forse, vedere Svezia, Germania e Corea del Sud contendersi la qualificazione nello stesso girone è un gustoso contrappasso dantesco, che “Caina attende chi vita ci spense”?

 

Ma non è che, forse, partecipare al mondiale per venirne rapidamente eliminati avrebbe soltanto avvelenato ulteriormente il dibattito metacalcistico su chi mettere e non mettere, sul convocare questo e quest’altro, sull’importanza degli stranieri o sul fare tutto in casa?

 

Ma non è che, forse, lo sport, non è l’oppio che tutto placa, come qualcuno potrebbe pensare rammentando certe interpretazioni di una antica vittoria di Bartali, ma avrebbe soltanto arroventato e complicato gli scontri in un clima dove il dibattito ha già più dello stadio che dell’areopago?

 

Ma non è che forse, vedere l’Iran, la Svezia o l’Islanda difendersi strenuamente e a tutta squadra, sacrificandosi fino all’ultimo minuto, ci insegna di nuovo che il calcio si gioca in undici e che il catenaccio all’italiana ci ha portato lontano?

 

Ma non è che, forse, pur avendo suscitato così tanta simpatia, la delusione di vedere l’Islanda priva di quella luce di due anni fa, incapace di giocare se non per difendere, ci insegna la solidità e la fatica, ma anche la necessità di pensare razionalmente al futuro, per il progresso o semplicemente per buttare un pallone oltre la metà campo?

 

Ma non è che, forse, stante i punti precedenti, quelli che hanno coniugato meglio le varie virtù sono stati i giapponesi, con quella linea del fuorigioco da opera d’arte?

 

Ma non è che allora, se ci fossimo qualificati e avessimo giocato con la grinta e la tenacia dei due europei passati, un po’ avanti saremmo andati?

 

Ma non è che, a forza di delusioni, finiamo come Panama a festeggiare il primo gol dopo averne presi sei, vero? Perché va bene la sportività, ma siamo pur sempre l’Italia…

 

Ma non è che l’eliminazione di Italia, Olanda, Stati Uniti, Germania, Spagna e Portogallo ci dice qualcosa sul mondo che cambia e su quali sono le nazioni che lo guidano…

 

Obiezione: – … beh, ma l’Argentina, il Brasile, mica sono i paesi più ricchi del mondo…

 

Contro obiezione: – … Vero, ma potremmo dire che questo mondiale abbia un che di terzomondista

 

Contro contro obiezione : – Non mi sembra proprio; le africane sono uscite tutte subito, compreso il Senegal sul quale tanto si sperava, mentre in fondo sono arrivate la Francia, la Croazia, il Belgio e l’Inghilterra, nazioni comunque benestanti –

 

– Hai ragione. Delle due l’una, o non si può concludere niente, o è l’Occidente da G7 quello più in affanno, e che ormai le vere prospettive si hanno pensando in termini di G20.

 

– Non del tutto convincente, ma meglio. Sospendiamo il giudizio, ca a l’è mej.

 

Ma non è che, forse, dal calcio non si può cavare nessuna morale?

 

Ma non è che, forse, la Francia multietnica lanciata a tutta velocità verso la finale qualcosa ce lo insegna… ah, ‘sti francesi.

 

Ma non è che, forse, la partita inaugurale tra Russia e Arabia Saudita e il prossimo mondiale in Qatar rappresentano gli orizzonti del mondo futuro, ma non troppo troppo futuro, diciamo fino a quando petrolio e gas non saranno più le risorse fondamentali, cioè entro questo secolo?

Ma non è che, forse, la Russia giunta fino ai quarti di finale è stata sì una soddisfazione, ma non l’arma propagandistica che Putin magari sperava (e quindi buon per noi)?

 

Ma non è che, forse, il vero radical chic è chi esibisce il suo disinteresse compiaciuto per questo mondiale senza tifo fanatico,preferendogli il contemporaneo Wimbledon, i suoi campi in erba, i cartocci di panna e fragole sugli spalti e le magliette candide in campo, e non chi si mette magliette rosse?

 

Ma non è che, forse, il mondiale senza l’Italia ci ha costretti a scegliere per chi tifare, cercando di dare una valutazione oggettiva sulla qualità del gioco espresso e sul valore della squadra, qualcosa che dovremmo fare tutti i giorni in tanti altri campi della vita?

 

Ma non è che, forse, il VAR non è il demonio, ma la prova che non si può vivere come quest’esistenza ci costringe, o come noi ci obblighiamo per non pensare, di immagini istantanee, che ogni cosa va osservata da tutte le angolazioni prima di trarre conclusioni?

 

Ma non è che tra due mondiali, quando le squadre saranno quarantotto (sic), rimpiangeremo questo mondiale e capiremo che la megalomania indiscriminata in nome del denaro, dei diritti televisivi e della pubblicità è tra i mali peggiori che ci affliggono?

 

Ma non è che, forse, trentadue squadre sono comunque poche?

 

Ma non è che, forse, il pallone è un sport appassionante indipendentemente da chi lo gioca, e vedere una bella partita ti fa venire voglia di mettere insieme un gruppo di amici, andare al campetto e divertirti?

 

Ma non è che, e lo dice un animo tendente al pessimismo, dovremmo provare a guardare al futuro con la speranza e l’apertura con cui si aspetta un mondiale di quattro anni in quattro anni?

 

Ma non è che, forse, tutto questo moraleggiare si squaglierà come neve al sole se, come probabile, la Francia vincerà domenica e noi rimugineremo le nostre secolari rivalità?

 

Ma non fa venire una tremenda nostalgia guardare quelle foto ormai un po’ sdrucite di una notte lontana dodici anni, pensare quello che eravamo, in compagnia di persone che magari non sono più qui con noi, più giovani, più felici, meno felici, più ricchi, meno ricchi, più grassi, più magri, più illusi, più disillusi, più ottimisti, più pessimisti…?

Quante cose sono passate e quanto siamo cambiati?

Andrea Rubiola

 

Ciclisti senza tutela in via De Amicis

Un lettore ci segnala che, spesso,  quando c’è coda, in via De Amicis a Collegno diverse autovetture utilizzano la pista ciclabile per transitare, (nella foto)  mettendo in pericolo anche l’incolumità dei ciclisti. Nel territorio comunale sono state previste nuove ciclabili, ma “se le si lasciano abbandonate a loro stesse, privandole di manutenzione e soprattutto proteggendo quei percorsi da situazioni come questa, serve a poco”, ci scrive il lettore.

200 videoslot per frodare il fisco

Il titolare di 200 videoslot dislocate in varie località del Piemonte è stato denunciato. Gestisce anche un bar nel Canavese ma gran parte parte del suo giro d’affari è sconosciuto al fisco. Si tratta di un imprenditore cinese quarantenne che la guardia di finanza di Ivrea ha denunciato per occultamento e distruzione della documentazione fiscale: l’evasione accertata  è milionaria.

Eso Peluzzi. Il pittore delle more di Cairo

FINO AL 26 AGOSTO

“Pittore delle cose semplici che fanno grande il mondo”: questo voleva essere – sono parole sue – Eso Peluzzi. E ben c’è riuscito, tenendo a freno con grande mestiere e lucida fantasia un ampio ventaglio di generi pittorici (dalla figura al paesaggio alla natura morta) con cui si è appassionatamente confrontato per oltre sessant’anni, dal secondo decennio del ‘900 fino agli anni Ottanta. Tant’è che il grande Giovanni Arpino, fra gli amici più cari – uno dei tanti di gran vaglia e fama che ne condivisero tratti importanti del lungo cammino esistenziale e artistico – ebbe a scrivere di lui che fu “uomo non antico, ma classico, che seppe concepire il suo mestiere di artista con una misura senza ostentazioni, invitando ad essere semplici, poiché la semplicità è già eternità”. E anche ad Arpino si deve, fra l’altro, il simpatico bonario epiteto, appioppato a Peluzzi, di “pittore delle more di Cairo”, ricordandone la specificità narrativa di talune naturalistiche pagine pittoriche e le origini natali. Eso Peluzzi nasce infatti a Cairo Montenotte (Savona) nel 1894 e muore, a 91 anni, a Monchiero d’Alba (Cuneo) nel 1985. A lui, figlio di uno stimatissimo liutaio e di una fotografa ritrattista, nonché allievo all’Accademia Albertina di Torino (dove si iscrive nel 1911) di Paolo Gaidano e Giacomo Grosso, la “Fondazione Bottari Lattes”, dedica un’importante antologica ospitata nelle sale di Palazzo Tovegni a Murazzano, in Alta Langa, a pochi chilometri da Monchiero d’Alba, paese in cui l’artista ha vissuto e lavorato dalla fine degli anni Quaranta fino alla morte, facendo dell’antico “Oratorio dei Disciplinanti” – noto come la “Cesa di Batu” – il suo studio e oggi Casa-museo a lui dedicata, in quel borgo antico che vede anche la presenza di un’altra importante Casa-museo, fino al 2016 luogo di vita, di lavoro, di creazione e di ispirazione del nipote di Eso, Claudio Bonichi, scomparso due anni fa e protagonista della lunga stagione pittorica della Nuova Metafisica Italiana. Realizzata in collaborazione con il Comune di Murazzano e curata da Ivana Mulatero la rassegna comprende dipinti prodotti da Peluzzi fra il 1912 e il 1983, il “corpus pittorico” più esemplarmente significativo di un artista che ha vissuto nei crocevia geografici culturali, di particolare peso attrattivo sotto l’aspetto artistico, di Liguria, Piemonte e Lombardia, con frequenti soggiorni formativi nel resto d’Italia e in Europa e con inviti e presenze cospicue alle Biennali Internazionali di Venezia e alle Quadriennali romane e torinesi, così come alle mostre del “Museum of Art” di Baltimora e al “Jeu de Paume” di Parigi. Cinque le sezioni in cui si articola l’iter espositivo: dalla “biografia” (in cui s’illustra la figura a tutto tondo dell’uomo e dell’artista e in cui compaiono anche alcuni significativi “Autoritratti”) alla “figura umana” (ritratti particolari, perfino bizzarri– “fondigli umani”, li definiva il futurista Farfa – per ricalcare “certo malessere di stampo espressionista”, come nelle “Maschere di paese” esposte alla Biennale di Venezia del ’30 o ne “Le sorelle Triaca” del ’44) fino al “paesaggio” (garbatamente giocato fra slabbrature divisioniste e afflati di marca cézanniana, con quelle “nevi langarole ritratte – ancora Arpino – con spirito leggero e puntuto” insieme ai suoi “contadini sbigottiti”) e alle “nature morte” e alla “vanitas” dei violini di “metafisica rarefazione spaziale”, introdotte dal ritratto “Mio padre liutaio” del ’28, amabilmente descritto con fattezze e barba da monumentale profeta biblico. Dalle opere dei primordi (compresi bozzetti e disegni preparatori ai grandi affreschi) fino all’ultimo ciclo compositivo. Il tutto raccolto in una mostra che “vuole evadere – scrive Ivana Mulaterodal mito discreto del pittore delle Langhe, provando a rintracciare le vicinanze, come anche le distanze, dalle molte avanguardie”. Strada che porta inevitabilmente ad alcuni nomi fra i più significativi e di primo piano del Novecento italiano cui Peluzzi guardò con sicuro interesse da Carlo Carrà ai futuristi della seconda ondata Farfa e Fillia fino allo scultore Arturo Martini, cui il pittore di Cairo fu legato da fraterna amicizia. La stessa che lo rese sodale a scrittori come Giovanni Arpino, Mario Soldati e Gina Lagorio o a critici d’arte come Alberto Sartoris e Mario De Micheli o ancora a galleristi e mercanti d’arte del calibro di un Pier Maria Bardi. Fra i suoi più illustri ammiratori, pare ci fosse anche il presidente Sandro Pertini. Stretti dunque i confini di Langa, pur se terra profondamente amata e preziosa fonte ispirativa, Peluzzi seppe pienamente inserirsi nell’ambito della cultura artistica nazionale dell’epoca. Senza mai recedere dai rigori e dalle imposizioni, anche etiche, del mestiere. Guardando alla pittura come pagina di racconto personale. Dagli esiti di singolare semplicità e imprevedibilità, ma capaci sempre di morderti al cuore con guizzi di infinita suggestione.

Gianni Milani

“Eso Peluzzi. Il pittore delle more di Cairo”

Palazzo Tovegni, via Adami 5, Murazzano (Cuneo); tel. 0173/791201 –www.fondazionebottarilattes.it

Fino al 26 agosto – Orari: ven. e sab. 15/18 – dom. 10/12 e 15/18

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Nelle foto:

– “Maschere di paese”, 1930
– “La neve al Santuario”, 1947
– “Frammenti di violini con uovo”, 1978
– “Natura morta”, 1963
– “Mio padre liutaio”, 1928

 

Le consigliere Pd sulla preferenza di genere

 Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli, Celestina Olivetti intervengono sulla proposta di legge che introduce la doppia preferenza di genere nella legge elettorale 

“Abbiamo sottoscritto, con convinzione la proposta di legge, presentata dalla collega Accossato, che modifica la legge elettorale, inserendo nel testo la doppia preferenza di genere, perché siamo convinte che le donne rappresentino un valore aggiunto e sia importante che questa modalità di voto, già presente in molti meccanismi elettorali, venga introdotta anche in Piemonte” hanno dichiarato le Consigliere regionali del Partito Democratico Enrica Baricco, Valentina Caputo, Nadia Conticelli e Celestina Olivetti.

“Riteniamo fondamentale recepire la normativa nazionale in materia – hanno proseguito le Consigliere regionali – e, purtroppo, dobbiamo rilevare che, oggi, il Piemonte si colloca come fanalino di coda tra le Regioni che hanno attuato questo percorso. Lo Statuto della Regione Piemonte, all’articolo 13 “assicura uguali condizioni di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive” e la stessa Consulta delle Elette è stata istituita con legge regionale proprio per garantire una corretta rappresentanza delle donne nelle istituzioni”.

“L’assemblea regionale del Partito – hanno concluso le Consigliere Pd – ha approvato all’unanimità ben due documenti che chiedono di allineare la legge elettorale del Piemonte a quella delle altre Regioni e agli altri livelli istituzionali. Non si tratta di introdurre quote rosa, ma di dare uno strumento agli elettori che potranno, se lo ritengono, attribuire due preferenze. Oltretutto, la preferenza plurima è prevista per il livello comunale e europeo, quindi il prossimo anno in Piemonte si rischia di andare a votare con sistemi elettorali disomogenei. Auspichiamo che questa proposta venga condivisa da molti Consiglieri e possa essere approvata in tempi brevi”.