redazione il torinese

Addio a Giagnoni, l’allenatore col colbacco

Sul sito del Torino calcio si dà l’annuncio della morte, a 85 anni, dell’ex ct granata che allenò anche Milan e Roma

“Il Presidente Urbano Cairo e tutto il Torino Football Club – dirigenti, dipendenti, allenatori, calciatori, settore giovanile – profondamente addolorati, – si legge nel comunicato –  esprimono il commosso cordoglio e la vicinanza ai famigliari di Gustavo Giagnoni, mancato all’affetto dei suoi cari e dei suoi tantissimi amici”. Si legge ancora sul sito del Toro: ” Apprezzato professionista del nostro calcio, Giagnoni resterà nel cuore dei tifosi anche per la sua profonda umanità e per il temperamento sanguigno: erano gli anni del tremendismo granata e lui, l’allenatore con il colbacco, seppe esaltare quell’orgoglioso senso di appartenenza sfiorando con il Toro lo scudetto nella stagione 1971-72 e ponendo le basi per la vittoria del campionato nel 1976. In carriera ha forgiato generazioni di giocatori: nel 1982-83, a Cagliari, anche Walter Mazzarri che oggi lo ricorda con grande riconoscenza”

Tajani e Chiamparino: “Con la Tav lavoro e crescita”

Il presidente del Parlamento Europeo è oggi in Valle di Susa. Al centro della visita la questione Tav “Fare oppure no la Tav ha dei costi – ha detto Tajani – , ma se non si fa sfumano 15 mila posti di lavoro e non si hanno benefici ambientali come la riduzione  delle emissioni”, inoltre “continuerebbero a circolare le merci pericolose sulle strade come insegna purtroppo  l’incidente di Bologna”. La visita di Tajani è accompagnata dal presidente della Regione, Sergio Chiamparino e dall’eurodeputato Alberto Cirio. Per il governatore del Piemonte la Torino – Lione è “la principale opera europea, che favorisce la crescita, il risparmio di energia e la tutela dell’ ambiente”. Il premier Giuseppe Conte interviene a distanza da Roma: “”La Tav è all’ordine del giorno nell’agenda del governo e come anticipato da Toninelli stiamo esaminando costi e benefici, con l’impegno a una revisione integrale su questo punto”.

Madre denuncia figlio rapinatore

I carabinieri hanno arrestato i due rapinatori che lo scorso 20 settembre presero d’assalto la tabaccheria ‘Rivella’ di Rivoli. Si tratta di due giovani di 26 e 18 anni. Sono stati individuati grazie alle telecamere di sorveglianza del negozio e alle impronte digitali. La madre di uno dei ragazzi, il 26 enne,  aveva già segnalato il comportamento del figlio alle forze dell’ordine, spiegando che il figlio si drogava, spacciava e aveva nascosto alcuni  passamontagna in casa.

Violentata dal figlio drogato? La procura indaga

Le pagine torinesi de La Stampa riportano la vicenda di una donna che ha dichiarato di essere stata violentata dal figlio drogato di crack. Lei, 50enne, ha denunciato il figlio di 30, che è stato arrestato dalla polizia. Ora la procura sta indagando. Il figlio, interrogato, si è detto innocente. La madre è stata accompagnata al centro anti violenza del Sant’Anna.

Palpeggia ragazza alla fermata metro e le sfila la camicetta

DALLA LOMBARDIA

Brutta avventura per una ragazza di 25 anni, nata all’estero ma residente a Milano, che  ieri sera, verso le 23,  in una stazione della metropolitana è stata aggredita da un romeno di 32 anni. L’uomo l’ha palpeggiata e con la forza le ha poi tolto la camicetta. E’ stato bloccato dai carabinieri del nucleo radiomobile e  denunciato a piede libero per violenza sessuale. La giovane stava per salire in metropolitana quando è stata avvicinata dallo sconosciuto che ha iniziato a metterle le mani addosso, a palpeggiarla in modo sempre più pesante, fino a sfilarle la camicia che indossava. La ragazza è però riuscita a fuggire e a chiamare i soccorsi.

I trasferimenti dall’ex Moi “premiano” Barriera di Milano

STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
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Premiati i cittadini di Barriera di Milano. Due anni fa votarono in massa al ballottaggio l’Appendino. Poi, non contenti, il deputato di zona é di Forza Italia .E dopo anni di egemonia comunista passata dal ds al Pd, una buona affermazione della Lega (s’intende quella Lega Nord fatta da “ariani” puri) Via Palestrina 23: questo è lo stabile che ospiterà i 54 somali sgomberati dalle palazzine  dell’ex villaggio olimpico. Operazione sollecitata da Salvini e prontamente realizzata da Appendino. Si sposta il problema che comunque rimane, tutto nella più segreta segretezza per paura di possibili contestazioni.Preoccupazione infondata. Oramai vince la rassegnazione. Le rabbie sono individuali, si sfogano al massimo sul web dove non c’ è contraddittorio reale. Al più qualche contestazione che trova il tempo che trova, direi quasi come bere un bicchiere d acqua. Inutile quanto sterile. In una sorta di “maturità” della democrazia che si sta avviando al tramonto della democrazia stessa. Come in un teatrino dove stancamente si ripetono parti prestabilite che non avranno soluzione di continuità. Problemi spostati e dunque parcheggiati. Manco Casa Pound ha qualcosa da ridire. E’ un ennesima occasione per gli antagonisti che urleranno ai somali di ribellarsi. A cosa ? A chi? Assicura la mediatrice culturale somala dipendente del Comune che tutto è sotto controllo. Sarà come dice lei…cosa del resto ovvia, per chi viceversa sarebbe disoccupata.
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Un aspetto che mi ha colpito sentendo le sue dichiarazioni:  i 54 somali sono a posto con i documenti.  Non voglio creare problemi. Accettano questo intervento e accettano l’assistenza che le istituzioni gli danno. Sono pacifici. Ma non chiedono lavoro?  Non chiedono di poter essere utili alla comunità?  Anche loro entrati nella perversa spirale dell’assistenzialismo. Ci fa ricordare l’antico proverbio cinese di non regalare il pesce ma di insegnare a pescare. Poi tanto qualcuno pagherà – se pagherà-  il disturbo economico finale. Più facile scaricare sull’altro o su altra forza politica le relative colpe. L’urlo del dissenso si stempera nella solitudine della rassegnazione. Tanto non c’è limite al peggio. Altra sommatoria di problemi che convivendo e scontrandosi diventano amplificati ed irrisolvibili.Povera mia cara Barriera di Milano, ti si scarica tutto addosso perché è più facile scaricare sui deboli. Nulla contano le promesse di riqualificare le barriere.Ciò che  ho detto sono parole al vento. Sono questa nuova comunità somala il problema dei problemi? No, non di per sé . Ma il solo fatto di essere una criticità inserita in contesti cosi precari e carichi di problemi sarà detonatore di altri problemi. Ingovernabile.  Tutto ingovernabile perché (forse) l’Appendino ha fatto bella figura verso il Ministro Matteo Salvini, ma ha messo la “spazzatura” sotto il tappeto. Troppa spazzatura comunque si alza ancorché si sia nascosta . Sia ben chiaro, non è la comunità somala la spazzatura. E’ la nostra incapacità di affrontare i vari problemi portati da questa immigrazione. Con una complicanza estremamente preoccupante introdotta dai pentastellati: meno si parla e meno si discute meglio è.  Se volete sfogarvi c è il Web. Una strisciante nuova forma di dittatura. 

Liverpool – Torino finisce 3-1

Anfield Road ha ospitato l’amichevole Liverpool – Torino. I granata hanno perso  3-1 contro i vicecampioni d’Europa che hanno dapprima segnato al 21’ con Firmino. Poi il  raddoppio  al 24’ con Wijnaldum, mentre i ragazzi di Mazzarri accorciano Toro alla mezz’ora con lo stacco di testa di Belotti. Infine, all’86’ rete  Sturridge. I Reds mancano un rigore con Fabinho al 17’. Il Toro ha dimostrato grinta, perdendo con onore.

Pensioni d’oro, Molinari: “Un tetto per innalzare minime” 

Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera e firmatario del progetto di legge, commenta: “Mettere un tetto alle Pensioni d’oro per innalzare le minime. E’ stata presentata la proposta di legge che prevede il ricalcolo sul retributivo delle Pensioni e dei vitalizi per la parte eccedente gli 80 mila euro l’anno lordi. Le risorse liberate con questo ricalcolo verranno utilizzate per aumentare il tetto di 450 euro mensili delle Pensioni minime e delle Pensioni sociali, fino alla soglia di 780 euro. Un progetto di legge improntato sulla solidarieta’ e sulla equita’ sociale che punta a correggere le palesi diseguaglianze createsi negli ultimi decenni. Finalmente infatti si toglie qualcosa a chi ha tanto per alzare le Pensioni minime di tutti gli italiani”.  

Suoni e lampi di immagine dai Balcani

di Marco Travaglini

Un mondo che porta nel  cuore la storia straziata di uno stato che non c’è più, di cui si pronuncia il nome solo con una “ex” davanti: la Jugoslavia. La terra degli slavi del sud, paese fatto di tanti paesi, di persone e storie. Ai tempi della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si raccontava come ci fossero  “sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito

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I Balcani sono suoni e lampi di immagine. Sono, come sottolinea Paolo Rumiz “il periplo mediterraneo di una parola araba, sevdah, che significa negra bile, la grande madre dei salti umorali, della nostalgia e dell’innamoramento”, parola che con l’armata islamica raggiunge la penisola iberica e si ibrida col latino trasformandosi in “saudade”; quella “dolce malinconia” (di una terra perduta) che secoli dopo gli ebrei, esiliati dai re cattolici, porteranno con sé nella nuova terra, ancora una volta islamica, l’impero turco, per generare quegli struggenti capolavori di musicalità popolare che sono le “sevdalinke“, le canzoni d’amore della Bosnia. I Balcani sono il luogo dove ci si accorge che tutto inizia tutto finisce e tutto si capisce.  Un mondo che porta nel  cuore la storia straziata di uno stato che non c’è più, di cui si pronuncia il nome solo con una “ex” davanti: la Jugoslavia. La terra degli slavi del sud, paese fatto di tanti paesi, di persone e storie. Ai tempi della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si raccontava come ci fossero  “sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito”. Di tutto ciò, ad accomunare controvoglia i paesi nati dalla sua frammentazione, è rimasto in comunione solo il prefisso telefonico internazionale:  “0038”. Lo stesso per tutti e sei gli stati, che precede – si spera solo numericamente – il nostro, lo “0039” italiano.  Come per Rumiz, questi sono – anche per me –  i Balcani. Non solo guerre e secessioni, ma “note bastarde, voci e frequenze che bucano i confini, ignorano i visti, i passaporti e le lingue, per andare dritti al cuore dell’uomo”. Tristezza della guerra e dignità della vita si mescolano ai profumi e ai sapori balcanici.Le immagini di luoghi, montagne, vento,birra, vino, di rackia, ( l’acquavite)  e di slivovica, che quando è buona ( nel suo distillato di prugne, talvolta albicocche, in certi casi pere e fichi ) è la fine del mondo e può addolcirti le serate. Il segreto, lo “spirito” di città come Sarajevo è racchiuso in tre parole: condivisione, disponibilità, accoglienza. E, se si vuole, se ne può aggiungere una quarta: tolleranza.  Si racconta una storia, un aneddoto, basato sulla realtà: in casa dei cristiani c’era molto spesso un pentolone di coccio che non aveva mai toccato la carne di maiale e che veniva conservato per invitare a cena i musulmani e gli ebrei, nel pieno rispetto delle altrui fedi. Sarajevo è stata bombardata per quattro anni ( con 11451 morti e una pioggia di 470 mila granate)  non perché stava diventando islamica, ma al contrario perché era troppo tollerante e complessa per essere accettata da un mondo che venera il pensiero unico, uguale, monolitico. Così bellezza e vitalità si celano dietro alla “piega obliqua e amara dei Balcani”, come la descrive Paolo Rumiz ne “La cotogna di Istanbul”.balcani22 L’incontro col diverso e l’abitudine al confronto con l’altro da sé hanno reso questa popolazione unica, come lo è la sua  geografia. Con alcuni amici, in una delle tante serate passaste nel caravanserraglio  della Baščaršija,  abbiamo fatto una scommessa. Goran e Edina  ridevano, conoscendone anticipatamente l’esito. Guardavamo le donne, le ragazze cercandone una non bella. Chi ne intravedeva una per primo, aveva diritto ad una frasca e schiumosa birra, appena uscita dalla Sarajevska picara,l’unica birreria europea che è riuscita a produrre con continuità sia ai tempi dell’Impero ottomano che nel periodo dell’impero asburgico. Ognuno pagò la sua parte perché nessuno vinse. Trovare una ragazza non bella era quasi un’impresa impossibile. E poi la musica, il ritmo dei suoni ma anche delle lingue che sono molte e che fanno inevitabilmente bene all’elasticità della mente e dei caratteri. I Balcani sono grandi, anche se il cuore – oltre a Sarajevo – lo si trova scendendo la stretta valle della Neretva, con la strada che costeggia le acque color smeraldo del fiume che le dona il nome.  E’ ancora Rumiz a ricordarci che Balcani sono anche quel villaggio macedone  che  – stando ai racconti dei suoi abitanti – pare sia stato risparmiato dalle armi grazie alla musica: Strumica, quasi al confine con la Bulgaria. Quando scende la sera  i contadini tornano dai campi con i loro attrezzi in spalla e, giunti in paese, mollano la zappa e prendono il clarino, la tromba o il tamburo e tutto il paese si riempie di suoni.Questo è il loro antidoto al disordine. Perché lì non è mai arrivato il kalashnikov? Perché avevano il sassofono e lo preferivano,  perché da generazioni suonano e sono stati allenati alla musica “ già prima di nascere, perché la sentivano dalle pance delle loro madri”.  Una musica che, come dice Goran Bregović, “ è una miscela, nasce da una terra misteriosa dove si incrociano tre culture: ortodossa, cattolica e musulmana“. Splendida e piena di voglia di vivere.