redazione il torinese

Mombello e le sue borgate

Come diversi altri paesi della Valcerrina, Mombello Monferrato è un comune ricco di frazioni e borgate che nei secoli scorsi ebbero anche una loro vita propria rispetto a quello che è il capoluogo

Ilengo, piccolo borgo arroccato sulla collina, è dominato dalla chiesa di Sant’Anna e completato da insediamenti sparsi. Avvolto da una vegetazione prevalentemente a bosco offre la visuale ad un panorama in direzione di borgata Luvara e la collina del sito scomparso di Monte Sion. L’attuale costruzione della chiesa di Sant’Anna risale al 1745. Fu parrocchia sino al 1986. Al suo interno, l’altare laterale di sinistra, dedicato alla Madonna del Rosario, sarebbe proveniente dall’ex convento di Monte Sion, e presenta un paliotto monolitico datato 1677. La tela soprastante rappresenta la Madonna con San Domenico e Santa Caterina e così come la tela con le figure di Sant’Antonio e San Bartolomeo sono attribuite a Guglielmo Caccia. Non si conosce, invece, la data di costruzione della chiesetta di borgo anch’essa dedicata a Sant’Anna. Si presume sia stata eretta nel XVI secolo.

 

Il già citato complesso di Monte Sion sorse nella prima metà del XVI secolo sull’omonimo colle per iniziativa di padre Bonaventura Quarelli, francescano minore, di ritorno da un pellegrinaggio dalla Terra Santa. La notizia più antica del convento risale al 1561, la chiesa venne consacrata nel 1619. Convento e chiesa vennero soppressi dalla legislazione napoleonica nel 1802e l’acquirente, un francese, che l’acquistò all’asta fece abbattere il tutto, vendendo i mattoni che servirono per edificare un palazzo nella vicina Solonghello. Oggi rimangono i resti di una facciata settecentesca in mattoni, affiancata da edifici rustici.

 

Zenevreto, piccolo borgo, prende il nome dal bosco di ginepri che lo ricopriva. Nel nucleo abitativo si colloca la chiesa di San Grato, di cui si conoscono interventi abitativi che risalgono al 1870. Si desume che la parte più antica sia quella absidale aderenti alla quale alcuni locali sembrano sottolineare la presenza di un cappellano. Accorpato al corpo della chiesa si trova, sul fianco sinistro, il campanile.

A Morsingo il borgo è raccolto attorno alla chiesa che offre il fronte della piazza che appare come una terrazza. La chiesa è quella di San Michele Arcangelo, edificio in origine intitolato a San Bernardino da Siena. Nel 1586 essendo l’oratorio di San Bernardino in restauro  vi fu trasferita la funzione parrocchiale, poi soppressa nel 1986. La chiesa ebbe l’attuale intitolazione agli inizi del Settecento. Sul fianco sinistro si erge il campanile. L’interno è ricco di arredi liturgici. Nei pressi del borgo più altro si trova il piccolo sacello di San Luigi, tempio settecentesco.

 

Casalino, adagiato sul pendio di  un’altura su sede del quartier generale della X Divisione partigtiana “Garibaldi” durante la guerra civile. Nella frazione si trova la chiesa dedicata allo Spirito Santo, posta nella parte più elevata dell’abitato. Dalle notizie assunte la prima volta che venne nominata su nel 1611. Nel 1723 venne costruita l’attuale chiesa, poi consacrata nel 1725. Al suo interno una  lapide ricorda che nel 1970 l’allora vescovo di Casale Monferrato, monsignor Giuseppe Angrisani, consacrava il nuovo altare ed il nuovo presbiterio. Nel 2010 il ripristino degli intonaci ha donato all’opera gli originari valori. Nel Palazzo Tetina dell’Aglio, che si presume risalga al XVIII secolo, il Conte di Cavour amava soggiornare. A Gaminella, nella parte più pianeggiante del Comune, il 10 ottobre 1976, è stato eretto il monumento ai Caduti partigiani della Valcerrina, con progetto dell’architetto Attilio Castelli ed intervento artistico dello scultore Luigi Bagna.

Infine, Pozzengo, luogo dal toponimo chiaramente longobardo, fu molto abitato nell’antichità. Nel secolo XVII faceva parte del Ducato di Mantova e di Monferrato con il nome di Peongo, Poi divenne Possengo viste le numerose sorgenti d’acqua. Nella parte più alta del paese sorge la chiesa di San Bononio, Una chiesa di Santa Maria di Palcengo o Plocengo venne già censita nel 1299 negli estimi della Diocesi di Vercelli, ma lla costruzione dell’attuale edificio viene fatta risalire all’inizio del 1700. Venne consacrata nel 1724 dal vescovo di Casale, monsignor Pietro Secondo Radicati e l’anno successivo dedicata alla Vergine Maria ed a San Bononio, intitolazione che prevalse. Presenta un’imponente prospetto frontale, con un bel pportale ligneo e pregevoli interni con un organo di scuola napoletana, datato 1791, di piccole dimensioni e recente restauro.

 

Poco distante dall’abitato di Pozzengo sorge poi il piccolo santuario dedicato a San Gottardo. Il primo impianto risale a prima del 1600 e nel tempo si è modificato, sino all’intervento del 1930 – 1931 che ha dato all’opera la sua veste attuale. Al suo interno sono custoditi numerosi ex voto che attestano la devosione della popolazione per il Santo, e non soltanto della Valcerrina. Sempre sul territorio di Pozzengo si trovano altre 3 chiese: San Rocco, San Bernardo da Mentone e della Beata Vergine del Carmine.

 

MASSIMO IARETTI

 

Coppa fior di pesca

Un fresco dessert d’estate per i più golosi

ricetta settIo ho usato la gelatiera, ma va bene anche un gelato confezionato al fiordilatte.

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Ingredienti per 4 coppe:

4 pesche mature

1 tavoletta di cioccolato fondente di qualita’

4 amaretti secchi

8 palline di gelato al fiordilatte

Per il gelato: Io ho usato la gelatiera, ma va bene anche un gelato confezionato al fiordilatte.

200ml di panna da montare

200ml di latte fresco intero

90gr. di zucchero

1 bustina di vanillina

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Preparare il gelato secondo le istruzioni della vostra gelatiera. Intanto, pelare e tagliare le pesche a tocchetti e metterle sul fondo di 4 coppe individuali. Far sciogliere con un poco di latte il cioccolato tagliato a quadretti, lasciar intiepidire. Mettere 2 palline di gelato in ogni coppa, versare il cioccolato e spolverizzare con l’amaretto sbriciolato.

Potete sostituire le pesche con altra frutta a piacere, sara’ sempre deliziosa!

 

(Foto: il Torinese)

Paperita Patty

 

Le europee e i cattolici democratici

Di Giorgio Merlo
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Da tempo diciamo, a fondamento, che il voto del 4 marzo ha mutato radicalmente il panorama politico nel nostro paese. Un panorama politico che riflette, del resto, ciò che già capita nel vecchio continente da molto tempo. Un cambiamento che ha cancellato i vecchi equilibri politici e di potere da un lato e che, dall’altro, ha certificato il fallimento dei partiti plurali – come Pd e Forza Italia – facendo tornare al centro del dibattito politico le antiche identità politiche e culturali. O meglio, il futuro politico non si basa più su anonimi ed indistinti contenitori plurali ma, al contrario, nella riscoperta delle identità capaci, però, di trasformarsi in soggetto politico autonomo e organizzato.
E la prossima consultazione europea del 2019 rappresenta un appuntamento troppo ghiotto ed
importante per essere bypassato o sottovalutato. E ciò per almeno 3 ordini di ragioni.
Innanzitutto, come abbiamo detto, se è vero che le identità politiche devono tornare a mettersi in
gioco, e’ giocoforza che anche il cattolicesimo politico italiano – e ciò che storicamente ha
rappresentato e rappresenta nel nostro paese – non possa più essere colpevolmente assente. Di
fronte all’irrompere della destra, seppur moderna e sovranista; al ritorno prima o poi della
tradizionale sinistra e al prepotente protagonismo del populismo in salsa demagogica, la miglior
cultura cattolica di matrice costituzionale deve entrare in gioco. Non per rivendicare uno spazio di
potere o per alzare una semplice bandiera identitaria ma, al contrario, per dispiegare sino in fondo la sua potenzialità cultuale ed ideale. Che era e resta decisamente attuale e moderna.
In secondo luogo l’Europa. Se c’è una dimensione sociale e culturale e un livello istituzionale che
richiedono la presenza e l’apporto di una cultura politica cattolico popolare e democratica questa è certamente l’Europa. E questo non solo per la battaglia decisiva che vede contrapposto un fronte
sovranista e populista, dichiaratamente di destra, contro un agglomerato europeista e solidarista.
Ma anche perché l’Europa politica e’ stata pensata, progettata e costruita anche dal pensiero
cattolico democratico, popolare e sociale. Sarebbe curioso se la sfida del 2019 dovesse certificare
la radicale assenza dalla competizione elettorale di una lista/patito/movimento/contenitore con un esplicito richiamo a questa tradizione ideale. In terzo luogo, d’ora in poi, dove ci sono competizioni elettorali rette da sistemi proporzionali, la presenza di questo futuro soggetto politico deve essere in campo. Senza se e senza ma, come si suol dire. E questo non solo perché questa gloriosa e nobile esperienza politica e’ nata con il proporzionale e si è, occorre pur riconoscerlo, pericolosamente eclissata con la fine del sistema proporzionale. Ma perché la necessità di avere in campo una forza politica popolare, riformista, democratica e di ispirazione cristiana la si deve declinare proprio in coincidenza di una elezione – il rinnovo del Parlamento europeo, appunto – che vede quella cultura storicamente protagonista. Verrebbe quasi da dire, citando un vecchio ma efficace slogan, ” se non ora quando?”.

Canoe sul Po

CANOEIl tramonto è vicino ma le canoe sul Po continuano il loro viaggio. La foto è stata scattata dal ponte che collega piazza Vittorio con la Gran Madre. L’ha inviata al Torinese la lettrice  Elisa Baudino.

Basket: alla scoperta dei giocatori della Fiat Torino

Dal punto di vista dei loro tifosi

Questo è il primo articolo di presentazione dei giocatori d’oltreoceano che quest’anno giocheranno e combatteranno per i colori gialloblù della formazione torinese. Di ciascuno, cercheremo di verificare non le statistiche, ma una presentazione del loro modo di essere visto…dalle loro curve.

 

1 / James Michael Mc Adoo

Di lui, troverete quello che vi serve per capire le statistiche dalle varie testate “…pedia” che esistono efficacemente in rete. Quello che è in questo caso per me è interessante è trovare i commenti di suoi ex tifosi per sapere cosa pensano di lui e cosa aspettarci a Torino. Parente   di quel Bob Mc Adoo ex campione con Olimpia Milano (non nipote, ma in maniera simpatica chiamato da lui “Uncle” cioè zio, per motivi diversi ma probabilmente legati all’età ovviamente lontana tra i due ma che in realtà sono cugini di secondo grado), vincitore di due anelli seppur non da primo protagonista in NBA, arriva da una splendida università statunitense: i North Carolina Tar Heel. Sul sito della squadra la notizia del loro ex allievo che si sposta a giocare in Europa è vista in maniera non proprio univoca. C’è chi dice bravo a chi cerca un’esperienza nuova per lavorare all’estero, e l’Europa da loro è vista come una meta importante; c’è chi si dispiace che un loro giocatore debba andare a giocare in leghe minori e non abbia la forza di restare negli U.S.A. Altri dicono che il Denaro (non solo l’ammontare ma la tempestività e le garanzie), le strutture, il coach, compagni di squadra e avversari che sono anche ex giocatori NBA, creano opportunità di sponsorizzazioni grazie alle nuove esposizione mediatiche o di essere visti anche da altri allenatori, grazie alla vetrina televisiva. Steve Kerr, l’allenatore dei Golden State Warriors detentori degli ultimi titoli NBA, lo ha elogiato dicendo: “McAdoo gioca una volta ogni 10 partite [o più o meno così], in base alle situazioni di gioco che si creano, ma quando è in campo, il suo ruolo lo porta alla grande. Ed è una delle persone più rispettate in questa squadra grazie al suo modo di essere”. Il sito dei Golden State Warriors, al suo addio a fine campionato, gli ha dedicato questo ultimo saluto sportivo: “La volontà di McAdoo di accettare un ruolo così piccolo per il successo del team è certamente lodevole. Il risultato a lungo termine, tuttavia, potrebbe essere una carriera ridotta andando avanti nel tempo. Ha due campionati NBA sotto la cintura (2015, 2017), ma il suo entrare in campo limitato non gli ha dato molte opportunità di mostrare cosa può fare. Per ora, McAdoo sembra essere lasciato   un po’ nel limbo. Quindi, mentre diamo addio a James Michael McAdoo, gli auguriamo ogni bene dove atterrerà (e speriamo che ottenga più tempo per giocare)”. Diciamo che a Torino spazio ne avrà e se sarà bravo giocando da meritarsi il ritorno in NBA, bè, saremo felici per lui. E’ una breve estrema sintesi di quello che appare dai commenti d’oltroceano. Infine, è bello segnalare il suo ritiro dell’anello durante una partita dei Warriors, avvenuto durante una partita dei Golden State pur se lui fosse tesserato già per i Sixers; il team di Philadelphia ha voluto lasciarlo andare a ritirare il premio e come disse Steve Kerr “Ho pensato che fosse un grande gesto da parte dei Sixers assicurarsi che lui potesse essere qui.” Mc Adoo commentò nel pre – game prima della consegna: “Dormirò bene stasera”. James Michael Mc Adoo sta planando verso Torino. Non lo conosciamo ancora, ma da quello che leggiamo, sembra proprio che il “quasi” novello papà, arriverà a Torino con una ottima dose di voglia di vincere, serietà, spirito di sacrificio e desiderio di fare bene. Tutte cose che alla FIAT Torino non potranno che essere utili!

 

Paolo Michieletto

La foto che urla

Ci sono foto che non lasciano nulla all’immaginazione. Più che parlarci, attraverso l’immagine, ci urlano in faccia la disperazione di una realtà rappresentata dalla morte cruda e dallo sgomento che provoca. A Potočari, sobborgo di Srebrenica in Bosnia, appena varcato il cancello d’ingresso del Memoriale che ricorda il genocidio del luglio 1995, sulla destra c’è una scala che porta sottoterra, in una sala dove ristagna un’aria fredda. L’ambiente è spoglio. Poche sedie, una panca. Alle pareti  alcune gigantografie di foto in bianco e nero calamitano l’attenzione. In un paio si vedono le bare allineate nel capannone dell’ex fabbrica di batterie, dall’altra parte della strada, in attesa dell’inumazione. In un’altra resti di vestiti che riemergono da una delle fosse comuni ( ne furono trovate più di sessanta solo nei dintorni)  dove vennero gettati i cadaveri. Un senso di disagio lo provoca la foto in cui s’intravede il gelido paesaggio della zona con l’immagine dei  boschi che sfuma tra  nubi basse e nebbia. Gi stessi boschi dove, nell’intento di sfuggire alla follia omicida, trovarono la morte migliaia di bosgnacchi. C’è anche l’istantanea di una bambola rotta, con la faccia tagliata, probabilmente strappata dalle mani di una bambina: un giocattolo innocente che, deturpato e scaraventato nel fango, si trasforma in una sagoma inquietante. Queste foto, senza didascalia, raccontano ogni cosa e tutto il dolore meglio delle parole che suonerebbero vuote, fuori posto. In fondo, inutili. Non sono tante queste immagini. Non c’è bisogno di ostentare l’orrore per smuovere la memoria. L’ultima della serie, però, è un pugno nello stomaco ancora più forte. Una mano, guantata di bianco, solleva dalla terra di una fossa comune un’altra mano senza vita, scheletrica, nera, sporca. Il contrasto è netto e la pellicola in bianco-nero lo accentua fino a renderlo sconvolgente,impressionante. Pare che la mano morta chieda aiuto, si aggrappi per trascinarsi disperatamente fuori. E l’altra, oserei dire con una delicatezza caritatevole, la sostiene, consapevole che ormai non resta  più nulla da fare se non consentirle una dignitosa sepoltura, dopo l’orrore della morte violenta e la  profanazione del corpo. E’ un particolare crudo, un’immagine diretta, priva di mediazioni. La mano, presumibilmente di uno dei tanti uomini massacrati a Srebrenica o nei dintorni, riflette la tragicità della morte con una efficacia senza pari. Nel nostro immaginario la morte viene raffigurata con teschi e ossa umane, scheletri disegnati, dipinti o incisi sulle lapidi dei vecchi cimiteri, a volte sulle inferriate. La figura più classica , diffusasi dopo il Medioevo, è quella dello scheletro che brandisce la falce che recide la vita, allo stesso modo in cui taglia l’erba o il grano. Ma in questo caso la fotografia della mano scarna e sporca di terra rende l’idea del degrado del corpo ed evoca la morte nel modo più macabro e diretto che si possa immaginare. Per questo colpisce, lasciando senza fiato. Difficilmente si può ignorare ma altrettanto difficilmente gli sguardi indugiano su quest’immagine di indicibile drammaticità. Ad alcuni ragazzi la vista ha provocato ansia e conati di vomito, ad altri la tensione si è sciolta in pianto. Nessuno è rimasto indifferente. Ci sono immagini, situazioni che fanno riflettere molto più di altre. Chi visita oggi il campo di sterminio di Auschwitz resta attonito sfilando davanti alle teche del museo colme di scarpe, protesi, occhiali, capelli. O alle centinaia di barattoli vuoti di zyklon B, il cianuro solido che  – a contatto con l’aria –  non lasciava scampo a chi era stato costretto ad entrare nelle “docce” delle camere a gas. Lo stesso è accaduto a Belgrado qualche anno fa, nel luglio del 2010, dove le “Donne in nero”, attiviste antimilitariste di Serbia, hanno inscenato una originalissima manifestazione in ricordo di Srebrenica. Hanno raccolto 8372 paia di scarpe, tante quante furono le vittime dell’eccidio riportate sulla stele del Memoriale ( in realtà circa diecimila) , allo scopo di farne un monumento nella capitale serba. Così centinaia di paia di scarpe di ogni tipo, foggia e colore – da uomo, donna, sportive e per bambini, ciabatte e stivali – sono state allineate per terra sulla Kneza Mihailova, la frequentatissima strada pedonale nel cuore dell’ex capitale della

09/05/2015 Viaggio in Bosnia con i ragazzi vincitori del concorso di storia contemporanea organizzato dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale – Il memoriale di Potocari dove sono sepolte le persone di etnia musulmana uccise dalle truppe paramilitari serbe nel luglio del 1995

Jugoslavia, su striscioni con scritte contro la guerra e in memoria delle vittime di Srebrenica.  Stasa Zajovic, esponente delle Donne in Nero belgradesi e  coordinatrice della manifestazione, nell’occasione disse : “Donare un paio di scarpe significa riconoscere che il genocidio di Srebrenica è accaduto realmente. Ed è un modo per esprimere partecipazione e solidarietà alle vittime”. Alla domanda del perché si era scelto di utilizzare le scarpe come elemento simbolico, Stasa rispose così: “ Per me, le scarpe sono l’impronta delle persone scomparse a Srebrenica, e quest’impronta ha una grande importanza. Le scarpe sono il simbolo delle vite perdute e vogliamo che ogni singola scarpa abbia un suo spazio, perché coloro che sono stati uccisi non sono solamente ossa. Sono persone i cui sogni, desideri, amori e dolori sono stati uccisi insieme a loro. In più, le scarpe sono un simbolo di movimento, di cambiamento”. Le scarpe come le foto in bianco e nero. L’immaginario visivo di una memoria dura da elaborare per chi piange o vuol piangere i propri morti. Dura anche per chi, ad ovest e a est di Srebrenica, ne porta il  grande peso sulla coscienza.

 

Marco Travaglini

Case in vacanza o vuote in città: i consigli di Fiaip contro truffatori e ladri

Case-vacanza e abitazioni vuote in città: agosto per ladri e truffatori è il mese migliore per entrare in azione e mettere a segno i colpi più grossi. Non solo le case che si  lasciano vuote ma anche quelle in cui si entra per le vacanze sono bersagli di truffe e inganni. Ecco che Fiaip Torino (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) stila un elenco di consigli per potersi rilassare al sole senza troppi pensieri

Attenzione alle case-vacanza truffa. “Il buon senso è la prima accortezza per evitare che la vacanza si trasformi in una disavventura”, dice Aurelio Amerio, presidente di Fiaip Torino. “Quando ci si riduce all’ultimo per trovare una sistemazione per le vacanze – spiega – si possono scovare sul web offerte straordinarie di case date in affitto: pensiamo che siano proposte last minute, ma in realtà dietro a prezzi stracciati si possono nascondere veri e propri imbrogli”. Appartamenti inesistenti o super ville che, una volta arrivati, si rivelano dei buchi, sono casi non così infrequenti in rete. “Bisogna soppesare prezzi e proposte, se ci lasciano increduli per le basse tariffe applicate, sottosotto potrebbero essere delle trappole per chi è in buona fede”, aggiunge.

Come controllare la veridicità dell’annuncio di un immobile? Se da una parte la rete è insidiosa e altresì vero che offre mezzi per andare a fondo. “Per prima cosa prendere contatti con l’inserzionista e farsi mandare qualche foto in più, possibilmente anche copia della carta d’identità del proprietario e le coordinate di dove si trova l’alloggio – spiega Amerio -. Si possono inserire le immagini su google e vedere se i proprietari nei vari annunci sono sempre gli stessi o cambiano da sito a sito: in questo caso potrebbe nascondersi una truffa”.

 

Occhio ai pagamenti richiesti. “E’ bene avere qualche dubbio quando è richiesto il pagamento anticipato di tutta la quota per il soggiorno o quando ci sono iban stranieri anche per case in Italia. Si può provare a inserire l’iban su google e fare una ricerca”. In generale sono più prudenti pagamenti tracciati, paypal e carte prepagate, evitando di condividere i dati del proprio conto corrente o della carta di credito.

Cosa fare per tenere i ladri lontani da casa nostra? “Una volta scelto dove andare e certi di non essere stati fregati, possiamo prendere qualche accortezza anche per la casa che stiamo lasciando vuota in modo da non avere brutte sorprese al nostro rientro in città”, dice il presidente provinciale Fiaip.

 

Si parla di ladri 2.0 perché adocchiano le loro vittime usando i social network. “Postare sui social le foto delle vacanza mentre si è in villeggiatura, significa annunciare che a casa non ci siamo – spiega-. Meglio disattivare la geolocalizzazione e restringere la privacy della nostra pagina, ma meglio ancora sarebbe rimandare la pubblicazione delle foto al nostro rientro”.

Altri accorgimenti. “L’antifurto e la videosorveglianza sono i migliori deterrenti per i malintenzionati, ma sono utili anche dispositivi tipo webcam per controllare l’abitazione”, aggiunge il presidente Fiaip Torino. “La serratura con chiave europea rende meno ‘appetibile’ entrare”. Infatti secondo le forze dell’ordine i furti con effrazione in città avvengono per il 90% dalla porta principale. “Inferiate, serrante blindate e vetri antisfondamento sono altre soluzioni strutturali per tenere la casa al sicuro. Per le abitazioni indipendenti è consigliabile tenere il giardino in ordine e potare le piante più alte vicine a finestre e balconi: sarebbero delle scali d’accesso naturali”.

“Un consiglio utile è chiedere a chi fa le pulizie della scala di non lasciare sollevato lo zerbino di ingresso. Altri deterrenti – aggiunge – sono rappresentati dalle luci che si accendono rilevando il movimento o la registrazione di un cane che abbaia. Se invece ci si allontana per brevi periodi si può pensare di lasciare una luce o una radio accesa con un timer. Meglio ancora – conclude Amerio – se ci si accorda con una persona di fiducia, un vicino o un parente, che di tanto in tanto possa aprire l’abitazione, raccogliere la posta dalla cassetta, aprire le finestre, in modo da segnalare la presenza di qualcuno”.

Vernice spray su Neve e Gliz

Neve e Gliz, le mascottes dei Giochi olimpici invernali del 2006, giacciono al parco Mennea, adiacente a piazza Marmolada, coperte di scritte e di smog. Un fatto solo all’apparenza di poco conto. I simboli, infatti, hanno una loro storia e un loro valore che vanno rispettati. Per una città che vuole candidarsi alle Olimpiadi invernali del 2026 non si tratta di un bel biglietto da visita.

(foto: il Torinese)

San Salvario, serpente a caccia di topi

Nel quartiere San Salvario e’ stato avvistato da una signora spaventatissima un  “saettone”, serpente dal nome scientifico  “Elafe Longissima”. Il rettile è innocuo ed è stato recuperato dal tombino dove si era nascosto da una squadra della Città metropolitana. Questo tipo di serpente va a caccia di topi, che in città non mancano.

 

(foto archivio)

Alle Molinette scoperto il “segreto del sonno”: come dormire meglio

Presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino è stato scoperto il segreto del sonno e come dormire di più e meglio senza farmaci, regolando ed abbassando la temperatura del corpo mediante un composto innovativo incorporato nel materasso.

L’utilizzo di un materasso di ultima generazione che agisce sulla modulazione della temperatura corporea consente infatti di migliorare la qualità del sonno andando ad agire sulla sua componente più profonda. La scoperta ha dimostrato come abbassando la temperatura interna del corpo sia possibile rendere più profondo e ristoratore il sonno incrementando inoltre la sensazione di comfort. Il segreto in un materiale altamente tecnologico
che ricopre il materasso e sottrae calore al corpo, analogamente a quanto avviene negli orsi o nelle marmotte durante il letargo invernale.Insomma corpo più freddo, sonno più profondo.Lo studio internazionale, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Physiology and behavior”, nato da unacollaborazione tra il Centro di Medicina del Sonno della Città della Salute
di Torino (diretto dal professor Alessandro Cicolin) ed altri Centri europei e statunitensi (Center for Chronobiology, Basel University, Sleep Medicine Center, University of Berlin, Center for Sleep and Circadian Biology, Northwestern University Chicago), ha dimostrato come aumentando la dispersione di calore del corpo sia possibile rendere più profondo e ristoratore il sonno. Il segreto in un materiale altamente innovativo, un composto poliuretanico
(Tecnogel®) caratterizzato da una capacità termica 10 volte superiore a quella dei composti impiegati nella costruzione dei materassi di alta qualità, che aumenta la conduzione termica dal corpo al materasso e quindi
la dispersione nell’ambiente circostante. Gli studi hanno valutato la struttura del sonno su circa 60 volontari sanidi differenti età durante il riposo su materassi di riferimento a bassa capacità termica (low heat capacity mattress: LHCM) e su materassi ad alta capacità termica (high heat capacity mattress: HHCM), in un ambiente a temperatura ed umidità strettamente controllate.Il materasso ad alta capacità termica ha determinato un incremento particolarmente elevato e selettivo del sonno ad onde lente, la fase profonda del sonno non REM, che riveste una fondamentale rilevanza per iprocessi fisiologici e metabolici. Il suo deterioramento, come avviene in alcuni disturbi del sonno (uno per tutti l’insonnia), può determinare non soltanto una riduzione della qualità percepita del sonno, ma anche una significativa compromissione della capacità di performance cognitiva (a carico di attentività e memoria) e fisica (ad esempio in ambito lavorativo
e sportivo). Lo studio della relazione tra la temperatura corporea e delle fasi di sonno può aprire rivoluzionarie prospettive sulle possibilità di modulazione del
riposo notturno non solo per via farmacologica.