redazione il torinese

“Anni luce” a Borgate dal vivo

Galleria d’arte Gagliardi e Domke, via Cervino 16, Torino


Venerdì 24 agosto alle ore 16 il festival Borgate dal Vivo ospiterà Andrea Pomella che, in dialogo conHamilton Santià, presenterà il suo ultimo libro “Anni Luce” (add editore, 2018). Ad accompagnarli con la chitarra, Adriano Viterbini dell’ormai storica band romana Bud Spencer Blues Explosion. L’incontro, organizzato in collaborazione con TOdays festival, è gratuito e si terrà nella Galleria d’arte Gagliardi e Domke a Torino.

“Anni Luce”, inserito tra i dodici libri finalisti del Premio Strega 2018, è una storia grunge: è la storia di un’amicizia, dove al centro ci sono i Pearl Jam, la loro musica e “Q.”, il compagno di sbronze, amico, viaggiatore e chitarrista che fece conoscere la nota band statunitense ad Andrea Pomella.

“Ten, il primo disco dei Pearl Jam, uscito nel 1991 fu un treno che travolse la mia giovinezza. – dice Andrea Pomella – Venticinque anni dopo, decisi di scriverci un pezzo, la ricorrenza lo meritava. Il treno passò di nuovo sopra le mie rovine trascinandosi dietro tutto ciò che si metteva in moto quando dalle casse dello stereo fluiva una loro canzone, il vortice di angosce, divertimenti, memorie, furori, gioie, inquietudini che si incanalava attraverso la loro musica”.

Andrea Pomella è nato a Roma e ha pubblicato monografie su Caravaggio e Van Gogh, il saggio sulla povertà “10 modi per imparare a essere poveri ma felici” (Laurana, 2012) e il romanzo “La misura del danno”” (Fernandel, 2013). I suoi racconti sono stati pubblicati su “minima&moralia”, “doppiozero” e “Rivista Studio”.

Hamilton Santià è nato a Torino. Interessato principalmente ai rapporti tra cultura, politica e società, scrive da anni su siti e riviste, principalmente di musica, cinema, cultura pop e comunicazione politica (tra le testate con cui collabora e ha collaborato: “Mucchio Selvaggio”, “l’Unità”, “Pagina99”, “Artribune”, “Rolling Stone”, “Losing Today”).

Adriano Viterbini è nato a Marino (RM) e vive a Roma. Chitarrista appassionato di delta blues, rock-funk e musica alternativa. Nel 2000 comincia a suonare nel circuito musicale romano e nel giro di pochi anni si impone come uno dei chitarristi più completi e personali della scena italiana ispirato dal blues del delta Mississippi, da Ry Cooder, dal rock più stoner e dal pop più nobile. Nel 2007 fonda, insieme a Cesare Petulicchio, i Bud Spencer Blues Explosion. Nel 2010 è artefice del progetto blues Black Friday. Nel 2013 torna alle origini. e pubblica il suo primo disco solista, “Goldfoil”. A fine 2014 partecipa alle registrazioni del disco di Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè “Il padrone della festa”. “Film o Sound”, del 2015, è il suo secondo disco solista. Tra le tante collaborazioni: Bombino, Nic Cester, Davide Toffolo

 

Borgate dal Vivo è stato definito il festival più grande d’Europa dedicato ai territori più piccoli: i borghi e le borgate alpine. Per la III edizione Borgate dal Vivo è diventato Performing Alps: oltre alla letteratura, comprende anche altre forme artistiche, dal teatro, alla musica, al cinema, alla danza. L’ obbiettivo del Festival è di contribuire alla rinascita dei borghi e delle borgate alpine e alla lotta contro il loro spopolamento. Gli eventi, tutti in forte relazione con i luoghi che li ospitano, sono rivolti sia agli abitanti di queste aree periferiche, che vengono sempre più rivalutate da un punto di vista ambientale e architettonico, sia al grande pubblico che può riscoprire piccoli luoghi di grande bellezza.

La cartolina del nonno (la Grande guerra, cent’anni dopo)

Conobbe i reduci che avevano vissuto la disfatta di Caporetto; vide cadere i “ragazzi del ’99”, chiamati alle armi nel 1917, non ancora diciottenni,  ed inviati sul Piave e sul Grappa per fermare l’avanzata nemica dopo lo sfondamento austro-tedesco del fronte dell’Isonzo

 

Di mio nonno ricordo le mani. Dovevano esser state delle mani grandi e forti. Capaci di strette sincere e di una presa ferma. Io le ricordo, poco prima di morire, coperte da vene blu che – dopo aver viaggiato per una vita come i fiumi del Carso – erano risalite in superficie, accompagnandone dolcemente i tremolii e le incertezze. Mani da lavoratore, rese dure dai calli ma – immagino –  capaci di tenerezze per quanto si potesse cogliere questa disponibilità  affiorante come una debolezza tra le pieghe del suo  carattere burbero e severo.

 

Il nonno – nato all’inizio dell’ultimo decennio dell’ottocento –  si era fatto, tutta intera e senza sconti, la prima guerra mondiale. Dal 24 maggio del 1915 all’11 novembre del 1918 furono, per i tanti come lui che – fortunati – riuscirono a portare a casa la “ghirba”, giorni, settimane, mesi ed anni durissimi. ” Si vede che non era la mia ora“, diceva quasi a giustificazione di non aver fatto la fine di tanti suoi compagni, morti o dispersi. Alpino del Battaglione “Intra” come tanti altri provenienti dalle nostre zone e dal varesotto, prima di partire per il fronte era stato assegnato in un primo momento alla caserma “Simonetta” di Intra e poi alla  “Urli” di Domodossola. Sulla divisa portava la nappina verde degli Alpini dell’Intra, quelli che non mollavano mai ed avevano scelto un motto ( “O u roump o u moeur!” ) che era tutto un programma. Quella guerra fu una vera carneficina. Fu, al tempo stesso, l’ultimo conflitto del passato  – con la sua guerra di trincea, lenta e di posizione – ed il primo grande conflitto in cui si usarono senza risparmio  tutti i mezzi moderni, come aeroplani, mezzi corazzati, sommergibili e  – terribili e disumane – le armi chimiche, tra cui il gas “iprite” che prese il nome dalla città belga  di Ypres, dove fu utilizzato per la prima volta per iniziativa dei tedeschi. Sopravvissuto agli assalti alla baionetta ed agli scontri sulle montagne del Carso e sul Grappa, il nonno – con in grado di sergente maggiore- combatté senza tregua per portare a casa intera la pelle.

Conobbe i reduci che avevano vissuto la disfatta di Caporetto; vide cadere i “ragazzi del ’99”, chiamati alle armi nel 1917, non ancora diciottenni,  ed inviati sul Piave e sul Grappa per fermare l’avanzata nemica dopo lo sfondamento austro-tedesco del fronte dell’Isonzo. Comandò, negli ultimi mesi, dopo che una granata aveva spezzato la vita al capitano ed ai due sottotenenti, i suoi uomini dando prova di buon senso e di coraggio. Gli affidarono così un reparto formato da giovanissimi della classe 1900, arruolata nel 1918 in vista della prevista offensiva della primavera 1919 e che, tolto qualche volontario, non venne mandata in prima linea perché la guerra terminò prima. Quand’aveva la vena malinconica si lasciava scappare qualche accenno. Ricordo la descrizione inorridita dei soldati passati per le armi perché erano scappati dal fronte dopo Caporetto. Mi parlava delle frasi tracciate sui muri delle case  come quella, famosa, del “Tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati!”.  Di ricordi, s’intuiva ne avesse molti ma parlava poco e malvolentieri. Era stato decorato con una medaglia di bronzo e due encomi solenni per ” l’assidua, fervida, utile opera prestata, per il costante efficace esempio di coscienzioso adempimento del dovere, combattendo per la Patria sul Monte Grappa e sull’altipiano del Carso“. Il nonno morì prima di vedersi assegnare la Croce di Cavaliere di Vittorio Veneto. Una onorificenza che non gli avrebbero comunque dato perché si era rifiutato di farne richiesta. L’Ordine di Vittorio Veneto venne istituito per legge nel marzo del 1968 per «esprimere la gratitudine della Nazione» a coloro che avevano combattuto per almeno sei mesi durante la prima guerra mondiale o precedenti conflitti. Per ottenerlo bisognava avanzare, tramite il comune di residenza, una propria, personale domanda al capo dello Stato. Quando venne il vigile, modulo alla mano, a proporre di compilarla, il nonno lo mandò via con modi bruschi.

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Dopo quasi cinquant’anni non so che farmene del titolo. Se quelli di Roma  vogliono  fare qualcosa di buono, allora diano una mano alle famiglie di quelli che sono stati mandati a morire sui fronti. Io ho solo fatto il mio dovere anche se la guerra è una cosa schifosa, dove a rimetterci sono sempre i poveri cristi“. In un cassetto della credenza scoprii, accanto alla medaglia ed ai nastrini tricolori, una vecchia e consumata cartolina postale spedita da Innsbruck, la capitale del Tirolo.  Raffigurava il Castello di Ambras, caro all’arciduca Ferdinando II d’Asburgo. Il bollo sull’affrancatura portava la data del 12 maggio 1923. E la scritta, in un italiano scarno e stentato, diceva : “Amico taliano, grazie per tutto.  Molti belli  saluti“.  La firma, quasi illeggibile, pareva di un certo Hans Maier o Hans Heigher. Probabilmente un montanaro, inquadrato in qualche battaglione d’assalto dei Kaiserschutzen tirolesi. Il nonno era geloso dei suoi segreti e non ne fece mai cenno ma so bene che molti alpini e molti “tiratori dell’imperatore” fraternizzarono, trovandosi ad alte quote gli uni di fronte agli altri, tutti montanari che sentivano più il legame della terra che il richiamo del sangue e l’astio del confine. Si fronteggiavano, sparandosi addosso, ma molti lo facevano controvoglia, per obbligo e non certo per scelta. Chissà cosa si dissero e che fecero in quei giorni e in quei luoghi dove si combattevano le battaglie “più alte della storia”. Non l’ho mai saputo e non lo saprà mai nessuno. Il nonno, questo suo “segreto” se l’è portato via con se, per sempre. E non fatico a credere che la stessa cosa sia capitata al suo amico d’oltre frontiera. Sono passati tanti anni da allora ed anche i ricordi sfumano, diventano trasparenti, impalpabili. Si ha paura di toccarli per non vederseli ridurre in polvere e volar via. Resta però un fatto. Duro come la pietra su cui sono fissate le lettere di metallo dei nomi dei caduti e dei reduci della “grande guerra” sul lastrone all’entrata del cimitero di Baveno. Tra i tanti nomi quello del nonno non c’è. Lui che della guerra non riuscì ad evitarne neppure un attimo è stato omesso, dimenticato. Sono certo che se lo venisse a sapere ne sarebbe sinceramente contento, godendo di quel po’ d’oblio che le dimenticanze, a volte, possono regalare.

 

Marco Travaglini

 

Grande caldo fino a 36 gradi

Sarà ancora grande caldo a Torino e Piemonte con qualche grado sopra la norma del periodo, a causa dell’alta pressione atlantica rinforzata da aria africana. In aumento le massime fino a mercoledì. Secondo le previsioni dell’ Arpa -Agenzia regionale per la protezione ambientale si registreranno 36 gradi martedì nel Novarese, 35 nell’Astigiano e nel Torinese.

Il Poli trionfa in Cina con la “casa solare”

La  Casa solare, autonoma dal punto di vista energetico e interamente progettata e costruita dai 17 studenti di ingegneria e architettura del Politecnico di Torino che hanno lavorato insieme ai docenti dell’ateneo e ai loro colleghi della South China University of Technology (SCUT) di Guangzhou, si è aggiudicata il primo premio alla Solar Decathlon China 2018. In tre settimane, il team ha costruito una casa vera, pronta per essere abitata e per di più con caratteristiche di autonomia energetica e sostenibilità uniche, che ha sbaragliato la concorrenza di altri 21 progetti delle migliori scuole di architettura del mondo, aggiudicandosi il primo posto nella competizione. Il contest prevedeva la progettazione e la costruzione di una residenza monofamiliare innovativa ad alte prestazioni energetiche, alimentata ad energia solare, che verrà quindi sottoposta ad una serie di test di performance, che contribuiranno alla composizione della graduatoria finale.  Dopo aver concluso la fase di progettazione prevista dall’organizzazione del contest e aver avviato lo scorso aprile la costruzione preliminare dell’edificio presso il Campus di SCUT a Guangzhou, il team ha quindi completato la costruzione nella sua collocazione definitiva.Il Politecnico ha partecipa al contest con una squadra coordinata dai professori Mauro Berta, Michele Bonino, Orio De Paoli, Enrico Fabrizio, Francesca Frassoldati, Marco Filippi, Matteo Robiglio, Valentina Serra, Edoardo Bruno. Il progetto ha potuto contare su una numerosa presenza di sponsor tecnici e sulla collaborazione con il Consolato Generale di Canton e l’Ambasciata d’Italia in Cina. 

L’aperitivo senza tradire la prova costume

Un cocktail fresco a fine giornata seduti in centro a Torino godendosi il tramonto, la temperatura che scende e una chiacchierata con gli amici, quelli rimasti ancora in città in attesa delle anelate ferie. Un menu pieno di proposte, di tentazioni, di sfizi proibiti che ci fanno riflettere sui molteplici sacrifici fatti durante l’anno per mantenerci in forma, ore di palestra, rinunce

L’aperitivo non fa rima con dieta, è vero, ma possiamo permettercelo ugualmente utilizzando alcuni accorgimenti per non accumulare troppe calorie, possiamo concedercelo ed essere soddisfatti ciononostante, basta stare un po’ attenti. Possiamo cominciare, per esempio, bevendo un cocktail poco calorico come un Bellini da 100 ml solo 31 calorie, uno Spritz da 140 ml 80 calorie, un Gin Tonic da 150 ml 120 calorie. Un bicchiere di birra con bassa gradazione alcolica si aggira sulle 80 calorie, mentre il vino bianco ne contiene all’incirca 100. Ovviamente, nell’ottica del risparmio delle calorie, i cocktail analcolici sono i più indicati mentre sono assolutamente vietati il Mojto, la Pina Colada, il Margarita. Riguardo agli stuzzichini, invitanti e saporiti che ci aspettano languidi al buffet, meglio scegliere verdura cruda, olive, frutta, sottaceti. Le patatine, invece, sarebbe opportuno evitarle insieme alle indigestioni di frutta secca come le arachidi. Ogni tanto però, senza esagerare e con responsabilità, concedersi un aperitivo completo può essere una vera gioia in controtendenza con chi ci vuole prigionieri di regimi alimentari estremisti, alla ricerca di corpi e forme irraggiungibili e francamente che poco hanno a che vedere con la salute e il benessere in genere.

La nostra città, dove l’aperitivo rappresenta un momento irrinunciabile, una occasione quasi intoccabile, si possono trovare molti posti dove farne di deliziosi, eccone alcuni:

Zucca Via Gramsci 10

Cocktail classici ma anche rivisti come lo Spritz Provenzale alla lavanda, gentilezza e professionalità, la tradizione a Torino.

Floris Via Cavour 16

Un posto delizioso con profumeria ricercata, un ambiente elegante, alzate con cibo raffinato.

L’Arancia di Mezzanotte – Piazza Emanuele Filiberto, 11I

In pieno quadrilatero, un apericena consistente e gustoso, musica e divertimento.

Barindo – Corso Re Umberto, 34

Un gioiello in un posto tranquillo, ambiente soft, un’ottima riserva di vini.

Gaudenti – Corso Vittorio Emanuele II, 76 e  Piazza Carlo Felice, 29

Taglieri di pizza di tutti i tipi per un aperitivo non troppo light ma molto appagante.

Amore Corso Vinzaglio, 29

Rapporto qualità prezzo ottimo, cocktail buonissimi.

 

Maria La Barbera

Tentata violenza al parco delle Vallere

Un ghanese irregolare di 28 anni ha aggredito una donna di 44 anni al parco delle Vallere mentre faceva jogging, le ha tolto la  maglietta e abbassato i pantaloni. Un passante l’ha aiutata a liberarsi e ha chiamato i carabinieri. L’aggressore è stato arrestato e la donna è stata medicata in ospedale.

Chiampa chiama ma Forza Italia risponde picche

SCHERMAGLIE ESTIVE

Il presidente Sergio Chiamparino popone per le prossime regionali  una alleanza trasversale, “che vada al di là dei simboli di partiti per la rinascita del Piemonte”. Il governatore chiama a raccolta imprenditori, rappresentanti del mondo sociale e accademico per ” mettersi attorno a un tavolo e decidere i temi strategici per il Piemonte come la  Tav, la ricerca, la casa,  gli asili nido. Io ci sono, pronto a fare il mio dovere”. Un appello a Forza Italia?  Forse, ma gli azzurri lo respingono al mittente: “Un appello totalmente anacronistico. Non sono bastati i danni e i fallimenti accumulati in questi ultimi quattro anni e mezzo? I piemontesi non sono autolesionisti. Ormai il presidente Chiamparino appare sempre di più un pugile suonato che si aggrappa disperatamente all’avversario per non finire K.O.. Un giorno dice di non volersi candidare, l’altro dichiara l’esatto opposto. E’ palese come voglia coprire i fallimenti suoi e del Partito Democratico”. Ad affermarlo il senatore di Forza Italia Gilberto Pichetto, coordinatore regionale del partito. Prosegue l’esponente piemontese di Forza Italia: “E’ chiaro che la nostra collocazione resta fermamente nel centrodestra e auspichiamo che tutte le espressioni civiche di centrodestra che governano unitamente a Lega e Fratelli d’Italia molte realtà piemontesi si aggreghino il prossimo anno in una grande coalizione per spazzare via questi anni bui del Piemonte”.  Chiamparino sostiene che non ha intenzione di fare  “un ‘En marche’ macroniano in bagna cauda. Quello che ho in mente, soprattutto quello che serve oggi al Piemonte, è sparigliare lo schieramento tripolare della attuale fase politica”.

Studentessa denuncia violenza sessuale avvenuta in treno

DALLA PUGLIA Ha denunciato di avere subito una violenza sessuale sul treno proveniente da Lecce e diretto a Bologna. Lei è una studentessa di 19 anni e il  presunto aggressore un barese 40enne che  è stato arrestato nella stazione di Ostuni. Ora è ai domiciliari a Bari. La giovane ha chiesto aiuto al personale delle ferrovie che ha attivato l’intervento della polizia ferroviaria. L’uomo è ritenuto responsabile di aver compiuto  atti sessuali contro la volontà ed in danno della persona offesa.

Follie d’estate: accoltellato per una zuffa tra cani. E’ grave

E’ stato accoltellato nel corso di un litigio nato da una zuffa tra cani, in via Baltea, e ora è in gravi condizioni al  San Giovanni Bosco. L’uomo, un 40enne, è stato colpito a un fianco ed è in prognosi riservata per una ferita alla milza. L’aggressore è un torinese di 34 anni, che è stato arrestato dai carabinieri per tentato omicidio aggravato. I due uomini erano per strada con i rispettivi cani che improvvisamente si sono azzuffati ed è scaturita una lite anche tra i padroni. La moglie del ferito ha dato l’allarme.

Le bambole del piacere virtuale

Nasce a Torino il primo “bordello” italiano con bambole, che aprirà i battenti il prossimo 3 settembre nel quartiere Mirafiori Sud, ed è già stato preso d’assalto da telefonate al centralino e prenotazioni. È un’idea importata nel capoluogo torinese, ex prima capitale d’ Italia e, ancor prima, capitale della dinastia dei Savoia, da un gruppo di amici torinesi, che, in questa scelta, un po’ si discostano dal rigore e dallo stile sabaudi. Ha già preso piede, con successo in Europa, a Barcellona ed a Mosca, e  non manca neppure nella civile eprogredita Germania, dove a Dortmund il “Bordoll” è la prima casa del sesso tedesca ad essersi specializzata in “sex dolls”, offrendo ai clienti ben quattordici tipi diversi di bambole di entrambi i sessi. A Torino non si chiameranno “Sex dolls”, ma “Lumi dolls”. Però in fondo sempre di bambole si trattera‘, certo sarà un business del piacere sicuramente più igienico della prostituzione dei tradizionalibordelli, che gli artisti impressionisti parigini ritraevano nei loro quadri, ma totalmente mancante di umanità. Non credo, sinceramente, che questa sia la strada per combattere la diffusione della prostituzione, anche perché il target che si rivolgerà ad un simile prodotto sarà probabilmente diverso da quello abituato aessere cliente della prostituzione tradizionale ed anche a quello che si rivolgeva in passato alle escort, di lusso o no, e che continuerà a farlo. Semplicemente le “Lumi dolls” dimostrano, nel campo del piacere a pagamento, la sempre maggiore diffusione di una cultura basata sul virtuale più che sul reale, questo già  a partire dal sempre più dilagante uso dei dialoghi via chat o attraverso i social, che consentono alle persone di nascondersi spesso dietro ad uno schermo (cellulare, Tablet ocomputer), per evitare il peso emotivo di un incontro reale con una persona. D’altronde, in una società  in cui la pornografia è sempre più  diffusa tra gli adolescenti e spesso rappresenta per molti di loro l’unica fonte di conoscenza dei primi approcci alla sessualità, non ci deve stupire che molti adulti evitino le implicazioni del dialogo e delle componenti emotive di un incontro amoroso e sessuale, sostituendo ad una persona una bambola. Fatto molto triste, ma che non stupisce assolutamente nella società di oggi.

 

MARA MARTELLOTTA