Sabato 25 agosto alle ore 21,15 ad Alassio in piazza della Libertà, nei giardini antistanti al Comune, si terrà l’evento “Sera d’estate 2018” nel corso della quale verranno consegnati i seguenti premi: Premio “Pannunzio Alassio” al giornalista MATTIA FELTRI,autore del “Buongiorno”su “La Stampa” e il “Secolo XIX”, il Premio” Flaiano cultura” al linguista VITTORIO COLETTI e il Premio” Mario Soldati” ad ALESSANDRA ZUNINO SEGRE , imprenditrice dell’accoglienza ligure di eccellenza. In apertura Anna Ricotti presenterà il libro di Pier Franco Quaglieni “Grand’Italia”, Golem Editore. Coordinerà Marco Servetto , presidente del comitato del Ponente Ligure del Centro “Pannunzio”. La manifestazione è organizzata dal Centro “Pannunzio”. In caso di maltempo si terrà alla Biblioteca civica di Alassio in piazza Airaldi e Durante. Mattia Feltri, giornalista e scrittore, nel 2005 viene assunto da “La Stampa” e diventa caporedattore della redazione romana del giornale.Dal 2010 firma la rubrica quotidiana “Paesi e buoi”, dove commenta sarcasticamente il fatto politico del giorno. Dal 2017 scrive la rubrica di prima pagina
“Buongiorno”. Il linguista Vittorio Coletti, accademico della Crusca, è stato docente ordinario di storia della lingua italiana a Genova, a Parigi e in altre università italiane e straniere. Con Francesco Sabatini è autore di un celebre Dizionario della lingua italiana. Da anni scrive sul quotidiano “Repubblica”. E’ autore di saggi di fondamentale importanza e valore scientifico . Alessandra Segre Zunino è contitolare con il marito del Relais- Chateaux, Resort & Golf “La Meridiana” di Garlenda, un albergo di charme fondato 1978-40 anni fa – che fa dell’accoglienza raffinata la sua cifra distintiva. Alessandra Segre Zunino è animatrice e sostenitrice di tante iniziative culturali e artistiche. E’ sua l’idea del celebre presepe luminoso di Garlenda. Dichiara il prof. Pier Franco Quaglieni direttore generale del Centro “Pannunzio”, che consegnerà i premi: “Essi intendono premiare e riconoscere personalità molto diverse tra loro nello spirito di pluralismo che da sempre caratterizza il Centro “Pannunzio”. E’ un appuntamento che si ripete ogni anno ad Alassio anche nel ricordo di Roberto Baldassarre mitico organizzatore culturale alassino.”
Ha sparato in aria per far scappare un ladro che cercava di entrare nel suo appartamento. Ma con l’arma in mano, lo ha inseguito per strada. Cosi’ un 41enne è stato denunciato dai carabinieri poiché la pistola era si’ regolarmente detenuta, ma poteva essere tenuta solo in casa. La vicenda si è verificata a Nichelino, in via Juvarra ieri sera, quando il malvivente e’ stato sorpreso e l’uomo ha sparato tre colpi in aria. Ha inseguito il ladro per strada e ha chiesto aiuto a una pattuglia di carabinieri. I militari lo hanno però dovuto denunciate per porto abusivo d’arma.
Tra fine giugno e metà agosto sono state 606 le persone che hanno utilizzato la navetta gratuita operativa nei giorni di mercato (martedì e sabato); in particolare, nel mese di luglio gli utenti sono stati 427. Il servizio di navetta è stato attivato in concomitanza con il trasferimento del mercato in piazza Italia, il 26 giugno, in via sperimentale fino al 31 dicembre e prevede 4 passaggi(uno ogni ora tra le 8 e le 11) lungo un
percorso circolare tra i punti più significativi di Volpiano, come la stazione ferroviaria, il palazzo comunale e il poliambulatorio. Commenta Marco Sciretti, (nella foto) assessore al Commercio del Comune di Volpiano: «Siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti e stiamo analizzando i dati per ottimizzare orari e fermate. Abbiamo ricevuto commenti positivi da parte di molti cittadini e anche alcuni suggerimenti per migliorare il servizio che sicuramente prenderemo in considerazione».
Pronti, partenza e via. Torna la Mangialonga
Salumi e lardo, ravioli al plin, bocconcini di vitello al Barolo con polenta, formaggi delle vallate cuneesi, torta di nocciole e sorbetto di limone. Fiumi e fiumi di vino dal Barolo, al Nebbiolo d’Alba, proseguendo con il Barbera d’Alba, il Dolcetto d’Alba e il Moscato d’Asti
Ogni tappa ha un gusto. Siamo alla Mangialonga di la Morra, un percorso di 4 chilometri dedicato al gusto e ai paesaggi ricchi di bellezza.Domenica 26 agosto torna così l’imperdibile appuntamento con la Mangialonga di La Morra, la camminata non competitiva tra le meravigliose colline e i vigneti del paese in provincia di Cuneo. D’altronde siamo nelle Langhe del Barolo, la piccola striscia di terra che si estende nella zona meridionale del Piemonte che il “re dei vini” ha reso famosa in tutto il Mondo.Giunta alla 32esima edizione, la Mangialonga rappresenta un appuntamento goliardico, conviviale e festoso, per stare in compagnia degustando i prodotti tipici della cucina di Langa accompagnati dai vini più pregiati delle Cantine locali; Barolo, Nebbiolo d’Alba, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba e Moscato d’Asti saranno il nettare di Bacco che ristorerà i “passeggiatori” e non servirà essere maratoneti professionisti, né sportivi allenati: basterà saper apprezzare le bellezze naturali, l’enogastronomia di qualità e le passeggiate tra vigneti e colline talmente belle da essere stati inseriti tra i siti Patrimonio dell’Unesco. Nato nel lontano 1986 dall’intuizione di un gruppo di amici, l’evento è diventato negli anni sempre più importante, con prenotazioni che arrivano ormai da ogni parte del Pianeta: assaggiare piatti dal sapore unico direttamente nei luoghi in cui vengono prodotti, d’altronde, è un’esperienza che non può lasciare indifferenti.Il costo della partecipazione alla Mangialonga, comprensivo di taschino e bicchiere da degustazione che sarà fornito in omaggio, è di 50 euro per gli adulti e di 20 euro per i ragazzi dai 13 ai 17 anni, mentre per i minori di 12 anni l’iscrizione è gratuita. Verranno applicati degli sconti in base al numero di partecipanti: da 11 a 21 partecipanti 1 biglietto omaggio, da 22 a 32 partecipanti 2 biglietti omaggio, e così via.Partecipare alla Mangialonga, inoltre, può essere una buona occasione per visitare il territorio delle Langhe del Barolo, ricco di splendide colline sulle cui cime sono arroccati castelli e fortezze medievali. Ma anche il piccolo centro di La Morra riserva gradite sorprese: qui, nel 1862, morì il compositore e violinista Giuseppe Galbetti, autore della Marcia Reale, che fu l’inno nazionale italiano fino al 1946; a pochi passi dalla torre campanaria del ‘700, un busto marmoreo lo ricorda, accanto al monumento bronzeo al Vignaiolo d’Italia, opera di Antonio Munciguerra.
Info:
Data – 26 agosto
Località – La Morra (Cuneo)
Tel – 3408505381
PRENOTAZIONI
Rivalta: a scuola solo con le vaccinazioni in regola
«Da medico infettivologo e igienista prima ancora che come sindaco e padre». Con queste premesse Nicola de Ruggiero, Sindaco di Rivalta di Torino, ha firmato la petizione che un gruppo di mamme con bimbi affetti da malattie rare ha lanciato sul noto sito di petizioni on line change.org per chiedere ai parlamentari di non approvare, su un tema delicato come quello delle vaccinazioni ai bambini, le modifiche alla Legge Lorenzin contenute nel decreto Milleproroghe. «Se non interverranno modifiche alle nuove normative utilizzerò tutti gli strumenti a mia disposizione per fare in modo che nelle scuole rivaltesi entrino solo i bambini in regola con le vaccinazioni. Farò con forza e determinazione la mia parte e chiedo anche alla scuola e all’ASL di fare altrettanto». «Lo dicono molto bene queste mamme, a cui va tutto la mia stima e il sostegno per la battaglia che stanno combattendo: una società che si rispetti non può permettere di mettere in difficoltà la sua parte più fragile. I loro figli, piccoli giganti guerrieri che combattono con forza immensa, aggrappati alla vita, meritano la massima attenzione». «Ho fatto in tempo ad avere compagni di scuola resi zoppi per la poliomielite degli Anni 50 e ho iniziato la mia professione da medico nel 1980 in Campania in piena emergenza terremoto. Una situazione di grave rischio di proliferazione di malattie infettive.
Ho visto e ho contribuito a far sì che da quella catastrofe non ne scaturissero altre. Da allora molto è stato fatto e mai avrei pensato quasi 40 anni dopo che l’Italia volesse tornare indietro sul tema dei vaccini. Troppi sapientoni in giro per le aule parlamentari che parlano, scrivono e votano di temi che non conoscono e che possono causare danni irreversibili». «Nella mia vita ho fatto due giuramenti importanti: il primo il giuramento di Ippocrate, quello che tutti i medici prestano prima di iniziare la professione e che ci impegna ad esercitare la professione in scienza e coscienza, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione. Il secondo giuramento l’ho fatto sulla Costituzione Italiana quando sono diventato Sindaco che all’articolo 32 recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Questi due fari mi guidano giorno per giorno nel mio impegno professionale e civile».
Marco Manfrinato, 44 anni, di Ivrea è morto ieri sera a Romano Canavese a causa di un incidente stradale. Stava percorrendo la strada provinciale 82 per Montalenghe quando la sua Moto Kawasaki 1000 si è scontrata con una Peugeot guidata da un uomo di 52 anni, rimasto illeso. Finito sull’asfalto il centauro e’ morto sul colpo.
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La nazionale italiana di nuoto paralimpico ha concluso i Campionati Europei con il nuovo record di 74 medaglie, divise tra 29 ori, 23 argenti, 22 bronzi, piazzandosi seconda nel medagliere alle spalle della sola Ucraina. In aggiunta a queste, la spedizione azzurra ha raccolto 6 record del mondo e 2 record europei. Tra i protagonisti della rassegna continentale ci sono i due piemontesi Carlotta Gilli e Marco Dolfin, che con le loro ottime prestazioni hanno contribuito ad arricchire il bottino della nazionale. Carlotta Gilli (Fiamme Oro/Rari Nantes Torino), classe 2001 e allenata da Andrea Grassini, ha trionfato in tutte le gare cui ha partecipato e ha stabilito due nuovi record del mondo. Nei 50 stile libero S13 ha chiuso in 26”90, davanti all’ucraina Anna Stetsenko (27”83) e alla spagnola Marian Polo Lopez (28”63). Nei 100 stile libero S13 si è ripetuta in 57”98, precedendo podio la stessa Stetsenko (59”46) e la spagnola Ariadna Edo Beltran (1’02”35).
Nei 100 dorso S13 ha vinto con il nuovo record del mondo di categoria di 1’05”76, migliorando il precedente stabilito nel 2016 dalla russa Anna Krivshina (1’06″85). In un podio analogo a quello dei 50 stile libero, ha messo dietro la Stetsenko (1’09”54) e la Polo Lopez (1’11”21). Nei 200 misti SM13, infine, ha abbassato il record del mondo che già le apparteneva dalla passata stagione, portandolo da 2’23”62 a 2’22”12. Argento ancora una volta alla Stetsenko (2’29”87), bronzo alla Edo Beltran (2’34”66). Carlotta Gilli è poi salita sul terzo gradino del podio con la 4×100 stile libero mista, la prima staffetta nella storia del nuoto paralimpico italiano composta da atleti ipovedenti. Salvatore Urso (1’08”79), Alessia Berra (1’01”72), Carlotta Gilli (57”78) e Fabrizio Sottile (55”57) hanno chiuso con il record italiano di 4’03”86 dietro a Ucraina (3’54”70) e Spagna (4’03”58).
Marco Dolfin, classe 1981 tesserato per Fiamme Oro e Briantea 84, è invece tornato a casa con una medaglia, l’argento dei 100 rana SB5. L’ha conquistata con il tempo di 1’41”36, alle spalle dello spagnolo e primatista del mondo Antoni Ponce Beltran (1’29”85) e davanti al portoghese Ivo Rocha (1’44”25). Nei 50 farfalla S6 e nei 200 misti SM6 si è dovuto accontentare del quarto posto, rispettivamente in 38″09 e in 3’15”02. “Mi aspetto grandi cose da questo Europeo” aveva dichiarato in settimana Marco, soprannominato “The Doctor” poiché chirurgo ortopedico, “soprattutto portare a casa una medaglia per i miei due bambini; sono molto esigenti e mi hanno chiesto di non tornare a mani vuote”. Promessa mantenuta.
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Io e l’Olivetti
PRIMA PARTE / Ermanno Castellaro, classe 1946. Nato a Ivrea, ha sempre vissuto nella “città dalle rosse torri” ed è un eporediese doc. Per diversi decenni è stato un dirigente alla Olivetti di Ivrea, scalando nel corso della sua vita i vari livelli dell’azienda fondata nel 1908 da Camillo Olivetti e resa grande dall’intuito e dalla capacità del figlio Adriano per il quale l’Olivetti non era solo una fabbrica “ma un modello, uno stile di vita”. Il racconto della sua esperienza lavorativa, riassunto in quest’intervista non è solo una narrazione autobiografica di una persona che ha conosciuto quest’azienda lavorandoci per una vita intera, ma rappresenta un documento importante per conoscere e riflettere una volta di più sulla straordinaria storia di un modello aziendale che rappresentò “la grande utopia che nessuno ebbe mai il coraggio e la fantasia di imitare”.
Come è iniziato il rapporto con l’Olivetti?
“Quando finisci l’esame di maturità tecnica alle ore 11 di un mercoledì di luglio e alle 12 ti viene recapitata una lettera da un fattorino della Olivetti contenente una convocazione ad un colloquio di selezione per il venerdì successivo, dire che resti basito è dire poco. Tralascio le considerazioni e le incertezze che scattarono in un giovane di 19 anni: l’assunzione, quasi sicura perchè eravamo i primi periti usciti dall’Istituto Tecnico di Ivrea, voluto fortemente da Olivetti, che andava a precludere la possibilità di continuare gli studi (corso di laurea in matematica) o rinunciare ad una autonomia economica e fornire un piccolo contributo alla famiglia che doveva fare i conti con una sola retribuzione. La capacità decisionale, la testardaggine e forse l’incoscienza sono sempre state le mie armi nel bene e nel male e così decisi di accettare l’ assunzione che avvenne nel mese di settembre del 1965”.

Che mansioni le furono assegnate?
“Mi occupai di disegno tecnico per circa un anno (ero un elettrotecnico e di quel che avrei dovuto fare non capivo nulla). Venni spostato allo stabilimento Telescriventi, ma anche quì per circa un altro anno furono solo delusioni (fossi andato all’Università!).Un giorno venni chiamato dal Direttore di stabilimento, che aveva capito il mio disagio, il quale mi offrì la responsabilità di un piccolo centro avviamento della nuova telescrivente con il coordinamento di quattro-cinque persone : questa attività segnò la mia fortuna. Visti i buoni risultati, quando il prodotto andò in produzione, diventai il capo reparto del controllo con circa 90 dipendenti (non avevo ancora 23 anni). Nel 1973, avendo vinto un concorso interno, potei frequentare un corso di “Promozione Quadri Tecnici” (quelli che chiamavano i superperiti) della durata di 15 mesi a tempo pieno : grandissima esperienza. A febbraio 1975 venni inserito nella funzione del Personale (termine oggi obsoleto, sostituito dall’ anglosassone HR) e ci rimasi, con responsabilità crescenti, sino al giorno di andare in pensione : erano passati in un baleno quasi 37 anni: quante soddisfazioni !”.
Quali sono stati gli “anni d’oro” dell’azienda di Ivrea?
“Credo che l’Olivetti , dal 1955 al 1965, abbia vissuto il suo periodo migliore: questo è il decennio, fatto di due lustri molto precisi, l’ultimo di Adriano e il primo del post Adriano. Nei racconti e nelle reminescenze personali questo è il periodo delle assunzioni massicce di operai, di giovani tecnici delle scuole professionali e degli istituti tecnici, di laureati, non sempre in linea con le esigenze organizzative, talvolta ridondanti, ma questa era la filosofia di Adriano :”se ci capita un giovane che vale lo assumiamo. Un lavoro glielo troveremo“. Oggi la potremmo chiamare la ridondanza organizzativa, ma state tranquilli, esiste solo più in qualche ente pubblico”.
In quel periodo – che in parte coincise con gli anni del boom economico italiano – l’ Olivetti era una delle aziende leader nel settore dell’alta tecnologia, all’avanguardia nella progettazione e realizzazione di macchine per scrivere..
“Quelli erano gli anni della meccanica che dava margini molto alti, anni in cui non ci si preoccupava più di tanto dei costi, ma solo del fatturato e si guardava alle acquisizioni con una certa leggerezza come nel caso della Underwood, società americana con una grande tradizione nel settore delle macchine per scrivere. A proposito di Underwood mi colpì una frase di Renzo Zorzi nel discorso che tenne il 4 ottobre 2001 per ricordare i 100 anni dalla nascita di Adriano : “quando incontrai Adriano a Milano, di ritorno da New York, stanco, rattristato….e gli dissi che tutti i giornali parlavano di questo grande evento, lui mi rispose : caro Zorzi, se invece di far parte del gruppo degli avvocati e dei contabili fossi andato con gli ingegneri ad Hartford, io quella azienda non l’ avrei mai comprata. E’ una fabbrica vecchia, con macchinari obsoleti e maestranze anziane...”.
A parte queste considerazioni, non si può negare che l’Olivetti fu una scuola di vita: il rispetto per le persone, la cultura in generale e quella del design in particolare, il culto del bello, i servizi sociali (mense, colonie, infermerie, asili) furono per tanti anni i valori che differenziarono questa azienda da tutte le altre anche nel dopo Adriano, ma non dimentichiamo che fu un grande centro produttivo e di sviluppo tecnologico d’avanguardia, quindi non fu un ente di beneficenza come tanti la descrivono oggi dimenticando la “fabbrica” perché, anche se Adriano era stato un imprenditore illuminato, era comunque stato un imprenditore nel vero senso della parola, attento alle nuove tecnologie, al design, ai mercati, alla qualità dei prodotti, alle risorse umane e soprattutto alla creazione del profitto, senza il quale le aziende non si sviluppano e muoiono”.

Vennero gli anni ’60. Improvvisamente, durante un viaggio da Milano a Losanna, muore Adriano Olivetti. Era il 27 febbraio 1960. Lasciava in eredità un’azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali, con circa 36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all’estero…
“Sì, lasciò anche un’impronta indelebile, un segno inconfondibile nella storia dell’azienda, del Canavese e in tutta l’industria italiana. Dagli anni ’60 l’azienda si arricchì di prodotti per ufficio, ma i cambi di tecnologia e le poche risorse lasciate da Adriano provocarono una crisi finanziaria che dovette essere gestita, nel 1964, da un “Gruppo di intervento” costituito da Fiat, Pirelli, Mediobanca, IMI con Bruno Visentini Presidente e Aurelio Peccei Amministratore Delegato. Ricordiamoci che nel 1965 l’Olivetti presentò il primo calcolatore da tavolo P101 e che solo tre anni dopo la Divisione Elettronica venne ceduta alla General Electric (grande occasione persa – dov’era il Governo? – quello francese nel frattempo lanciava importanti piani a favore delle aziende a sviluppo meccanico ed elettronico). Con riferimento al periodo che va sino ai primi anni sessanta si può affermare, senza tema di smentita, che Olivetti fu una grande scuola,insegnò come si dovrebbe vivere non solo in un’azienda, ma anche al di fuori, come ci si identifica nel luogo di lavoro, come si fa cultura e come si trasmette il “bello” non solo attraverso le mostre e gli incontri con gli artisti, ma anche attraverso le linee dei prodotti. Insegnò il rispetto della persona. Qualcuno ha sostenuto che non seppe trasmettere le metodologie, ma non sono d’accordo, perché le cose di cui sopra erano dentro ad ogni lavoratore che le elaborava a modo suo e con quel grande senso di appartenenza alla fabbrica che aveva il piacere di chiamare “ditta”. Va sottolineata anche la funzione del Personale. In quegli anni svolse un ruolo centrale, collaborò con il Centro di Psicologia, studiò l’integrazione dei lavoratori agricoli nel mondo industriale, si occupò molto di cultura, pensò al recupero dei lavoratori con handicap (Centro R), fu un riferimento per i problemi familiari, soprattutto sul piano economico e, cosa importantissima fu sempre attenta ai livelli occupazionali: in Olivetti non si licenziava”.
Sul finire degli anni ’60, iniziarono gli anni del grande cambiamento..
“ Il periodo che data dal 1965 al 1978 fu quello in cui si verificarono, in ambito aziendale, ma soprattutto nel mondo una serie di eventi e di mutamenti di portata immensa che provocarono, all’interno delle imprese, delle trasformazioni radicali nei rapporti tra dipendenti e impresa e impresa e sindacato. Dai movimenti ideologici del ’68 parte il cambiamento radicale delle relazioni con il personale e il sindacato, perché mutano le filosofie economiche, politiche e sociali in tutta Europa: c’é una gran voglia di cambiare il mondo e con una velocità senza precedenti. Tutto un sistema viene preso in contropiede, ma a farne le spese non sono tanto le aziende sul piano economico quanto il livello dirigenziale travolto da questo improvviso cambiamento. In questo scenario la funzione del Personale é a rischio, non é più garante dei capi di line, delle regole, delle norme; continua a predicare teorie di gestione che più nessuno accetta (per partito preso), crollano i rapporti con il sindacato che ha comunque perso il controllo di una parte della massa operaia: qualunque atteggiamento assuma é perdente. L’Olivetti si salva essenzialmente per due motivi: uno perché é fatta prevalentemente di lavoratori canavesani che non si portano sulle spalle i problemi dei loro colleghi che vivono nelle metropoli o nelle periferie e che hanno dovuto, la maggior parte, abbandonare il Mezzogiorno; due perché comunque in Olivetti esiste ancora un attaccamento alla bandiera: ancora una volta la cultura olivettiana emerge, i lavoratori non dimenticano, fanno tanto baccano, ma, per fortuna poco danno”.
In quegli anni che responsabilità aveva e che ricordi le sono rimasti?
“Ho vissuto quegli anni negli stabilimenti con responsabilità di capo reparto, sono stato trascinato da quei cortei di centinaia di persone che contestavano tutto, danneggiavano a volte le attrezzature, “defenestravano” i capi ribelli, ma fortunatamente non accadde mai nulla di grave: forse non sapevano neppure loro cosa stessero cercando veramente ! I responsabili del Personale tennero sempre un atteggiamento di buon senso cercando il dialogo con gli operai e il sindacato e senza mai usare metodi repressivi. Vennero accusati da altri imprenditori di essere dei deboli e troppo dalla parte delle masse operaie, ma in Olivetti non si videro mai persone gambizzate, bulloni lanciati contro i capi, automobili bruciate. Ancora una volta la “cultura Olivetti” aveva vinto. Passata la fase calda in cui si incrociarono e a volte si scontrarono le logiche del cambiamento della società con quelle dello sviluppo tecnologico, tutto sembrò tornare lentamente nella normalità tentando di realizzare un cambiamento globale, ma con la giusta gradualità”.
Ci fu un’ evoluzione anche nei rapporti…
“Certamente. La funzione del Personale dovette abbandonare i vecchi schemi cercando un giusto equilibrio tra fabbrica e società. Dall’altra parte un sindacato pieno di contraddizioni, imbottito di ideologie che lo stavano logorando e che troppo tardi capì che la perdita di efficienza e di efficacia si stava trasformando in perdita di competitività e di mercato, compromettendo l’intero tessuto economico italiano. Sono anche gli anni in cui gli ammortizzatori sociali diventano eccessivamente generosi, i lavoratori sono super garantiti, gli assenteismi sono alle stelle (8-12% gli uomini e 14-16% con punte di 20% le donne), il costo del lavoro é tra i più alti in Europa. In questo periodo così

travagliato, con i conti che continuano a preoccupare, c’é comunque la forza di guardare alla tecnologia e alle problematiche del lavoro: si sviluppano nuove metodologie quali le isole di montaggio, le UTI e le UMI (unità integrate) dove il lavoratore è responsabile di una parte importante del prodotto e lavora in autocontrollo. In queste unità integrate vengono svolte da un unico operaio quelle mansioni che prima erano responsabilità di più persone: era un notevole passo verso il job enrichment che andava a seppellire il job rotation. A seguito di queste innovazioni sul metodo di produrre, anche gli uomini della struttura del Personale dovettero avvicinarsi al prodotto e al modo di realizzarlo entrando sempre più nel vivo nell’organizzazione, nelle metodologie e nei processi, sensibilizzandosi sui temi della qualità, dell’efficienza e dei costi. Purtroppo le cose non andavano molto bene, i prodotti non si rivolgevano al futuro, si continuava ad insistere sulle calcolatrici e sui prodotti elettromeccanici, l’azienda era un insieme di produzioni meccaniche ed elettromeccaniche e non si capiva bene quali settori guadassero e quali perdessero. Si sperava che lo Stato potesse occuparsi in modo serio di Olivetti”.
Marco Travaglini
(prima parte – segue)
:
Le foto delle architetture olivettiane di Ivrea sono di Paolo Siccardi, giornalista e photoreporter free-lance, cofondatore del collettivo fotografico Walkabout-Ph
Barbara Rosina (Presidente dell’Ordine regionale): “Ringraziamo le imprese piemontesi che decidono di essere socialmente responsabili”
21 agosto, Torino. Quest’oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Imprenditore e gli assistenti sociali del Piemonte apertamente plaudono alle imprese locali che decidono di essere socialmente responsabili, ossia quelle che, nel definire le proprie strategie e i propri codici di comportamento, tengono conto non solo dei legittimi interessi legati al profitto ma anche delle aspettative di tutti i possibili stakeholders: clienti, fornitori, comunità.
“Crediamo – afferma Barbara Rosina (Presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) – che la contrapposizione tra interessi dei lavoratori (e più in generale di una comunità) e interessi d’impresa non sia viva e alimentata in ogni realtà. Lo conferma il monitoraggio compiuto da CSRPiemonte, un progetto nato nel 2010 per volontà di Unioncamere Piemonte e Regione Piemonte. L’indagine del 2016 fa emergere che circa un’impresa su due delle 2.646 rispondenti ha investito o investe attualmente in azioni di CSR (Corporate Social Responsibility)”.
Per azioni di CSR si intendono quelle indirizzate al benessere dei dipendenti, alla sostenibilità ambientale, allo sviluppo di prodotti e processi sostenibili, al potenziamento delle comunità locali e alla creazione di iniziative di solidarietà e sostegno umanitario. “In tal senso – aggiunge Rosina – si distingue positivamente il biellese, realtà in cui il 54% delle aziende intervistate ha dichiarato di essere stato o di essere attivo nel campo della CSR. Superiori alla media regionale risultano anche due delle province del Piemonte meridionale, Asti (54,1%) e Cuneo (52,1%). Un trend positivo e in crescita che avvalora l’immagine degli imprenditori come cittadini sensibili a quello che succede nella comunità ed intenzionati (almeno una buona % della categoria) di porsi, in rapporto con essa, in modo inclusivo e solidale. Auspichiamo che questa tendenza chiami in causa tutte le imprese ancora reticenti al cambiamento”.
Tante sono le note positive evidenziate dai professionisti dell’aiuto relativamente all’imprenditoria piemontese. Barbara Rosina, però, sollecita ad affrontare una questione denunciata dalla stessa Unioncamere. Ad inizio del mese, l’ente ha rivelato che quasi 2 imprese su 3 ricercano il personale con canali “informali”, mentre solo il 2% utilizza i Centri per l’impiego. Anche sul versante privato solo il 5% delle imprese fanno ricorso alle agenzie del lavoro, associazioni imprenditoriali e società di somministrazione.
Rosina esorta: “Invitiamo gli imprenditori ad un cambio di rotta, anche al fine di rendere più efficaci le attuali misure di contrasto alla povertà, come il REI (reddito di inclusione). Occorre nella selezione del personale un reale coinvolgimento dei Centri per l’Impiego (CPI), i servizi pubblici deputati al matching tra domanda ed offerta di lavoro nonché ad attuare iniziative e interventi di politiche attive. Tutti gli Assistenti sociali, a maggior ragione quelli impegnati in progetti di contrasto alla povertà, sono disponibili ad un confronto diretto e a possibili proficue collaborazioni”.
“Appare in ultimo importante evidenziare – conclude Rosina – come i servizi sociali possano affiancare il mondo dell’imprenditoria nell’inserimento nel mondo del lavoro di persone con disabilità, attraverso il collocamento mirato che consente (tramite progetti personalizzati) di mettere a disposizione delle esigenze produttive la professionalità acquisita dal lavoratore disabile. È da sottolineare l’importante ruolo che le piccole e medie imprese, capaci di gestire efficacemente le problematiche di impatto sociale ed etico con azioni di CSR, potrebbero assumere in questo ambito”.