redazione il torinese

Turchia e Russia sempre più vicine

FOCUS INTERNAZIONALE di Filippo Re

Ha già un piede fuori dalla Nato la Turchia, come sostengono diversi osservatori politici e militari? Siamo alla vigilia di un colossale sconvolgimento della struttura dell’Alleanza Atlantica che lascerebbe scoperto il suo fianco sud-orientale finora protetto dalla potenza anatolica? Lo zar di Mosca, già presente e forte in Siria e nel Mediterraneo orientale, ne approfitterebbe subito per colmare il vuoto strategico-militare che si aprirebbe Asia Minore e per rafforzare l’alleanza con il sultano di Ankara. Le tensioni crescenti tra i turchi e gli americani si sono spostate dal piano politico-diplomatico a quello militare. I toni sempre più accesi nel braccio di ferro tra Erdogan e Trump hanno convinto Mosca a vendere ai turchi i sofisticati missili anti-aerei S-400 ( i primi arriveranno all’inizio del 2019)) che mettono in forte imbarazzo i vertici della Nato e costringono Washington a rivedere la consegna ad Ankara dei caccia F-35 promessi tempo fa dal Pentagono. Ma russi e turchi sono così stretti amici e alleati da frantumare un pezzo vitale della Nato, cambiare gli equilibri mondiali e avviare una nuova era nelle relazioni internazionali est-ovest? Siamo forse arrivati a un bivio. “Un tempo, ha scritto Bernard Henri Levy, ci si interrogava sull’opportunità di far entrare o meno la Turchia in Europa. Ma quel giorno il nuovo problema da porsi sarà se non diventi opportuno di farla uscire dalla Nato”. Se l’Organizzazione atlantica ha seri problemi al suo interno con un pilastro importante che diventa una semi-dittatura, si allontana dall’Occidente, scappa a Oriente e si avvicina a quelle potenze che ha combattuto per secoli, la Russia e la Persia, non è detto che il patto trilaterale Mosca-Ankara-Teheran sia così forte come sembra. Ne sapremo qualcosa di più il 7 settembre quando Putin, Erdogan e l’iraniano Rouhani si incontreranno nella capitale iraniana per fare il punto sulla situazione nella provincia di Idlib, teatro di un’ offensiva congiunta siro-russo-iraniana per cacciare dalla città gli insorti filo-turchi e milizie qaediste. La guerra siriana infatti non è ancora del tutto finita e rischia di compromettere le relazioni proprio tra questi tre Stati che nel Levante hanno creato una triplice alleanza per contrastare i piani degli americani, delle monarchie del Golfo guidate dall’Arabia Saudita e dagli israeliani in chiave anti-iraniana.

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L’alleanza di Astana, di Sochi e di Ankara tra i tre grandi imperi del passato mostra preoccupanti scricchiolii quando si entra nel vivo delle questioni da trattare, dalla situazione nel Siraq allo scontro politico con Riad e ai rapporti sempre più tesi con l’Occidente. Tra sorrisi e strette di mano, attriti e divergenze, Putin, Erdogan e Rouhani proseguono lungo la strada tracciata nelle steppe asiatiche ben sapendo che dovranno scendere a delicati compromessi quando i nodi siriani verranno al pettine. Tra turchi e russi e tra turchi e iraniani i dissidi non mancano. L’intesa tra lo zar e il sultano anatolico è in questo periodo molto robusta se pensiamo che solo tre anni fa i due Paesi rischiarono uno scontro armato dopo l’abbattimento di un jet russo da parte dei turchi al confine con la Siria. Poi scoppiò la pace e oggi Putin cerca di dare una mano a Erdogan in forte difficoltà sul piano economico e finanziario dopo il crollo della lira turca e il drastico rialzo dell’inflazione. Ma sulla Siria è scontro. Il presidente russo, alleato di Bashar el Assad e vincitore della guerra siriana, pretende che i militari di Ankara se ne vadano dalla provincia di Idlib, ancora in mano alle milizie filo-turche e ai reparti inviati da Erdogan, per consentire alle truppe di Damasco di occupare l’ultima enclave ribelle. Motivi di preoccupazione non mancano neppure nella regione curdo-siriana attorno alle città di Afrin e di Manbij occupate dai carri armati turchi che si trovano a poca distanza da basi militari russe e americane. Se ne andranno i soldati della Mezzaluna da queste zone senza guastare l’intesa con russi e iraniani la cui presenza militare è sempre più ampia nel teatro siriano? La crisi turca frenerà le folli ed eccessive ambizioni dell’uomo forte di Ankara? In difficoltà sul piano interno, Erdogan viene soccorso dai russi e dall’emiro del Qatar che, con un atto dovuto, ha staccato un assegno di 15 miliardi di dollari per aiutare il suo alleato turco che un anno fa si schierò a difesa di Doha isolata economicamente dall’Arabia Saudita e dagli altri Paesi sunniti del Golfo per le sue posizioni filo-iraniane. Reggerà la triplice intesa per pacificare la Siria insieme agli sforzi dell’Onu che sembra però scavalcata dalle potenze direttamente coinvolte nel conflitto? Si direbbe quasi che il patto tra Ankara e Mosca e l’asse tra Ankara e Teheran risultano deboli e perfino eccessivi se guardiamo al passato. Nella Storia troviamo spesso gli elementi per capire ciò che accade oggi e proprio gli eventi dei secoli scorsi ci ricordano che le relazioni tra questi tre antichi imperi sono state molto più bellicose che collaborative e pacifiche. I sultani del Bosforo, gli zar russi e i persiani si sono confrontati e scontrati per lungo tempo sullo scacchiere tra l’Europa e l’Asia e si contendono tuttora il dominio sull’Oriente. A partire da Ivan IV “il Terribile” zar e sultani si sono combattuti in una decina di guerre tra il Cinquecento e il Novecento e tragici eventi restano scolpiti nella memoria storica turca, russa e iraniana. Come la battaglia di Caldiran del 1514 quando il sultano Selim I sterminò decine di migliaia di sciiti persiani della dinastia Safavide oppure quando furono i persiani a devastare e bruciare l’intera Anatolia mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della potenza turca. I Safavidi divennero per tre secoli i nemici più temibili sul confine orientale dell’Impero ottomano. Le atrocità compiute su entrambi i fronti sono rimaste impresse nella storia delle due nazioni che per centinaia di anni hanno cercato di distruggersi a vicenda. Si odiavano, come da sempre si odiano sunniti e sciiti. Sta di fatto che solo nel giugno 2002 un presidente della Mezzaluna si è recato in visita ufficiale nella Repubblica islamica degli ayatollah. Fu Ahmet Sezer che è stato anche il primo capo di Stato turco a recarsi a Tabriz in tre secoli. Nonostante le posizioni siano state spesso diverse sul Medio Oriente e sullo scenario mondiale, ultimamente tra i due Paesi c’è stato un sostanziale riavvicinamento. Il viaggio di Erdogan in Iran nell’ottobre dello scorso anno per fare il punto sulla crisi siriana e sulle questioni regionali è stato un evento di grande importanza nella geopolitica mediorientale. Il confronto tra russi, turchi e iraniani prosegue nel terzo millennio ed è la chiave di lettura per mettere a fuoco quel che accade oggi nel Levante e in Medio Oriente.

 

dal settimanale “La Voce e il Tempo”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Moda etica, rispettare la natura senza rinunciare allo stile

Capi belli ed eleganti, abiti ed accessori all’ultima moda nel rispetto dell’ ambiente e degli animali, ovvero di tutte quelle unità ecologiche il cui benessere dipende anche dai nostri comportamenti. Oggi si può, finalmente possiamo scegliere di acquistare consapevolmente, possiamo vestirci senza danneggiare la natura. Sono sempre più numerosi gli stilisti e le case di moda che decidono di investire in materie prime alternative per soddisfare nuove generazioni di consumatori, un pubblico sempre più cosciente e attento nelle scelte d’acquisto, più riguardoso nei confronti degli ecosistemi e determinato a sostenere attivamente il nostro pianeta. Materie prime ricavate dagli scarti agricoli, valorizzazione di rifiuti vegetali come la mela, l’ananas o il cocco con cui produrre delle deliziose e stilosissime scarpe, borse eleganti ricavate da un fungo, il phellinus elipsoideus , che ha dato vita al Muskin una pelle scamosciata, atossica e idrorepellente, vegetale al cento per cento. Che dire poi del vino che con i suoi scarti – semi e bucce – è in grado di creare tessuti di alta qualità e delle arance capaci produrre un tessuto simile alla seta. E’ straordinario come in questo settore si sia andati avanti, come e quanto si sia compreso che la produzione e il conseguente consumo etico siano il solo futuro possibile, che il tempo avvenire dovrà essere caratterizzato da una maggiore responsabilità ecologica e che non è più possibile continuare a sfruttare la terra ed i suoi abitanti in maniera sconsiderata. Possiamo e dobbiamo fare di più, ma basti sapere intanto che già da qualche anno, in base alla Relazione sullo Stato della Green Economy in Italia e in Europa, il nostro paese, secondo alcuni indicatori chiave legati a   tematiche fondamentali come emissioni di gas serra, fonti energetiche rinnovabili, eco-innovazione e agricoltura biologica, gode, insieme ad altri importanti stati occidentali, di un’ottima posizione. L’Italia sta lavorando bene dunque, la tendenza ad impiegare comportamenti e azioni ecosostenibili è in aumento, la consapevolezza che economia e ambiente devono viaggiare su un binario parallelo, dove la prima non può più fare a meno di tener conto dell’altro, dove la sostenibilità è irrinunciabile e dove il realizzabile deve essere subordinato al rispetto dell’ambiente, è più forte. E’ molto importante che ognuno di noi, attraverso uno stile di vita eco-orientato, contribuisca al consolidamento di questo risultato e persino al suo miglioramento, è necessario, attraverso comportamenti messi a sistema quotidianamente, contribuire affinché la natura e il mondo animale siano messi a riparo da danni ingenti e irrecuperabili. Lavorando come comunità globale saremo in grado di far vivere le future generazioni in un ambiente migliore, ma cosa più importante gli attori di domani, coloro che erediteranno i benefici del nostro impegno, avranno più consapevolezza e potranno gestire tali problematiche senza commettere gli errori che hanno messo il nostro ecosistema in serio pericolo.

 

Maria La Barbera

 

 

 

 

 

RADICALI, RIFIUTI ABUSIVI: INAMMISSIBILE UTILIZZARE CORSI D’ACQUA COME DISCARICHE A CIELO APERTO

“Come denunciato pubblicamente da un anno, prosegue in alcune aree della collina torinese l’abbandono indiscriminato di rifiuti, anche pericolosi, che sono scaricati illegalmente in quantità assai ingenti, anche nei piccoli corsi d’acqua che solcano la collina”
 
Igor Boni, Coordinatore dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta, oltre ad avere realizzato un reportage fotografico che mostra la gravità della situazione, commenta:

” Tra i Comuni di Castiglione torinese e Gassino torinese sono numerosi i punti di discarica abusiva di rifiuti, buttati a bordo strada, rovesciati in aree a bosco e, ancor peggio, scaricati nelle pertinenze dei corsi d’acqua.  Le amministrazioni comunali, già povere di denaro, sono costrette a spendere soldi per ripulire i rifiuti abbandonati. Sono costi non prevedibili che tolgono risorse al resto dei servizi. Inoltre i rischi di inquinamento delle acque superficiali e del suolo sono molto rilevanti. Esistono tecnologie che con poco costo consentono di individuare colpevoli e ridurre gli eventi criminosi. Oltre alla puntuale verifica dei rifiuti abbandonati illegalmente, nei quali possono essere reperiti utili indizi sulla provenienza, è opportuno installare nelle aree di abbandono foto-trappole (molto più economiche dei classici impianti di videosorveglianza) che inviano le immagini rilevate in tempo reale. Esistono applicazioni che consentono alle guardie ecologiche, operatori del comune, vigili, etc. di fotografare e georeferenziare con un semplice smartphone gli abbandoni rilevati, i dati vengono convogliati direttamente agli uffici comunali, i quali possono gestire nel tempo le segnalazioni registrate. La comunicazione dei nuovi provvedimenti alla cittadinanza, ha l’effetto immediato di dare la percezione del controllo del territorio e consente di individuare alcuni dei responsabili degli illeciti. L’investimento in questi dispositivi, insieme ad una forte campagna di informazione sulle modalità di smaltimento dei rifiuti (spesso gratuite!), ritorna all’amministrazione rapidamente, dato che gli abbandoni diminuiranno così come le spese dello smaltimento. Questi comportamenti sono inammissibili e creano un danno grave all’intera collettività”.

Turismo avanti adagio ma in crescita

Un buon agosto per  l’occupazione delle camere degli hotel  a Torino, cresciuta del 12,6%,  per una media  complessiva del 48 per cento  di stanze. Secondo l’assessore comunale al Turismo Alberto Sacco, scrive l’Ansa,  i dati dell’Osservatorio Turistico Alberghiero della Camera di Commercio sui primi 25 giorni di agosto sono buoni ma da migliorare.  Il campione preso in esame supera il 50% delle strutture. Buoni anche i dati forniti da Airbnb, +26% nella settimana  del 13-20 agosto e +15% dal primo aprile fino al  20 agosto. Boom per le stanze degli hotel  il 25 agosto,  debutto di Ronaldo allo Stadium della Juve, quando l’occupazione è stata del 73,2%. Al calo dei primi mesi dell’anno, segue una crescita del 2,3% a maggio, del 5,1% a giugno e del 7,5% a luglio:  109mila presenze rispetto alle 102mila del 2017.

Angelo Malinverni: i fiori, la Grande Guerra, gli Alpini

Verrà inaugurata sabato 15 settembre, alle 17, presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, in piazza Carlo Alberto 3, la mostra «Angelo Malinverni – I fiori, la Grande Guerra, gli Alpini», curata da Angelo Mistrangelo e realizzata con la collaborazione della galleria Berman e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

 

Nel centenario della fine della Grande Guerra, la Biblioteca Nazionale celebra questo artista, scrittore, medico e alpino con una rassegna di oltre un centinaio di opere, in cui Malinverni registra le emozioni del fluire dei mesi, delle luci, dei colori di una natura ritrovata, rivisitata, reinterpretata, in rappresentazioni che trovano riscontri all’interno della tradizione pittorica di scuola piemontese di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento. Di volta in volta, Malinverni traduce la visione del vero in una raffigurazione dalle cadenze delicate, interiorizzate. Ogni colore, ogni linea, ogni impressione diviene testimonianza di una ricerca che lo ha accompagnato per tutta la vita. L’ampio salone della Biblioteca accoglie l’autore di numerose tavolette rese con un segno che fissa un «Altipiano» e delle betulle, un «Lago montano» e «Il pittore Cavalleri», del 1919, che dipinge davanti allo scenario spettacolare della natura, delle montagne e della luce che illumina alberi e arbusti. Dai «camminamenti» e trincee della prima guerra mondiale a un mazzo di «Rose bianche», si dispiegano le immagini di Malinverni, i ricordi che affiorano alle prime luci dell’alba, gli interni raccolti e arricchiti dalle nature morte o dai mazzi di fiori in un vaso. La retrospettiva permette di entrare in sintonia con una serie di quadri che rivelano la delicatezza delle «Rose avvizzite e mele» o del ritratto di «Maria Rosa» del 1940, in un susseguirsi di paesaggi montani, marine, nature morte, fiori.

Contemporaneamente all’inaugurazione sarà disponibile la ristampa, a 80 anni dalla prima edizione, del libro O luna, O luna, tu me lo dicevi… di Angelo Malinverni, un capolavoro della memorialistica del primo conflitto mondiale. In questo appassionato diario di guerra in prima linea con gli alpini, l’autore racconta episodi della Grande Guerra filtrati da uno spirito poetico con un linguaggio personalissimo e disinvolto. Come asserisce il giornalista Marco Balbi, con questo libro Angelo Malinverni ci ha consegnato una delle testimonianze più sincere, originali e commoventi della letteratura di guerra alpina. Nel catalogo trilingue (italiano, francese e inglese) della mostra, edito come il libro O luna, O luna, tu me lo dicevi… dalla casa editrice torinese AdArte, sono inclusi testi del curatore, di Carla Bertone e di Gianni Oliva.

 

La mostra, con ingresso gratuito, è aperta al pubblico fino al 24 ottobre secondo gli orari della Biblioteca Nazionale: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19 e il sabato dalle 8 alle 14.

Biografia di Angelo Malinverni: Angelo Malinverni nasce il 14 febbraio1877 a Torino. L’esperienza della prima guerra mondiale segna una tappa decisiva nella sua vita: si arruola come volontario nel 1915, rifiuta la possibilità di essere assegnato a un ospedale da campo e svolge la sua professione in trincea con gli alpini del Battaglione Ivrea del IV Reggimento. Ferito allo Sleme, durante la degenza realizza numerosi disegni e schizzi con i soldati, le trincee, i reticolati. Grazie alla sua abilità grafica gli viene assegnato il compito di rilevare le posizioni nemiche. Gli viene conferita la Medaglia d’Argento al valore militare per un’azione del dicembre del 1915 sul Mrzli. Rientrato nella vita civile, tralasciando la professione medica anche a causa dell’infermità contratta in guerra, si dedica completamente alla pittura. All’attività di pittore affianca anche quella di scrittore. Muore a Torino nel suo studio il 1°giugno del 1947.

 

 

Il giornalista Pianta morì per “rialzo termico” dopo la gastroscopia

Il giornalista Torinese Mauro Pianta, 47enne,  morì dopo l’esecuzione alle Molinette, lo scorso aprile, di una gastroscopia con radiofrequenza per monitorare  una esofagite da reflusso. L’autopsia eseguita da Alessandro Marchesi, indicherebbe che la morte e’ avvvenuta  “con tutta probabilità per il sanguinamento cardiaco provocato dal danno termico legato alla procedura endoscopica digestiva cui era sottoposto”. Insomma, un rialzo termico anomalo su cui bisognerà fare ulteriori accertamenti. Secondo il medico legale sembrano escluse  responsabilità dei medici, che avrebbero correttamente eseguito le fasi dell’esame medico.

PICHETTO (FI): “DOPO IL FALLIMENTO DELLA SINISTRA DI CHIAMPARINO I PIEMONTESI VOGLIONO IL CAMBIAMENTO”

“IL CENTRODESTRA PUÒ E DEVE RACCOGLIERE LA SFIDA. TIRIAMOCI SU LE MANICHE”

“Dopo i fallimenti dell’amministrazione regionale della sinistra di Chiamparino che ha portato il Piemonte ad essere fanalino coda alle regioni del nord produttivo per disoccupazione, servizi sanitari, sicurezza, difesa del suolo ed infrastrutture i cittadini piemontesi vogliono un cambiamento. La sinistra ha fallito e non ha più nulla da dire e da dare, i Movimento 5 stelle sta miseramente fallendo a Torino dimostrando la totale mancanza di concretezza e la impreparazione della sua classe dirigente”. Ad affermarlo il coordinatore regionale di Forza Italia Gilberto Pichetto.

“Tocca al centrodestra nella sua composizione più ampia e completa di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e società civile, raccogliere le aspettative di cambiamento dei piemontesi offrendo proposte chiare ed incisive per far tornare la nostra Regione tra le locomotive d’Italia, con più lavoro per i piemontesi, più sicurezza, una sanità efficiente che comprenda un sistema esteso di servizi alla popolazione che invecchia, infrastrutture moderne e sicure. Questo centrodestra può contare su una classe dirigente ampia e diffusa di Sindaci, amministratori comunali e provinciali che hanno fatto esperienza sul territorio ed ha entusiasmo, energie e competenza da mettere al servizio del nostro Piemonte”.

“I piemontesi ci chiedono di superare le piccole schermaglie politiche e personalistiche e di “tirarci su le maniche” per preparare seriamente e per tempo il nostro progetto per il rilancio del Piemonte. Ritengo sia ora che il nostro qualificato gruppo consigliare regionale, in armonia con Lega, Fratelli d’Italia e tutte le energie civiche disponibili, inizi fin da settembre a lavorare per mettere nero su bianco un “Contratto con i piemontesi” che comprenda pochi, chiari ed incisivi obiettivi da proporre ai cittadini della nostra regione per far ripartire il nostro Piemonte. Rimbocchiamoci le maniche!”

 

(foto: il Torinese)

Si prostituiva nell’appartamento: due denunce

Aveva subaffittato un appartamentino in via Petrarca, dove si prostituiva. Una donna straniera e la proprietaria di casa nel quartiere di San Salvario sono state denunciate dalla polizia per sfruttamento della prostituzione. La donna straniera e’ stata portata in commissariato per verificare la regolarità della sua presenza in Italia.

L’Unità in festa, ma i tempi del “Che” sono morti

di Pier Franco Quaglieni
A parte che il giornale l’ ”Unità” non esce più da tempo, sembra che l’elemento dominante del Pd di oggi sia più la rissosità, figlia della sconfitta, che un’unità che quasi sempre è causa ed effetto di una vittoria, come è stato per decenni nella storia del PCI. A fagocitare quel giornale fu “Repubblica”, fondato da Scalfari, che i militanti preferirono al quotidiano fondato da Antonio Gramsci. La fotografia travestito da Che Guevara scelta dal segretario torinese Pd per l’occasione è quanto di più sbagliato potesse escogitare, a meno che sia frutto di un’ironia difficile da cogliere . I tempi del Che sono lontani e non si attagliano ad un Pd che deve fare i conti col presente. Come diceva Ugo La Malfa, i conti si debbono fare con la realtà italiana di oggi e non quella dei paesi in via di sviluppo e della guerriglia armata di 50 anni fa. Ho letto il programma della festa: l’intero stato maggiore mobilitato in decine di incontri, anche molto interessanti. Non si riesce tuttavia a cogliere un’ apertura al dibattito esterno, che non sia quello a sinistra .Così il partito democratico rischia di isolarsi totalmente da chi ,rifiutando l’estremismo di Salvini e dei 5 stelle, potrebbe anche avere qualche ripensamento. Non è certo il richiamo ai duri e puri che possa aprire nuovi dialoghi e allargare i consensi. Anzi, contribuisce a chiuderli. Il centro-sinistra non trova spazio, resta solo la sinistra, quella che è rimasta ed è uscita sconfitta. Le tesi innovative di Calenda sembrano non trovare spazio, mentre in alcuni esponenti del PD aleggia la tentazione di un’alleanza suicida con i 5 Stelle, forse nell’illusione di recuperare o conservare in futuro il potere. I milioni di voti raccolti da Renzi e da Gentiloni sembrano non interessare più. O almeno questo appare il messaggio prevalente.

Senza fissa dimora: che fare?

Il problema dei senzatetto si fa sentire anche a Torino. E’ tornato all’onore delle cronache per la vicenda dei due clochard che bivaccavano da 18 mesi sotto i portici di piazza San Carlo, suscitando le polemiche dei commercianti e dei turisti e la pietà di molti passanti. Il caso è stato sollevato prima dal “Torinese” martedì e poi dalla “Stampa” mercoledì. Da qualche giorno sono stati fatti spostare dai vigli urbani anche se nel giro di qualche ora sono tornati nella loro “postazione” abituale. Nel frattempo il consigliere regionale di Forza Italia Andrea Tronzano propone un regolamento che preveda di garantire il decoro urbano e il rispetto dei diritti dei senza fissa dimora. A Torino i clochard sono circa 2000, una criticità sociale acuita dalla crisi che ha letteralmente messo sulla strada anche gente che fino a poco prima aveva un lavoro con cui pagarsi un tetto. E tra pochi mesi sarà inverno, con le complicazioni legate al clima rigido che spesso miete vittime tra chi vive sotto le stelle. Intanto la sindaca Chiara Appendino attraverso un post su Fb afferma: “Il fenomeno dei senzatetto che si sistemano nei punti di maggior flusso di persone – dunque spesso i centri storici o vicino a luoghi di interesse turistico – è comune alla stragrande maggioranza delle grandi Città italiane. Torino, attraverso i suoi Servizi Sociali per l’aiuto di adulti in difficoltà, mette a disposizione tutto l’anno numerosi strumenti per aiutare a superare questi casi di marginalità. Penso ai dormitori, al servizio Boa, che provvede a raggiungere fisicamente le persone in strada per dare sostegno, senza ovviamente dimenticare le preziose attività di altre Istituzioni e delle associazioni di volontari. Paradossalmente, proprio l’efficienza dei sistemi di assistenza della Città, fa sì che ogni inverno circa un centinaio di senzatetto provenienti da fuori Torino (circa la metà del totale) si stabiliscano qui, senza fare ritorno ai luoghi di provenienza. In altre parole, ogni anno a Torino aumentano i senza dimora di circa cento unità. Nonostante ciò vi assicuro che l’aiuto c’è e ci sarà sempre per tutte e tutti. Tuttavia quasi sempre quella di rimanere in strada – e il conseguente rifiuto degli aiuti – è una precisa scelta per accumulare elemosina. La solidarietà dei cittadini torinesi è nota – prosegue Appendino – e di questo vi ringrazio infinitamente. Tuttavia dare denaro a chi sta in strada molto spesso finisce per alimentare dipendenze o, nella peggiore delle ipotesi, veri e propri racket. Peggiorando così la situazione. Esistono tante meritevoli associazioni che invece, se avessero maggiori fondi, potrebbero fare ancora meglio il loro lavoro di aiuto e sostegno a queste persone, aiutandole a uscire da quella tremenda condizione di marginalità e reinserendole nella società permettendogli così di costruirsi un futuro e una vita normale.
Vi chiedo dunque di rivolgervi a loro se volete aiutare davvero queste persone. Ribadisco, senza dare soldi direttamente a chi sta in strada” “So che qualcuno ha parlato di Daspo Urbano, ovvero uno strumento con cui fare un “foglio di via. Ribadisco quello che ho detto già l’anno scorso: noi non adotteremo mai questo strumento nei confronti dei senza fissa dimora. La Città continua, come ha sempre fatto, a mettere in campo tutte le risorse possibili per contrastare queste condizioni di disagio. Anche con strumenti straordinari, come ad esempio l’apertura di Porta Susa l’anno scorso, in grado di ospitare persone anche accompagnate dai propri animali da compagnia”.

 

 

(foto: il Torinese)