redazione il torinese

Come nascono le mostre: le Madame Reali

Sala Uno GAM – Via Magenta, 31 Torino

GLI AMICI DELLA BIBLIOTECA D’ARTE
Per il ciclo Come nascono le mostre. Ricerche, archivi, confronti

Presentano la mostra a Palazzo Madama Torino


Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino. 
Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours (1619-1724)

Intervengono Clelia Arnaldi di Balme e Maria Paola Ruffino, curatrici della mostra,
con Alessandra Giovannini Luca – 
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

 

 

La mostra illustra la vita e le azioni di due donne che impressero un forte sviluppo alla società e alla cultura artistica nello stato sabaudo tra il 1600 e il 1700:Cristina di Francia (Parigi 1606 – Torino 1663) e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours (Parigi 1644 – Torino 1724). Due figure emblematiche nella storia europea, che esercitarono il loro potere declinato al femminile per affermare e difendere il proprio ruolo e l’autonomia del loro Stato. Le azioni politiche e le committenze artistiche delle Madame Reali testimoniano la ferma volontà di fare di Torino una città di livello internazionale, in grado di dialogare alla pari con Madrid, Parigi e Vienna. Con oltre 120 opere, tra dipinti, oggetti d’arte, arredi, tessuti, gioielli, oreficerie, ceramiche, disegni e incisioni, la mostra ripercorre cronologicamente la biografia delle due Madame Reali e racconta le parentele che le collegano alle maggiori case regnanti europee, le loro azioni politiche e culturali, le scelte artistiche per le loro residenze, le feste sontuose, la moda e la devozione religiosa. L’allestimento, progettato dall’architetto Loredana Iacopino, sviluppa un itinerario attraverso la vita di corte in epoca barocca, negli stessi ambienti in cui vissero le due dame, documentate non solo nella loro immagine politica, ma anche in quella più intima e femminile. Le curatrici Clelia Arnaldi di Balme, conservatore di arte antica, e Maria Paola Ruffino, conservatore di arti decorative a Palazzo Madama, presenteranno il progetto della mostra, raccontando gli obiettivi e la messa a punto del programma espositivo, le scelte operate nella ricerca e nella selezione delle opere, in dialogo con Alessandra Giovannini Luca, funzionario storico dell’arte del Polo Museale del Piemonte. A partire da alcuni significativi casi di studio emersi durante i lavori di preparazione della mostra, l’incontro si chiuderà con una riflessione sullo stato odierno degli studi sulle Madame Reali e su possibili prospettive di ricerca.

REFERENDUM TAV, MARRONE- MONTARULI (FDI): “UFFICIALIZZATO NO DEI GRILLINI”

“ORMAI SONO ARROCCATI NEL PALAZZO, TERRORIZZATI DALL’OPINIONE DI TORINESI”
La Commissione referendaria del Comune di Torino guidata dal Presidente del Consiglio Comunale (M5S) ha respinto l’ammissibilità del quesito referendario presentato dal comitato promotore “Si TAV #NONPERDEREILTRENO”, presieduto dal dirigente nazionale di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, che insieme al parlamentare torinese FDI Augusta Montaruli, commenta “Una bocciatura che, in spregio delle norme che vorrebbero il giudizio di ammissibilità solo tecnico-giuridico, diventa clamorosamente politica, quando si afferma che il referendum non ‘porterebbe non porterebbe alcun valore aggiunto’ e diventa addirittura grottesca dove definisce il tema TAV “immateriale”, nonostante le ricadute miliardarie sullo sviluppo della Città di Torino e per tutta l’Italia di questa grande opera infrastrutturale. La verità è che i grillini sono terrorizzati dall’idea che la cittadinanza sia chiamata direttamente ad esprimersi sull’Alta Velocità, sapendo che certamente l’esito sconfesserebbe le loro posizioni ideologicamente contrarie all’opera. Per un movimento nato dalla promessa di democrazia diretta e partecipazione popolare è davvero una fine amara asserragliarsi nel Palazzo con il terrore di confrontarsi con la cittadinanza, calpestando l’istanza di quelle migliaia di torinesi che avevano firmato in piazza Castello. Peraltro si saranno accorti che con questo pronunciamento hanno espressamente ammesso l’incompetenza del Consiglio Comunale ad esprimersi sulla TAV? Un boomerang spassoso: questa per noi è già la vittoria più importante

REFERENDUM TAV, MARRONE- MONTARULI (FDI): "UFFICIALIZZATO NO DEI GRILLINI"

“ORMAI SONO ARROCCATI NEL PALAZZO, TERRORIZZATI DALL’OPINIONE DI TORINESI”
La Commissione referendaria del Comune di Torino guidata dal Presidente del Consiglio Comunale (M5S) ha respinto l’ammissibilità del quesito referendario presentato dal comitato promotore “Si TAV #NONPERDEREILTRENO”, presieduto dal dirigente nazionale di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, che insieme al parlamentare torinese FDI Augusta Montaruli, commenta “Una bocciatura che, in spregio delle norme che vorrebbero il giudizio di ammissibilità solo tecnico-giuridico, diventa clamorosamente politica, quando si afferma che il referendum non ‘porterebbe non porterebbe alcun valore aggiunto’ e diventa addirittura grottesca dove definisce il tema TAV “immateriale”, nonostante le ricadute miliardarie sullo sviluppo della Città di Torino e per tutta l’Italia di questa grande opera infrastrutturale. La verità è che i grillini sono terrorizzati dall’idea che la cittadinanza sia chiamata direttamente ad esprimersi sull’Alta Velocità, sapendo che certamente l’esito sconfesserebbe le loro posizioni ideologicamente contrarie all’opera. Per un movimento nato dalla promessa di democrazia diretta e partecipazione popolare è davvero una fine amara asserragliarsi nel Palazzo con il terrore di confrontarsi con la cittadinanza, calpestando l’istanza di quelle migliaia di torinesi che avevano firmato in piazza Castello. Peraltro si saranno accorti che con questo pronunciamento hanno espressamente ammesso l’incompetenza del Consiglio Comunale ad esprimersi sulla TAV? Un boomerang spassoso: questa per noi è già la vittoria più importante

Assassinato perché pedofilo? Due arresti

DALLA CALABRIA

E’ possibile si tratti di una vendetta per le tendenze pedofile della vittima. L’omicidio di un uomo di 45 anni, avvenne in un agguato a Vibo Valentia nel  2015: gli spararono mentre stava parcheggiando l’auto. La polizia  questa mattina ha arrestato due persone accusate dell’assassinio. L’uomo potrebbe essere stato ucciso perché avrebbe tentato di adescare uno o più minori vicini a persone che avrebbero successivamente organizzato la vendetta nei suoi confronti.  L’assassinio  e la scoperta delle tendenze pedofile della vittima diedero il via a un’indagine del Commissariato di Vibo Valentia che debellò un giro di pedofilia in cui era coinvolto anche un sacerdote.

Ieri, quando c’era un domani

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
La neve ovatta tutto. In città poi se si ha l’occasione ci si barda per benino. Scarponi alla bisogna e via camminare. Tutto diventa bianco e tutto diventa ricordo di quei film in bianco e nero. Di quelli vecchi che ti fanno star male. Sì, proprio così, a volte il ricordo ti fa stare un po’ male. Ne vale la pena. Non perché ciò che dirai o penserai serva a cambiare in meglio il presente. Ricordi perché vivi ed il tempo passa e camminare aiuta nel pensare , riflettere e ricordare. Non c’ è solo il proprio ricordo. C’ è anche quello  di seconda mano. Mio nonno paterno lavorava alla Fiat Materferro. Tutte le mattine dal lunedì al sabato partiva in bicicletta da Vanchiglietta dove abitava. 6 o 7 km andare e 6 o 7 chilometri a tornare. Bici balilla della Bianchi. Lui era pure un benestante rispetto a chi la bici non si poteva permettere. Tutti i giorni, neve compresa. Anzi mi raccontava che quando c’era la neve respirava meglio. Ed il carbone sporcava il mantice. Quando c’ era, il carbone, perché in guerra scarseggiava e si stava in casa con i vestiti addosso. Risparmi su risparmi investiti rigorosamente in oro. Oro indispensabile per salvare mio padre dalle grinfie dei fascisti di via Asti. Ci scherzavamo su dopo, raccontandoci della neve, del carbone e della bicicletta. Ricordo o perlomeno penso di ricordarmi i carbonari che partivano da Stura e portavano da via Lauro Rossi il carbone fino a Porta Palazzo. Si stendeva sopra a grandi lenzuola e si vendeva al chilo. I venditori  erano uomini oramai tutti neri in volto e chi comprava erano donne con i mariti che lavorano alla Feroce (la Fiat). Allora a Porta Palazzo si andava anche di domenica. Rigorosamente a piedi e nei momenti eccezionali il ritorno in tram. Giusto perché si era fatto tardi ed alle 12,30  si doveva pranzare. Anche la classe operaia aveva i suoi tempi. Allora non c’ era costruito nulla dei mercati coperti. Piccolo, vedevo il mondo molto più grande. Porta Palazzo era uno spazio enorme come un mare che allora non avevo ancora conosciuto. Al centro venditori di piatti che battevano per venderli. Microfono alla bocca urlavano: fate la vostra offerta. Non sempre la base economica era rispettata in su. Anzi il più delle volte l’offerta era al ribasso. E poi i dialetti. Uno spettacolo. Con calabresi o napoletani che per farsi capire si inventavano improbabili lingue miste tra torinese ed italiano producendo un idioma  naif.
***
Il momento più aulico era all’ inizio dell anno, in seconda elementare. Ci davano il voto per la bella calligrafia. Sono sempre stato una schiappia. Salutando come una liberazione la prima macchina da scrivere Olivetti Lettera 22. Ogni anno si doveva comprare una penna Aurora. Dal cartolaio, 500 lire. Porta Palazzo, 450 lire. Prezzo base ovviamente. Poi si trattava. Colore permettendo . Più  tardi sarebbe arrivato lo stupendo libro La donna della domenica di Fruttero e Lucentini con il successivo e stupendo film con Mastroianni, il mirabile commissario Santamaria.  Porta Palazzo era luogo d’ incontro delle regioni di Italia. Ed anche qui non tutto era perfetto. Anzi si capiva, si intuiva che qualcosa non andava. Chiedevo a mio padre: chi sono quei signori? Caporali. Chi sono i caporali? Sfruttatori che fanno lavorare in nero le persone che ingaggiano. Nero? Senza contratti di lavoro.  Sicurezza zero . Soprattutto nell’ edilizia. Ma anche le boite come i mercati rionali o i mercati generali. Polizia mai vista. Imparata la prima lezione sull’ ingiustizia sociale. Ed ora? In fondo in molti casi, in troppi casi, nulla è cambiato. E se volete, passando il tempo molto è peggiorato. Quando hanno deciso di istituire il mercato del baratto mi è parsa una cosa buona e giusta. Un tentativo di integrazione, attraverso una cosmopolita rigatteria dove potevi trovare un po’ di tutto. Vestiti usati, soprammobili e altre cose. Poi si sono affacciate storie di furti. O di rom che spaccavano gli appositi contenitori di vestiti usati per rubarli e rivenderli. Storie di illegali, e oggi come ieri ciò che sembrava positivo è diventato negativo. Ieri difficile integrazione tra il Sud ed il Nord. Con la “variabile ” della criminalità organizzata. Oggi tra gli immigrati di tutte le parti del mondo ed una Torino impoverita e spaurita. Ieri c’ era la Fiat che assumeva. Non sempre le condizioni di lavoro erano accettabili. Si moriva di lavoro. Si costruivano alloggi in ogni dove, senza un piano regolatore . Tutto caotico e non proprio tipico di un paese civile. Oggi questa confusione è aumentata. Ieri luci ed ombre. Oggi stiamo cercando le luci che non troviamo, così il ricordo é anche un modo di sopravvivere. Ed in fondo ci piace più la Porta Palazzo di ieri, quando c’era un domani che oggi non intravedo. 

Ieri, quando c'era un domani

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
La neve ovatta tutto. In città poi se si ha l’occasione ci si barda per benino. Scarponi alla bisogna e via camminare. Tutto diventa bianco e tutto diventa ricordo di quei film in bianco e nero. Di quelli vecchi che ti fanno star male. Sì, proprio così, a volte il ricordo ti fa stare un po’ male. Ne vale la pena. Non perché ciò che dirai o penserai serva a cambiare in meglio il presente. Ricordi perché vivi ed il tempo passa e camminare aiuta nel pensare , riflettere e ricordare. Non c’ è solo il proprio ricordo. C’ è anche quello  di seconda mano. Mio nonno paterno lavorava alla Fiat Materferro. Tutte le mattine dal lunedì al sabato partiva in bicicletta da Vanchiglietta dove abitava. 6 o 7 km andare e 6 o 7 chilometri a tornare. Bici balilla della Bianchi. Lui era pure un benestante rispetto a chi la bici non si poteva permettere. Tutti i giorni, neve compresa. Anzi mi raccontava che quando c’era la neve respirava meglio. Ed il carbone sporcava il mantice. Quando c’ era, il carbone, perché in guerra scarseggiava e si stava in casa con i vestiti addosso. Risparmi su risparmi investiti rigorosamente in oro. Oro indispensabile per salvare mio padre dalle grinfie dei fascisti di via Asti. Ci scherzavamo su dopo, raccontandoci della neve, del carbone e della bicicletta. Ricordo o perlomeno penso di ricordarmi i carbonari che partivano da Stura e portavano da via Lauro Rossi il carbone fino a Porta Palazzo. Si stendeva sopra a grandi lenzuola e si vendeva al chilo. I venditori  erano uomini oramai tutti neri in volto e chi comprava erano donne con i mariti che lavorano alla Feroce (la Fiat). Allora a Porta Palazzo si andava anche di domenica. Rigorosamente a piedi e nei momenti eccezionali il ritorno in tram. Giusto perché si era fatto tardi ed alle 12,30  si doveva pranzare. Anche la classe operaia aveva i suoi tempi. Allora non c’ era costruito nulla dei mercati coperti. Piccolo, vedevo il mondo molto più grande. Porta Palazzo era uno spazio enorme come un mare che allora non avevo ancora conosciuto. Al centro venditori di piatti che battevano per venderli. Microfono alla bocca urlavano: fate la vostra offerta. Non sempre la base economica era rispettata in su. Anzi il più delle volte l’offerta era al ribasso. E poi i dialetti. Uno spettacolo. Con calabresi o napoletani che per farsi capire si inventavano improbabili lingue miste tra torinese ed italiano producendo un idioma  naif.
***
Il momento più aulico era all’ inizio dell anno, in seconda elementare. Ci davano il voto per la bella calligrafia. Sono sempre stato una schiappia. Salutando come una liberazione la prima macchina da scrivere Olivetti Lettera 22. Ogni anno si doveva comprare una penna Aurora. Dal cartolaio, 500 lire. Porta Palazzo, 450 lire. Prezzo base ovviamente. Poi si trattava. Colore permettendo . Più  tardi sarebbe arrivato lo stupendo libro La donna della domenica di Fruttero e Lucentini con il successivo e stupendo film con Mastroianni, il mirabile commissario Santamaria.  Porta Palazzo era luogo d’ incontro delle regioni di Italia. Ed anche qui non tutto era perfetto. Anzi si capiva, si intuiva che qualcosa non andava. Chiedevo a mio padre: chi sono quei signori? Caporali. Chi sono i caporali? Sfruttatori che fanno lavorare in nero le persone che ingaggiano. Nero? Senza contratti di lavoro.  Sicurezza zero . Soprattutto nell’ edilizia. Ma anche le boite come i mercati rionali o i mercati generali. Polizia mai vista. Imparata la prima lezione sull’ ingiustizia sociale. Ed ora? In fondo in molti casi, in troppi casi, nulla è cambiato. E se volete, passando il tempo molto è peggiorato. Quando hanno deciso di istituire il mercato del baratto mi è parsa una cosa buona e giusta. Un tentativo di integrazione, attraverso una cosmopolita rigatteria dove potevi trovare un po’ di tutto. Vestiti usati, soprammobili e altre cose. Poi si sono affacciate storie di furti. O di rom che spaccavano gli appositi contenitori di vestiti usati per rubarli e rivenderli. Storie di illegali, e oggi come ieri ciò che sembrava positivo è diventato negativo. Ieri difficile integrazione tra il Sud ed il Nord. Con la “variabile ” della criminalità organizzata. Oggi tra gli immigrati di tutte le parti del mondo ed una Torino impoverita e spaurita. Ieri c’ era la Fiat che assumeva. Non sempre le condizioni di lavoro erano accettabili. Si moriva di lavoro. Si costruivano alloggi in ogni dove, senza un piano regolatore . Tutto caotico e non proprio tipico di un paese civile. Oggi questa confusione è aumentata. Ieri luci ed ombre. Oggi stiamo cercando le luci che non troviamo, così il ricordo é anche un modo di sopravvivere. Ed in fondo ci piace più la Porta Palazzo di ieri, quando c’era un domani che oggi non intravedo. 

Ginnastica finalizzata alla salute metodica pilates

La UISP Piemonte organizza corsi per la qualifica di Insegnante di
Ginnastica finalizzata alla salute metodica Pilates Matwork per
l’acquisizione della qualifica nazionale. Durante il corso verranno fornite
le conoscenze di base del metodo per poi lavorare sugli esercizi più avanzati,
su una visione più completa della postura e sulle linee guida che regolano
l’adattamento degli esercizi in presenza delle disarmonie della colonna.
Tabella per l’acquisizione della qualifica di Insegnante di Ginnastica
finalizzata alla Salute metodica Pilates UISP NAZIONALE.
UDB Unità didattica di Base 12 ore
MB Modulo Base 16 ore 2 e 3 febbraio 2019
MS1 Modulo Specifico 1 24 ore 23, 24 febbraio e 16, 17 marzo 2019
MS2 Modulo Specifico 2 14 ore 13 e 14 aprile 2019
UDB e MB sono comuni per tutte le specialità (Pilates, Yoga, Fitness,
Allenamento funzionale, Ginnastica Posturale). Per questi 2 moduli le date
sono da definire.
UDB 12 ore
MB 16 ore
MS1 24 ore metodica Pilates
MS2 14 ore metodica Pilates
Tirocinio esame finale 20 ore
Per i laureati in Scienze Motorie non è necessaria la frequenza al Modulo Base. I corsi si effettuano a Torino presso lo Sporting Circolo della Stampa (Corso Agnelli, 45). Per informazioni piemonte@uisp.it

Rigoletto, è già trionfo per John Turturro

Stagione d’Opera 2018-2019. Accoglienza entusiastica per l’attore – regista.  Renato Palumbo sul podio dell’Orchestra e Coro del Regio

Dopo Il trovatore in apertura di Stagione e La traviata andata in scena a dicembre, il Teatro Regio prosegue e completa la dedica alla trilogia popolare di Giuseppe Verdi con Rigoletto, titolo che dal 1851 continua a sconvolgere la sensibilità degli spettatori per la crudezza dei temi e l’ambivalenza del suo protagonista, padre tenerissimo e crudele giustiziere al tempo stesso

Mercoledì 6 febbraio alle ore 20 va in scena il nuovo allestimento di Rigoletto di Giuseppe Verdi realizzato in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo (dove ha debuttato lo scorso ottobre), la Shaanxi Opera House e l’Opéra Royal de Wallonie-Liège firmato da John Turturro, al suo debutto nel mondo dell’opera. L’attore newyorkese di origini italiane ha recitato in più di 70 film firmati da registi del calibro di Martin Scorsese, Spike Lee, Woody Allen, Francesco Rosi e i fratelli Coen. Sul podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio sale Renato Palumbo. Rigoletto è il grande Carlos Álvarez, Gilda è Ruth Iniesta e il duca di Mantova Stefan Pop. Il Coro è istruito magistralmente da Andrea Secchi. La produzione è realizzata con il contributo della Società Reale Mutua di Assicurazioni, il cui Presidente Luigi Lana ha dichiarato: «La nostra Compagnia, socio fondatore del Teatro Regio dal 2012, è da sempre attenta a promuovere lo sviluppo e la diffusione della cultura, quale strumento essenziale per la crescita sociale ed economica del territorio sul quale opera da oltre 190 anni. Siamo quindi lieti di continuare a offrire un supporto concreto a favore della tradizione lirica e dell’attività di uno dei teatri più prestigiosi del panorama artistico e musicale internazionale, partecipando anche quest’anno alla stagione operistica subalpina in occasione di Rigoletto, opera del celebre compositore italiano Giuseppe Verdi». Debuttando nel 1832 ne Le Roi s’amuse di Victor Hugo con il nome di Triboulet, diventato poi Rigoletto nel libretto di Francesco Maria Piave, la figura deforme e sofferta del buffone di corte che prima per necessità spalleggia il potere, poi, toccato nell’intimo dei suoi affetti più puri, cerca invano di ribellarsi alla violenza e finisce per diventare a sua volta un carnefice, apparve da subito destinato a rivoluzionare le convenzioni teatrali dell’epoca, scandalizzare il pubblico e sfidare i censori. La musica di Verdi, ancora oggi un monumento del melodramma non solo per il soggetto ma anche per le soluzioni formali del tutto innovative che il compositore seppe adottare, sarà accompagnata in questa Stagione da un nuovo allestimento che sottolinea i toni cupi e disperati della vicenda. La regia è firmata da un campione del cinema hollywoodiano, John Turturro, alla sua prima prova nel teatro musicale: Turturro, italiano d’origine e di cuore, da sempre appassionato ascoltatore dei melodrammi verdiani, si accosta al testo quasi in punta di piedi, con la manifesta intenzione di non caricare il dramma, già denso di significato, di elementi “estranei” e consapevole della differenza di un taglio registico teatrale diverso da quello cinematografico. «Il punto di partenza spiega Turturro è stato ridurre tutto al minimo, evitare qualsiasi eccesso: questo per dare la possibilità ai cantanti e alla musica di emergere in pieno»: una regia, quindi, al servizio della storia e della musica. I personaggi si muovono sulla scena incernierati nel ruolo che il dramma e il tema della maledizione dall’inizio riserva loro, senza possibilità di emergere dalla loro cecità caratteriale, la totale amoralità dei detentori del potere e la disperazione degli oppressi; unica eccezione l’integrità di Gilda, preda della carnalità del Duca ma anche involontaria vittima di Rigoletto e del suo amore possessivo, che per mantenere l’integrità decide, deliberatamente, di immolarsi e annullarsi nel crudele gioco di forza tra tirannia e una giustizia privata priva di misericordia. Le tinte cupe della vicenda sono proiettate nel tempo in un decadente e grottesco XVIII secolo, disegnato da ambienti asfittici e chiusi nelle linee prospettiche delle scene di Francesco Frigeri; i costumi di Marco Piemontese e le luci di Alessandro Carletti disegnano un percorso di colori che va dai toni lividi di un mondo fastoso, ma monocromatico nella sua mancanza di moralità, al rosso della passione e della tragedia. Le coreografie sono di Giuseppe Bonanno, Cecilia Ligorio è regista collaboratore, le luci sono riprese da Ludovico Gobbi. Il maestro Renato Palumbo, spesso protagonista sul podio torinese e oggi nuovamente alla guida dell’Orchestra dopo la Tosca nel 2016, vanta una lunga carriera internazionale che lo conferma come storico e rigoroso interprete del repertorio melodrammatico italiano. Rigoletto sarà il baritono Carlos Álvarez, che nella sua fortunata carriera ha spesso calcato la scena del Regio in titoli di grande successo come Don Giovanni, La traviata, Falstaff e Tosca, e che annovera il celebre giullare gobbo tra i suoi ruoli più apprezzati. Nei panni di Gilda il soprano spagnolo Ruth Iniesta, che dopo un inizio di carriera nell’ambito del musical, trascorso che le ha fornito una interessante sicurezza nella gestione attoriale della scena, si sta rivelando una voce lirica giovane ma dalla maturità crescente. Iniesta ha già sostenuto il difficile ruolo di Gilda sul palcoscenico del Teatro Massimo di Palermo, facendosi notare per la pulizia nelle colorature e per l’espressività. Il personaggio del Duca di Mantova trova piena espressione in una voce spavalda e dal timbro limpido come quella di Stefan Pop, trentaduenne tenore rumeno vincitore di numerosi premi musicali, tra cui il primo premio e il premio del pubblico nel concorso Operalia e la sesta edizione dell’International Music Competition di Seoul, entrambi nel 2010. Completano il cast: Gianluca Buratto (Sparafucile), Carmen Topciu (Maddalena), Carlotta Vichi (Giovanna), Alessio Verna (Monterone), Paolo Maria Orecchia (Marullo), Luca Casalin (Matteo Borsa), Federico Benetti (conte di Ceprano), Claudia De Pian/Ivana Cravero (contessa), Riccardo Mattiotto/Giuseppe Capoferri (usciere) e Ashley Milanese (il paggio). Nel corso delle 10 recite nei ruoli dei protagonisti si alterneranno Amartuvshin Enkhbat (Rigoletto), Gilda Fiume (Gilda), Iván Ayón Rivas (il Duca) e Romano Dal Zovo (Sparafucile).                                     

 (foto di Edoardo Piva)

***

Un ringraziamento speciale per la collaborazione a Damilano, cantina storica di Barolo. La diretta su Rai Radio 3 di Rigoletto, curata da Susanna Franchi, sarà trasmessa mercoledì 6 febbraio alle ore 20. Daniele Spini, per le Conferenze del Regio, mercoledì 30 gennaio alle 17.30 al Piccolo Regio, curerà l’incontro a ingresso libero dal titolo Non dire Duca se non l’hai nel sacco!  Biglietti in vendita alla Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215 – Tel. 011.8815.241/242, presso Infopiemonte-Torinocultura, nei punti vendita Vivaticket, on line su www.vivaticket.it e telefonicamente al n. 011.8815.270. Recita del 6 febbraio: € 170 – 135 – 120 – 100 – 70 – 55. Recite dell’8, 10, 13, 15 e 17 febbraio: € 95 – 80 – 75 – 70 – 60 – 29. Recite del 9, 14 e 16 febbraio: € 90 – 75 – 70 – 65 – 55 – 29. Recita del 12 febbraio: € 60 – 55 – 50 – 45 – 40 – 29. Biglietti ridotti del 20% per gli under 30 e del 10% per gli over 65. 18app: posto unico € 25 (recita del 6 febbraio). Un’ora prima degli spettacoli, eventuale vendita di posti con una riduzione del 20% sul prezzo intero. Le riduzioni non sono valide per la recita del 12 febbraio. Per ulteriori informazioni: Tel. 011.8815.557 e www.teatroregio.torino.it.

Serie A2, la Reale Mutua Torino 81 Iren torna con tre punti da Padova

Vittoria di carattere, per 6-10, in favore della Reale Mutua Torino ’81 Iren che torna da Padova con tre punti in più e il consolidamento della seconda posizione in classifica. Camogli, infatti, è uscito senza punti dalla difficile trasferta di Ancona

Marchigiani, dunque, che continuano a precedere i gialloblu in classifica di due punti, ma torinesi che rimangono in scia. Tornando al match dello scorso fine settimana contro la compagine veneta, si può dire che l’incontro non sia mai stato in discussione grazie alla sapiente gestione dei giallo-blu che hanno chiuso tutti e quattro i parziali sempre con una rete in più rispetto ai propri avversari (1-2, 2-3, 1-2, 2-3). Prestazione maiuscola da parte dell’intero collettivo, coronata dal poker di Ivan Vuksanovic. Da segnalare l’esordio assoluto in vasca per Dante Scarzella: il giovanissimo classe 2005 è stato mandato in acqua da coach Simone Aversa negli ultimi quaranta secondi di match. I torinesi saranno attesi la prossima settimana dalla gara interna contro il President Bologna. Queste le dichiarazioni di coach Simone Aversa al termine del match: “Siamo contenti per il risultato ottenuto, ma ancora di più per la prestazione. I ragazzi hanno giocato con molta consapevolezza e umiltà ed è proprio ciò che avevo chiesto. La squadra è rimasta compatta dall’inizio alla fine. Ognuno ha fatto la sua parte. Sono felice per la prestazione di tutti i giovani, del giovanissimo Dante Scarzella che ha avuto modo di scendere in vasca per il suo esordio ufficiale negli ultimi quaranta secondi della partita e anche per il contributo dei veterani che hanno aiutato i meno esperti nella gestione dei quattro parziali in una piscina in cui non è facile giocare. Abbiamo affrontato il match da grande squadra e torniamo a Torino con la soddisfazione di avere tre punti in più, ma soprattutto con ancora più consapevolezza nei nostri mezzi. Il campionato è ancora molto lungo, ma considerando che Padova aveva vinto nell’ultima gara casalinga contro Camogli mi aspettavo questo tipo di partita, ma i miei ragazzi l’hanno affrontata con grande maturità e la vittoria è meritata”.

 

C.S. PLEBISCITO PD – REALE MUTUA TORINO ’81 IREN  6-10 (1-2, 2-3, 1-2, 2-3)

C.S. PLEBISCITO PD: Destro, Biasutti, Tosato, Chiodo, Savio 2, Barbato, Gottardo, Robusto, Zanovello, Fanfani 1, Rolla 2, Leonardi, Tomasella 1. Coach: Martinovic.

REALE MUTUA TORINO ’81 IREN: Aldi, Pini, Cialdella 1, Azzi 1, Scarzella, Oggero 1, Brancatello 1, Vuksanovic 4, Capobianco, Loiacono, Audiberti 2, Gattarossa, Costantini. Coach: Aversa.

ARBITRI: Piano – Lombardo

NOTE: Superiorità numeriche: Padova 2/11, Torino ’81 2/9.

Uscito per limite di falli: Tomasella (Padova) e Loiacono (Torino ’81) nel quarto tempo.

Espulso per proteste Gottardo (Padova) nel quarto tempo.

Spettatori 100 circa.

 

Risultati e classifica del girone Nord di A2 a questo link

Bisogna salvare lo Yemen

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Questo straordinario patrimonio viene sistematicamente distrutto dai raid aerei che da quattro anni devastano l’angolo sud-occidentale della penisola arabica

Bisogna salvare lo Yemen, porre fine alla guerra civile, ai lutti e alle sofferenze di decine di migliaia di yemeniti e difendere il grande patrimonio culturale di cui è ricco lo Yemen, fatto di arte, architettura e archeologia. Ma oggi questo straordinario patrimonio viene sistematicamente distrutto dai raid aerei che da quattro anni devastano l’angolo sud-occidentale della penisola arabica. L’accorato appello per proteggere i tesori dell’antica Arabia Felix è stato lanciato da Enzo Ravagnan, direttore dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali, intervenendo a un convegno sulla guerra in Yemen presso il Circolo della Stampa di Torino. Ma tutto si è bruscamente interrotto nel marzo 2015 quando la capitale Sana’a fu occupata dai ribelli sciiti Houthi. In quel momento Ravagnan era a Sana’a, dove ha fondato un Centro italo-yemenita che ospita una scuola di restauro, ma con l’aggravarsi della situazione ha dovuto lasciare lo Yemen insieme ai suoi allievi. “Stavamo sistemando la moschea di Sana’a, per la quale eravamo in dirittura d’arrivo coi lavori e la moschea di Al-Ahrafiyya a Taiz, racconta Ravagnan. Già altre volte, in contesti che stavano diventando pericolosi, siamo rimasti lo stesso sul campo ma questa volta la situazione era troppo grave. Non c’erano più le condizioni per restare. Gi Houthi hanno occupato la capitale e di fronte al nostro Istituto hanno piazzato una grossa mitragliatrice, spari e bombe erano a un centinaio di metri dal nostro gruppo. Siano fuggiti dopo i primi bombardamenti”. Renzo Ravagnan, architetto e responsabile dell’Istituto Veneto per i Beni Culturali, racconta la sua storia di fuga dallo Yemen, insieme ad una decina di colleghi italiani. Ravagnan ha messo in piedi a Sana’a un laboratorio di restauro e conservazione e da 15 anni collabora con il ministero della cultura yemenita. In tutti questi anni ha formato decine di giovani yemeniti per la conservazione dei beni culturali. Oltre ad operare in Italia, l’Istituto veneto, con sede a Venezia, è presente anche all’estero come in Terra Santa dove sono stati condotti i restauri alla cappella di Sant’Elena nella Basilica della Natività di Betlemme, al muro crociato della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth e alla cappella dell’Invenzione della Croce della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Accordi di collaborazione sono stati firmati con le autorità israeliane anche per interventi di ristrutturazione nella splendida Cittadella crociata di Akko (San Giovanni di Acri). L’Istituto Veneto per i Beni Culturali è già intervenuto nel restauro di altri patrimoni storico-architettonici come la Spianata delle Moschee in Terra Santa dal 1997 al 2009. Il centro italo-yemenita era impegnato in Yemen nella ristrutturazione di due importanti luoghi di culto yemeniti. La Grande Moschea di Sana’a Al Jami al Kabir, risalente al 630 d.C., due anni prima della morte di Maometto, costruita dagli arabi al posto dell’antica cattedrale della capitale, e la moschea di Al Ashrafiyya alle pendici del monte Saber presso la città di Taiz nel sud dello Yemen, eretta alla fine del Trecento. I lavori avrebbero dovuto terminare nell’estate 2015 ma la situazione è precipitata e la missione è rientrata di fretta in Italia. Non era la prima volta che succedeva ma questa volta, con l’aggravarsi della guerra civile, non si poteva più rimanere nel Paese. La maggior parte del lavoro veniva svolto nel centro storico di Sana’a con il restauro di 8000 case con torri antichissime, composte da mattoni cotti al sole, che con il degrado e l’incuria rischiavano di crollare. Un prezioso patrimonio costituito in particolare dalle due moschee in cui l’Istituto di Ravagnan stava lavorando, soprattutto quella di Sana’a con decorazioni antichissime e che durante il restauro ha fatto riemergere sostegni in legno dei primi secoli dopo Cristo. “Abbiamo cercato di mettere in pratica il sogno di Pasolini, ha affermato Ravagnan, nell’antichissimo centro città della capitale yemenita, che Pier Paolo Pasolini nei primi anni Settanta volle difendere dalla selvaggia speculazione edilizia”. La tragedia yemenita continua nonostante le tregue imposte dall’Onu con alterna fortuna. “La speranza è l’ultima a morire ma, credetemi, ha aggiunto Ravagnan, gli yemeniti non vogliono la guerra mentre il loro Paese vive da quattro anni gli effetti di uno scontro geopolitico che va ben oltre i suoi confini”. In Svezia il lodevole inviato dell’Onu per lo Yemen Martin Griffiths è riuscito a far sedere allo stesso tavolo tutti gli attori del conflitto ma il futuro del Paese resta denso di incognite.