redazione il torinese

Il parco del Valentino si tinge di rosa con la Valentina

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Madrina della manifestazione sarà Maura Viceconte, in un giorno che per lei vuole dire tanto. Il 21 maggio fu, infatti, il giorno in cui diventò primatista italiana in maratona e sempre nella stessa data, quattro anni fa, mamma di Gabriele

 

Tutto pronto per il 21 maggio quando si svolgerà la Valentina, manifestazione non competitiva rivolta alle donne. Questa manifestazione nasce negli anni novanta quando, quasi in contemporanea, due podiste, una a Central Park e una in un parco torinese, furono violentate durante il loro consueto allenamento settimanale, diventando così l’evento simbolo del diritto che ogni donna ha di correre liberamente nei parchi senza essere oltraggiate. In un’ottica di sensibilizzazione del territorio si è scelto, nei vari anni, di svolgere la manifestazione nei diversi parchi della città: quest’anno la Valentina ritornerà nella sua sede storica, il parco del Valentino.Il 2015, oltre a essere un anno di sensibilizzazione sarà anche un anno di celebrazione. Un modo per festeggiare le donne che corrono, nello sport e nella vita. In questi ultimi anni la corsa in rosa sta crescendo a livelli esponenziali introducendo nuovi modi di vivere questo sport quali la partecipazione, il divertimento e il benessere. La TuttaDRITTA dello scorso 24 aprile ne è stato un esempio. La manifestazione, infatti, ha riscontrato una partecipazione al femminile del 35% sulla totalità degli iscritti.

 

L’appuntamento, quindi, è per il 21 maggio 2015 alle ore 19.00. La corsa-camminata si svolgerà su un percorso ad anello di circa due chilometri e mezzo da ripetere due volte. Partenza e arrivo al Borgo Medievale, che poi da venerdì 22 maggio diventerà la sede logistica della Turin Half Marathon – mezza maratona dell’Arte, il primo degli appuntamenti inseriti nella collaborazione tra Turin Marathon e la Fondazione Torino Musei. Ad attendere tutte le partecipanti della Valentina ci sarà un ricco rinfresco e per tutte coloro che lo vorranno sarà possibile acquistare la maglietta ricordo della manifestazione. Madrina della manifestazione sarà Maura Viceconte, in un giorno che per lei vuole dire tanto. Il 21 maggio fu, infatti, il giorno in cui diventò primatista italiana in maratona e sempre nella stessa data, quattro anni fa, mamma di Gabriele.  Maura Viceconte è l’esempio di come le difficoltà della vita si possono affrontare e superare: la formazione che le ha dato lo sport le ha permesso di affrontare e sconfiggere una malattia importante, tornando forte e determinata come  e più di prima.

 

Iscrizioni – sarà possibile iscriversi online, sul sito www.turinmarathon.it, fino alle 12.00 di giovedì 21 maggio 2015, in alternativa, per tutto coloro che non l’avranno fatto sarà possibile iscriversi personalmente al Borgo Medievale dalle ore 18.00 alle ore 18.45. La partecipazione è gratuita.

Corso Grosseto, il tunnel dei sospetti: che fare?

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“Qualcuno pensa che una città metropolitana di quasi 2 milioni di abitanti non debba avere un collegamento diretto tra le sue stazioni e l’aeroporto?” ha chiesto il presidente della Giunta Sergio Chiamparino nelle sue conclusioni

 

Dopo una settimana il Consiglio regionale torna sulla vicenda del tunnel di corso Grosseto a Torino.Nella seduta precedente era stato approvato un ordine del giorno del M5S, e condiviso dalla maggioranza dopo alcune modifiche, che – viste le richieste di approfondimenti giuridici e le inchieste in corso della magistratura – impegnava la Giunta “ad attivarsi per verificare la possibilità di modifica del progetto definitivo nella fase di redazione del progetto esecutivo per la realizzazione di entrambi i tunnel veicolari”. Martedì 19 maggio in Aula le comunicazioni dell’assessore ai Trasporti, Paolo Balocco, che ha ripercorso nel dettaglio le tappe dell’opera, dall’approvazione del progetto da parte di Comune di Torino e Regione nel 2012 fino alle vicende più recenti. Il 21 maggio prossimo si riunirà il comitato di gestione e subito dopo verrà convocato il comitato di sorveglianza per riflettere, nel rispetto di quanto stanno facendo i magistrati, se e come procedere nella realizzazione dell’opera, ha spiegato l’assessore.

 

Le posizioni del Partito Democratico sono state riassunte dal capogruppo Davide Gariglio durante il dibattito: “Abbiamo espresso forti rilievi sulle modalità con cui questo appalto è stato realizzato, ci sono aspetti difficilmente spiegabili, a partire dall’assegnazione dell’appalto in house alla Società di Committenza Regionale. Se l’appalto fosse stato assegnato a Infra.to (Comune di Torino) si sarebbero recuperati circa 18 milioni di Iva. Altre perplessità permangono sui criteri di assegnazione dei punteggi alle ditte appaltatrici e sulle valutazioni di proposta di miglioramento stradale”. Posizione contestata da Gianluca Vignale e Piero Sozzani (FI): “Nella passata legislatura abbiamo più volte presentato proposte per la soppressione di Scr. Oggi la maggioranza si interessa a corso Grosseto, ma perché ci si occupa solo di alcuni appalti e non di tutti? Si potrebbe dire maliziosamente che nel Pd ci sono due anime che fanno riferimento a mondi imprenditoriali diversi. Ci sembra incredibile discutere ancora di questa vicenda, dopo commissioni e atti di indirizzo. La procura della Repubblica farà le sue indagini, stiamo trasformando il Consiglio in una commissione di inchiesta”.

 

Davide Bono e Federico Valetti (M5S) rivendicano il fatto di “essere stati i primi a proporre la sospensione dell’opera. Ci sono problemi importanti di merito e di metodo, come detto da Gariglio, il progetto è fatto male. Ci poniamo la domanda su come sia potuto andare avanti un progetto che non risolve i problemi che dovrebbe risolvere. Non ci sentiamo di puntare il dito contro Scr. Dov’era la politica quando si è deciso? Nessuno si è accorto di nulla. Chiediamo a Chiamparino se non vuole cogliere la palla al balzo per fare una valutazione sull’utilità di revisione anche temporale di quest’opera. Rischiamo di non finire per tempo e di fare grandi danni”. Critiche sul tunnel anche dal capogruppo Sel, Marco Grimaldi: “la scorsa settimana qualcuno diceva ‘mai vista una gara così’, questa rischia di essere l’ennesima pagina nera. Le anomalie c’erano, procedurali e di scelta, speriamo anche noi che la magistratura spieghi in fretta il ruolo giocato dall’ex assessore ai Trasporti. Torniamo a chiedere il finanziamento pubblico ai partiti, per non interrogarci domani sugli intrecci tra politica e affari. Il 12 maggio abbiamo detto e votato insieme a Pd e M5S una cosa semplice: è bene che Scr non sottoscriva quel contratto. Ci sono i tempi per azzerare tutto”.

 

Di “ennesimo esempio di capitalismo di relazione” ha parlato la presidente del gruppo Lega Nord, Gianna Gancia: “Anche ad Expo sono stati assegnati spazi a Eataly senza appalto, su questo tema si aprono riflessioni importanti”. “Qualcuno pensa che una città metropolitana di quasi 2 milioni di abitanti non debba avere un collegamento diretto tra le sue stazioni e l’aeroporto?” ha chiesto il presidente della Giunta Sergio Chiamparino nelle sue conclusioni. “Durante il mio mandato da Sindaco avevamo preso in considerazione altre soluzioni, poi giudicate tecnicamente complicate o eccessivamente scomode per i cittadini. Io non metterei in discussione un’opera che collega direttamente Caselle con il passante ferroviario di Torino, altrimenti tutti i ragionamenti sul futuro dell’aeroporto sono inutili. Quando si parla di azzeramento, un conto è l’azzeramento delle modalità, un conto è l’azzeramento dell’opera. Personalmente sono radicalmente contrario a questa seconda ipotesi”.

 

(fm – www.cr.piemonte.it)

Anziana morta dopo una lite con il figlio, è suicidio

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I carabinieri sono intervenuti e hanno trovato nell’appartamento di via Merlino 30, il figlio della donna

 

Geltrude Nerim, una tedesca di 74 anni, è stata trovata morta soffocata nella sua abitazione di Sangano. I carabinieri sono intervenuti e hanno trovato nell’appartamento di via Merlino 30, il figlio della donna. I vicini di casa, che hanno contattato i miliatri dell’Arma, hanno detto di avere udito una lite tra i due. Si è suicidata, secondo la ricostruzione dei carabinieri. La donna avrebbe ingerito dei barbiturici dopo aver litigato con il figlio, e poi si sarebbe legata in testa un  sacchetto di plastica. L’uomo, ascoltato a lungo in caserma, avrebbe cercato di salvarla, chiamando il 118.

Librolandia fa 341 mila visitatori in cinque giorni di festa culturale

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SALONE 111salone 667salone conferenzasalone 555Il Salone è una realtà che ormai appartiene allo scenario culturale del nostro Paese, che premia la maturità del proprio pubblico ed appaga la voglia di conoscere e confrontarsi dei lettori. In un’ epoca inquinata da miriadi di monologhi sterili ed incapaci di ascolto

 

Nonostante si sia conclusa con oggi la ventottesima edizione del Salone Internazionale del libro di Torino, al Lingotto non si respira ancora aria di smantellamento. Sarà forse per i dati positivi di quest’anno che registrano un incremento dello 0,7% (341.000 visitatori contro i 339.752 del 2014) o forse per il “battesimo” delle belle parole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha riservato a questa edizione, ma sembra proprio che l’atmosfera creata in questi cinque giorni in cui si è ascoltato, assaporato ed acquistato cultura, non voglia proprio abbandonare i padiglioni del Lingotto. Sono stati tantissimi gli appuntamenti che hanno tenuto viva l’arte del conoscere, del confrontarsi e del condividere, grazie anche alla complicità di una Torino più che mai turistica e raggiante viste le influenze positive dell’ostensione della Santa Sindone, dell’apertura del Nuovo Museo Egizio e perché no, anche del successo del nostro “cugino milanese” Expo.

 

Quello di quest’anno è stato un Salone che, grazie alla collaborazione con la Buchmesse di Francoforte, ha aperto le porte alla Germania, Paese ospite d’onore, dando così spazio a personaggi come Günter Wallraff (autore di inchieste giornalistiche sotto falsa identità), allo scrittore di best-seller Sebastian Fitrek, al filoso Peter Sloterdijk e a molti altri personaggi illustri.Vere protagoniste di questa edizione sono state però le donne. In un momento come questo, in cui il fenomeno del femminicidio spopola tra le notizie di cronaca e in cui in molti paesi i diritti delle donne non vengono riconosciuti, è stato davvero significativo e quasi commovente, vedere il caloroso abbraccio di folla per Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dall’ex-fidanzato, e per Pinar Selek, la scrittrice di origine turca esiliata nel 2009 dal suo Paese per aver scritto diversi libri che affrontavano temi come i diritti delle minoranze e la questione del genocidio armeno. Un’acclamazione particolarmente sentita è stata anche quella riservata da tantissimi giovani a Liliana Segre e Hetty E. Verolme, che con la loro delicatezza e riservatezza hanno ripercorso il tragico e difficile periodo della loro vita nei campi di sterminio di Auschwitz e Bergen-Belsen. Una trama quella di quest’anno composta da tantissimi fili diversi: partendo dal rammarico di Roberto Saviano per un’Italia che ancora non funziona come dovrebbe, alle riflessioni di Marco Travaglio e Massimo Gramellini, passando poi per la grandissima “lezione di scienza” di Piero Angela, all’imperdibile spazio dedicato alla Grande Guerra e finendo magari con un simpaticissimo colloquio tra i ragazzi e la vulcanica torinese Luciana Littizzetto.

 

Tantissimi argomenti e tantissimi personaggi provenienti anche dal mondo della politica: si può tranquillamente affermare che questo sia stato, in parte, il Salone del presidente e dei ministri come ad esempio Laura Boldrini, Giuseppe Civati, Enrico Letta, con un ampio spazio dedicato anche alla politica e al futuro del Piemonte grazie all’intervento di Chiamparino e del Sindaco Piero Fassino. E soprattutto questo è stato il Salone dei 500 giovani volontari che con la loro dedizione ed il loro impegno hanno donato forma, colore, calore ed eleganza a questa edizione del 2015. Nelle parole rilasciate dall’ ormai storica coppia Picchioni-Ferrero, giunti per altro al loro ultimo anno insieme, si può evincere l’importanza che il Salone del libro ha avuto e ci auguriamo continui ad avere, non solo per Torino e per tutto il resto dell’Italia. Il Salone è una realtà che ormai appartiene allo scenario culturale del nostro Paese, che premia la maturità del proprio pubblico ed appaga la voglia di conoscere e confrontarsi dei lettori. In un’ epoca inquinata da miriadi di monologhi sterili ed incapaci di ascolto , questo evento rappresenta la capacità e la possibilità di poter avere un dibattito e un dialogo comune. E se lo slogan recitava “Italia, Salone delle Meraviglie”, possiamo solo augurarci che per tutti sia stato una vera e propria meraviglia.

 

Simona Pili Stella

(Foto: il Torinese)

Medici, revocato nella notte lo sciopero di oggi

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Sarà probabilmente caos davanti agli ambulatori perchè tutti si aspettavano lo sciopero che invece è stato revocato nella notte dopo l’accordo con il governo. 

 

“Lo sciopero è stato sospeso e posso assicurare che, comunque, non c’era intenzione della Regione di ridurre l’autonomia dei medici di base e dei pediatri di libera scelta”.Con queste parole l’assessore alla Sanità, Antonino Saitta, ha aperto in Consiglio la comunicazione della Giunta regionale, richiesta da Davide Bono (M5S), sullo sciopero indetto per la giornata di oggi dalla Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) e dei pediatri di libera scelta. L’agitazione sindacale è stata revocata all’ultimo momento perché, nella tarda serata di ieri, Governo e sindacati hanno sottoscritto un accordo per la tutela della figura del medico di famiglia a garanzia del rinnovo della convenzione con il Servizio sanitario nazionale, che era la ragione alla base dello sciopero.

 

Ecco il comunicato di ieri da parte della Fimp, l’associazione dei pediatri:

La Fimp Piemonte aderisce allo sciopero nazionale indetto da tutti gli operatori delle cure primarie. Verranno garantite le sole visite per i casi urgenti, dalle 8 alle 10. Gli ambulatori in tutta la regione resteranno chiusi. “Non può sfuggire però che oggi si viva un momento molto delicato di dibattito sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale e della medicina territoriale in particolare. Domani, 19 maggio ci sarà uno sciopero generale nazionale, di tutto il comparto delle cure primarie e in particolare della pediatria di famiglia, proprio perché nella visione futura della pediatria, così come è uscita dall’ultimo documento prodotto dalla Conferenza Stato Regioni e che è anche stata recepita dalla bozza di riordino della Regione Piemonte, ci sono dei drammatici segnali d’allarme. Se venissero applicate infatti le modifiche previste da tale documento si verrebbe a perdere totalmente il rapporto di fiducia medico-paziente e si verrebbe a perdere la capillarità del servizio che oggi offriamo”. Così il dott. Renato Turra, Segretario Regionale della Fimp, l’organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa dei Pediatri di Famiglia, spiega le ragioni dello sciopero.“Oltretutto è in atto il tentativo di togliere autonomia al pediatra – aggiunge Il dott. Turra – tramutandolo in un burocrate che applica protocolli e schemi preconfezionati imposti dal centro, sia per quanto riguarda le prescrizioni di farmaci sia per quanto concerne gli esami necessari per i propri pazienti. Si spersonalizza il servizio,  si vogliono obbligare molti pediatri a lavorare in grandi centri non strutturati per le esigenze specifiche dei bambini portando a scoprire interi territori visto che siamo in pochi, si porta ad aumentare la burocrazia a tutto discapito di quella vocazione della medicina preventiva che sempre più  noi vorremmo essere centrata sul singolo paziente”. Conclude il leader dei camici bianchi: “La bozza che ci è stata presentata dalla Regione non è accettabile, poiché non tiene in alcun conto e non considera in alcun modo la peculiarità e specificità della Pediatria di famiglia e il diritto alla salute dell’età pediatrica. Per natura sono ottimista, anche perché abbiamo in mano numeri e prove fattuali che l’applicazione di questo sistema rischierebbe di far implodere il servizio sanitario regionale aumentando i costi e peggiorando l’assistenza. Oggi abbiamo avviato un incontro con l’assessore alla Sanità Saitta che ha dato alcuni segnali di apertura. Ma restiamo alla finestra fino a quando non metteremo in sicurezza i diritti e le libertà delle famiglie dei nostri piccoli mutuati”.

I migranti nelle caserme torinesi e la solidarietà del ministro smemorato

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pinotti_grazianoLa città ospita esuli, rifugiati e immigrati da tre secoli. Anche senza Pinotti

 

 

Costruisci una capitale sulle caserme e sugli stabilimenti industriali, ti affezioni a immagini di baietti in coda al distretto militare e di baracchini che affollano il 92 sbarrato, ed è un attimo che i milioni di baionette si arrugginiscono e che la fabbrica si mette a parlare Inglese e a produrre in Serbia o a Detroit. Abbiamo appena festeggiato un trentennio di uscita dal club delle città con oltre un milione di abitanti, ed ecco che, con poca fantasia, la ministressa Pinotti (nomina sunt consequentia rerum, con tutto rispetto), a margine di una stanca passerella istituzionale al Salone del Libro, offre la disponibilità del Ministero della Difesa a offrire le caserme per alloggiarci i profughi dal Canale di Sicilia. La notiziona non ha generato frisson d’effroi  né in precollina né alla Falchera o alla case Snia. Neppure una misera raccolta firme di qualche esponente leghista in vena di battaglie di principio. Sarà che forse Torino le ha viste tutte? 

 

La ministressa forse non ha considerato il vezzo torinese di interpretare la Parigi di provincia, ospitando tra Otto e Novecento esuli, anime in pena e visitatori più o meno illustri in fuga dai quattro angoli del Pianeta: a Torino vennero a studiare, nascondersi o spegnersi, insieme a centinaia di attivisti carbonari, nazionalisti  e liberali (senza Torino non si sarebbe scritto Piccolo Mondo Antico), figure come Lajos Kossuth, Friederich Nietzsche, Juan Domingo Peròn, per citarne soltanto alcuni. Ma in fatto di profughi con minor fascino dell’esule maledetto, Torino non si fa insegnare nulla dalla prima Pinotti che passa: è stata la città italiana, dopo Roma, che ha ospitato più profughi italiani in fuga dalla Libia all’avvento di Gheddafi, e prima ancora dall’Istria-Dalmazia (acquartierati provvisoriamente, manco a dirlo, in casermette e fabbricati militari, prima di finire, in un inedito esperimento di dumping sociale, nei nuovi quartieri delle Vallette). Degli immigrati dal Sud è stato detto e scritto abbondantemente: hanno di fatto raddoppiato la popolazione nell’arco di due decenni, stravolgendo l’impianto sociale e urbanistico della città.  E’ difficile però spiegare oggi a un ventenne che il Calabrese degli anni ’60 non era meno malvisto del subsahariano di oggi, sopravvissuto a Lampedusa. Provate a fargli leggere La donna della Domenica (con visione dell’ottimo film) e forse se ne farà un’idea. Per quanto riguarda gli africani immigrati (o rifugiati, ché i confini tra categorie ahimé sono fluttuanti, e il balsero in fuga da Boko Haram può passare dallo status di richiedente asilo, guardato con colpevole solidarietà dalle anime pie dell’associazionismo, a quello di illegale guardato a vista nei container del Centro Identificazione ed Espulsione di Corso Brunelleschi), da almeno vent’anni ci ingegnano a metterli qua e là negli edifici sopravvissuti alla loro utilità.

 

Prendete le scuole: è dai primi anni ’90 che si insediano, ovviamente sempre “in via sperimentale” e attraverso il “progetto pilota”, gli immigrati negli edifici dismessi . Ci hanno provato a Mirafiori Sud, al Lingotto e persino alla Falchera, che di suo già non è una vetrina di qualità urbana. L’esperimento di solito non funziona. Sarà forse per questo che in una ex scuola delle Vallette sono finiti i Giudici di Pace, che sono un po’ i sans papier dell’amministrazione giudiziaria italiana. Per non parlare della più recente “riconversione delle riconversioni”: il villaggio olimpico del MOI, trasformato non in ricovero per poveri esuli, ma in repubblica autonoma multietnica, sottratta all’ordinamento italiano, fondata sulla delinquenza di strada e sulla risoluzione delle controversie a mezzo accoltellamento. In Municipio ancora conservano una galleria di immagini dei Sindaci degli anni eroici, quelli che si sono affannati a costruire case, scuole, fognature e ospedali  per evitare che trecentomila operai immigrati dalle campagne meridionali e insulari finissero a vivere nelle villas miserias e che Torino diventasse una disordinata metropoli sudamericana.  Noi Torinesi un Pincio non ce lo possiamo permettere: troppo vistoso. Ma non per questo bisogna dimenticare che Torino, in fatto di accoglienza, non deve certo aspettare la generosità fatta cadere dal Ministro pro tempore.

 

fv

Una storia di non amore

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Come avviene in molti, troppi episodi di violenza contro le donne, anche in questo caso è stato l’abbandono a innescare la miccia del risentimento. Lo schema è purtroppo “classico”: il possesso scambiato per amore, la rabbia che diventa ferocia, fino all’essenza della crudeltà: l’acido in faccia.

 

“La disavventura di cui sono stata vittima mi ha insegnato ad avere più fiducia e rispetto nei confronti di me stessa. Mi ha aiutato a comprendere che voglio vivere una vita piena e intensa e ad amarmi di più”. Con queste parole l’avvocatessa Lucia Annibali ha esordito, sabato 16 maggio al Salone del Libro, per illustrare il volume autobiografico “Io ci sono. La mia storia di non amore”. All’incontro, promosso dalla Consulta delle elette del Piemonte, sono intervenute la presidente della Consulta Stefania Batzella, la coautrice del volume Giusi Fasano e la giornalista Stefanella Campana. “Tutto è cominciato il 16 aprile 2013 a Pesaro – ricorda Lucia Annibali – tornando a casa dopo essere stata in piscina. Ad attendermi, dentro il mio appartamento, trovo un uomo incappucciato che mi tira in faccia dell’acido sfigurandomi. Le ustioni, devastanti, corrodono anche il dorso della mano destra. Quella stessa notte viene arrestato come mandante dell’aggressione Luca Varani, avvocato, che con me aveva avuto una tormentata relazione troncata nell’agosto del 2012 e che, secondo la Magistratura, aveva assoldato per l’agguato due sicari albanesi, pure loro poi arrestati”.

 

Come avviene in molti, troppi episodi di violenza contro le donne, anche in questo caso è stato l’abbandono a innescare la miccia del risentimento. Lo schema è purtroppo “classico”: il possesso scambiato per amore, la rabbia che diventa ferocia, fino all’essenza della crudeltà: l’acido in faccia. Nel suo libro Lucia Annibali ripercorre la propria storia con quell’uomo, dal corteggiamento al processo (“Il tempo con lui è stato una bestia che digrignava i denti e io mi lasciavo sbranare”); passa in rassegna i momenti dell’emozione e quelli della sofferenza; racconta l’acido che scioglieva il suo viso (“Un minuto dopo la belva era ammaestrata”) e poi i mesi bui e dolorosissimi, segnati anche dal rischio di rimanere cieca. Per la sua tenacia, la sua determinazione e il coraggio di mostrarsi, oggi Lucia è diventata un’icona, un punto di riferimento per tutte le altre donne vittime dei propri aguzzini.

 

(www.cr.piemonte.it)

L’Italia e gli italiani raccontati al Salone in due modi diversi

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Uno è un libro molto serio, “Un paese ci vuole” (Longanesi), l’altro decisamente più scanzonato “Vite segrete dei grandi  scrittori italiani: tutto ciò che non vi hanno mai raccontato su di loro” (Electa); ma entrambi suggeriscono quanto l’odierna (tanto conclamata) rottamazione sia una  pessima idea, perché l’esperienza ha sempre qualcosa da insegnare

 

Se  non siete convinti,  ma un dubbio comunque vi tange, una bella spinta nella giusta direzione ve la da “Un paese ci vuole” (Longanesi): pamphlet antirottamazione della giornalista del “Fatto Quotidiano” Silvia Truzzi che ha raccolto le sue  interviste a 16 italiani importanti. E in epoca di roboanti (spesso vuoti) slogan sciorinati in 140 caratteri, questo libro scorre piacevolmente controtendenza. Qui si raccontano “i grandi vecchi” che (non solo  per l’autrice) hanno reso l’Italia migliore e la rappresentano…e buttali  via personaggi come Camilleri, Ceronetti, Magris, Citati,  Dacia Maraini,  Luciana Castellina e tutti gli altri.  16 personalità dai capelli  bianchi che riannodano fili del passato, commentano il  presente, azzardano pronostici  sul futuro. Certo, si parla di politica ma, più di tutto, risalta lo spessore intellettuale e umano dei protagonisti. A partire dal grandissimo “cuntatore” Andrea Camilleri, voce arrochita dalle tante Multifilter, che ricorda gli anni in Rai, parla di mafia, Sciascia e Mattei; Claudio Magris che dalle finestre del Caffè  S. Marco di Trieste vede un paese che va sempre peggio e constata amaramente che “il sapere non è più un valore”; Guido Ceronetti convinto che la politica sia una menzogna incarnata; il giornalista, scrittore e velista Piero Ottone che rinvanga quando licenziò (pentendosene) Montanelli; Giovanni  Sartori ripercorre i suoi gloriosi anni a Stanford, alla Columbia University , la conoscenza di Ronald Reagan e ricorda che forse è l’unico con cui la Fallaci non litigò mai, (anzi a New York preparava per lui ottimi  pranzetti); Pietro Citati che discetta amabilmente di Manzoni, Leopardi, letteratura russa e francese  per arrivare all’amicizia con Calvino, Pasolini e Fruttero. Poi, Luciana Castellina e Dacia Maraini, fatte di antica tempra e che in un sol boccone potrebbero mangiarsi le rampanti ministre di oggi. La prima, dirigente e militante comunista tutta d’un pezzo; la seconda che ricorda i genitori Fosco e Topazia,  l’infanzia a Kobe, l’amore e il legame indissolubile con  Moravia. C’è un filo, neanche  poi tanto  sottile, che lega questi grandi  saggi: l’analisi acuta e disincantata del rapporto tra passato e  presente.

 

Di tutt’altro tenore è “Vite segrete dei grandi scrittori italiani” (Electa) di Lorenzo Di  Giovanni e Tommaso Guaita. Dopo i volumi sulle vite di artisti e scrittori internazionali, qui a essere svelate  sono le storie  bizzarre e gli aneddoti più curiosi degli autori più celebrati sui banchi di scuola, spesso non amati, vissuti con noia e disinteresse. Ma scoprire che Macchiavelli sollazzava gli amici con storie sboccate e bazzicava i postriboli, o che il perfettino Dante, in gioventù,  stilava elenchi  delle fanciulle più procaci e scambiava insulti a suon di rime, sono  soddisfazioni che alzano immediatamente l’asticella del gradimento. E’ insomma una visione  più ampia delle  personalità  di  36 scrittori, e un modo divertente per apprendere, anche attraverso disegni (che sfiorano un po’ la caricatura) per es che: Pirandello aveva una moglie  inquietante che di notte si aggirava brandendo un coltello, Boccaccio rubava manoscritti e  preziosi codici dall’Abbazia di Montecassino, Manzoni invece era agorafobico e ossessionato dal cinguettio  degli uccelli … e le altre chicche scopritele voi.

 

 Laura Goria

Il vero volto dei santi sociali secondo Laura Curino

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Le vite dei Santi colte attraverso un racconto dell’intelligenza e dello spirito,  al di là degli scontati limiti agiografici

 

Atteso ritorno sul palcoscenico torinese, il 19 maggio al teatro Gobetti, di Laura Curino nel lavoro teatrale “Santa Impresa”, accanto, per la terza volta,  a Anagoor. Insieme, infatti, hanno già affrontato le biografie e la storia del Teatro giornale di Roberto Cavosi e hanno anche cercato di tracciare un’impossibile biografia di Giorgione, il maestro di Castelfranco, sullo sfondo di una Venezia al suo acme,  in “Rivelazione, sette meditazioni intorno a Giorgione”. In “Santa Impresa” vengono narrati, invece, l’intelligenza e lo spirito di quegli uomini  straordinari che vanno sotto la denominazione di “Santi sociali”. Furono quei Santi che, a Torino, si presero cura delle necessità,  delle ferite e dei dolori della gente del popolo e, in particolar modo,  dei giovani di un’Italia appena nata. Don Bosco, Cottolengo, Cafasso, Faa’ di Bruno, Murialdo, Giulia di Barolo, e anche don Orione,  Alamanni,  Frassati, Domenico Savio sono alcuni dei loro nomi più celebri. “Nessuna regione come il Piemonte – affermano Laura Curino e Derai – ha avuto tra il 1811, anno di nascita di San Giuseppe Cafasso, e il 1888, anno in cui morì Don Bosco,  una così elevata concentrazione di vite straordinarie  che scelsero i poveri e si impegnarono al loro servizio in imprese che hanno lasciato un segno nella vita torinese.  Riuscirono con il loro esempio di vita straordinario a colmare un vuoto   presente nella società,  animati da un ardente attivismo rivolto alle categorie sociali più bisognose. A muoversi furono ideali elevati e certezze incrollabile.  I Santi sociali furono, tuttavia, tormentati allo stesso tempo da quelle inquietudini tipiche degli altri uomini,   furono a tratti paradossalmente ribelli e reazionari insieme”.

 

“Risulta piuttosto facile, per questo motivo – prosegue Laura Curino –  cadere nell’agiografia,  proprio perché raccontare il “bene” è sempre un’impresa piuttosto ardua. Raccontare la vita degli uomini costituisce sempre un’impresa difficile, ancor più  se tali uomini sono dei santi. Infatti sussiste sempre un’immensa sproporzione tra la fissità di un volto che si è ormai cristallizzato nell’immaginario collettivo e la mobilità inafferrabile di una vita vissuta. Vera o romanzata che sia la loro esistenza,  contaminata o meno dal potere poetico conferito dalla memoria, torna anche nei sogni il ricordo di un secolo visionario, accompagnato dal senso romantico della sproporzione tra l’individuo e l’orizzonte che lo ha circondato “. Il procedere del lavoro teatrale, assolutamente non ispirato a criteri agiografici,  segue, invece,  uno schema di sette partizioni,  anche se non perfettamente cronologico. Si tratta di sette giornate che tentano di mettere a fuoco i cardini e l’avanzare della creazione, il compiersi,  dapprima solo abbozzato, e poi sistematico dell’ opera dei Santi sociali. I sette giorni echeggiano i sette giorni della Genesi biblica e propongono una visione dell’opera dei Santi in chiave divina, quale una struttura aperta e da compiersi, vale a dire una realtà in continuo divenire. Le sette stazioni suggeriscono anche allo spettatore la riflessione per porsi delle domande sul significato profondo della santità.

 

Mara Martellotta

 

Al teatro Gobetti fino al 7 giugno

Fondazione Teatro Stabile.

Mart- giov  Ore 19.30

Merc- ven- sab  Ore 20.45

Cade dalla bici, muore il ricercatore Tarone

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 L’uomo, direttore di Dipartimento all’Università di Torino, 63 anni, non ce l’ha fatta a superare i postumi del trauma cranico

 

Guido Tarone, ricercatore e considerato un luminare di biologia molecolare,  è morto al Cto per le ferite riportate cadendo dalla bicicletta ieri mattina a Baldissero Torinese. L’uomo, direttore di Dipartimento all’Università di Torino,63 anni, non ce l’ha fatta a superare i postumi del trauma cranico che aveva riportato. I medici del Cto  non hanno potuto fare nulla per tenerlo in vita.

 

(Foto: il Torinese)