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Ban Ki-moon cittadino onorario di Torino

ban ki moonLa città è sede di enti delle Nazioni Unite, come l’Ilo

 

E’ stata ufficialmente conferita la cittadinanza onoraria al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità l’assegnazione dell”onorificenza per l’ “impegno umanitario, civile e istituzionale reso alla Comunità Internazionale, all’Italia ed alla nostra Città”. Torino è sede di enti delle Nazioni Unite, come l’Ilo e Ban Ki-moon si è distinto, si legge nella motivazione, “per l’estremo tentativo, con gli Stati membri, perché fosse resa più efficace l’opera di disarmo e peacekeeping portata avanti dall’Onu per lo scacchiere siriano e perché si trovasse una mediazione democratica e un governo stabile alle terre libiche”. Con il segretario delle Nazioni Unite il legame è consolidato con Torino, dice il documento: “alla luce dell’impegno della Città nel sostenere la cooperazione con le istituzioni internazionali e nel difendere i diritti civili, della pace, del rispetto delle minoranze”.

La festa olimpica costa 215 mila euro. L'opposizione protesta

olimpico arcoSTADIO OLIMPICO BRACIERE

Fratelli d’Italia minaccia di bloccare i lavori attraverso migliaia di emendamenti 

La festa del decennale olimpico, che si terrà dal 26 al 28 febbraio, avrà il costo  di 215 mila euro. E’ il sindaco Piero Fassino a darne notizia in Consiglio comunale. Dalle fondazioni bancarie sono stati ottenuti altri 128 mila euro in sponsorizzazioni. Ma protesta  l’opposizione: Fratelli d’Italia minaccia di bloccare i lavori attraverso migliaia di emendamenti  in Sala rossa. Il capogruppo Maurizio Marrone propone di limitare  i festeggiamenti alla sobrietà, limitandoli all’importo delle sponsorizzazioni: ” La cifra stanziata non è coerente con l’esercizio provvisorio, – afferma Marrone – che limita l’azione amministrativa all’essenzialità. L’autocelebrazione della Città in campagna elettorale è da evitare”.

 
(Foto: il Torinese)

Sicurezza, il controllo del vicinato si estende nel Torinese

bava vicinato

Pioniere è stato il Comune di San Mauro Torinese che ha approvato un anno fa la mozione presentata dal consigliere Ferdinando Raffero

 

Cresce il Controllo del Vicinato nella Città Metropolitana di Torino. Pioniere è stato il Comune di San Mauro Torinese che ha approvato un anno orsono la mozione presentata dal consigliere Ferdinando Raffero, che è anche il referente per la Città Metropolitana stessa. Un impulso particolare si è avuto nelle ultime settimane con il passaggio, proprio in San Mauro da uno a tre gruppi operanti nell’ambito cittadino, frutto del lavoro di semina effettuato dallo stesso Raffero e dai suoi collaboratori. Ma anche nella direzione della cosiddetta “dorsale protettiva” o meglio della creazione di un continuum di centri aderenti sulla direzione della collina Po verso la Valcerrina, il lavoro si sta dimostrando in crescendo. Così a San Raffaele Cimena sono partiti tre nuovi gruppi e l’amministrazione comunale dovrebbe recepire a breve la condivisione del sistema con un’apposita delibera, mentre le medesime condizioni dovrebbero aversi anche a Gassino dove Raffero ha incontrato il sindaco Paolo Cugini, il quale era stato sollecitato recentemente in questa direzione anche dal Movimento 5 Stelle. E nella vicina San Sebastiano da Po una recente serata ha posto le basi per un lavoro di collaborazione con il primo citadino Giuseppe Bava. Sempre nella Città Metropolitana ci sono da segnalare i gruppi costituiti a Givoletto ed a Riva di Pinerolo, mentre nei giorni scorsi un colloquio telefonico tra il sindaco di Chieri, Claudio Martano ed il referente regionale dell’Associazione, Massimo Iaretti, hanno posto le basi per un incontro a breve termine nel quale iniziare un cammino in uno dei principali centri dell’area metropolitana.

 

L'economia parla sempre meno piemontese, in crescita le imprese straniere

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Il presidente di Unioncamere: “Spetta alle istituzioni valorizzare e sostenere questi imprenditori, attraverso politiche mirate di sostegno al credito”

 

Nel  2015 le imprese straniere in Piemonte aumentano in modo significativo.  Sono iscritte nel registro della Camera di Commercio in 40.716, il 4,4% in più rispetto al 2014 e il 10% del totale. In particolare aumentano le aziende nei settori costruzioni, commercio, turismo e attività manifatturiere. I dati provinciali:  Cuneo (+5,6%), Alessandria (+5,3%) e Torino (+4,5%), questi i territori dove si sono registrati i maggiori tassi di crescita. Soddisfatto il Presidente di Unioncamere Piemonte Ferruccio Dardanello, che dichiara all’Ansa:   “L’imprenditoria straniera rappresenta una risorsa preziosa per il nostro territorio, che è cresciuta negli ultimi anni, a dispetto di un calo generalizzato delle imprese registrate in Piemonte. Spetta alle istituzioni valorizzare e sostenere questi imprenditori, attraverso politiche mirate di sostegno al credito. Il Sistema camerale sostiene finanziariamente il Fondo di garanzia per il Microcredito della Regione Piemonte, a supporto dei soggetti non bancabili – come gli immigrati – per aiutarli nelle loro idee”.

 

(Foto: il Torinese)

Seicentomila No

seicentomilaLa resistenza degli Internati militari italiani

 

“Vent’anni di dittatura fascista, alleata del nazismo, sono alla base di tutte queste tragedie che si incrociano e che sono commemorate con il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo. Sono convinto che dobbiamo continuare sulla strada tracciata con il Comitato Resistenza e Costituzione, in questi ultimi decenni, per non far cadere nell’oblio la Memoria e per fare chiarezza quando necessario. Come vicepresidente delegato al Comitato sono fiero di tutto questo”.

 

Con queste parole il vicepresidente del Consiglio regionale, Nino Boeti, ha chiuso la presentazione del volume “Seicentomila NO. La resistenza degli Internati militari italiani”, che si è tenuta presso la Biblioteca Civica “Primo Levi”, alla Circoscrizione 6 della Città di Torino. La presidente della Circoscrizione e consigliera regionale, Nadia Conticelli, aveva aperto l’incontro spiegando quanto fosse “utile per mantenere il filo della Memoria unire le due ricorrenze allo scopo di evitare che fatti del genere possano ripetersi. Oggi parliamo di un’opera realizzata in onore dei soldati italiani che sono stati fedeli al loro Paese”.

 

Prima del dibattito è stata proiettata una versione ridotta del film-documentario “600.000. La resistenza degli internati militari italiani”, realizzato nel 2007 dall’Archivio nazionale cinematografico della Resistenza (Ancr). Secondo quanto spiegato da Corrado Borsa dell’Archivio, il libro è un “unicum con il video” ed è uno dei pochi lavori che siano stati fino ad ora realizzati per contrastare l’oblio dell’epopea degli internati militari italiani.

 

Al dibattito hanno partecipato: Pensiero Acutis, presidente dell’Associazione nazionale ex internati (Anei) di Torino; Alessandra Fioretti consigliera nazionale dell’Anei; Palmiro Gonzato, partigiano presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) di Torino; Paola Olivetti dell’Ancr; Antonio Vatta, presidente della Consulta regionale Piemonte dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd).

 

Dalle toccanti testimonianze è emersa la drammaticità dei fatti storici e l’ingiusto oblio di tante vicende della nostra storia delle quali si dovrebbe fare tesoro per trasmettere i valori di identità, tolleranza, democrazia e libertà alle giovani generazioni, oltre alla consapevolezza del coraggio che tantissimi italiani hanno dimostrato riscattando, almeno moralmente, la sconfitta della Seconda guerra mondiale e il ventennio fascista.

 

Il libro, edito da Kaplan, è stato realizzato con l’appoggio del Consiglio regionale attraverso il Comitato Resistenza e Costituzione e curato da Pier Milanese, Andrea Spinelli e Paolo Favaro per la parte video, Corrado Borsa, Paola Olivetti e Cristian Pecchenino per la ricerca storica e Ferdinando Boccazzi Varotto per la parte multimediale.

 

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Come scegliere lo shampoo: ingredienti da evitare

capelli shampo bellezzawww.dilei.it

 

Tensioattivi, conservanti, coloranti e addensanti dannosi: vi insegniamo a leggere le etichette, riconoscerli e starne alla larga

 

 

Negli ultimi anni è cresciuta moltissimo l’attenzione, da parte dei consumatori ma anche delle case produttrici, nella scelta dello shampoo e dei prodotti per capelli in generale, balsami, maschere e tinture. Non ci si fida più, e giustamente, di pubblicità spesso ingannevoli: l’utente vuole sapere cosa contengono realmente i prodotti che si mettono in testa. La cosa più importante è imparare a leggere l’etichetta. Ovvero la lista degli ingredienti, comunemente denominata INCI (International nomenclature of cosmetic ingredients).

 

 

Intanto, sappiate che l’ordine degli ingredienti corrisponde alla loro quantità nel prodotto. Ai primi posti avremo quindi quelli che sono presenti in dosi maggiori. È li che dobbiamo controllare che non ci siano prodotti pericolosi. Perché anche se ammessi per legge, alcuni ingredienti sono sconsigliabili, per l’uomo e l’ambiente.

 

Prima di andare ad elencare gli ingredienti pericolosi uno ad uno, vi diciamo le due cose fondamentali da fare nella scelta di shampoo e balsamo, e la lista riassuntiva degli ingredienti da evitare, da stampare e tenere sempre con voi.

 

1. Cercare shampoo che non contengano ammonium lauryl sulfate, sodium lauryl sulfate o sodium laureth sulfate, i tensioattivi più diffusi, aggressivi e nocivi (leggi sotto). L’alternativa è cercare shampoo che utilizzano una forma più lieve di detergente come il sodium lauryl sulfoaccetate e il sodium lauryl solfosuccinate. Questi shampoo non fanno tanta schiuma come gli shampoo che contengono Sls o Sles più aggressivi, ma detergono efficacemente i capelli e il cuoio capelluto, senza stressare i vostri capelli.

2. Cercare un balsamo che non contenga dimeticone (leggi sotto). Una delle migliori alternative è trovare un balsamo che utilizzi l’acido 18-methyleicosanoic (18-MEA). Questo è uno dei lipidi con cui i nostri capelli si coprono naturalmente. Quando i nostri capelli crescono, il18-MEA è incorporato in loro e agisce come un isolante naturale che aiuta a bilanciare l’umidità del fusto del capello, aumenta l’integrità del fusto e dona una naturale lucentezza.

INGREDIENTI DA EVITARE NEL VOSTRO SHAMPOO (in ordine alfabetico)

Alcohol (quando è uno dei primi quattro ingredienti della lista)
Ammonium lauryl sulfate
Diethanolamine (Dea)
Dimethicone
Formaldehyde
Lanolin
Mineral oil
Parabens (methylparaben, propylparaben, per esempo)
Petroleum
Polyethelyne glycol (anche chiamato PEG/polyethelyne, o polyoxyethelyne)
Propylene glycol
Sodium chloride
Sodium laureth sulfate
Sodium lauryl sulfate (Sls)
Synthetic colors (spesso FD&C o D&C seguito da un colore e un numero)
Synthetic fragrance o parfum
Triethanolamine (Tea)

E ora andiamo a conoscerli nel dettaglio e a capire perché sono nocivi.

TENSIOATTIVI
Il Sodium Laureth Sulfate è il tensioattivo più diffuso negli shampoo. È molto efficace per togliere lo sporco e fare schiuma, ma è fortemente aggressivo, se non bilanciato con la presenza di betaine. Non è cancerogeno, ma a lungo andare distrugge i capelli, spogliandoli degli oli essenziali di cui hanno bisogno per rimanere in buona salute, indebolendo le proteine e arrestando la crescita dei capelli sani. In pratica i prodotti contenenti Sls hanno un potere di pulizia totale, però rovinano i capelli.
Ammonium lauryl sulfate e Sodium Lauryl Sulfate. Altri detergenti aggressivi che in molti shampoo causano la formazione della schiuma che vediamo spesso negli spot pubblicitari per capelli. L’ideale sarebbe cercare uno shampoo che non contenga questi ingredienti

 

CONSERVANTI
Dmdm hydantoin, imidazolidinyl, diazolidinyl urea. Sono dei conservanti che a contatto con l’acqua rilasciano formaldeide, cancerogena e sensibilizzante. L’eccessiva esposizione alla formaldeide, che si trova in alcuni shampoo, può causare la perdita di alcuni capelli Methylchloroisotiazolinone, methylisotiazolinone. Sono dei conservanti molto tossici per l’ambiente acquatico e irritanti Parabeni. Utilizzati per prolungare la duratura di un prodotto medio per la cura dei capelli, i parabeni come il metilparaben e il propilparaben, sono sostanze chimiche note per la loro natura tossica. I parabeni irritano non solo la pelle, provocando un cattivo aspetto del cuoio capelluto, ma possono anche influenzare l’equilibrio ormonale e provocare la perdita dei capelli.

 

COLORANTI o SYNTHETIC COLOR
I colori artificiali sono ampiamente utilizzati nei prodotti per capelli per scopi estetici. Questi ingredienti spesso appaiono come FD&C o D&C seguiti da un colore e da un numero. I pigmenti colorati possono causare sensibilità alla pelle con irritazione del cuoio capelluto

 

ADDENSANTI
Sodium Chloride
. Meglio conosciuto come sale da tavola, il cloruro di sodio è usato come addensante in shampoo e balsami contenenti sodium lauyil sulfate. Può causare cute secca e prurito, oltre alla perdita di capelli. Inoltre dovrebbe essere evitato dalle persone che stanno utilizzando trattamenti alla cheratina perché annulla il beneficio più velocemente.
Polyethelyne Glycol. Chiamato anche PEG/polyethelyne o Polyoxyethelyne, questo ingrediente è incluso negli shampoo come agente addensante. Spoglia i capelli e la pelle della loro umidità naturale.
Diethanolamine (Dea) e Triethanolamine (Tea). Contribuiscono a conferire cremosità allo shampoo. I prodotti contenenti Dea o Tea possono causare irritazione del cuoio capelluto e reazioni allergiche e anche distruggere tutte le cose buone nei capelli (come la cheratina) rendendo i capelli secchi, fragili e senza vita.

 

ALCOL
Quasi tutti i prodotti per capelli contengono una qualche forma di alcol, che può asciugare i capelli se si trova in alte concentrazioni. State alla larga da shampoo con l’alcool elencato come uno dei primi quattro ingredienti, in quanto ciò significa che ce n’è più del solito nel prodotto.

 

ANTIGELO
Propylene Glycol
. Conosciuto anche come l’antigelo che si usa in auto, il propylene glycol è un ingrediente comune in shampoo e altri prodotti per la cura personale per proteggere il prodotto dal gelo durante il trasporto e lo stoccaggio. Può irritare la pelle, provocando reazioni allergiche e altera la struttura della pelle.

 

PROFUMI
Synthetic Fragrance o Parfum. Questo di solito rappresenta una miscela complessa di decine di sostanze chimiche. In un profumo sono utilizzate circa tremila sostanze chimiche. Molti profumi sono irritanti e possono causare irritazioni al cuoio capelluto.

 

ADDITIVI PER LISCIARE CAPELLI RICCI O CRESPI

Lanolin, Petroleum e Mineral Oil. Questi ingredienti sono ampiamente utilizzati in gel e maschere formulate per capelli ricci e non offrono reali benefici idratanti. In realtà appesantiscono solo i capelli e non permettono che gli oli naturali prodotti dal cuoio capelluto vengano assorbiti dal fusto del capello.
Dimethicone. Il dimeticone è un polimero sintetico e una forma di silicone con due gruppi metilici attaccati (da qui il nome Di -meticone). Di solito è usato come sigillante in prodotti per la pelle e per i capelli per coprire le superfici in modo da sigillare l’umidità e agire come un additivo allisciante e che conferisce consistenza. Si trova in moltissimi balsami liscianti, aticresco. Può causare irritazione alla pelle e al cuoio capelluto, screpolature, eruzioni cutanee, bruciore e prurito. Non permette alla nostra pelle e al cuoio capelluto di respirare, con conseguente aumento di acne e irritazioni ai follicoli dei capelli, causando la perdita dei capelli. Ad oggi, la ricerca sta cercando di capire se è legato all’insorgenza di tumori agli organi interni. Non è ancora stata dimostrata, ma conviene comunque acquistare trucchi, creme, shampi e balsami senza dimeticone.

 

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Gli albergatori: come va il turismo a Torino? Funziona, ma si può fare molto di più

hotel 2<<Ogni volta che un albergatore chiede ai suoi ospiti di raccontare le loro impressioni sulla città, la risposta è sempre la stessa: “Non ci aspettavamo che Torino fosse così bella”. Se il turista parte da una sottovalutazione della città, credo significhi che si è sbagliato qualcosa nella promozione. I nostri turisti devono essere messi nelle condizioni di sapere che, arrivando qui, troveranno una città straordinaria. Non deve essere una sorpresa>>.

 

Intervista di Alberto Vanelli

 

Alessandro Comoletti è il Presidente di Federalberghi Piemonte, la principale associazione di imprenditori del settore turistico-ricettivo piemontese. Lo abbiamo intervistato per conoscere il parere degli albergatori in merito alla costante crescita dell’importanza del turismo culturale a Torino.comoletti alberghi hotel

Domanda: Presidente Comoletti, i dati che raccontano i flussi turistici a Torino sembrano essere molto positivi. Qual è il quadro della situazione, se lo vediamo dal punto di vista degli alberghi? Ci può confermare lo sviluppo e il consolidamento di Torino quale grande meta turistica?

Risposta: Assolutamente sì. Merito del binomio cultura/turismo, su cui l’attuale amministrazione comunale sta insistendo molto seriamente. In questi anni si è avuta una rinascita dell’interesse verso patrimoni di Torino come il Museo Egizio e la Reggia di Venaria. E poi ci sono state delle importantissime mostre, come quella di Monet, che hanno avuto una risonanza nazionale e internazionale, e che non potevano non attirare l’attenzione dei turisti. Accanto a questi eventi, poi, ce ne sono altri che, pur avendo meno risonanza, contribuiscono a rendere la città interessante. Pensiamo al festival musicale che si tiene a giugno, quando le piazze e le vie del centro si riempiono di concerti; oppure a Portici di Carta, un’altra iniziativa molto apprezzata, che colpisce il visitatore. I miei amici milanesi, non a caso, mi dicono che Torino è diventata una città più interessante e stimolante della stessa Milano.

D. Ce lo ha confermato recentemente Vittorio Sgarbi, che in un’intervista al Torinese ha descritto Torino come la città più bella d’Italia. Sicuramente qualcosa è cambiato rispetto ai tempi in cui Torino era soltanto la città della Fiat.

R. È vero, ma bisogna ancora lavorare. Ogni volta che noi albergatori parliamo della città con uno dei nostri ospiti, ci sentiamo ripetere sempre la stessa frase: “Non ci aspettavamo che Torino fosse così bella”. Se il turista parte da una sottovalutazione della città, credo significhi che abbiamo sbagliato qualcosa nella promozione. I nostri turisti devono essere messi nelle condizioni di sapere che, arrivando qui, troveranno una città straordinaria. Non deve essere una sorpresa. Quando vado a New York o a Londra, so già cosa troverò.

po stefania coluccia madreD. Cosa si potrebbe fare, secondo lei, per operare in questa direzione?

R. Tanto per cominciare, le informazioni dovrebbero essere diffuse con maggiore anticipo. Mi limito a una considerazione molto semplice: gli alberghi torinesi ricevono le brossure delle mostre quando queste sono già iniziate. Non ha senso. Torino ha più o meno 25 mila posti letto alberghieri. Se gli albergatori fossero messi nelle condizioni di informare i loro ospiti su ciò che ci sarà fra tre o quattro mesi, la città si garantirebbe una forma efficacissima di pubblicità gratuita. Non si può non tenerne conto, anche in considerazione del fatto che le prenotazioni anticipate di alberghi e aerei consentono ai visitatori di risparmiare moltissimo.

D. In effetti, la carenza di informazione è una delle criticità che abbiamo rilevato nella nostra inchiesta sul turismo. Direi, però, che non si tratta soltanto di migliorare la comunicazione, ma di strutturarla meglio. Non crede sia necessario un organismo, un tavolo, una procedura che consenta ai rappresentanti dei musei, degli eventi culturali e di quelli sportivi di incontrarsi con il mondo del turismo – albergatori, commercianti, ecc. – e magari anche con gli operatori dei trasporti e della mobilità?

R. È un’esigenza che sentiamo anche noi. La comunicazione non si può improvvisare. Non per niente è diventata una disciplina universitaria. Noi di Federalberghi, prima dell’Expo, avevamo proposto di pubblicizzare Torino puntando sulla brevità del percorso tra Porta Susa e il sito della Fiera, ma è stata Bologna a sfruttare un’idea di questo tipo.

D. A questo proposito, cosa pensa del lavoro di Turismo Torino?

R.. Come forse saprà, noi di Federalberghi siamo usciti da Turismo Torino .Anche la Camera di Commercio in un primo momento avevano dato disdetta, rientrando poi in seguito . Da poco Turismo Torino ha fatto avere agli alberghi degli espositori per brossure. La promozione turistica dovrebbe però ingranare la quinta marcia e andare alla velocità della luce, mentre non è ancora così. La mia impressione, è che Turismo Torino debba essere riorganizzata in funzione dell’evoluzione del mondo del turismo. Al suo interno ci sono diverse persone capaci. Ovviamente credo che il successo del nostro turismo sia dovuto in gran parte al buon naso di Fassino e di Braccialarghe.  Però, tutto quello che c’è dietro dovrebbe essere organizzato meglio. La funzione di Turismo Torino penso debba essere tema di profonde riflessioni di tutte le componenti che vivono e programmano questo comparto che poco per volta andrà a colmare vuoti lasciati da altri settori.perna foto mole mongolfiera

D. Accanto alla comunicazione si colloca il tema dell’accessibilità e della semplificazione. Non crede che si dovrebbe investire su un portale internet dedicato a Torino e al Piemonte, che offra al turista tutte le informazioni possibili e gli consenta di organizzarsi il viaggio, prenotando alberghi, musei, guide, ristoranti, eccetera? L’impressione è che su questo fronte si stia facendo poco.

R. Mi permetto di dissentire. Il portale c’è: è Booking Piemonte e fa capo a Regione Piemonte, Confcommercio, Federalberghi Piemonte, Unioncamere Piemonte e Turismo Torino. Chi si collega al sito può prenotare di tutto, dall’albergo al concerto di Elton John a Barolo. Il portale è organizzato come un carrello della spesa.

D. Sarà, ma la mia impressione è che questo strumento, che ho conosciuto ai tempi in cui dirigevo la Reggia di Venaria, sia ancora da perfezionare. Più che come protagonista, Venaria veniva interpellata come cliente. E anche le altre istituzioni culturali non sembrano sentirsi molto coinvolte. Si punta tutto sulla vendita, in particolare di camere d’albergo, mentre gli internauti di oggi tendono a essere conquistati soprattutto dai contenuti e dalla ricchezza di informazioni.

R. Tutto è perfettibile. Per anni, del resto, c’è stato un problema di comunicazione: il portale è poco conosciuto e occorre migliorarne il posizionamento su Google. Ma il turista può trovarci tutto ciò che cerca, dal grande evento alla più piccola fiera di provincia. I bandi regionali prescrivono che tutti gli eventi e le manifestazioni finanziate dalla Regione facciano passare il loro sistema di prenotazioni attraverso il portale. Un primo passo è stato fatto, insomma. Speriamo di poterne fare molti altri.

D. Uno dei temi che le staranno a cuore, in qualità di rappresentante della categoria degli albergatori, è quello della tassa di soggiorno. Come viene speso questo denaro? Non sarebbe auspicabile l’istituzione di un meccanismo di distribuzione razionale, che consenta agli operatori del mondo culturale di rivendicare le quote spettanti, senza doversi ridurre, ogni anno, a elemosinare finanziamenti?

R. La legge che regola il tema della tassa di soggiorno prescrive che gli introiti generati da quell’imposta vadano a integrare, non a sostituire quanto i comuni già danno al turismo. Da cinque anni, noi di Federlberghi chiediamo invano all’assessore Passoni di farci sapere quale sia la destinazione della tassa di soggiorno che viene raccolta nelle nostre strutture. L’assessore Braccialarghe lamenta spesso la carenza di fondi destinati alla cultura. Non vorrei che la tassa di soggiorno servisse semplicemente a ripianare i conti in rosso dell’Assessorato. Quando invece dovrebbe essere un “di più” rispetto alle risorse necessarie al funzionamento del turismo e della cultura.

D. Siete intenzionati a sottoporre questo tema all’attenzione dei candidati alla poltrona di sindaco?

R. Ai candidati vorremmo sottoporre un principio molto semplice. Così come in Italia esiste un ministero dell’agricoltura e uno dell’industria, vorremmo che ci fosse un ministero al turismo. E a livello locale un assessore al turismo. Invece il turismo, nonostante la sua forte incidenza sul PIL nazionale, passa sempre in secondo piano. Lo dicono le stesse denominazioni di ministeri e assessorati, che lo collocano sempre al secondo posto: commercio e turismo, sport e turismo, cultura e turismo.

D. A Torino, però, il rapporto con la cultura è importante.

R. Ma allora parliamo di turismo e cultura, non viceversa. Del resto, occorre tener conto che questo binomio può andar bene per una città. Molto meno a livello regionale – ai laghi, in montagna, nelle colline del vino – dove la cultura rappresenta un paragrafo marginale del capitolo tuirismo.

D. Come vede la politica regionale in campo turistico?

R. Avremmo bisogno di manager che sapessero che cos’è il turismo a livello regionale: bicicletta, sci, escursioni, laghi, enogastronomia, e ovviamente anche cultura. Secondo me, uno dei temi da affrontare con urgenza è quello della montagna. Per quale ragione una persona che abita a Napoli, a Londra o a Parigi, dovrebbe organizzare la sua settimana bianca in Piemonte, e non in Trentino, Slovenia, Austria, Svizzera, dove esiste una vera industria della neve, attrezzata per ogni evenienza? Il Trentino quest’anno ha avuto la stessa carenza di neve del Piemonte, ma tutte le piste erano innevate. Da quelle parti, evidentemente, il turismo montano è più seguito. Prossimamente vedrò l’assessore Parigi. Mi piacerebbe che si cominciasse a pensare a cosa potrà essere il mondo dello sci piemontese fra vent’anni.

D. La presidente dell’ASCOM, Maria Luisa Coppa, ci ha detto che i commercianti sarebbero disponibili ad aiutare la cultura mediante un meccanismo di crowdfunding, un finanziamento collettivo, su base volontaria, che supporterebbe l’organizzazione di eventi, il restauro di opere d’arte, il recupero di monumenti, ecc., quale riconoscimento dei benefici che il commercio trae dalla cultura. Cosa ne dicono gli albergatori? Si può pensare che siano disposti, non a pagare una nuova tassa, ma a offrire un contributo concreto al settore che influisce più direttamente sull’andamento dei loro affari?

R. La  presidente Coppa esprime un principio condivisibile e di puro buon senso. Siamo tutti consapevoli di quanto dobbiamo agli eventi culturali: noi viviamo su questo; non possiamo non essere disponibili a dare una mano. A patto che chi partecipa alla raccolta fondi possa seguire, in ogni momento, l’iter del denaro che viene elargito. Iniziative di questo tipo, del resto, vengono già praticate: una piccola percentuale delle commissioni pagate dagli albergatori a Booking Piemonte viene utilizzata per iniziative sul territorio. E potrà contare sulla partecipazione del mondo alberghiero anche il centro congressi che sorgerà nei prossimi anni a Torino. Non ci tiriamo indietro, insomma, purché i nostri soldi vengano utilizzati in maniera limpida.

D. Con l’esplosione di fenomeni come AirBnB, agriturismi e cene casalinghe a pagamento, i servizi turistici si stanno rapidamente evolvendo. Nascono però degli squilibri, dovuti alla difficoltà di gestire e governare questi processi. Come la vedono gli albergatori? Patiscono questi fenomeni? Li guardano con interesse? Li subiscono?

R. In linea di principio, non siamo contrari. È normale che, come ogni ambito dell’economia, anche il sistema dell’ospitalità tenda a evolversi. Riteniamo, anzi, che alcune nicchie di mercato possano ampliare il sistema ricettivo a vantaggio dell’intera città. Non a caso, la mia organizzazione sta modificando il proprio statuto per consentire l’adesione a Federalberghi anche a chi affitta alloggi. Occorre, però, che tutti i soggetti che operano nel mercato dell’ospitalità vengano sottoposti a una regolamentazione, che tenga conto delle specificità di ognuno, ma che una volta discussa e stabilita, venga fatta rispettare. Proprio in questo momento, stiamo discutendo di queste regole insieme alla Regione Piemonte. Nei nuovi regolamenti verranno inserite delle norme che si adattino alle vecchie locande come alle guest-house, agli alberghi come agli alloggi e alle camere in affitto.

D. Sembra abbiate un atteggiamento molto diverso da quello assunto dai tassisti di fronte a Uber…NEBBIA3

R. Sarà un mio limite, ma sono un liberale. La concorrenza mi piace, è stimolante, ha fatto in modo che Torino sia la città con i prezzi degli alberghi più bassi, e che la qualità della ricettività torinese sia ai primi posti. Del resto, stiamo assistendo a un processo evolutivo che riguarda l’intero pianeta. Non vorremo opporci noi italiani! L’importante è che ci sia una regolamentazione e che venga rispettata. I modi ci sono. Guardi, per esempio, al comune di Firenze, che accordandosi con i vertici di AirBnB ha ottenuto che i turisti versassero la tassa di soggiorno al momento della prenotazione degli alloggi, prima ancora di mettere piede in città. È un primo passo verso la normalizzazione della situazione…

D Non pensa che, per contrastare la nuova concorrenza, gli albergatori dovrebbero cominciare a offrire delle soluzioni analoghe ai bed & breakfast, modernizzando e differenziando la loro offerta?

R Questo in realtà si sta già facendo. Li chiamano Cond-hotel. La legge dà a noi albergatori la possibilità di trasformare fino al 40% della superficie dei nostri alberghi in alloggi residenziali da affittare ai turisti. Inoltre, siamo autorizzati a ricavare fino al 40% del nostro volume d’affari mediante la gestione di alloggi che si trovino nello stesso comune del nostro hotel. Le possibilità ci sono, insomma, e in molti ci stanno già lavorando.

Le letterature arabe ospiti al Lingotto per Librolandia

Il Salone 2016 ha l’ambizione di mettere insieme le voci utili a compilare una sorta di «vocabolario dell’arabo nuovo», che parta da una lettura critica della storia che abbiamo alle spalle

 

salone libro 2016Al posto del Paese ospite d’onore del salone del Libro, l’edizione 2016 propone una nuova formula che offre un focus allargato e traversale su realtà culturali che superano le rigide divisioni degli Stati nazionali. A criteri puramente geopolitici subentrano più ampi criteri geoculturali. La letteratura come patria, come rifugio, come portatrice di diritti, come luogo deputato al dialogo, al confronto con l’altro. Non una semplice vetrina, ma un’occasione di scambio, un comune discorso in progress da opporre alle semplificazioni e ai pregiudizi.

 

 È il caso della letteratura e della cultura araba, che dal Marocco all’Iraq offre un quadro quanto mai mosso e variegato, che ci aiuta a capire l’anima profonda e segreta di Paesi che pur affacciandosi sul nostro stesso mare rimangono poco conosciuti. La letteratura è appunto in grado di fornire quel «più» di conoscenza di cui abbiamo bisogno, di supportare le ricerche storiche, le riflessioni politiche, persino l’agenda delle cose da fare.L’accelerazione che ha subito la storia nel Nord Africa e in Medio Oriente ha coinvolto anche noi, con un impatto la cui forza è stata sino ad oggi sottovalutata. Oggi persino il pubblico più avvertito fatica a decifrare la complessità di storie e civiltà di cui sino a ieri credevamo di poter fare a meno.SALONE 569

 

Il Salone 2016 ha l’ambizione di mettere insieme le voci utili a compilare una sorta di «vocabolario dell’arabo nuovo», che parta da una lettura critica della storia che abbiamo alle spalle. In questo compito Il Salone si avvale della competenza e della passione di un nutrito gruppo di arabisti italiani e internazionali, che fanno capo a Paola Caridi e a Lucia Sorbera dell’Università di Sidney, con il concorso attivo di giovani studiosi torinesi. Grazie a loro potremo avere una miglior conoscenza dell’evoluzione in corso, della persistenza di problemi antichi, e degli apporti innovativi delle nuove generazioni. Le rivolte del 2011, anche se incompiute, hanno portato alla ribalta protagonisti, movimenti, tendenze, richieste che negli anni precedenti erano cresciute nell’ombra di regimi politici islamautoritari e corrotti, affrontando l’emarginazione e l’esilio, ma senza mai rinunciare a mettere a confronto mondi diversi.

 

Hanno già confermato la loro presenza il direttore del Museo del Bardo di Tunisi, Moncef Ben Moussa; il poeta siriano-libanese Adonis, considerato l’autore più significativo della lirica in lingua araba, ma anche lucido osservatore delle derive dell’Islam radicale; il narratore algerino Yasmina Khadra (nome d’arte di Mohamed Moulessehoul), che nel suo ultimo libro ha ricostruito le ultime ore di Gheddafi.

 

(foto: il Torinese)

Morte di Andrea Soldi per Tso, il medico: "Il trattamento si rese necessario"

Andrea era seguito dal Centro salute mentale dell’Asl e veniva tenuto anche conto delle informazioni fornite dal padre di Soldi. Andrea In quel periodo aveva dato segnali di una “acuzie” tipica di quella patologia

soldi andrea

Le cronache tornano a parlare di Andrea Soldi, il 45enne torinese malato di schizofrenia che morì nel mese di agosto durante un ricovero forzato, un Tso che “si rese necessario perché si sperava di convincere il paziente ad aderire alle cure. Ma nonostante il lunghissimo dialogo il consenso non arrivò. Fu quindi inevitabile il trasporto in ospedale”. Così dice all’agenzia Ansa l’avvocato Anna Ronfani, difensore dello psichiatra Pier Carlo Della Porta, uno dei quattro indagati per omicidio colposo. Questi è stato interrogato in procura per più di tre ore, dietro sua richiesta, dal pm Lisa Bergamasco. Ha dichiarato che Andrea era seguito dal Centro salute mentale dell’Asl e veniva tenuto anche conto delle informazioni fornite dal padre di Soldi. Andrea In quel periodo aveva dato segnali di una “acuzie” tipica di quella patologia: di conseguenza la decisione di andare avanti con le cure alle quali però il paziente non collaborò. Lo psichiatra- questa la dichiarazione fatta davanti al pm – con l’aiuto di un infermiere, preparò dei farmaci ma vedendo l’ago per l’iniezione, Soldi si ribellò con l’energia di un uomo della stazza di 120 chili.

Il Manuale Cencelli e le primarie Pd nei quartieri

pdtosettoSTORIE DI CITTA’ /  di Patrizio Tosetto

 

Il Presidente del Consiglio,  in quegli anni sempre democristiano, distribuiva i vari incarichi incontrando i capi corrente Dc. Questi aveva diritto di proposta in relazione al peso politico quantitativo della loro corrente.  Stiamo parlando degli anni 60. Prima Repubblica

 

Il manuale Cencelli definiva un metodo matematico sul valore di importanza di un ministero o di un sottosegretario. Il Presidente del Consiglio,  in quegli anni sempre democristiano, distribuiva i vari incarichi incontrando i capi corrente Dc. Questi aveva diritto di proposta in relazione al peso politico quantitativo della loro corrente.  Stiamo parlando degli anni 60. Prima Repubblica. Cencelli era un onorevole Dc. Con questo metodo cercava di mettere ordine nella fratricida lotta per il potere ogni volta che si formava un governo. Discutibile ma pur sempre un metodo. 

 

Ora, viceversa;  ad esempio sulla scelta dei candidati a presidente di quartiere regna nel pd la confusione. Partiamo dagli iscritti. Ho saputo che a Nichelino sono 600. Mi serve per ipotizzare che a Torino città sono intorno al migliaio. Divisi per gli otto quartieri rimasti,  considerando che Barriera di Milano ne fa 300,  avendo come media oltre 100 per quartiere l’eventuale consultazione non sarebbe un grande problema organizzativo.

 

In tutti i quartieri ci sono almeno due pretendenti che rivendicando l’appartenenza ad una corrente del pd vogliono candidarsi. A complicare le cose arrivano gli ineffabili moderati. Ne vogliono dei sei almeno due. Marco Novello sarebbe al secondo mandato come Claudio Cerrato. E il Pd avendo scelto di fare le Primarie ove non si candidava il Presidente uscente dovrebbe sceglierne 4 su otto. 

 

Borgo  Vittoria è alle prese con lo scandalo dei gettoni di presenza in riunioni inesistenti. Ora anche Piero Fassino dichiara che non bisogna dare per scontata la vittoria. Mi sa che però in questo caso neanche il Manuale Cencelli può essere d’aiuto. Le primarie tra i cittadini sarebbero la scelta giusta, riallacciando il rapporto tra le asfittiche sezioni ed il territorio . Ma per alcuni del Pd è più importante la poltrona che il territorio.