redazione il torinese

Le campane, anima dei nostri paesi

CAMPANE MOMBARUZZOLe campane sono una costante della vita di un paese rurale, da sempre. Segnano le ore, le nascite, i matrimoni, le dipartite, i momenti di gioia e di pericolo. E sono una costante nella traduzione italiana, anche se – talvolta – qualche nuovo residente, proveniente da città metropolitane (soprattutto Milano) diventa promotore di petizioni o, comunque, di iniziative finalizzate a silenziarleEbbe una certa eco in Monferrato negli anni Novanta l’iniziativa del discografico Ricordi, che aveva acquistato una casa a Sala Monferrato e cercò di “zittire” le campane perché lo disturbavano ma vi fu in loco una levata di scudi. Ed altrettanto è avvenuto in tempi più recenti in un comune del Monferrato astigiano dove il vice sindaco, appena eletto, e proveniente da una grande città propose di silenziare le campane, ma dovette fare una retromarcia di fronte ad un’opposizione di tutto il paese. E quanto contino le campane nella società piemontese lo si è visto bene sabato e domenica a Mombaruzzo, centro del Basso Piemonte astigiano, ma in Diocesi di Alessandria e nella circoscrizione del giudice di pace di Acqui Terme, famoso per i suoi pregiati amaretti e per il buon vino delle colline del Basso Piemonte. Qui nel fine settimana si è tenuto il raduno nazionale dei suonatori di campane che ha portato campanari da tutta la Penisola. Ad organizzarlo, d’intesa con la Federazione nazionale suonatori di campane, presieduta dalla veneta Eles Bentofontali, è stata l’Associazione campanari del Monferrato, guidata dal 25enne pasticcere di Mombaruzzo, con la passione per il suono delle campane, Emilio Gallina. Sabato e domenica artisti, perché tali sono, provenienti da Friuli, Bologna, Liguria, Milano, Veneto, Sardegna, Marche hanno offerto, nei vari angoli del paese, concerti che hanno creato a Mombaruzzo un’atmosfera suggestiva, allietata, nella giornata di domenica dalla presenza degli sbandieratori di Astesana. Il tutto all’insegna della cordialità, come ha sottolineato il sindaco Domenico Giovanni Spandonaro.

Massimo Iaretti

Boom di visite alla Venaria che svela il programma estivo

VENARIA1Circa 30mila visitatori hanno visitato la Reggia di Venaria nel ponte del 2 giugno. Da giovedì scorso fino a domenica  sono stati 27.878 i turisti, moltissimi provenienti da fuori Piemonte, che hanno visitato la residenza reale alle porte di Torino. Molto apprezzata la mostra ‘Il mondo di Steve McCurry’, ma anche tutte le proposte culturali  in corso hanno registrato numerosi visitatori. Questa settimana la Venaria svelerà il programma estivo con spettacoli, eventi,  aperture serali e nuove mostre .

Boom dell'auto, in Italia crescono le vendite e Fca aumenta le immatricolazioni del 33%

fiat fcaVanno alla grande le vendite di auto in Italia: nel mese di maggio, dicono i dati del ministero dei Trasporti, sono state immatricolate 187.631 vetture, il 27,29% in più dello stesso mese dell’anno prima. Nei primi cinque mesi 2016 le consegne sono state 875.778, un aumento del 20,5% sull’analogo periodo del 2015. Sempre maggiori  oramai da tempo di quelle del mercato le immatricolazionimarchionne manifesto di Fca: 55.891, pari ad una crescita del 33,32% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La quota del Gruppo sale  dal 28.4 al 29.8%. Nei primi cinque mesi di quest’anno le consegne sono state 255.832, in crescita del 23,8% sull’analogo periodo dell’anno prima  e la quota in aumento dal 28,4 al 29,2%.

 

(Foto: il Torinese)

Incidente stradale, muore il leghista Buonanno

buonanno legaTragica morte per l”europarlamentare della Lega Nord Gianluca Buonanno, 50 anni, conosciuto per il suo iperattivismo e per  le sue originali iniziative. E’ morto nel pomeriggio in un incidente stradale sulla Pedemontana a Gorla Maggiore in provincia di Varese. Buonanno, che  era  anche sindaco di Borgosesia, era a bordo di una vettura che si è scontrata con un altro veicolo. Cordoglio nel mondo politico. Tra gli “avversari” esprime dolore anche la candidata sindaco di Torino, Chiara Appendino, di M5S: “Apprendo adesso dell’incidente ed esprimo il mio cordoglio ai familiari e ai parenti per la prematura e improvvisa scomparsa dell’onorevole Gianluca Buonanno, sindaco ed eurodeputato” . «Per capire davvero chi era Gianluca Buonanno bisognerebbe chiederlo alla sua gente della val Sesia. Schietto interprete della sua terra, sindaco amatissimo e conteso a pieni voti, ovunque si sia candidato, da Serravalle a Varallo, fino a Borgosesia… Un uomo vero, prima che un amministratore e un politico capace di cogliere immediatamente il nocciolo di ogni problema, dalle panchine del suo paese alla politica europea. Di lui ci si poteva sempre fidare. Sono fiera di averlo avuto amico e compagno di tante lotte. Un “pazzo” lucido, che lascia un grande vuoto».Così Gianna Gancia, presidente del gruppo Lega Nord in Consiglio regionale del Piemonte.

Oro, ecco come comportarsi

L’angolo del Private Banker 

di Fabio Ferrarese

oro

ferrareseL’oro, da sempre, viene considerato dalla stragrande maggioranza dei risparmiatori come il bene rifugio per eccellenza nei momenti di forte incertezza per le altre tipologie di investimenti in portafoglio. Così è avvenuto anche durante l’ultima crisi del 2011, quando la valutazione del metallo giallo raggiunse il prezzo di 1.900 USD per oncia, quasi il 50% in più rispetto ai valori attuali.

Nei momenti in cui i listini azionari flettono, oppure quando l’inflazione inizia a galoppare, gli investitori riscoprono questo asset per difendersi nelle fasi di volatilità dei mercati. È successo anche questa volta: in concomitanza con le svalutazioni della moneta cinese le borse internazionali hanno iniziato a scendere e, come potete vedere dal grafico sottostante, da dicembre 2015 questa commodities si è rivalutata di oltre il 20%.

ferrarese grafico

Il 2 maggio 2016 la quotazione ha raggiunto i 1.294,00 USD, il massimo da sedici mesi a questa parte, grazie alla debolezza del dollaro Usa ed alle bassissime quotazioni petrolifere. La domanda che gli investitori ora si pongono è: quale potrà essere la forza e la durata del rialzo in corso e cosa tenere d’occhio per anticiparne i movimenti futuri?

Guardando nuovamente il grafico si può notare come l’attuale fase di rialzo si sia realizzata in tempi molto stretti ed ora sembra che l’oncia sia destinata a prendersi un periodo di pausa. Nonostante i volumi degli scambi abbiano supportato questa rivalutazione in maniera più concreta che in passato e quello che sembra frenare il rally è la mancanza di fondamentali.

Che cosa intendiamo per fondamentali? Quegli elementi che in passato ne hanno generato il rialzo: un’impennata dell’inflazione, un crollo dei listini azionari, un periodo di profonda recessione dell’economie, ecc. In questo momento, per esempio, la spinta potrebbe arrivare da un’accelerazione del processo di normalizzazione dei tassi da parte delle banche Centrali (in particolare della Federal Reserve) oppure da un aumento dell’inflazione.

Gli attuali tassi negativi, incorporati anche dalle nuove emissioni di obbligazioni da parte dei Paesi industrializzati, ha portato assenza di rendimento per i risparmiatori facendo confluire molti di loro sulla scelta di inserire o incrementare nel proprio portafoglio la percentuale investita nel metallo prezioso. Quindi, come prima cosa, bisogna tenere presente l’andamento dei tassi perché questo influenza le scelte di molti investitori prudenti e/o conservatori.

Un secondo consiglio è quello di tenere sempre ben presente la quantità di oro che viene prodotta. Infatti per tutte le materie prime esiste un prezzo di estrazione sotto il quale non conviene andare perché la successiva commercializzazione non risulta poi conveniente. Questo punto di pareggio per il metallo giallo è fissato a 1.000 USD per oncia. Quando il prezzo si è avvicinato a questo valore la produzione si è contratta ed ha esercitato una spinta sul prezzo (più o meno lo stesso scenario che sta coinvolgendo il prezzo del petrolio).

Un terzo elemento da tenere in considerazione sono gli acquisti di oro da parte delle banche centrali. Pensate che queste da sole hanno contribuito per circa un 13% della domanda globale di tale metallo. Bisogna sapere che la quantità d’oro presente nelle casse delle banche centrali si calcola sull’ammontare di valuta estera che ogni Paese detiene. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno nelle proprie casse poca divisa estera e molto oro (oltre 8.000 tonnellate, che corrispondono quasi al 75% delle sue riserve). La Germania ne detiene 3.381 tonnellate, l’Italia 2.451 e la Francia 2.435. La Cina ha accumulato oro soltanto per il 2,2% delle proprie riserve. Tutti i Paesi, che vogliono rafforzare la credibilità delle proprie divise e contestualmente vogliono diversificare la natura delle proprie riserve, per proteggersi dalla volatilità dei mercati, tendono ad aumentarle. Negli ultimi sei anni la Banca Centrale Cinese, per realizzare quanto appena descritto, ha acquistato in media tra le sei e le otto tonnellate d’oro al mese, raddoppiandone le quantità da luglio dello scorso anno. In concomitanza con la caduta della quotazione del petrolio anche la Russia ha aumentato le proprie riserve aurifere mediante acquisti sul mercato. In controtendenza e per stato di necessità si sta muovendo il Venezuela che per far fronte alla crisi petrolifera ha venduto oltre novanta mila tonnellate di oro (25% delle sue riserve) nel corso degli ultimi sedici mesi.

In conclusione, essendo tante le variabili da prendere in esame, è consigliabile avere sempre questo asset in portafoglio per una corretta diversificazione, mentre per decidere quando sovra o sotto pesarlo il consiglio è quello di farsi sempre seguire da un esperto negli investimenti.

Per curiosità ed approfondimenti potete scrivere a fabio.ferrarese@yahoo.it

 

Frutta e verdura "vietate" a Scarmagno

fruttaPoiché “sono stati riscontrati fenomeni di essicamento erba, bruciature e essicamento foglie su alberi, su frutta e ortaggi – si legge nell’avviso del Comune  – è stato richiesto intervento urgente all’Arpa e all’Asl To4 per approfondimenti specifici”. Quindi niente frutta e verdura coltivata nei campi di Scarmagno: è l’appello del sindaco , Pier Luigi Bot Sartor, attraverso l’ ordinanza emanata dopo l’incendio della Darkem, la fabbrica di vernici in cui sono rimaste ferite quattordici persone, tra cui sette vigili del fuoco. Le rilevazioni effettuate dall’Arpa sull’aria sono risultate comunque inferiori ai limiti di rilevabilità.

 

(Foto: il Torinese)

Il Piemonte? Una frana. Sono il 93% (1131 su 1206) i comuni a rischio idrogeologico

po690Ben 1131 su 1206: sono  i comuni piemontesi con zone a rischio frana o alluvione, una quota pari al 93% del totale, con punte fino 99,2% nelle province di Cuneo e Asti. Il triste quadro è tracciato da Ecosistema Rischio, il dossier annuale stilato da Legambiente. Su 301 amministrazioni comunali della nostra regione che hanno risposto alle domande dell’ indagine, il 22% ha dichiarato di svolgere attività di informazione sul rischio idrogeologico e soltanto il 35% di aver svolto esercitazioni per affrontare le emergenze. In Piemonte 245 amministrazioni comunali intervistate, l’81% del campione, hanno comunicato  la presenza di abitazioni in aree a rischio. Infine, 68 comuni, pari al 23%, dichiarano addirittura interi quartieri in zone a rischio e il 49% (per un totale di 148 comuni) segnalano sul proprio territorio attività produttive in aree a rischio idrogeologico.

(Foto: il Torinese)

Turismo e rievocazioni per il Monferrato

ICASORZO FIGURANTIl 4 giugno del 1642 i soldati spagnoli del governatore di Pontestura Gerolamo Britto si recarono a Casorzo (piccolo centro della Provincia di Asti al confine con quella di Alessandria che un anno fa è salito agli onori della cronaca per un servizio della Rai sul fatto che era stato il primo in Piemonte ad adottare il sistema del Controllo del Vicinato) per esigere un oneroso tributo per il loro comandante. Ma non trovarono gli uomini che si erano rifugiati nei boschi nelle vicinanze per sfuggire all’ennesima vessazione. C’erano, però, le donne, i bambini e gli anziani, rifugiati tutti in nel campanile della chiesa. Così gli sgherri del Governatore sfogarono su questi innocenti la loro ira e diedero fuoco al campanile, finendo, come recita il rapporto del previsto Scoffone, edito nel 1880 nella “Miscellanea Monferrina” Minoglio, quelli che cercarono scampo dallfinestre e divennero facile bersaglio per il tiro dei loro archibugi. Si tratta di una tristissima vicenda che è alla base della rievocazione storica che si è svolta sabato 4 giugno, nella chiesa parrocchiale, con il contributo di oltre 50 figuranti (e tre splendidi cavalli neri) del Rione San Silvestro di Asti e dl centro studi Valentina Visconti, il tutto con la regia di Maria Teresa Perosino. Un primo ricordo era stato fatto l’anno passato, di giorno ed all’aperto, ma la seconda edizione della rievocazione ha avuto un effetto davvero notevole, a partire dal ricordo delle famiglie delle vittime fatto dalla narratrice proprio all’inizio della chiesa. Quale sia stato il campanile distrutto non è stato saperlo, visto che si parla di quello della parrocchiale di San Vincenzo o della chiesa di San Giorgio, ma l’eccidio ci fu. L’evento, che ha visto anche la partecipazione di piccolissimi e bravissimi sbandieratori dai tre anni e mezzo ai cinque, è stato molto apprezzato dai partecipanti alla serata, che ha registrato un breve intervento del sindaco di Casorzo Ivana Mussa. Sono intervenuti anche il sindaco di Montemagno, Claudio Gotta ed il consigliere delegato al turismo dell’Unione dei comuni della Valcerrina, Massimo Iaretti che ha commentato come “sia un’esperienza positiva, da ripetere e da replicare sul territorio, anche nella Valcerrina, sia alessandrina, sia astigiana, sia torinese. Le rievocazioni storiche, se costruite bene e con intelligenza, possono essere un elemento di richiamo per un turismo delle città metropolitane, in grado di fare conoscere uno dei circuiti di turismo minore tra i più belli in Italia, qual è il Monferrato, e tra i più suggestivi ed incontaminati in Piemonte, quali sono la collina monferrina e la valle”.

La vivisezione è inutile e crudele

tettamantiTettamanti: “E’ importante la specificità sulla sperimentazione alternativa.”

Durante la conferenza sulla sperimentazione alternativa, organizzata dall’International Animal Protection League a Torino, abbiamo intervistato il dott. Massimo Tettamanti, che si batte da tempo per trovare una ricerca scientifica alternativa a quella animale.

Dottor Tettamanti, come è arrivato a questo punto della sua carriera ad occuparsi di sperimentazione alternativa? Mi sono avvicinato al discorso della sperimentazione animale come attivista per i diritti degli animali, quindi più con il cuore che con la conoscenza scientifica. Poi mi sono laureato in chimica e durante i miei studi ho capito bene che, a mio parere, la strategia migliore per sostituire l’uso degli animali nei laboratori sia quella di proporre dei metodi tecnologicamente avanzati di alto valore scientifico e permettere questo cambiamento culturale e scientifico nella comunità scientifica italiana.

Quanto è importante la sperimentazione alternativa dal punto di vista scientifico? Ritengo che sia importantissima. È passato un secolo dalla nascita della sperimentazione animale: la tecnologia è diventata dominante nella nostra vita e la nostra idea è quella di applicare la tecnologia a metodologie di ricerche tecnologicamente avanzate che non facciano uso di animali, ma, che facciano uso direttamente di materiale umano.

Ci sono sostegni a livello legislativo? Si, ci sono dei sostegni a livello legislativo. Secondo la normativa, in presenza di un metodo alternativo, il ricercatore non può usare l’animale. Il nostro obiettivo è quello di dimostrare l’esistenza di questi metodi alternativi, portandoli all’interno delle università, creando degli assegni di ricerca e delle borse di studio per svilupparle e diffonderle, per convincere la comunità scientifica dell’esistenza di questi metodi. Dopo aver convinto la comunità scientifica, sarà più semplice modificare il tutto a livello legislativo.

Quale potrebbe essere un metodo alternativo? Alcuni dei metodi alternativi che svilupperemo sono le cosiddette “bio banche di tessuti umani”, cioè dei database con dei tessuti umani che normalmente provengono dai resti di operazioni. Questo materiale viene mantenuto vivo in una cultura, non solo singola cellula, singolo tessuto, ma diversi organi messi in comunicazione tra di loro come avviene all’interno del nostro organismo. In questo modo avremo un risultato specifico per l’uomo e per alcuni pazienti con specifiche malattie. Con l’aiuto dei più moderni sistemi informatici si potrà dare una spinta alla ricerca che, al momento, non si riesce a dare con il modello animale, a causa delle differenze tra specie.

Può farmi un esempio di malattia sviluppata nell’essere umano, ma, non presente nell’animale? Ad esempio la sclerosi multipla, tutte le malattie rare, tantissime forme di tumore o malattie cardiovascolari che gli animali non hanno, che però sono le principali cause di morte in Italia, in Europa e nel mondo industrializzato.

Come possiamo curare un essere umano se, nell’animale non si sviluppa la stessa malattia? È questo il problema, l’animale si ammala di malattie diverse e viene mantenuto in condizioni artificiali, e questo rende molto difficile studiare la vera malattia umana. Per questo è importante avere la vera malattia mantenuta attiva e viva e lavorare direttamente su simulatori umani. Dobbiamo direttamente intervenire sull’uomo, sulla specie umana, con la sua malattia specifica, che evolve spontaneamente. Inoltre, nessun individuo è uguale a qualsiasi altro individuo: ci sono alcune patologie che colpiscono solo un determinato individuo, quindi, bisogna studiare il dna, i tessuti e gli organi per capire come evolve la malattia, per poterla curarla.

In conclusione, possiamo sostenere la rilevanza della specificità della sperimentazione alternativa.

Esattamente, perché la ricerca è svolta principalmente su topi e ratti che sono specie molto diverse da quella umana, pertanto, estrapolare il risultato ottenuto sugli animali presuppone un salto che il ricercatore non può conoscere. Questo crea una serie di rallentamenti. Riuscire ad avere materiale umano di alta qualità specifico per l’uomo, potrà velocizzare la ricerca soprattutto per quelle malattie che sono tipiche umane.

Sul grattacielo Sanpaolo il ristorante più alto d'Italia

  • È situato al 35° piano, con vista sulla città e sull’arco alpino per un’esperienza unica di cibo, atmosfera e accoglienza
  • Fa parte di un “sistema gastronomico” che comprende inoltre un lounge bar panoramico al 37° piano e una caffetteria snack al piano terra
  • Completa l’identità di un edificio concepito per condividere con la città innovazione, cultura, arte e intrattenimento

grattacielo notte

A Torino è stato presentato oggi Piano35, il ristorante “più alto” d’Italia, concepito e ospitato da Intesa Sanpaolo presso il proprio grattacielo nel capoluogo piemontese. Il gruppo bancario vuole raggiungere nel campo della ristorazione i riconoscimenti ottenuti dalla torre in cristallo e acciaio bianco – progettata dallo studio Renzo Piano RPBW – in campo architettonico: un segno di innovazione e di apertura alla città nel solco di una tradizione d’eccellenza. Una cucina trasversale e di qualità accompagnerà l’esperienza unica di trovarsi quasi alla stessa altezza della Mole Antonelliana, in un edificio completamente trasparente, circondati da una bioserra di essenze esotiche e mediterranee, con vista a 360° gradi su Torino e sull’arco alpino. Interprete del progetto gastronomico, messo a punto dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, è lo chef Ivan Milani, affiancato dal maître Adalberto Robbio e da uno staff di 34 persone. La gestione è di Affida, Gruppo CIR food, newco specializzata nell’alta ristorazione. Oltre al ristorante gourmet Piano35, il “sistema gastronomico” realizzato da Intesa Sanpaolo nel grattacielo prevede un raffinato lounge bar al 37° piano, teatro delle creazioni del bartender Mirko Turconi e la caffetteria snack Chiccotosto a piano terra, a sud della torre. Il ristorante aprirà al pubblico il 28 giugno, il lounge bar il 15 giugno, mentre già nelle prossime settimane si potrà accedere alla caffetteria snack. L’intento è assicurare in tutti e tre i luoghi un’esperienza di cibo e di accoglienza di qualità elevata. Lo chef sarà quindi anche supervisore dell’offerta del lounge bar, della caffetteria snack, nonché del servizio di catering disponibile per gli eventi in programma nell’auditorium del grattacielo. Piano35 conta 60 coperti e sarà aperto dal lunedì al sabato per il pranzo e per la cena. La carta dei piatti attinge dalle nobili materie prime del territorio, dal pescato, dai prodotti delle migliori cucine del mondo, inoltre fa uso di cibi selvatici (erbe spontanee, radici, muschi, licheni, ecc.) presenti nei nostrigrattacielo sanpaolo ecosistemi selezionati in collaborazione con Wood*ing – wild food lab. Sono previsti tre menu degustazione e una proposta “leggera” disponibile solo a pranzo. La cantina è composta da circa 300 etichette. Ivan Milani esordirà con alcuni dei piatti che lo hanno fatto emergere tra i cuochi di rango della cucina italiana, come “Il tempo delle uova d’oro”, dedicato alla moglie, intanto sta già elaborando nuove proposte ispirate al grattacielo. Una particolare attenzione è stata posta nella selezione e preparazione del personale di sala: tutti giovani capaci di raccontare anche in altre lingue la particolarità del luogo e dell’offerta enogastronomica. L’ambiente è di un’eleganza essenziale e l’atmosfera giocata sulla trasparenza delle pareti: tavoli tondi e quadrati, poltrone color avorio, apparecchiature sobrie create su disegno di artigiani locali. L’ingresso a piano terra è da corso Inghilterra 3, attraverso una scala mobile si raggiunge il desk di accoglienza e da qui, in meno di 30 secondi d’ascensore, la cima della torre. Per informazioni e aggiornamenti sull’apertura al pubblico è disponibile il sito www.piano35.com. Durante la conferenza stampa di presentazione è stato infine “alzato il velo” sul logo del ristorante: una forma stilizzata che richiama il pulsante di prenotazione dell’ascensore con due posate al centro, ideato dallo Studio Migliore + Servetto Architects. Un nome semplice, Piano35, abbinato a un logo lineare che racchiude gli elementi principali del ristorante: la posizione, la vista eccezionale e l’alta gastronomia. Il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro ha dichiarato: “Abbiamo la fortuna di poter pensare al cibo in termini di bellezza, cultura e sapienza. Bellezza perché mangiamo prima di tutto con gli occhi e noi abbiamo pensato a un ristorante e un lounge bar posizionati in un luogo dal quale, oltre a poter ammirare la bellezza di Torino dall’alto, si gode di un panorama mozzafiato dell’arco alpino, dal Monviso al Monte Rosa. Cultura e sapienza perché in cucina, per creare qualcosa di nuovo, bisogna saper mescolare i sapori di territori diversi e il grattacielo è il simbolo di un gruppo che ha saputo mescolare esperienze locali per diventare la prima banca nazionale e una delle prime in Europa”. Per Enrico Salza, presidente di Intesa Sanpaolo Highline: “Il grattacielo Intesa Sanpaolo è nato sotto una buona stella nel 2006, quando disegnammo il progetto originario. Oggi, a distanza di dieci anni, possiamo ospitare la città e i suoi visitatori al tavolo del ristorante ‘più alto’ d’Italia. Festeggiamo un luogo di bellezza straordinaria, la prosperità di Torino, i molti talenti nati in questa città e i futuri talenti che questa città saprà attrarre”. Per Vittorio Meloni, direttore Relazioni Esterne del Gruppo Intesa Sanpaolo: “Il ‘sistema gastronomico’ è un altro importante contenuto che amplia e arricchisce l’idea originaria di fare del grattacielo un luogo non solo di lavoro, ma anche di offerta di qualità per il tempo libero. Già dalla stagione in corso l’auditorium della torre si è animato di eventi e proposte che hanno puntualmente registrato il tutto esaurito. D’ora in poi sarà possibile sfruttare anche lo spazio espositivo al 36° piano. Oggi siamo quigrattacielo sanpaolo2 per confermare il proposito di fare del grattacielo sempre più un protagonista della comunicazione e dell’identità del nostro gruppo”. Il delegato alla ricerca di Ateneo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Michele Fino, estensore del progetto preliminare del ‘sistema gastronomico’ del grattacielo, ha dichiarato: “Il grattacielo Intesa Sanpaolo rappresenta per Pollenzo l’occasione di far convergere in un luogo unico istanze e temi della gastronomia contemporanea, altrimenti difficilmente riuniti: coerenza di filosofia all’interno di spazi e modalità di consumo diversi; materie prime di eccellenza nella grande ristorazione come nelle occasioni di consumo quotidiano in caffetteria; professionalità straordinarie con modalità di servizio smart all’interno di una location iconica per la città; progettazione nel segno della riduzione dell’impatto energetico e dell’essenzialità, con il fine ultimo di minimizzare tutti gli sprechi. ‘Piano35’ si candida dunque ad essere un benchmark sotto molti punti di vista, il che riflette perfettamente l’olismo che impronta l’attività dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche”. La presidente di CIR food Chiara Nasi ha dichiarato: “È con entusiasmo che abbiamo scelto di collaborare a questo importante progetto e gestire un ‘sistema gastronomico’ all’interno di questa prestigiosa realtà. Portando il collettivo della nostra esperienza imprenditoriale, ovvero quello di un grande gruppo di ristorazione organizzata, coniugandolo all’individualità creativa di un grande chef e della sua brigata”. Lo chef Ivan Milani ha detto: “Sono consapevole di essere di fronte a una sfida che non è solo gastronomica, ma so di poter contare su una brigata con la quale lavorare in grande sintonia, amalgamando professionalità, leggerezza e creatività, affiancati da una squadra di persone che ci supporterà anche dietro le quinte. Il nostro desiderio è far vivere al pubblico un’esperienza unica, affinché uscendo da qui possa ricordare quello che ha gustato, ma anche come è stato accolto e come si è sentito”.

(foto: il Torinese)