Franco e Gianni di 82 e 79 anni saranno i primi torinesi ad essere “uniti civilmente”, dopo una convivenza di più di 50 anni. L’unione civile verrà celebrata sabato mattina nella sala matrimoni del Comune dallla sindaca Chiara Appendino, coadiuvata dalla senatrice Pd, Magda Zanoni, da sempre molto attenta alle tematiche dei diritti.
Il “Macallè”, l’uomo dei boschi
Il “Macallè”, cioè Vanni Tagliaboschi, ha ereditato da suo padre – il “Negus” – una carbonaia in una valletta laterale della Vidabbia, poco sotto la vetta del Mottarone. Di carnagione scura , sembra un abissino nella stessa misura in cui l’aveva incarnato anche il padre, pure lui “nègar” anche se era originario di Sovazza. “Cosa volete farci, amici miei. Ho la pelle di mogano come un jazzista di New Orleans”, dice spesso il Vanni, con fine ironia, per motivare il colore ambrato, dovuto anche al fatto che la fuliggine gli è penetrata in ogni poro della pelle. Vestito con l’immancabile “toni”, la tuta blu da operaio, con tanto di “pettorina” e bretelle, passa una buona parte delle sue giornate a caricare il motocarro con i sacchi di juta zeppi di carbone. Le rimanenti le occupa a tagliar legna nei boschi. Una buona parte del carbone che commercia, ci tiene a farlo sapere, è “autarchico“, di “produzione propria“. “Roba di qualità, che la “brùsa” senza sprechi ed accidenti“, dice con tono fermo e convinto. Con i suoi due cugini , Pietro e Paolo, manda avanti l’attività della ditta con dedizione e professionalità. I due, detti i “santi” in ragione del nome e del carattere accomodante e disponibile, erano dei lavoratori instancabili. Da quando li conosco non li ho mai visti con le mani in
mano, eccetto quelle rare volte che s’incontrano al circolo, la domenica pomeriggio, a farsi una briscola ed un “mezzino”. Ci danno l’anima, nel lavoro, nonostante la menomazione di Pietro che fatica di brutto a “caricare” il braccio destro dal giorno in cui gli è rovinata addosso la catasta della legna. Il fatto risale, più o meno, ad un paio d’anni fa e la colpa era tutta da addebitare al “Morello”, il mulo di Giacinto Guerla. Nell’ampia aia del suo cascinale, in Tranquilla, all’estremo nord di Oltrefiume, dove il “Macallè” accatastava i tronchi tagliati nei boschi che scendevano dalla Vidabbia all’alpe Scerèa e da lì fino alla vecchia casa del Salvatore, erano appena state scaricare alcune centinaia di quintali di rovere. La “pigna” era provvisoria, in attesa che – da lì a poco – i due cugini prelevassero un tronco alla volta per tagliarlo a pezzi con la sega circolare. L’attrezzo, rigorosamente fatto in casa, utilizzando un motore di una vecchia “Vespa” Piaggio 150 che forniva la forza motrice alla lama della sega, andava usato con grande cautela. L’Angelino “due dita“, che aveva lavorato per una decina d’anni con il padre di Vanni, ne sapeva qualcosa, essendosi “affettato” ben tre dita a causa della distrazione di un attimo. Il Guerla, che faceva l’allevatore in una cascina poco distante, era venuto lì per comprare un po’ di legna. Il suo “Morello”, pur essendo un mulo e come tale destinato a portar pesi, non era dell’idea di caricarsi quella legna sul basto. Si mise a tirar calci all’impazzata. Nonostante i tentativi di imbrigliarla , la bestia menava zoccolate a destra e manca. Fu così che la catasta, colpita dal mulo, rotolò addosso al povero Pietro che si fratturò una spalla oltre a “gibollarsi” tutto. A dispetto dell’essere un “santo” e del suo carattere si sfogò a male parola, chiamando in causa con l’ira di una furia tutti gli abitanti del paradiso. Comunque, incidenti a parte, quell’attività il Vanni ed i due cugini la mandavano avanti e non avevano nessuna intenzione di smettere. Ho notato, però, che con il passare del tempo, mi parla della vita dei boscaioli con un velo di tristezza. Come se, invecchiando, i ricordi – anche quelli più duri e aspri – s’addolcissero. Lasciando nelle parole una traccia di nostalgia. “ La nostra vita era sacrificata perché quello del boscaiolo era un mestiere duro. Ben più duro di com’è oggi . Il taglio dei boschi si faceva in autunno o in primavera. Sceglievamo sul posto gli alberi di alto fusto che, una volta tagliati, li portavamo a valle in spalla o trascinandoli sul sentiero con una corda legata ad un cugn da fèr, un cuneo di ferro piantato nel tronco. Quand’eravamo fortunati si poteva usare il palorcio, il filo a sbalzo: una piccola teleferica che faceva scivolare a valle il carico di legna“. Una volta preso l’abbrivio , il “Macallè” lascia correre la memoria come un fiume in piena. “Da noi ci chiamavano buscarò, in ossola e nei boschi della Val Grande “buratt”. Noi borradori, tagliatori di borre – che è la parte più pregiata del tronco, quella dritta, che serve per il legname da opera, siamo
gente a cui il lavoro non ha mai fatto schifo e la fatica non ci spaventa. Polenta e latte al mattino, minestra e una trincata dal fiasco di rosso alla sera. La “benzina” per i muscoli stava tutta lì, in quegli anni di fame e miseria. Ai tempi dei grandi tagli s’andava per squadre di una ventina di boscaioli ed un paio di “bocia”, cioè i ragazzini chedovevano svolgere lavoretti e piccole commissioni, come fare la spesa o portare gli attrezzi più leggeri. Ad ognuno di noi , se il taglio era a contratto, toccava tagliare più o meno un centinaio di metri quadri di bosco e ci davano un tanto per ogni metro quadrato tagliato. Pensa che i più bravi, in una stagione, riuscivano a lavorare fino a 1.000 quintalidi legname“. Dopo essersi bagnato la gola con un fiato di Sizzano, il “rosso” che preferiva, mi fa vedere gli attrezzi che tiene nel capanno. L’accetta e la scure, la roncola, la sega (resiga), la piccola zappa (sapìn), il trentìn, enorme sega lunga cerca due metri. I grandi “tagli” in Val Grande – tra Verbano e Ossola, oggi Parco nazionale, a tutela di quest’area “wilderness”, la più estesa dell’Europa occidentale – nella prima metà del ‘900, produssero un pesantissimo disboscamento per il quale fu addirittura costruita una “decauville”, una linea ferroviaria a scartamento ridotto di 4 km nel cuore della valle che vedeva, poco oltre la confluenza del Rio Caulì, un ponte sospeso – lungo 62 metri ed alto 22 – sul fiume, sul quale transitavano carrelli e vagoncini che trasportavano le “borre”. “Ma i tronchi si trasportavano anche grazie alle “cioende” “, aggiunge Vanni. “ Adesso non se ne trovano più ma erano degli scivoli di tronchi livellati, una sorta di “viadotti di legno”, a tratti pensili, in cui i tronchi erano fatti scendere in inverno, quando per l’occasione il “percorso” era inondato d’acqua e neve che, gelando, facilitava lo scorrimento del legname. Lungo la cioenda c’erano dei boscaioli come me, impegnati nel pericoloso compito di disincagliare i tronchi nei punti morti del tracciato. Guarda qua, leggi“. E mi mette sotto il naso un testo di Don Tullio Bertamini. Leggo: “ Le cioende si svilupparono nel secolo XIX fino ad essere delle vere meraviglie di abilità ed ingegnosità. Ne furono costruite lungo quasi tutte le valli. Quella che da Macugnaga giungeva a Ceppomorelli rimase in funzione una ventina d’anni. Un’altra cioenda restò in funzione per lunghi anni attorno al 1880 lungo la Val Cairasca partendo dall’alpe Veglia e scendendo fino a Varzo, allorchè furono fatti i grandi tagli di quell’alpe. Un’altra scendeva dalla Colmine fra le varie frazioni di Varzo ed era in funzione ancora nel primo decennio di questo secolo. Pochissimi ricordano la cioenda che scendeva dalla Val Bognanco”.Ogni volta che capitavo sotto le grinfie del “Macallè” era una lezione di storia del bosco o dei boscaioli. Ma, oggi, in vena di confidenze, mi ha parlato del “Babbo”. Piccolo, secco come il manico di una scopa, irascibile e pronto alla battuta come tutti i toscani ( era di Pistoia), faceva il “mestiere” con il papà del Vanni. Non riusciva a stare senza fumare al punto che, per una disattenzione, un giorno rischiò di mandare in cenere il capannone. Buttò via una cicca ancora accesa su di un mucchietto di segatura bella asciutta che, con una vampata, prese fuoco. Tra le fiamme il “Babbo” saltava quasi fosse stato morso da una tarantola. Si dimenava come un matto, urlando e imprecando. Padre e figlio, i due “abissini”, con coperte umide e secchiate d’acqua, avevano sudato sette camicie per soffocare l’incendio. Ma si rifecero quando, per scherzo, mischiarono il tabacco con la polvere da sparo, pigiando entrambi ben bene nella pipa del vecchietto. Appena avvicinò lo zolfanello al tabacco, tirando la pipa, una fiammata tremenda gli bruciò il ciuffo di capelli e le sopracciglia, lasciandolo inebetito ne con la faccia nera. Le parole che pronunciò si farebbe peccato mortale a scriverle e persino a sfiorarle col pensiero. Nel raccontare la storia, Vanni ride a crepapelle e mi appioppa delle manate sulle spalle. Non proprio carezze, sapete. Del resto le sue, sono mani da boscaiolo.
Marco Travaglini
Il nuovo presidente della Fondazione per il Libro, l’ente promotore del Salone Internazionale del Libro di Torino è l’ex ministro della Cultura, Massimo Bray Lo ha deciso il Consiglio di Indirizzo dell’ente riunito nel Palazzo della Regione Piemonte. “Sono onorato. Mi ha colpito l’ampio progetto culturale e ho dato la mia disponibilità a completare il disegno di questo Salone”, dice Bray all’Ansa. Il direttore della Fondazione – si parla dello scrittore Giuseppe Culicchia – verrà invece scelto il 23 agosto in modo congiunto da presidente e soci da una rosa di nomi. Direttore artistico e amministrativo saranno due figure diverse. Il Salone del Libro non “espatrierà” a Milano: “il Salone Internazionale del Libro si farà a Torino nelle date già annunciate”. Lo ha affermato l’assessore alla Cultura del Comune di Torino, Francesca Leon, nella seduta ‘live’ della Giunta comunale su Facebook. “La Fondazione e tutti gli enti coinvolti sono già al lavoro per preparare un trentesimo Salone innovativo, che avrà al centro editori e lettori in un evento che coinvolgerà l’intera città e sarà esempio a livello nazionale”.
(Foto: il Torinese)
Cuochi cubani a Palazzo Lascaris
Una delegazione di dieci cuochi provenienti da Cuba è stata ricevuta dalla vicepresidente Daniela Ruffino
L’iniziativa, promossa dall’Associazione cuochi di Torino e Provincia, ha lo scopo di accompagnare gli chef in un percorso formativo sulla cultura culinaria locale.
“Far conoscere il Piemonte e i suoi prodotti tipici nel resto del mondo – ha sottolineato Ruffino – è un modo per diffondere la cultura del territorio oltre i nostri confini, riscoprendo quei legami che, da secoli, accomunano i popoli latini”.
“Non sempre all’estero – ha evidenziato Lamberto Guerrer, presidente dell’Associazione – è facile trovare i sapori e i profumi tipici del Piemonte e, in generale, della cucina mediterranea. Il tirocinio di specializzazione fornisce nozioni tecniche e teoriche per creare piatti che si avvicinino il più possibile a quelli nostrani, tenendo conto che alcune materie prime sono difficilmente reperibili a Cuba”. Ruffino ha infine rilevato l’importanza degli scambi culturali e commerciali a Cuba, dove risiedono anche numerosi piemontesi.
I cuochi che hanno partecipato all’incontro sono: Alberto Endrickson, Alcadio Osmar Castro Pacheco, Walter Rodriguez Suarez, Pedro Rafael Mesa Martinez, Eric Horta De La Paz, Manuel Hiran Portuondo Hereida, Gorkis Gainza Arroyo, Rolando Sierra Ramirez, Luis Raul Salgado Fernandez, Josè Andres Helguera Pons.
Daniela Roselli – www.cr.piemonte.it
La riunione della Giunta comunale di oggi è proseguita – in perfetto stile pentastellato, e come promesso durante la campagna elettorale – con una diretta Facebook. I lavori della Giunta si interromperanno ora due settimane per riprendere martedì 23 agosto con all’ordine del giorno il dossier per accedere ai fondi statali da investire nella riqualificazione dei quartieri periferici della città. “Si tratta di fondi che saranno utilizzati in particolare per interventi nell’ambito di mobilità sostenibile, attività educative e culturali, viabilità, arredo urbano, servizi a sostegno dell’inclusione sociale e welfare, scuole e impianti sportivi”, informa l’amministrazione.
Tra le diverse decisioni assunte nella seduta di oggi – in vista dell’imminente ripresa delle lezioni a settembre da parte degli alunni di materne, elementari e medie inferiori – vi è stata l’approvazione dell’annuale piano di utilizzo degli edifici scolastici in città. Sempre sul tema istruzione è stato approvato, su proposta dell’assessora Federica Patti, il progetto esecutivo – finanziato con un contributo ministeriale nell’ambito del “Piano Città”- per dare corso alla manutenzione dell’edificio dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci, in via Abeti, 13.
E’ stato approvato anche il progetto di fattibilità tecnica per procedere al restauro degli apparati decorativi interni della chiesa juvarriana di Santa Croce, in piazza Carlo Emanuele II. Si tratta della prosecuzione di un intervento conservativo iniziato negli anni passati. L’edificio religioso – una delle più belle chiese barocche di Torino – è di proprietà della Città e sottoposto a vincolo dalla Soprintendenza ai Beni architettonici sin dal 1910 per la particolare valenza storica artistica. La delibera di oggi illustra i lavori del II lotto, resi possibili dal contributo della Compagnia di San Paolo (rientrante nel progetto Art-Bonus). Il progetto riguarda il restauro interno della cupola, del tamburo e della lanterna, oltre alcuni interventi relativi all’impianto di illuminazione e alla sistemazione di serramenti.
Infine, introdotto dalla sindaca Chiara Appendino, il primo appuntamento via Facebook della Giunta (previsto uno al mese) ha visto interloquire i diversi assessori sui temi di più stringente attualità. I responsabili delle politiche amministrative hanno risposto a precisi quesiti formulati on line dai cittadini: dall’urbanistica alla viabilità, dalla cultura alla scuola, dallo sviluppo economico al commercio, dall’impatto delle nuove tecnologie all’ambiente.
“Grazie a TUTTI per aver partecipato al primo#ChiediAllaGiunta facendo domande, segnalando problemi o anche solo incoraggiandoci e ascoltando le nostre risposte. Anche questi sono importanti momenti di confronto e contatto con i cittadini, in attesa di incontrarci regolarmente a Palazzo Civico a partire da settembre, come promesso”. Così la sindaca in un post su Facebook dopo la diretta.
(Foto: il Torinese)
Siamo esterefatti e anche un po’ arrabbiati nel leggere il programma di governo per la città di Torino 2016-2021 – in discussione nel nuovo Consiglio Comunale – in particolare per quanto riguarda i temi del Welfare, del disagio sociale e della povertà, ovvero quei temi le cui mancate risposte da parte dell’amministrazione comunale precedente hanno segnato profondamente il risultato elettorale alle ultime elezioni amministrative. A leggere questo programma, del tutto indistinguibile da qualsiasi programma di centrodestra o centrosinistra, siamo punto a capo, ne più ne meno come prima, in assenza di risposte minimamente significative in grado di garantire diritti di cittadinanza sociale fondamentali. Nessuna misura di equità sociale, nessuna menzione a politiche di uguaglianza, nessuna affermazione dei diritti universali, del diritto al lavoro, alla casa, ai mezzi di sussistenza, nessun piano per la sicurezza sociale. Ed ancora, nessuna idea di giustizia distributiva tramite la leva fiscale, dei servizi pubblici, l’esigibilità dei diritti sociali e tutti quegli interventi che funzionano da “salario indiretto”. Prevale un approccio general generico, l’idea di interventi residuali, fondati sul buon cuore del volontariato o su palliativi (il baratto amministrativo, la banca del tempo) non certo sull’assunzione di ruolo e responsabilità da parte dell’amministrazione pubblica. In alcuni casi – nel caso di occupazione di edifici da parte di migranti – si parla addirittura di interventi di ordine pubblico. Lasciatelo dire: non c’è molta differenza tra le politiche di Cota, di Fassino e quelle delineate da Appendino. Sono tutte politiche iscritte nell’orizzonte liberista, sul valore primario dell’impresa e del mercato. Davvero si parte male, molto male. Su questa strada non c’è alcuna possibilità di combattere e vincere le diverse forme di povertà, precarietà, degrado che hanno caratterizzato negli ultimi anni la città di Torino. Come Rifondazione Comunista, unitamente a “Torino in Comune – La Sinistra”, continueremo a batterci dalla parte delle classi sociali meno abbienti, delle fasce sociali più deboli, per interventi che rispondano nei fatti alle molte domande di giustizia e equità sociale.
Ezio Locatelli
Rifondazione Comunista
Operazione antidroga delle fiamme gialle a Porta Susa
Operazione della guardia di finanza, controlli a tappeto con l’aiuto di unità cinofile, alla stazione di Torino Porta Susa. Sequestrati oltre 40 grammi tra marijuana, hashish, cocaina ed ecstasy e cinque spinelli già confezionati. Due denunciati e altri quindici segnalati alla Prefettura come assuntori di sostanze stupefacenti. I controlli sono scattati anche in seguito alle segnalazioni arrivate al 117 e sono stati intensificati dopo i recenti episodi di terrorismo accaduti in Francia. Sono state identificate dall’inizio dei controlli ad oggi oltre 400 persone e sei soggetti arrestati, una quindicina i denunciati e oltre cento le persone segnalate quali assuntori di sostanze stupefacenti.
(foto: il Torinese)
A partire dal prossimo autunno dovranno obliterare i biglietti anche gli abbonati al servizio di trasporto pubblico di Gtt , così come avviene già ora per la metropolitana. La multa? 3 euro L’intento è quello di evitare le furbate di chi non possiede il titolo di viaggio o non regolarizza a bordo la propria posizione, Il Comune vuole la timbratura obbligatoria per gli abbonati anche per poter fare un’analisi delle linee più frequentate, per
rivedere la mappa dei trasporti urbani. Nel corso dell’ultimo anno Gtt ha inasprito le verifiche sui passeggeri con 3.324.000 controlli e ben 113.220 sanzioni. Di queste 20.443 sono state effettuate a bordo del 4, segue poi la linea 18 con 6.890 contravvenzioni e la linea 9 con 6.693 multe. I cosiddetti “portoghesi” si trovano anche ci sono anche sul bus 2, con 6.641 contravvenzioni, e sul tram 3, con 5.527 verbali, Nel programma della nuova Giunta è previsto il «rilancio del Trasporto pubblico con una razionalizzazione della rete Gtt basata su linee di forza esercitate con tram e su nodi di interscambio e intermodalità ai margini dell’area cittadina». Si prevede che la sanzione per chi salta il “bip” possa ammontare a 3 euro.
(foto: il Torinese)
Rifugiati o richiedenti asilo sul campo di rugby
Quest’anno per la squadra de Le Tre Rose composta da giocatori in larga parte rifugiati o richiedenti asilo, non ci dovrebbero essere problemi. La Federazione italiana rugby ha derogato rispetto al regolamento federale – che prevede, per il campionato di serie C, l’utilizzo minimo di 21 giocatori di formazione italiana sui 22 nella lista gara – per consentire al club piemontese di prendere parte al campionato schierando 22 atleti rifugiati richiedenti asilo in Italia. L’attività sportiva, infatti, è stata inserita tra quelle prioritarie per favorire l’integrazione (ed in questo la squadra interrazziale della società presieduta da Paolo Pensa è stata un precursore) dal programma di inserimento dei richiedenti asilo e rifugiati. “La Fir – come sottolinea in un comunicato – vuole dare un segno concreto di attiva collaborazione al processo di accoglienza ed integrazione dei rifugiati, dimostrando come il rugby sia in grado di generare socialità in diversi ambiti”. Intatno, sempre sul territorio monferrino, ma in Valcerrina, il presidente Paolo Pensa ed i suoi collaboratori stanno valutando con le amministrazioni locali un altro esperimento di compagine connotata come quella del rugby. Lo sport, però, questa volta, è il cricket, di origine anglo sassone ma diffuso moltissimo nei Paesi dell’Asia, come India, Pakistan o Afghanistan.
Massimo Iaretti
Sempre in crescita i passeggeri all’aeroporto di Caselle: sono stati il 7,1% in più nei primi sette mesi del 2016. Luglio boom con 364.501 passaggi e una crescita del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, ovvero il nuovo record mensile nella storia dello scalo torinese e il 31esimo mese consecutivo di crescita. L’aumento maggiore (+11,7%) è dato dai voli di linea internazionali, grazie ai nuovi collegamenti come Atene, Minorca, Palma di Maiorca e Alghero con Blue Air, Corfù, Skiathos, Cagliari e Lampedusa con Volontea, Ibiza con Ryanair. Novità anche per l’autunno con i nuovi voli annunciati per Pescara e Napoli, operati dal 3 ottobre da Blue Air, e la nuova rotta per Lussemburgo con Luxair dal 7 novembre.
(foto: il Torinese)