redazione il torinese

L’arte africana alla Casa Museo del Conte Verde di Rivoli

Bruno Albertino, con Anna Alberghina collezionista e studioso di arte africana, ci parla di questo mondo misterioso e affascinante

 

Come già scriveva un secolo fa (nel 1915) lo storico dell’arte Carl Einstein, ancora oggi è valida l’osservazione secondo cui “a nessuna arte l’uomo europeo s’accosta con altrettanta diffidenza come all’arte africana. La sua prima reazione è di negare che si tratti d’arte.

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Tale distanza e i pregiudizi che ne derivano rendono difficile ogni giudizio estetico, anzi lo rendono impossibile, in quanto un tale giudizio presuppone in primo luogo un processo di avvicinamento”. E’ proprio grazie al collezionismo se, soprattutto in questi ultimi decenni, a partire dalle antiche sculture, si sono creati degli oggetti rivestiti di un nuovo significato. Una strada, quello del collezionismo appunto, provato e autentico, portatore di profonda quanto significativa conoscenza, percorsa sino a oggi da Bruno Albertino e Anna Alberghina, medici entrambi e viaggiatori, genuinamente appassionati, legato lui in principale modo alla scultura dell’antico continente, alla ricerca lei, attraverso il mezzo fotografico, di fissare ambienti e volti, costumi e tradizioni che siano in grado di consolidare una cultura che per   molti versi non già si stia spegnendo ma vada poco a poco perdendo quella genuinità che dovrebbe essere al contrario la propria maggiore essenza e intimità. Conoscenza e passione che ancora una volta, tra viaggi e volumi editi, tra esposizioni e conferenze, li portano a proporre, da domani 19 novembre fino al 29 gennaio nelle sale della Casa Museo del Conte Verde a Rivoli, con il patrocinio e l’organizzazione della città e dell’Associazione Culturale “Arte per voi”, l’offerta dei loro più preziosi “reperti” nella mostra che ha per titolo “Africa, dove vive lo spirito dell’arte”.

afri-2Dottor Albertino, come è nata in voi la passione che ha portato allo sviluppo della vostra importante collezione di sculture africane?

Con mia moglie Anna, da circa trent’anni compio viaggi attraverso l’Africa, andando dall’Angola al Sudan alla Costa d’Avorio, dal Mozambico alla Nabibia al Ghana, dal Mali al Burkina Faso al Togo. Se spostiamo per un attimo l’attenzione dal solo continente africano, credo che abbiamo toccato complessivamente una sessantina di paesi nel mondo. Una delle nostre prime acquisizioni avvenne proprio in Mali, sulla falesia di Bandiagara, suggestiva roccia sedimentaria che si estende da sud verso nordest per circa 200 km e che termina con il picco dell’Hombori Tondo, il più alto del paese. Proprio lì abbiamo trovato una piccola statuetta Dogon, che conserviamo con affetto.

La statuetta Dogon ha segnato l’inizio ma non soltanto i viaggi vi hanno permesso di raccogliere questo prezioso materiale.

Diciamo che il 30% della collezione è il frutto delle acquisizioni fatte sul terreno da collezionisti e mercanti africani o europei abitanti in Africa, con cui abbiamo costruito un rapporto di rispetto e collaborazione, il restante lo abbiamo ritrovato in altre collezioni europee, come in aste o gallerie d’arte in Italia, Francia, Belgio e Stati Uniti. Ne è nata una raccolta di oggetti d’uso, terrecotte, maschere, figure, bronzi, oggetti dal grande senso plastico riconducibili al vasto panorama di tutto quanto ha incuriosito i primi viaggiatori e esploratori e poi influenzato artisti e avanguardie artistiche del primo Novecento. Potremmo parlare del Cubismo o del Fauvismo, potremmo citare, per il grande interesse all’Art nègre, Matisse, Emil Nolde, André Derain e ancora Picasso che venne folgorato dall’arte dei Grebo e dei Mahongwe vista al Trocadero di Parigi. Una collezione eclettica la nostra, sia per tipologia (essenzialmente maschere, statue e oggetti d’uso) delle sculture che per riferimento territoriale, per cui andiamo dall’Africa sub-sahariana a quella occidentale e centro-equatoriale.

Qual è il significato intrinseco di un oggetto d’arte africana?

Gli artisti del primo Novecento si limitarono ad una analisi plastica delle sculture, traendone grande ispirazione. Tuttavia, è necessario ricordare che, nell’oggetto africano, la funzione è essenziale, è la ragione prima del suo esistere. Si tratta di oggetti, maschere e feticci, figure di maternità e di afri-bimboantenati, carichi di potenza soprannaturale, strumenti di culto, simulacri del divino in grado di proteggere chi li possiede da influssi maligni, in grado di assicurare l’ordine sociale e la giustizia. Addentrandoci con gli anni nella ricerca, abbiamo sempre cercato di approfondire la storia dell’oggetto, sia per quanto riguarda il suo significato rituale che il suo percorso. In Africa non esiste l’arte per l’arte, la pura componente estetica, vi è una stretta, forte connessione tra forma, funzione pragmatica degli oggetti, uso rituale, politico e sociale, è ben viva quella componente magico-religiosa dentro la quale l’artista è il semplice esecutore votato all’anonimato e non certo il creatore da ricordare e celebrare.

Che cosa è cambiato, in questi ultimi anni, nel continente africano per quanto riguarda la realtà artistica che voi più seguite?

I nostri studi, i viaggi che compiamo, gli scambi che da sempre sviluppiamo con altri appassionati e studiosi ci dicono la necessità di testimoniare di un’Africa che lentamente si dilegua, travolta dal vortice della globalizzazione, dall’economia di mercato, dalle religioni importate e dal neocolonialismo economico. Abbiamo visto negli anni affievolirsi lo spirito vitale dei popoli, il nyama che animava riti e tradizioni ancestrali. Nella cultura e nella vita di quei popoli in troppo rapida trasformazione vi sono ferite sempre più aperte. Le maschere d’Africa rappresentano il cuore pulsante del continente, sono spiriti che parlano e che evocano la forza interiore degli antenati. Maschere, volti, sculture che parlano per raccontarci l’esistenza di uomini e donne nella quotidianaafri-asie fatica di vivere.

Oltre all’oggetto, potrebbe essere definita la figura dell’artista africano?

Come dicevamo, l’artista africano è per lo più anonimo se non in rare eccezioni. La storia è tramandata oralmente, con notizie spesso incerte e frammentarie, che l’epoca coloniale non ha certo contribuito a tramandare. Ma in quelle rare eccezioni trovano posto grandi maestri, capolavori che primeggiano su opere poco più che artigianali. Solo negli ultimi anni sono stati approfonditi gli studi sulle attribuzioni ad opera di importanti studiosi come Ezio Bassani, individuando molti grandi autori come il Maestro di Buli, il Maestro di Bouaflé, il Maestro delle capigliature a cascata e altri ancora. Inoltre si presenta il problema della datazione, che per gli oggetti in nostro possesso varia dalla fine dell’800 alla prima metà del ‘900, ad eccezione delle antiche terrecotte della cultura di Nok, stimabile in Nigeria tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo.

Quali sono le sensazioni, i sentimenti che riportate dai vostri viaggi?

Ci colpiscono di volta in volta, ad ogni singola occasione, le esperienze vissute sul campo, la difesa delle tradizioni, il piacere di aggiungere una tappa in più, imbatterci in percorsi sino a quel momento non ancora affrontati; senza dimenticare l’accoglienza che vediamo sempre migliore nei luoghi meno turistici. Negli altri, quelli sempre più percorsi da chi s’affida quasi esclusivamente alla curiosità, ti accorgi di vivere il ruolo del turista, hai un filtro storico che si forma in modo inevitabile tra noi e il nativo.

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Se lei dovesse spiegare il fascino dell’arte africana a chi visiterà la mostra, che cosa direbbe?

L’ingresso al Metropolitan Museum of Art di New York e al Pavillon des Sessions del Louvre parigino nel 2000 ha segnato la definitiva consacrazione dell’arte africana nel mondo occidentale. Direi che essa è caratterizzata da visione plastica e percezione immediata dello spazio, in particolare la maschera è l’estasi immobile del volto, una fissità che esprime una estrema e pura espressione liberata da ogni contestualizzazione e condizionamento. E’ proprio tra ricerca di adeguatezza tra trascendente e realtà concreta che prendono vita e si concretizzano le sculture africane. Si sono attribuiti valori artistici a seconda delle epoche e dei gruppi di collezionisti, dal classicismo all’astratto, dalle raffinate maschere ritratto delle popolazioni Baoulé e Dan della Costa d’Avorio alle maschere cubiste dei Sogye e a quelle straordinariamente astratte dei Tèké, rintracciabili entrambe nel Congo. Si mescolano naturalismo e astrattismo, patine di colori minerali e vegetali naturali opposte a patine lucide, volti umani abbinati a figure zoomorfe. Piani diversi di lettura e di esecuzione, soprattutto la sovrapposizione di fattori estetici e magico-religiosi, da questo nasce nel collezionista e nello studioso di ieri e di oggi la passione per l’arte e per le maschere d’Africa.

Elio Rabbione

Immagini, dall’alto:

Villaggio Gabbra, Kenia, foto di Anna Alberghina

Maschera Galoa, Gabon, coll. Albertino-Alberghina

Bimbo Karimojong, Uganda, foto di Anna Alberghina

Figura Asie Uso Baoulé, Costa d’Avorio, coll. Albertino-Alberghina

Bruno Albertino e Anna Alberghina qui nello Zimbabwe, in uno dei loro tanti viaggi

Mantova e Monferrato si uniscono per promuovere i territori

L’antico Ducato di Mantova e di Monferrato rinasce nel nome della Fede cristiana. Nella suggestiva sala del refettorio del Santuario di Crea le delegazioni dell’Unione dei Comuni della Valcerrina e del Comune di Curtatone (alle porte di Mantova, teatro della storica battaglia dove nel 1848 gli studenti toscani opposero un’eroica resistenza all’esercito austriaco, scrivendo una delle più belle pagine del Risorgimento) hanno firmato un protocollo d’intesa che lega i due territori.

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Il denominatore comune è, sotto l’aspetto storico, la dominazione comune dei Gonzaga perché il Marchesato (poi Ducato) di Monferrato entrò a fare parte del dominio mantovano nel 1536, rimanendo in tale dominio politico sino al 1708, quando – dopo la morte dell’ultimo Gonzaga – la nobiltà monferrina con un vero e proprio “8 settembre” settecentesco aprì le porte ai Savoia che videro confermato il loro subingresso nelle terre del Ducato con il Trattato di Utchrect che mise fine alla Guerra di Successione del Trono di Spagna nel 1713. Sotto l’aspetto devozionale è il collegamento arrivata dal Santuario e dal Sacro Monte di Crea, Patrimonio dell’Umanità inserito nella Lista Unesco nel 2006, e dal Santuario della Beata Vergine Maria delle Grazie di Curtatone, eretta a partire dal 1399 da Vincenzo Gonzaga come ex voto alla Vergine dopo la grande peste. Nel documento, sottoscritto da parte mantovana dal vice sindaco di Curtatone, Federico Longhi e dal consigliere delegato al turismo, Mirko Contratti e per l’Unione dal presidente Maria Rosa Dughera e dal consigliere delegato al turismo Massimo Iaretti (“plenipotenziario” monferrino con il primo viaggio di contatto in terra mantovana nella prima decade di agosto) le parti di impegnano ad intensificare i rapporti di collaborazione tra i due territori, ad attivare uno scambio di informazioni turistiche, a realizzare scambi di eventi ed iniziative culturali e iniziative congiunte di promozione. “Puntiamo a fare poche cose ma concrete a partire dallo scambio dei link nei rispettivi siti” hanno detto il Longhi e Contratti, d’intesa con Dughera e Iaretti che ha evidenziato la politica turistica dell’Unione finalizzata a creare una sinergia che potrebbe anche essere un progetto europeo. Il protocollo redatto in triplice originale è stato benedetto da monsignor Francesco Mancinelli, rettore del Santuario di Crea che ha ricordato come “Il Signore benedica le Unioni quando queste guardano al benessere ed alla serenità di chi vive in quei territorio”. All’incontro erano presenti anche il consigliere comunale di Casale, Giorgio Demezzi che, da sindaco, aveva con il supporto dello scomparso assessore Augusto Pizzamiglio, realizzato il gemellaggio tra Casale Monferrato e Mantova, l’autrice Maura Maffei che sta realizzando un romanzo storico che lega l’Irlanda, la Bretagna, ha l’episodio culminante nella Crea gonzaghesca e si conclude nella cornice de “Le Grazie”.   “Un ringraziamento particolare – dice Massimo Iaretti – va a Paolo Bertelli, presidente di Progetto Gonzaga, l’associazione per il gemellaggio tra le città gonzaghesche, cui sono legato da anni da vera e sincera amicizia. Grazie al suo impegno sono stati realizzati questi contatti che hanno permesso di arrivare ad un risultato che è al tempo stesso momento di arrivo e di partenza perché da domani dovremo lavorare per consolidare, in Monferrato, come a Mantova, un legame che, oltre alla cultura, può portare ad entrambi benefici sotto l’aspetto socio – economico. A questo punto non si può arretrare, anzi occorre lavorare tutti insieme per sviluppare a tutti i livelli questo legame”. Iaretti, poi, descrive uno progetto con un respiro più ampio per la Valcerrina: “Il romanzo storico di Maura Maffei è l’occasione per poter valutare la possibilità di un percorso che abbia le radici cristiane dell’Europa, partendo dall’Irlanda, unico paese in area dell’Unione Europea che adotti la lingua inglese, per passare alla Bretagna ed alla Normandia arrivando sino all’Italia attraverso il Monferrato e Mantova e proseguendo poi per la Germania con Weingarten, per via dei vasi del Preziosissimo Sangue di Cristo. Si tratta di un lavoro che è unicamente all’inizio e di cui il primo tassello è proprio il protocollo che è stato approvato”.

 

 

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Giovani talenti crescono con “I Fuoriclasse della scuola”

RISORGIMENTO CAVOURCi sono Fisica e Statistica ma anche Italiano, Matematica, Informatica, Chimica, Scienze naturali, Lingue e civiltà classiche e Astronomia tra le materie nelle quali eccellono “I Fuoriclasse della Scuola”, 45 studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie di II grado vincitori di alcune delle competizioni elencate nel Programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze del MIUR, che verranno premiati il prossimo 18 novembre nella suggestiva cornice del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino nell’ambito della cerimonia che ha ricevuto la Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica. Il progetto, nato da un’idea di Alessandra Losito e realizzato dalla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio in collaborazione con il Museo del Risparmio di Torino e l’Associazione Bancaria Italiana, è inserito nella cornice del Protocollo d’Intesa siglato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dalla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio per valorizzare i giovani talenti della scuola italiana attraverso il contributo di donazioni filantropiche da parte di fondazioni e altri soggetti privati. Borsa di studio ma non solo. Oltre al contributo in denaro, il premio per ciascun giovane campione prevede la partecipazione a un Campus residenziale di tre giorni – in questa edizione ideato e risorgimento4ospitato dal Museo del Risparmio di Torino – unico nel suo genere, per sviluppare competenze di cittadinanza economica, grazie a una nuova forma di collaborazione virtuosa tra istituzioni pubbliche e soggetti privati. In questo ambito, i 45 Fuoriclasse potranno incontrare imprenditori affermati, conoscere le istituzioni finanziarie internazionali, approfondire percorsi tematici sull’imprenditorialità e frequentare laboratori di team building e formazione manageriale.

L’obiettivo de “I Fuoriclasse della Scuola” è sostenere gli alti potenziali e far crescere una generazione di giovani eccellenti e consapevoli, contribuendo concretamente allo sviluppo del loro capitale umano in un’ottica di rafforzamento del capitale sociale del Paese, anche attraverso una nuova cultura di cittadinanza economica.

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Per il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, l’iniziativa “segna un positivo incontro tra la vivace offerta di talenti che le nostre scuole sanno proporre e la sentita domanda di partecipazione a una corresponsabilità educativa da parte dei soggetti privati. Questa è la prova della ricchezza della scuola aperta. Oggi i 45 studenti premiati non si limiteranno a ricevere un “brava”, un “bravo” e una stretta di mano, ma sapranno di essere accompagnati da voi in un percorso di cittadinanza che li porterà a sviluppare nuove competenze e conoscenze per saper trasformare idee in progetti e porsi nuovi obiettivi, diventando imprenditori di sé stessi”. 

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“Dare la possibilità ai ragazzi di riflettere sulla relazione tra mondo del lavoro e formazione è non risorgimento1solo importante ma una vera e propria emergenza – dichiara Andrea Beltratti – Presidente della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio – In Italia, secondo i dati Ocse, il tasso di abbandono scolastico nella scuola superiore (17 %) è secondo solo a quello della Spagna, gli adulti laureati sono meno del 20% della popolazione e le competenze per trovare un lavoro dei nostri ragazzi risultano nettamente inadeguate rispetto a quelle dei ragazzi residenti in economie più dinamiche. L’obiettivo di tutti i progetti didattici della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio è di far riflettere sul valore dell’impegno e dell’istruzione, che non consiste nel ripetere a memoria pagine di definizioni ma nell’acquisire le competenze che servono a migliorare il mondo, per sé e per gli altri. Anche “I Fuoriclasse della Scuola”  risponde a questa logica, mettendo assieme le forze del settore pubblico e del settore privato: il primo può ampliare la sua gamma di intervento con uno strumento nuovo e complementare rispetto ad altri, mentre il settore privato con interessi filantropici ha un modo di donare direttamente ai giovani e beneficiare della relazione che stabilirà con coloro che con ogni probabilità saranno i leader di domani”. 

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“Crediamo che investire nel capitale umano significhi soprattutto perseguire logiche meritocratiche volte a motivare i giovani a superare i propri limiti, non per spirito competitivo ma per costruire una società migliore – commenta   Gian Maria Gros-Pietro, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo – Secondo i dati del MIUR riferiti all’a.a.2014/2015, solo il 47% dei diciannovenni prosegue gli studi universitari e solo 12% degli studenti regolari beneficia di una borsa di studio. Ci sentiamo quindi particolarmente vicini a questo progetto, di cui condividiamo appieno filosofia e obiettivi: l’istruzione, come il bagaglio di competenze ed esperienze accumulate nel tempo, è un potente motore di cambiamento personale e collettivo che può favorire l’evoluzione della società verso nuovi modi di produrre, di consumare, di risparmiare e di tutelare le risorse comuni. Per questo abbiamo deciso di mettere a disposizione un percorso ragionato che faccia capire quanto le scelte economiche influiscono sulla vita di ciascuno costruendo un luogo unico nel suo genere. Il Museo del Risparmio spiega, coinvolge, invita il visitatore a sperimentare, in maniera spesso divertente, con il fine di far riflettere sulla gestione consapevole del denaro. Una competenza non banale ma alla portata di tutti. Presso il Museo, i Fuoriclasse della Scuola hanno partecipato a un vero e proprio campus di educazione finanziaria, che ha visto la testimonianza di numerosi professionisti ed imprenditori e la partecipazione dei ragazzi a laboratori volti a sviluppare le abilità comportamentali più utili per il mondo del lavoro. Un campus che ha beneficiato anche della partecipazione attiva di alcune delle aziende finanziatrici delle borse di studio, tra cui Intesa Sanpaolo. La nostra ambizione è contribuire a far fiorire quei talenti che la scuola ha saputo formare e riconoscere, aiutandoli a trovare il proprio posto nel mondo.”

 

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Le competizioni elencate nel Programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze del MIUR premiate dal progetto dei Fuoriclasse:

  • Olimpiadi di: Astronomia, Chimica, Filosofia e Statistica, Fisica, Informatica, Italiano, Lingue e civiltà classiche, Matematica, Scienze naturali;
  •  Concorsi di new design ed economia;
  • Gara Nazionale per gli alunni degli istituti professionali e per gli alunni degli istituti tecnici.

 

Sanità piemontese fuori dal piano di rientro, Chiamparino: “Senza altre tasse”

chiampa laus“Dopo cinque anni, la sanità piemontese esce dal piano di rientro, senza alcun inasprimento fiscale. Ciò consente ora alla Regione di agire in autonomia e di guardare avanti nella gestione della sanità regionale”. Sono le parole del  presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, a proposito dell’intesa raggiunta con il governo, che consentirà alla Regione di portare in sei anni i pagamenti del settore a 60 giorni, in linea con le richieste europee, e di saldare  in dieci anni i debiti pregressi:  885 milioni di euro nei primi sette pichettoanni. Soddisfatto l’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta: “E’ un passo molto importante che mette la sanità regionale nelle condizioni di navigare a regime e di riprendere le assunzioni”. Replica l’opposizione, attraverso il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Lascaris, Gilberto Pichetto “Non si può che essere soddisfatti che la Regione Piemonte sia uscita dal Piano di Rientro del Tavolo Massicci. Questa notizia serve alla politica locale per riappropriarsi del proprio ruolo ma soprattutto serve ai piemontesi”.  “Sono altrettanto soddisfatto – aggiunge l’azzurro – che si sia riconosciuto in conferenza stampa che in questi anni l’opposizione è stata responsabile. Aggiungo però che per essere seri e responsabili bisogna anche ricordare che l’uscita dal Piano di Rientro di oggi è il frutto di un lavoro che è partito nellamolinette scorsa legislatura con la Giunta di centrodestra e che già nel 2013 aveva permesso di raggiungere sostanzialmente il pareggio dei bilancio sanitario. Giusto ricordarlo e altrettanto giusto che il centrosinistra ce lo riconosca .Conclude Pichetto: “Proprio per questo, troviamo fuori luogo il tentativo maldestro dell’assessore Saitta di vantare meriti personali spacciando il nostro piano di risanamento come una mera operazione di tagli mentre quello da lui adottato come un atto indolore per i piemontesi. Basterebbe osservare il numero di comitati spontanei nati, le raccolte firme, le proteste dei sindaci anche di centrosinistra per comprendere l’imbarazzante bluff dell’assessore. A dimostrazione che noi abbiamo lasciato una sanità di ottima qualità suggeriamo all’assessore di riguardarsi la classifica Agenas degli anni 2013/2014 e 2015. Forse un ripasso a volte servirebbe per evitare certi scivoloni a fini elettorali”.

(foto: il Torinese)

Mi muovo…dunque sono

Scienza e sport tra cervello e muscoli

rosin-scienzell Liceo Scientifico Primo Levi di Torino, le Biblioteche Civiche Torinesi, il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, presentano, nell’ambito del “progetto  di alternanza scuola-lavoro” la mostra interattiva di divulgazione di Experimenta ” Mi muovo .. dunque sono! Scienza e sport tra cervello e muscoli “. L’esposizione, che durerà dal 19 novembre 2016 all’8 aprile 2017, è interamente dedicata al rapporto tra scienza e sport e permette a grandi e piccini di sperimentare le reazioni straordinarie che il corpo umano è capace di mettere in atto nel corso di un’attività sportiva. Ingresso libero

Inaugurazione venerdì 18 novembre – ore 10,30

Mausoleo della Bela Rosin – Strada Castello di Mirafiori 148/7 – Torino

Studenti in piazza contro la buona scuola. Sacchi di letame davanti a Mc Donald’s

studenti corteoAnche a Torino centinaia di studenti sono scesi in piazza  contro la buona scuola del governo e il recente accordo sulla alternanza scuola-lavoro tra Miur e grandi aziende . All’insegna dello slogan “Non saremo schiavi”, presente sullo striscione che ha aperto il corteo per le vie del centro città,  il corteo non ha mancato di procurare disagi al traffico. Diversi manifestanti hanno scaricato sacchi di letame in piazza Castello, davanti al ristorante McDonald’s, una delle aziende che hanno sottoscritto l’accordo con il ministero. “E’ un regalo fatto alle imprese, invece  a noi studenti resta solo la fregatura di lavorare gratis e senza  tutela”, spiega all’agenzia Ansa Silvia Basano, responsabile scuola provinciale della Fgc. “Lo scopo della protesta è ottenere la cancellazione dell’accordo”.

Sgominata la banda dei clonatori di credit card

euro denaroDue arresti e quaranta denunce nell’operazione della polizia Postale e delle Comunicazioni di Torino. Dopo una complessa indagine iniziata due anni fa, è stata sgominata una banda che clonava carte di pagamento e manometteva sportelli bancomat e colonnine self-service del carburante. I furti di denaro di denaro  avvenuti in Piemonte sono decine ,per un totale di alcune centinaia di migliaia di euro. facevano parte della banda cittadini romeni, albanesi e italiani, alcuni dotati di notevoli competenze informatiche e dai mezzi tecnologici sofisticati. o. Per ogni carta clonata gli introiti erano di circa 1.500-2.000 euro. Quattro componenti  sono tuttora ricercati.

Testimonianze di storia sabauda al castello di Vinovo

Iniziative in rete, anche nel quadro delle celebrazioni per il 6° centenario del Ducato di Savoia, con la mostra Testimonianze di storia sabauda nei fondi della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, aperta in Biblioteca Nazionale sino al 31 dicembre 2016

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Una mostra, manifestazioni, visite guidate e conferenze organizzate dal Comune Vinovo, in collaborazione con l’Associazione Amici del Castello e con il Centro Studi Piemontesi, nello splendido maniero dei Della Rovere. Uno scenario suggestivo e magico,  capace di fare riaffiorare, attraverso le vicissitudini e vicende dei luoghi, coinvolgenti memorie storiche, biografiche, artistiche, industriali e naturalistiche.Prossima conferenza  19 novembre 2016 alle ore 16. I Savoia e l’Italia. Azione o predestinazione? Ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili

Just Eat investe su Fanceat

La torinese Fanceat, azienda di food delivery che porta a casa tua la grande cucina dei ristoranti stella Michelin, è l’unica startup made in Italy tra le 5 selezionate da Just Eat per far parte del suo Food Tech Accelerator, il primo acceleratore di business inglese dedicato esclusivamente al settore food.

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L’obiettivo è quello di individuare e sostenere le migliori idee per innovare la tecnologia legata al cibo e anticiparne il futuro. Sono 5 le aziende europee che hanno dimostrato a Just Eat di essere sufficientemente creative e geniali da poter “trasformare e fare la differenza nella food tech industry”. E una di queste è Fanceat, unica italiana accanto a 4 britanniche.    Un investimento di £20,000, l’acquisizione del 5% della società e un programma intensivo di 10 settimane a Londra per lavorare e crescere, guidati del colosso del food delivery e dei suoi prestigiosi partner (Google, Twilo, Amazon e Dreamstake). Just Eat infatti offre ai vincitori un accesso privilegiato ai canali di investimento, una guida nello sviluppo del business e l’esperienza di una realtà affermata. Ma che cos’è Fanceat? Si tratta di un servizio che recapita a casa un box con tutto l’occorrente per preparare un menù gourmet ideato da un grande chef, anche stellato. I ristoranti del network inviano tutti gli ingredienti pre-lavorati per ricreare in pochi minuti piatti da chef a casa propria, senza bisogno di strumenti particolari o grandi esperienze ai fornelli. Tutto ciò che richiede abilità, strumentazione professionale o tempo viene realizzato dal ristorante e consegnato ai clienti in 24h in tutta Italia. Se si desidera provare la cucina di un ristorante di Bologna ma si risiede a Torino non c’è problema! A casa arriverà un kit pronto per l’uso, istruzioni annesse. 5 minuti e le tagliatelle al ragù, come vuole la tradizione, saranno in tavola.

Nata nel 2015 (a lanciarla tre ragazzi – Carlo Alberto Danna, Giulio Mosca e Tommaso Cremonini – età media 25 anni, ai quali oggi si sono uniti Nathalie e Lorenzo) oggi Fanceat non è soltanto una realtà di successo ma è anche l’idea made in Italy più promettente del settore food nel panorama europeo.

 

www.fanceat.com

 

Saviano dà il via alla Grande Invasione

 

Lo scrittore ospite del Festival presenta a Ivrea La paranza dei bambini (Feltrinelli)

SAVIANO ROBERTO

È l’ultimo lavoro di Roberto Saviano La paranza dei bambini ad aprire venerdì 2 dicembre alle 19 il programma di incontri di #invasionetuttolanno, il conto alla rovescia in vista della quinta edizione del festival della lettura La grande invasione che si terrà a giugno 2017. Ideato e diretto da Marco Cassini e Gianmario Pilo, il festival ha accolto, nell’ultima edizione, 15.000 persone ed è oggi considerato uno dei più interessanti nel panorama nazionale.

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Roberto Saviano (Napoli, 1979), autore del bestseller internazionale Gomorra (Mondadori 2006), presenterà a Ivrea presso le Officine H il suo ultimo lavoro. In ragione della limitata capienza dello spazio l’accesso sarà regolato in base a dei coupon che saranno distribuiti gratuitamente: 600 coupon (per un massimo di due a persona) saranno distribuiti presso La galleria del libro (via Palestro 70 a Ivrea) lunedì 21 novembre e lunedì 28 novembre, a partire dalle ore 15 e fino a esaurimento. Ulteriori 350 coupon verranno distribuiti il pomeriggio del 2 dicembre alle Officina H dalle 16,30. Ogni tagliando darà diritto all’ingresso di una sola persona.

Il libro racconta di dieci ragazzini di quindici anni dai soprannomi innocui Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone che in scooter sfrecciano contromano alla conquista di Napoli. Sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. E allora, via, sui motorini, per andare a prenderseli, i soldi, ma soprattutto il potere. La paranza dei bambini narra la controversa ascesa di una paranza – un gruppo di fuoco legato alla Camorra – e del suo capo, il giovane Nicolas Fiorillo. A poco a poco ottengono il controllo dei quartieri, sottraendoli alle paranze avversarie, stringendo alleanze con vecchi boss in declino. In questo libro Roberto Saviano entra implacabile nella realtà che ha sempre indagato e immerge il lettore nell’autenticità di storie immaginate con uno straordinario romanzo di innocenza e sopraffazione. Con questo appuntamento, che si aggiunge agli incontri con Jonathan Safran Foer dello scorso 31 agosto e con Alessandro Baricco il 27 settembre, La grande invasione segna il passaggio da festival temporaneo a progetto permanente e attivo durante tutto l’anno, anche grazie alle collaborazioni strette con altre realtà culturali nazionali. Prossimo appuntamento di #invasionetuttolanno: martedì 6 dicembre con lo scrittore inglese Harry Parker. La quinta edizione della Grande invasione si terrà dall’1 al 4 giugno 2017.

Per informazioni La galleria del libro tel. 0125 641212.

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www.lagrandeinvasione.it

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Hashtag ufficiale #invasionetuttolanno #invasione17