redazione il torinese

Per battere la crisi il 64 per cento delle imprese piemontesi cerca fortuna all’estero

A fronte del calo di domanda interna, il Piemonte di sta attrezzando per poter restare in prima linea, sottolineando appunto come l’internazionalizzazione diventi sempre più una questione di sopravvivenza

Da una ricerca di Confindustria Piemionte su un campione di oltre mille imprese, risulta che il 64% è presente all’estero. A fronte del calo di domanda interna, il Piemonte di sta attrezzando per poter restare in prima linea, sottolineando appunto come l’internazionalizzazione diventi sempre più una questione di sopravvivenza. Nella giornata di oggi, a Torino, in convegno organizzato da Confindustria e Unicredit -in collaborazione con il Ceip- ha fatto il punto della situazione. “In Piemonte – ha precisato Fabio Rvanelli, presidente della Confindustria regionale – a fronte di una contrazione della domanda interna si è registrata un’accelerazione dell’export. La crescita nel 2017-2018 può quindi avvenire qui; per questo puntiamo molto sul Ceip che ha recentemente messo in campo nuove risorse anche per l’attrazione di investimenti esteri sul nostro territorio”. Francia, Germania, Usa, Spagna e Cina rimangono i Paesi in prima linea. La Gran Bretagna sembra invece essere destinata a sparire dagli scenari futuri, mentre si affacciano sempre di più come new entries Paesi quali Algeria, Iran, Singapore e Paesi Bassi.

“War & Peace” alle Fonderie Limone

GOB SQUAD, COLLETTIVO DI ARTISTI INGLESI E TEDESCHI DI FAMA INTERNAZIONALE, INTERAGISCE CON IL PUBBLICO GRAZIE A UN SISTEMA DI TELECAMERE A CIRCUITO CHIUSO PER UNA VERSIONE 2.0 DI WAR & PEACE
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Alle Fonderie Limone di Moncalieri dal 22 al 25 febbraio 2017 debutta in prima nazionale WAR & PEACE dal romanzo di Lev Tolstoj, ideazione e regia del collettivo di artisti inglesi e tedeschi Gob Squad. Lo spettacolo è interpretato da: Niels Bormann, Katja Bürkle, Johanna Freiburg, Sean Patten, Damian Rebgetz, Tatiana Saphir, Sharon Smith, Berit Stumpf, Sarah Thom, Laura Tonke, Bastian Trost, Simon Will. War & Peace è prodotto da Gob Squad, Münchner Kammerspiele in coproduzione con Volksbühne am Rosa Luxemburg – Platz Berlin, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Schauspiel Leipzig, Konfrontacje Teatralne Festival Lublin, Lancaster Arts at Lancaster University, Malthouse Theatre and Melbourne Festival, Gessnerallee Zürich, Nottingham Playhouse.
Spettacolo in lingua inglese con traduzione simultanea.

War and Peace è la nuova performance dei Gob Squad, che ha fatto dell’anticonformismo la chiave di volta della propria poetica. Gli artisti che ne fanno parte realizzano video, installazioni ed eccentrici happening, mescolando teatro, cinema e vita quotidiana. Al centro di ogni spettacolo la partecipazione del pubblico e l’impegno politico, che trovano spazio in contesti urbani, utilizzando un ampio spettro di media, e mettendo in discussione il rapporto tra realtà e finzione, tra banalità e utopia. Questo nuovo lavoro si presenta come un’esperienza di lettura collettiva di un romanzo storico, in cui l’arte e la vita quotidiana, la storia e il presente, sfocano, e tutti sono chiamati a trasformarsi in potenziali protagonisti. Un gruppo di artisti tenta di ricreare un’atmosfera simile a quella dell’alta società russa del XIX secolo: al centro del meeting il capolavoro di Lev Tolstoj, che è al contempo narrazione storica e analisi sociologica. In primo piano i concetti di libertà, privilegio e sicurezza: che valore hanno? Quali sono i loro limiti? Come si deve vivere una vita morale in un mondo eticamente imperfetto? Nel nostro tempo, come possiamo vivere dentro il capitalismo, nella consapevolezza del danno assoluto e della sofferenza che i nostri stili di vita ordinari e “pacifici” promettono?
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PROGETTO INTERNAZIONALE
Spettacolo in lingua inglese con traduzione simultanea.

Fonderie Limone Moncalieri
22 – 25 febbraio 2017 | Prima nazionale 

Influenza dimezzata a Torino e in Piemonte dopo l’ultimo elevato picco epidemico

Influenza-03E’ in costante calo il numero di piemontesi colpiti dalla sindrome influenzale tipicamente stagionale.
L’incidenza è in diminuzione: sono 6.4 i casi ogni  mille assistiti in tutte le fasce d’età. Il picco epidemico era  stato registrato nell’ultima settimana del 2016, con 13 casi per 1000 assistiti, in anticipo a confronto con le ultime stagioni influenzali. I bambini sono anche in questo caso la fascia d’età più colpita: 15 casi ogni 1000, mentre per la fascia 15-64 anni è di 5,8 e per gli over 65 invece  2,5. Gli isolamenti virali sono nella maggior parte dei casi di influenza di tipo A: H3N2, contenuta nel vaccino stagionale. Dal SeReMi di Alessandria arriva il dato complessivo di dosi di vaccino antinfluenzale somministrate dall’inizio della campagna: in tutto sono 627.941, cifra ancora provvisoria ma  già superiore al dato finale registrato nel 2016. Nel 2016 al termine della campagna vaccinale, furono 603.000.

L’insalata per la corte dello zar

Chi non conosce l’insalata russa, preparata con un misto di verdure cotte, tagliate a dadini e condite da una salsa maionese? E’ una portata apprezzata da molti, presente sia nella cucina tradizionale italiana che in quella internazionale. Pellegrino Artusi già nel 1881 ne parla come di un piatto “ora di moda nei pranzi”, evidenziando come “conservatone il carattere fondamentale, i cuochi la intrugliano a loro piacere”: ovvero tante varianti sul tema secondo l’estro personale e, soprattutto, in base ai prodotti disponibili in cucina.Ma esiste una ricetta originale?  Quando e dove è stata preparata la prima volta? Vanta origini russe? Oppure francesi? O, invece, italiane?

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Il dibattito si riaccende puntuale soprattutto in occasione delle feste di fine anno, quando l’insalata russa è proposta più frequentemente sulle tavole. Le ipotesi sulla sua creazione sono diverse, nessuna è certa, ma sicuramente siamo di fronte a un chiaro esempio di come tradizione possa significare anche un tradimento del canone originario. La parola tradizione, d’altra parte, deriva dal sostantivo latino traditio, che significa anche tradimento e, stando ai tanti racconti sulle sue possibili origini, infatti, scopriamo che gli ingredienti attuali sono sicuramente molto diversi da quelli di alcune ricette indicate come originali. Alcuni sostengono che la prima ricetta sia nata a metà ottocento in un ristorante di Mosca e prevedeva l’utilizzo, tra gli altri, di caviale, code di gamberi, aragosta o addirittura anatra affumicata, a seconda della stagione. L’autore della prima insalata russa si chiamerebbe Lucien Olivier e per questo, in Russia, questo piatto è conosciuto come insalata Olivier. Quando la ricetta iniziò a diffondersi nel resto d’Europa, gli ingredienti vennero modificati, ovvero si compì il tradimento, sostituendo gli elementi più pregiati con altri più economici e comunemente reperibili. La cucina è una cultura migrante e il cibo ha sempre accompagnato l’uomo nei suoi spostamenti, come testimonia anche il piatto in questione, considerato che le relazioni che si sono instaurate tra le diverse corti europee, e le migrazioni dei cuochi al seguito dei diversi notabili, hanno messo a confronto esperienze e prodotti, fondendoli in risultati che si arricchivano via via di nuovi ingredienti e modalità di preparazione.

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Forse la prima insalata russa della storia non era propriamente russa e non era nemmeno un’insalata.In Italia si chiama insalata russa, ma cambia nome quando si oltrepassano i confini nazionali. In Germania e Danimarca è curiosamente conosciuta come insalata all’italiana, in Lituania la chiamano insalata bianca. In Spagna è stata chiamata per molto tempo insalata imperiale o castigliana, vista l’ostilità del regime franchista a riferimenti che potessero richiamare sapori di natura bolscevica. Un’ipotesi curiosa fa risalire le sue origini addirittura al XVI secolo, quando Bona Sforza, figlia del duca di Milano, diventò regina di Polonia sposando Sigismondo I: i cuochi di corte diedero vita a un piatto freddo di verdure miste, utilizzando prodotti di provenienza italiana assieme a quanto trovarono disponibile alla corte polacca. Fu così che miscelarono piselli e carote con le patate e altri ortaggi, preparando un’insalata fredda, che poi ispirò la creazione di quella che è l’attuale insalata russa.Qualcun altro individua la sua origine temporale nel settecento, quando era chiamata insalata alla genovese perché molto spesso faceva la sua bella figura ai banchetti dell’aristocrazia ligure. Ma non tutti sono disposti a credere a queste storie e c’è chi pensa che l’insalata russa sia in realtà una creazione nata in Piemonte, alla corte dei Savoia: in questo caso il nome sarebbe l’omaggio del cuoco della corte sabauda alla visita di importanti dignitari russi a fine ‘800, con la panna che copriva e amalgamava tutti gli ingredienti, per ricordare la neve, tipica del clima russo. Gli ospiti avrebbero portato con sé la ricetta e il piatto sarebbe divenuto rapidamente molto noto in Russia. A conferma di questo racconto, in Francia, con il nome di  salade piémontaise” troviamo una variante dell’insalata russa. Insomma, difficile stabilire quale sia la verità, un po’ come accade per altri piatti, la zuppa inglese, ad esempio, che di inglese non ha nulla, visto che è un piatto italianissimo, un dolce al cucchiaio che vanta diverse varianti nelle regioni del centro Italia.

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Ho ragionato di questi racconti con lo chef Marco Roberto, che dopo aver avviato il Ristorante D’Andrea di Barge, ora si appresta a dirigere la cucina del Ristorante Casa Pellico di Saluzzo, un locale collocato nell’edificio dove nacque Silvio Pellico, nel suggestivo centro storico della cittadina cuneese. Marco ovviamente propende per l’origine sabauda della ricetta e mi ha proposto una versione invernale dell’insalata alla piemontese, che mi descritto in questo modo invitante:insalata invernale alla piemontese su crema di borraggine, servita con chips di patate viola e foglie croccanti di spinaci. Nella preparazione solo ingredienti disponibili freschi nella stagione fredda, scelti tra varietà recuperate che conferiscono quel tocco di gusto in più, legati da una maionese vegana, fatta senza l’utilizzo di uova, sostituite dal latte di soia emulsionato con olio di girasole. E ora vi trascrivo la ricetta, traditela pure, basta che sappiate che quel che differenzia davvero una buona insalata russa da un “pasticcio” sono le verdure, che devono essere fresche, e possibilmente cotte al vapore, oltre alla maionese preparata fresca sul momento.

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Ricetta per una insalata invernale alla piemontese su crema di borraggine, servita con chips di patate viola e foglie croccanti di spinaci.

Ingredienti:

  1. Carote
  2. Patate viola
  3. Topinambur
  4. Foglie di borragine
  5. Foglie di spinaci
  6. Latte di soia
  7. Olio di semi di girasole
  8. Olio evo
  9. Salsa shoyu
  10. Senape
  11. Sale
  12. Succo di limone

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Esecuzione:

pulire le verdure (patate, carote, topinambur), tagliarle a piccoli cubetti, cuocerle separatamente, mantenendole croccanti e raffreddandole rapidamente con ghiaccio appena pronte, per conservare vivo il loro colore. Mentre cuociono le verdure, lavate le foglie di borragine e gli spinaci. Prendete la borragine e affettatela finemente, quindi saltatela velocemente sul fuoco con un po’ di latte di soia, salate delicatamente e, quindi, passatela con il mixer fino a ottenere una crema verde, di un bel colore intenso. Prendete ora le foglie di spinaci, asciugatele molto bene e gettatele in padella con olio evo molto caldo estraendole subito, appena sono croccanti, tamponatele con carta assorbente per eliminare l’unto in eccesso. Pulite ancora qualche patate viola, affettatela molto finemente con la mandolina e sciacquate bene sotto l’acqua corrente. Asciugate perfettamente le patate con un canovaccio pulito o con carta da cucina e trasferite le chips in una teglia rivestita di carta da forno. Cuocetele in forno preriscaldato fintanto che non saranno croccanti, salate leggermente. Preparate ora la maionese:  mettete il latte di soia nel recipiente graduato del frullatore a immersione, aggiungete un po’ di sale, azionate il motore e iniziate a montare, inserendo l’olio di semi di girasole gradualmente e tenendo fermo il mixer sul fondo per alcuni istanti, finché la maionese inizierà a montare. Aggiungete la senape, il limone, qualche goccia di salsa shoyu e di olio evo e poi muovete leggermente il mixer su e giù per incorporare bene tutto l’olio rimasto. In una insalatiera mescolate i cubetti di verdure cotte e legatele con la salsa maionese. Passate, quindi, a impiattare la preparazione. Stendete sul piatto da portata un fondo leggero di salsa di borraggine, mettete al centro del piatto un coppapasta e riempitelo di insalata invernale alla piemontese, togliete il coppapasta e decorate con foglie croccanti di spinaci e chips di patate viola. Vino consigliato: potete accompagnare questa insalata russa con il Sensale, un grillo bio senza solfiti aggiunti prodotto dalle cantine Europa di Petrosino (TP). Un vino bianco di corpo, dal colore giallo con riflessi verdognoli, fresco per acidità e contenuto minerale, con ricordi agrumati e floreali.

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Potete trovare tutti gli ingredienti da agricoltura biologica per la preparazione della ricetta nel negozio Superpolobio, che si trova a Collegno (TO) in via Fermi n. 6/1 (a pochi metri dal capolinea della metro). Per info: tel.  011 403 1427, oppure scrivete a info@superpolobio.it .

 

Buon appetito!

Ignazio Garau

Presidente Italiabio

 

 Verso l’edizione numero 71 della Mostra di San Giuseppe

Manazza Gefra Srl organizzerà l’evento del settantunesimo anniversario. Già riconfermati ingresso gratuito e percorso obbligato a giorni alterni

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La macchina della Mostra Regionale di San Giuseppe 2017 è già in funzione. E sarà ancora la Manazza Gefra Srl di Cassolnovo – società specializzata nel settore fieristico– ad organizzare l’evento che cade nel settantunesimo anniversario. L’edizione numero 71 si terrà dall’17 al 26 marzo 2017   al PalaFiere nel Quartiere Fieristico della Cittadella di Casale Monferrato e vedrà riconfermati i due ingredienti che hanno contribuito al notevole afflusso di pubblico nelle ultime sei edizioni, sempre a cura di Manazza Gefra Srl, ovvero l’ingresso gratuito per tutti i visitatori ed il percorso obbligato a giorni alterni. Quest’ultimo accorgimento consentirà a tutti i visitatori di prestare la necessaria attenzione a tutte le proposte innovative che verranno presentate dagli espositori nei vari settori merceologici.

 

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Per informazioni rivolgersi

 

Manazza Gefra Srl

Via Trento 42 – 27023 – Cassolnovo (PV)

Tel. 0381/92245 – Fax: 0381/929324

Posta elettronica: mostra.sangiuseppe@virgilio.it

 

A VENARIA REALE LIBERA E DON CIOTTI CONTRO LE MAFIE

ciottiProsegue l’impegno contro le mafie della Città di Venaria Reale.  Lunedì 20 febbraio  in mattinata al Teatro della Concordia, le classi terze medie degli Istituti Comprensivi I e II, le classi prime del Liceo Juvarra, le scuole Formont e Casa di Carità Arti e Mestieri, parteciperanno all’iniziativa riservata alle scuole  “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”. All’evento presenzieranno anche i rappresentanti del Comitato della Memoria e delle Associazioni cittadine. Ospite d’onore sarà Don Luigi Ciotti, che dalle ore 9 alle ore 10.45 incontrerà i ragazzi. Saranno presentati nell’occasione alcuni elaborati multimediali frutto del lavoro svolto dalle scuole sul tema della legalità e, all’ospite Don Ciotti, saranno poste una quindicina di domande dagli studenti. Il saluto della Città di Venaria Reale sarà portato dal sindaco Roberto Falcone, dal presidente del Consiglio comunale Andrea Accorsi e dall’assessore alla Cultura e Sistema Educativo Antonella d’Afflitto. Sarà presente il Presidio di Libera del Liceo Juvarra di Venaria Reale. Celebrata in città con anticipo rispetto al periodo consueto per impegni dell’ospite d’onore Don Luigi Ciotti, ogni 21 marzo, primo giorno di primavera, Libera celebra la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, perché in quel giorno di risveglio della 800_Logo_Liberanatura si rinnovi la primavera della verità e della giustizia sociale. Dal 1996, ogni anno in una città diversa, viene letto un elenco di circa novecento nomi di vittime innocenti. Ci sono vedove, figli senza padri, madri e fratelli. Ci sono i parenti delle vittime conosciute, quelle il cui nome richiama subito un’emozione forte. E ci sono i familiari delle vittime il cui nome dice poco o nulla. Per questo motivo è un dovere civile ricordarli tutti. Per ricordarci sempre che a quei nomi e alle loro famiglie dobbiamo la dignità dell’Italia intera. E Venaria Reale lo fa con questo importante appuntamento rivolto innanzitutto ai giovani. Si ringraziano l’associazione le Aquile, gli Amici della Biblioteca e l’ANC – Associazione Nazionale Carabinieri di Venaria Reale che effettueranno il servizio d’ordine,  Fondazione Via Maestra, l’Azienda Speciale Multiservizi e il Comitato della Memoria.  Uno speciale ringraziamento all’associazione Libera ed in particolare alla referente di Libera in Piemonte,  Maria Josè Fava. L’evento sarà in diretta streaming su VenariaTv www.venaria.tv

Linea di confine: spigolature di vita e storie torinesi

quaglieni 2Carpanini capì, prima di tutti, che bisognava intervenire in certi quartieri torinesi anche con mano pesante. Non glielo permisero perché il politicamente corretto era una regola ferrea…

di Pier Franco Quaglieni *

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Museo Egizio a Catania ?
 L’idea di concedere alla Città di Catania (perché proprio Catania ?) pezzi del Museo Egizio di Torinoegizio 22 (grave  errore e un’ingiustizia  storica  non aver inserito nel logo la parola Torino )appare un’idea  piuttosto peregrina.Perchè, invece, non potenziare ulteriormente il Museo Egizio,magari alla Reggia di Venaria Reale ?  O predisporre mostre temporanee in grandi città europee che pongano l’Egizio di Torino al centro dell’interesse internazionale ?  Fui tra coloro che sostennero la necessità che il museo non dovesse muoversi da via Accademia delle Scienze. Lo feci malvolentieri perché l’idea di Venaria mi sembrava migliore. Il prof. Curto mi ringraziò di un appoggio che giudicò importante, non sapendo che invece era molto sofferto e dovuto alle insistenze di alcune mie amiche,  tanto appassionate di antichità egizie quanto piuttosto petulanti. Sicuramente il museo oggi è in buone mani e i visitatori sono in continuo aumento. Ma la scelta di Catania mi sembra affrettata e priva di giustificazioni.  O siamo ancora fermi all’idea di un Risorgimento “conquista regia”,se non rapina nei confronti del Sud ,idea che giustificherebbe, come risarcimento  postumo, trasferire  al Sud  un po’ di museo torinese creato dagli odiati Savoia? Ovviamente la mia valutazione non ha nulla di “torino-centrico”,nè di chiusura verso il  Mezzogiorno.

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cadorna2Disertori della Grande Guerra
Apprendo dall’”Incontro”, il mensile  torinese fondato nel 1949 e diretto dal decano dei giornalisti piemontesi ,l’avv. Bruno Segre, che il Parlamento italiano ha negato la riabilitazione dei disertori italiani della Grande Guerra 1915-18. Ne gioisco perché nel 2015 con articoli e discorsi criticai la proposta di legge del deputato PD Gian Piero Scanu in vena di revisionismi  pseudo-storici del tutto ingiustificati. Scrissi anche al presidente Renzi, nella sua veste di segretario del PD, definendo l’iniziativa come un’offesa grave ai Caduti, ai mutilati, ai reduci della Grande Guerra. L’ipotesi dell’on. Scanu prevedeva addirittura la posa di una targa in bronzo  all’Altare della Patria  ,dove riposa il Milite Ignoto, che ricordasse il “loro sacrificio”. Sono d’accordo che il rigore maniacale di Luigi Cadorna, unito anche alle sue  scarse qualità di stratega, determinò nell’Esercito italiano il sacrificio di troppi soldati in assalti all’arma bianca che apparvero non motivati. Cadorna dovrebbe essere eliminato dalla toponomastica non solo perché portò alla disfatta di  Caporetto cent’anni fa, ma perché fu un condottiero assolutamente  non adeguato, a voler essere gentili. Fu, come scrisse guerra corrierePierpaolo Cervone, “un signore della guerra” per il quale la vita dei soldati era una variabile  assolutamente indipendente. Ma  tra riconoscere questo e  rendere onore ai disertori c’è una bella differenza. La Camera approvò incredibilmente il 21 maggio 2015  con voto unanime la proposta dell’on.Scanu, ma poi in Commissione Difesa prevalse il buon senso  e scomparve dal testo la parola riabilitazione. L’idea della targa invece è sopravvissuta ,anche se si parla di” offerta di perdono” e non più di riabilitazione. Il solito compromesso all’italiana. Nel centenario della I Guerra mondiale si deve storicizzare e non mitizzare nulla, ma c’è un punto di equilibrio in tutto. Torino è la città che non ha ricordato il centenario del martirio di Cesare Battisti e di Damiano Chiesa, studente del nostro Politecnico e sicuramente si sta preparando a ricordare, magari con enfasi, il centenario della disfatta di Caporetto del 1917.  Spiace che “L’incontro” ,sia pure  nella sua “Tribuna pacifista”, abbia preso partito per la riabilitazione che è apparsa ,anche a uomini di sinistra, come qualcosa di fuori posto.

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STAMPA EDICOLA GIORNALII 150 de “La Stampa”
“La Stampa” ha festeggiato i suoi 150 anni di vita. Belle manifestazioni, bellissima mostra a Palazzo Madama che merita una visita.Un ponderoso volume del maggiore storico italiano  del giornalismo, Valerio Castronovo, ricostruisce con rigore la storia di un secolo e mezzo in cui  egli inserisce  magistralmente quella del giornale. Lo storico, è evidente, deve fare delle scelte. E Valerio Castronovo è capace sempre di fare delle scelte ponderate, mai manichee. Aver scelto Castronovo si è rivelata la scelta migliore possibile.T uttavia non posso non  notare come non sia stato dato risalto ,se non minimo, all’edizione del pomeriggio “Stampa sera” che ha avuto una sua importanza non solo come scuola per tanti giornalisti destinati a passare alla “Stampa” o ad altri quotidiani . Pensiamo a Vittorio Messori, ad esempio, che nacque come giornalista a “Stampa sera”. Tra l’altro ,”Stampa sera del lunedì” sostituiva ad ogni effetto il numero mattutino della “Stampa”. Il giornale del pomeriggio è stato un elemento importante  della storia del giornalismo italiano.” Stampa sera” ha avuto direttori come STAMPA-SERACaretto, Doglio, Torre,Bernardelli  che meritano tutti di essere ricordati. Rossella che chiuse il giornale, accettando di liquidarlo in pochi mesi e che divenne successivamente direttore de “La stampa”, dovrebbe essere ricordato in modo critico.  Il licenziamento , dalla sera al mattino, di Pierangelo Coscia ,vicedirettore del quotidiano di via Marenco , da parte di  Paolo Mieli, viene ignorato e quel licenziamento non non fu una bella pagina nè umana nè giornalistica. Giorgio Calcagno ,protagonista della Terza pagina, viene citato una sola volta, come Cicchitto. Sandro Chiaramonti che ha consentito al giornale di sbarcare in Liguria da protagonista, viene trascurato.
Il mitico Ferruccio Borio capo cronista con Debenedetti, Ronchey, Fattori e Levi ,viene citato appena  tre volte. Borio seppe radicare a Torino “La stampa” come nessun altro, facendola diventare “un’abitudine” dei torinesi. Il nuovo direttore Molinari, tornando a girare la città, ha ripreso  il dialogo  con i lettori. Valentino Castellani ,sindaco per dieci anni, è citato una sola volta, la sindaca Appendino , in carica La stampada poco più di sei mesi,ha l’onore di quattro citazioni. E’ facile criticare, scorrendo l’indice dei nomi, Castronovo ha fatto un lavoro ciclopico in cui le inezie sono e devono restare inezie perché l’opera che ha scritto è davvero eccezionale. Bellissimo il numero di “Origami” ,l’originale settimanale  ideato e diretto da Cesare Martinetti  che ,in occasione dei 150 anni, ha raccolto alcuni articoli dei direttori e dei collaboratori più importanti. Merito di “Origami” aver messo nell’antologia dei grandi del giornale  un gigante dimenticato   come Frane Barbieri. Il giornale di Martinetti è sempre da collezione, ma il numero 65 lo è in modo particolare. Consente di conservare una sintesi di cos’è stata “La stampa” nei suoi primi 150 anni.

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carpaniniCarpanini e la sicurezza
Quando ho letto che il ministro degli Interni Minniti ha scoperto che la sicurezza è cosa di sinistra e che non possiamo permetterci ondate di migranti incompatibili con le nostre risorse (l’etica della responsabilità che deve prevalere su quella astratta  dei principi) mi è tornato alla mente Domenico Carpanini,vicesindaco di Torino con Castellani. Mancò nel 2001 ,mentre stava iniziando un dibattito con Roberto Rosso candidato sindaco di Forza Italia. Carpanini capì, prima di tutti, che bisognava intervenire in certi quartieri torinesi anche con mano pesante. Non glielo permisero perché il politicamente corretto era una regola ferrea, ma Domenico non solo nei nostri colloqui privati diceva cose che purtroppo sono rimaste  inascoltate. Mi invitava a colazione all’”Arcadia “ogni tre mesi per chiedermi cosa pensassi dell’Amministrazione. Prima e dopo di lui non  mi capitò più. Se fosse stato lui il sindaco di Torino,forse certi provvedimenti sarebbero stati presi o,forse,l’avrebbero fermato gli ambienti radical-chic che,quando lui volle multare i lavavetri ai semafori,si schierarono subito  contro di lui. Ci fu persino un noto professore che dichiarò che avrebbe comprato solo sigarette di contrabbando per solidarietà con i venditori clandestini. Il “Carpa “, invece, era una persona seria.

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peyrano 2I pasticcini torinesi 
Con la chiusura di Pejrano in corso Vittorio Emanuele ha abbassato in contemporanea le saracinesche anche Pfatisch, la pasticceria che conviveva con Peyrano. Quasi nessuno ha parlato di questa vecchia pasticceria. La sua bavarese al cioccolato e alla crema o alla frutta resterà un ricordo: era inimitabile. Sopravvive, per nostra fortuna, l’altro Pfatisch di via Sacchi  che è un locale storico, nato nel 1915, insignito del Premio di alta gastronomia “Mario Soldati”. Sono andato spesso proprio con Soldati ,ma lo frequentavano anche Montanelli e Bobbio che abitava poco distante in via Sacchi. I piccoli panini  e i canapè che si trovano solo la domenica, sono una squisitezza assoluta. Speriamo che  il Pfatisch sopravvissuto resti sempre a baluardo di una tradizione di cui Torino va giustamente fiera e che rischia di perdersi. In quel negozio si respira l’aria CIOCCOLATOdi cent’anni fa, un’aria quasi magica. Un’ altra squisitezza torinese  sono i gianduiotti fatti a mano da un altrettanto storico cioccolatiere di piazza Carlo Felice. Quei gianduiotti sono insuperabili quanto ,forse, non abbastanza conosciuti o, forse, sono rimasti tali perché non  molto pubblicizzati. Carlin Petrini non ha ancora pensato di creare il presidio del gianduiotto perché, altrimenti, ci si dovrebbe preoccupare. Da quando ha creato il presidio degli asparagi violetti di Albenga, la domanda è cresciuta rispetto all’offerta e sono comparsi asparagi violetti prodotti in altre regioni e spacciati come albenganesi.  Molte pasticcerie hanno da tempo chiuso i battenti: Daturi e Motta, Zucca. Altre pasticcerie si sono snaturate nei gusti. Una pasticceria molto nota a San Salvario, Gastaldo, ha chiuso da tempo. Il profiterol che facevano resta anch’esso irripetibile.Nessuno da saputo seguirne l’esempio.Peccato,Torino perde colpi anche in questo settore. 

* direttore del Centro Pannunzio

Se la Turchia diventa un “sultanato”

erdoFOCUS / di Filippo Re

Un dittatore con il turbante nella Nato? È ancora presto per dirlo ma i diciotto articoli del nuovo testo costituzionale non promettono nulla di buono e sembrano segnare una netta svolta presidenzialista e autoritaria della Turchia di Erdogan. I primi articoli dell’attuale legge che si riferiscono alla forma repubblicana e alla laicità dello Stato non corrono pericoli ma ciò che sparirà dalle pagine della Carta riguarda la separazione dei poteri tra giudiziario, legislativo ed esecutivo per cui il “sultano” di Ankara avrà mano libera in tutti i settori. Controllerà ogni mossa della magistratura, nominerà giudici,

 

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procuratori e ministri, potrà cacciarli quando vorrà ed emanerà decreti legge a suo piacimento, potrà sciogliere il Parlamento che avrà un ruolo decisamente minore di quello attuale e decretare lo stato di emergenza. Concentrerà nelle sue mani strapoteri per altri dieci anni. Il sogno di Recep Tayyip Erdogan, salvo colpi di scena, sta per diventare realtà: trasformare la Turchia in una Repubblica presidenziale e governare da monarca assoluto. Rimarrà in carica per due mandati, pari a dieci anni. In realtà governa già da tempo il Paese con il pugno di ferro e il fallito mini golpe del luglio scorso lo ha reso ancora più forte. Così ha deciso il Parlamento di Ankara che ha approvato la riforma radicale della Costituzione in senso presidenzialista.

ISTANBUL MOSCHEA

Non è stato difficile avere i voti necessari in aula con l’opposizione decimata dagli arresti e intimorita dai toni del leader massimo. Per evitare problemi Erdogan ha trovato un fedele alleato nei nazionalisti di estrema destra del partito Mhp, il movimento da cui uscì il killer turco Alì Agca che attentò alla vita di Papa Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981.

ERDOGAN

Ma ora si guarda al prossimo passo, resta infatti ancora un scoglio da superare, il referendum popolare a cui sarà sottoposta la riforma il 16 aprile. L’esito appare sicuro anche se non tutti i sondaggi danno per scontata la sua approvazione. Se il presidente verrà confermato alle elezioni del 2019, Erdogan potrebbe governare per altri dieci anni, fino al 2029 con poteri speciali, come un dittatore, instaurando una specie di “sultanato”. Più a lungo di Ataturk che guidò la Turchia dal 1923 al 1938. I segni di megalomania e autoritarismo si sono manifestati alcuni anni fa anche in progetti faraonici e costosissimi come la costruzione del nuovo palazzo presidenziale ad Ankara (oltre 300 milioni di euro) due anni fa. Un gigante immane (1200 sale in stile neo-ottomano) protetto da oltre mille poliziotti, 3000 telecamere e da una guardia molto speciale. Il presidente-sultano riceve capi di Stato, ministri e ambasciatori, scortato da soldati in costume che rappresentano “i sedici imperi” della storia turca.

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La sfrenata ambizione di Erdogan di far risorgere una Grande Turchia neo-imperiale avanza come un fiume in piena, di pari passo con una repressione che lascia sempre meno spazio di manovra all’opposizione politica. I leader che cercano di opporsi ai diktat del presidente finiscono dietro le sbarre come il capo del partito filocurdo (Hdp) Salahettin Demirtas che rischia 60 anni di carcere con l’accusa di aver organizzato “un gruppo terroristico” ma anche le altre forze politiche sono sorvegliate da vicino come gli esponenti del Partito repubblicano del popolo (Chp) e i curdi, contrari alla bozza costituzionale. Ha fatto scalpore ciò che è accaduto a un tranquillo deputato curdo, cacciato e sospeso dal Parlamento solo per aver ricordato il genocidio degli armeni e delle altre minoranze compiuto dai turchi negli anni della Grande Guerra.

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Per il despota d’Oriente i giochi non sono ancora fatti anche se la campagna referendaria si svolgerà in un clima di tensione e di repressione contro la stampa diISTANBUL LUSTRASCARPE opposizione. Dovrà alzare la guardia anche nei confronti del terrorismo jihadista, uno dei tanti nemici interni che lo ossessiona da qualche tempo. Dopo gli ultimi attacchi, come quello nella discoteca di Istanbul a Capodanno, che hanno insanguinato il Paese, Erdogan ha scatenato la caccia alle cellule dell’Isis ormai ramificate in gran parte della Mezzaluna, ad Ankara, Istanbul, Bursa e a Gaziantep, al confine con la Siria e con una consistente presenza di miliziani neri. Retata anche a Smirne, sulla costa Egea, dove sono state arrestate diverse persone sospettate di aver legami con il Daesh e di voler seminare il panico in città con nuovi stragi. Ma anche nel cuore dell’Anatolia, nella Turchia profonda, il Califfo recluta miliziani per la guerra santa contro infedeli e “traditori” musulmani, come a Konya, antica capitale del sultanato turco selgiuchide, diventata una base per reclutare combattenti per la Siria. Qui, a Konya, la città del poeta sufi persiano Mevlana Rumi (i famosi Dervisci ruotanti), l’attentatore uzbeko del Reina sul Bosforo aveva preso un alloggio con la sua famiglia.

 

 

(Dal settimanale “La Voce e il Tempo” – Filippo Re)

Gran serata futurista

cocchi albaMartedì 21 febbraio, dalle 18, l’Hemingway Cocktail Restaurant di Alba (via Mandelli 3) aprirà le porte al Futurismo con una speciale Gran Serata Futurista pensata in concomitanza con la mostra “FuturBalla” in corso alla Fondazione Ferrero dedicata all’artista Giacomo Balla.

 

L’evento è in collaborazione con la Giulio Cocchi di Asti, da anni impegnata nella ricerca sulla Miscelazione Futuristaed editrice del volume “La Miscelazione Futurista. Polibibite: la risposta autarchica italiana ai cocktail degli anni Trenta”, a firma del barman ed esperto Fulvio Piccinino.

 

Tra i molti campi in cui i Futuristi si misurarono, dall’arte alla letteratura, dall’architettura alla moda, non mancano i riferimenti storici alla cucina e alla miscelzione. Tra gli anni ’20 e ’30 infatti, grazie ai Futuristi, furono create in Italia ricette tra le più originali e innovative nella storia della cocktaillerie per tecniche, abbinamenti, ingredienti.

Il Futurismo affrontò con passione e senza preconcetti i temi della cucina e della miscelazione perché, come diceva Filippo Tommaso Marinetti, “l’uomo pensa, sogna e agisce secondo quello che beve e mangia”.

 

Tra “polibibite” (cocktail) dell’epoca preparate da Fulvio Piccinino e “neopolibibite” (versioni reinventate) preparate da Nicola Mancinone, l’”aeroaperitivo” dell’Hemingway proporrà una varietà di miscele accompagnate da “placafame” (antipasti).

 

 

Un’occasione unica per scoprire nuovi sapori e imparare insieme che ogni polibibita futurista diventa uno strumento per raggiungere specifici obiettivi:

 

Permangiare: antipasti ed aperitivo

Peralzarsi: dessert e dopo cena

Guerrainletto: dal forte apporto energetico

Paceinletto: per stimolare il sonno,

Prestoinletto: adatti alle fredde notti invernali

Snebbianti: forti corroboranti in grado di far prendere decisioni strategiche azzerando dubbi e tentennamenti

Inventine: per stuzzicare la mente, e per avere idee fulminanti

Domenica “in rosa” e senza auto il 5 marzo

just to donnaUna giornata di sport, cultura, ecologia, benessere e solidarietà. Il miglior modo per coniugare sport e salute è far correre la fiumana rosa di JUST THE WOMAN I AM 2017 tra le vie di una meravigliosa Torino senz’auto. La ‘corsa non competitiva e camminata a sostegno della ricerca universitaria sul cancro’ di quest’anno, oltre a essere salutare e solidale, sarà anche Eco-friendly: l’Amministrazione Comunale ha infatti istituito, per domenica 5 marzo, una Giornata Ecologica. Scopo dell’intera manifestazione – che vede lo sport universitario in prima linea – è promuovere l’attività fisica come una vera e propria terapia, sia in termini di prevenzione e cura, sia di riabilitazione. Corsa o camminata, dunque non importa. È fondamentale partecipare indipendentemente dal risultato.

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Credo che unire una giornata di sport all’aria aperta a sostegno della ricerca Universitaria sul cancro con una giornata ecologica sia un messaggio di prevenzione della salute molto importante su cui riflettere e lavorare in futuro“, afferma Roberto Finardi, assessore allo sport della città di Torino. Tra gli obiettivi prioritari dell’Assessorato alle Politiche per l’Ambiente – aggiunge l’assessora Stefania Giannuzzi – rientrano la tutela della salute e dell’ambiente finalizzati al miglioramento della qualità della vita dei torinesi, attraverso attività che promuovono stili di vita sani. La domenica ecologica consentirà così ai partecipanti di riappropriarsi per un giorno delle vie della Città”. Grazie alla domenica senz’auto i protagonisti della gara non agonistica, che partirà alle ore 16 da piazza San Carlo, saranno impegnati in un piacevole giro di 5,9 chilometri nella quiete di una città senza macchine. Un percorso che permetterà ai partecipanti di ammirare i monumenti più belli del capoluogo piemontese: da piazza san Carlo (sotto lo sguardo dell’imponente statua di  Emanuele Filiberto) a  piazza Castello, a viale dei Partigiani, via Rossini, via Po, corso Cairoli, Corso Vittorio Emanuele, piazza Carlo Felice fino a raggiungere nuovamente le due meravigliose chiese di San Carlo e Santa Cristina. Piazza San Carlo, punto di partenza e di arrivo della maratona, durante l’intera giornata ospiterà un fittissimo programma di appuntamenti che prenderà il via alle ore 10.00 (in aggiornamento continuo su www.torinodonna.it/evento). Il salotto di Torino si trasformerà così in una “palestra” a cielo aperto suddivisa in quattro aree: attività fisica, ricerca universitaria, prevenzione e tematiche legate alla donna.

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Le iscrizioni si possono effettuare fino alle ore 15.00 del 5 marzo.

Per informazioni: www.torinodonna.it