redazione il torinese

Tra reale e virtuale con i pazienti del Regina Margherita

Nell’ambito della programmazione OFF del Salone Internazionale del Libro, una mostra in esposizione dal 7 al 19 maggio al Circolo del Design, a cura dell’Associazione DEAR Onlus con TODO

Una mostra interattiva nella meraviglia delle possibilità combinatorie offerte dall’incontro tra architettura, grafica, tecnologia e fantasia. È Ad-mirabilia, che il Circolo del Design ospiterà nella nuova sede di via San Francesco da Paola 17, a Torino.
 
Ad-mirabilia nasce in un contesto particolare come quello del reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino, diretto dalla professoressa Franca Fagioli. Qui, da tre anni, l’associazione DEAR onlus, impegnata nell’umanizzazione degli ambienti di cura, porta avanti Robo&Bobo, un innovativo percorso didattico-laboratoriale che promuove l’alfabetizzazione nei campi del design e del digitale presso i ragazzi ospedalizzati.
 
Ad-mirabilia parte da uno spunto letterario, Le città invisibili di Italo Calvino, e conduce ad un viaggio nelle architetture tra reale e virtuale: nel corso dei laboratori di Robo&Bobo (che si tengono con cadenza settimanale all’interno del reparto, sotto la guida di operatori appositamente formati per il progetto), i ragazzi hanno osservato edifici storici e contemporanei, di cui hanno studiato le tecniche costruttive ed i dettagli, per poi giocare a scomporli e riassemblarli sulla base delle proprie suggestioni. Hanno lavorato con strumenti sia analogici sia digitali, come immagini e ritagli cartacei, app e visori per realtà virtuale, imparando come le attività manuali siano spesso propedeutiche alla comprensione ed all’uso delle tecnologie.
L’obiettivo del progetto è quello di offrire delle possibilità per moltiplicare i punti di vista, perdendosi nelle corrispondenze tra architettura e letteratura: l’invito, per chi visita la mostra, è di fare lo stesso.
 
“D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda”, dice il Marco Polo di Italo Calvino a Kublai Khan. Le meraviglie cui ci invita Calvino sono quelle che stanno inscritte in ogni gioco combinatorio. La parola “inventare” significa propriamente “trovare”, cioè mettersi in una posizione di ricerca e sperimentazione che ci consenta di pescare dalla gran cava di materiali della Storia quello che ci serve per esplorare le potenzialità che si nascondono in noi. Potremo così ampliare la conoscenza di noi stessi e degli altri e interrogarci sul senso del nostro essere al mondo e sui modi possibili di vivere insieme. “Leggere” e “riscrivere” le città, come hanno fatto i ragazzi del progetto Ad-mirabilia, significa allora aprirsi a sempre nuove dimensioni, avviare un cantiere di memorie, desideri e sogni.
Ernesto Ferrero
 
Il programma si arricchisce di:

  • un incontro di approfondimento sul progetto, sempre al Circolo, in programma martedì 14 maggio alle ore 18:30. Intervengono Paola Cappelletti per DEAR Onlus, Alice Mela per TODO, Roberto Maria Clemente per Studio Fionda, Pier Giuseppe Molinar per 70Magenta, e Valentino Megale per Softcare Studios; modera Leonardo Caffo, filosofo, curatore e scrittore;
  • una giornata di laboratori per bambini (6-10 anni) e ragazzi (11-14 anni), sabato 18 maggio dalle 14.30 alle 18.30, al Circolo del Design su prenotazione (info@circolodeldesign.it).

 
 
Ad-mirabilia è un progetto a cura di DEAR Onlus con TODO.
Il progetto espositivo è stato realizzato in collaborazione con il Circolo del Design, che dal 2015 promuove la cultura del design e del progetto, mettendo in rete aziende e professionisti, studiosi ed appassionati. Dal 2019, sotto la direzione di Sara Fortunati, il Circolo ha sede a Palazzo Costa Carrù della Trinità: oltre 400 mq per dare spazio a talk con i protagonisti del settore, mostre e workshop, una biblioteca ed uno store con una selezione di prodotti e brand.
Città della Salute è partner istituzionale del progetto.
La sponsorizzazione tecnica è di 70Magenta, Tipografia Ideal e 3DP srl.
Il progetto video è di Ortiche.
Robo&Bobo è realizzato con il supporto di Compagnia di San Paolo (Maggior Sostenitore) e 8per1000 Valdese.

IL CENTRO BENESSERE ‘ISUN’ AIUTA LA ‘MENSA DEI POVERI’ DI TORINO

Prosegue con successo l’iniziativa a favore degli indigenti e senza tetto della città, del tutto originale, dal titolo ‘Belli per i poveri’, che ha per protagonista ‘Isun’, neonato e moderno Centro Benessere inaugurato a Novembre 2017 a Collegno, in Corso Palmiro Togliatti 15/a, frutto di un’idea dell’imprenditore Luigi Carvelli tesa a creare un’oasi per il relax e la cura del corpo nel cuore del Quartiere Terracorta, da sempre uno dei più residenziali della cittadina dell’hinterland piemontese.

In un momento storico in cui, con la bella stagione già avanzata, diventa massima l’attenzione alla forma fisica e alla cura del corpo, ritengo sia importante rivolgere di cuore un pensiero anche a coloro che, invece, necessitano dei beni primari, e non voluttuari. Come i senza cibo torinesi, cui abbiamo deciso di devolvere parte dell’incasso a favore della ‘Mensa dei Poveri’ di Torino di Via Belfiore 12, fondata dal sacerdote cottolenghino Don Adriano Gennari, animatore della Onlus caritatevole ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione’ che la porta avanti con dedizione e impegno quotidiani“, confida entusiasta Luigi Carvelli.

Che aggiunge: “Sono nato il 30 Aprile, giorno tradizionalmente dedicato in calendario alla memoria liturgica di San Giuseppe Benedetto Cottolengo da pocoytrascorsa, il Santo della Divina Provvidenza che, primo tra i Santi sociali piemontesi, nella seconda metà dell’Ottocento pose l’attenzione al servizio dei poveri e degli ultimi. E questa iniziativa è anche un modo per celebrarne e onorarne concretamente il ricordo, e ribadirne l’esemplare condotta utile anche per i tempi presenti“.

Ed ecco che nei giorni di Martedì 7 e Giovedì 23 Maggio, Mercoledì 5 e 19 Giugno, chiunque acquisterà qualsiasi trattamento o pacchetto-benessere, contribuirà alla raccolta fondi in favore della ‘Mensa dei Poveri’ cui verrà devoluto il 20% dell’incasso delle giornate solidali, sostenendo così una lodevole opera di carità cristiana e sociale che prosegue ininterrottamente dal 2008 a oggi.

Il corpo è un dono di Dio ed è la bellezza di ciascuno di noi: pertanto va preservato con attenzione e rispetto, e occorre prendersene cura. E’ specchio dell’anima, in cui si manifesta l’infinita bellezza di Dio. Ringrazio di vero cuore il caro figliolo Luigi Carvelli per aver amorevolmente pensato ai nostri poveri“, dichiara soddisfatto Don Adriano Gennari.

‘Isun’ (www.isunestetica.it) è un nuovo modo di guardare alla cura della persona: l’impiego e la scelta di peeling cosmetici realizzati solo ed esclusivamente con formule naturali idonei al rinnovamento cutaneo con annessa azione rigenerante e purificante tanto sullo strato corneo quanto su quello profondo della pelle, unitamente a un mix efficace e inedito di strumenti atti a capitalizzare i benefici effetti delle onde di calore a raggi infrarossi nelle terapie di dimagrimento (sulla scorta di quanto accadeva già anche nel 3.000 A.C., cui risale la prima notizia certa di un trattamento di tal genere ottenuto allora con ferri o pietre calde avvolte in canovacci di tessuto e foglie) costituiscono soltanto alcuni dei punti di forza innovativi delle soluzioni estetiche offerte, in un’ottica olistica vincente che considera la bellezza della persona quale risultato perfetto di armonia ed equilibrio funzionale in ogni sua singola componente.

Completano il quadro l’attenzione costante alla ricerca delle tecnologie più all’avanguardia di sicuro utilizzo nei percorsi benessere personalizzati, che fanno di ‘Isun’ la risposta efficace e ottimale al crescente e attuale bisogno di benessere personale.

 

Il Salone del Libro, gli intolleranti e la libertà di espressione

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Di Pier Franco Quaglieni
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Il prof. Christian Raimo si è dimesso da consulente del direttore del Salone del libro in seguito alle polemiche suscitate da un suo post su Facebook in cui offendeva alcuni giornalisti di destra e affermava che alle loro idee non si deve << dare visibilità>>.Un vizietto ereditato da Eugenio Scalfari  molto frequente anche in certa stampa che decide di mettere il silenziatore a chi considera reprobo, violando i principi basilari del dovere di informazione.  Tutto è nato dal libro di Salvini pubblicato da una casa editrice vicina a Casa Pound .  Subito è montata l’indignazione per una possibile presentazione del libro – intervista di Salvini al Salone, a cui il direttore Lagioia si è opposto sia per condivisibili motivi di carattere generale ( no all ‘uso elettorale del Salone per tutti i politici ,) sia per ragioni specifiche nelle quali viene chiamata addirittura in causa  Torino, città medaglia d’oro della Resistenza e patria di Primo Levi, per affermare che al Salone certi libri non si devono presentare.

Una evidente contraddizione interna al Salone, se pensiamo che la Casa editrice del libro inquisito ha ottenuto, pagando, uno stand.   Mi sorgono spontanei due quesiti che non ritengo secondari : 
1) a che titolo il professore liceale ed assessore alla cultura del III municipio della Capitale Raimo è stato reclutato come consulente e quanti sono i consulenti del direttore Lagioia? Sarebbe interessante saperlo anche perché i consulenti, sicuramente ,non lavorano gratis. Per una piccola consulenza il portaborse di Appendino, ad esempio, ottenne 5000 euro, poi restituiti.
2) perché Raimo è ricorso ad un post pubblico  senza neppure considerare il suo ruolo nel Salone che non gli avrebbe consentito opinioni personali così nette ed assolute espresse via social proprio in merito al Salone di cui è consulente ?Se si guardano i giornali su cui ha scritto e scrive, la risposta è facile.
Il Salone deve essere un grande contenitore di idee e l’unico arbitro per esprimere giudizi sono i visitatori e più in generale i lettori. Quelli che si fermano o non si fermano davanti ad uno stand, ascoltano o non ascoltano la presentazione di un libro, dopo aver pagato un biglietto di ingresso che dà loro il diritto di scegliere.  Ha ragione il presidente del Circolo dei lettori, il notaio Giulio Biino, quando dice che gli spazi debbono essere aperti e non chiusi in modo aprioristico e che il reato di apologia del fascismo è cosa che va accertata solo dalla Magistratura e non da altri.  Certo, molte prese di posizione di Salvini sono irritanti, provocatorie  e presuntuose. In una parola infastidiscono. Casa Pound, da sempre, appare come un drappello di scalmanati che urlano, salutano romanamente  ed a volte ricorrono alla violenza che va sempre condannata con assoluta fermezza.  Mentre Salvini prende voti, Casa Pound alle elezioni si ferma al livello dei prefissi telefonici. E’ un dato su cui riflettere. 
Negli Anni Settanta sciolsero “Ordine nuovo” in base alla legge Scelba, che vieta la ricostituzione del partito fascista.  Un gruppo di antifascisti come Raimo oggi non solo vuole togliere visibilità all’estremismo di destra, ma vorrebbe anche  mettere al bando Casa Pound, chiudendone le sedi, considerate dei veri e propri “covi”. 

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 Proprio su questo tema io ho rotto un anno fa l’amicizia con un noto giornalista che stimavo molto ed a cui non perdono il manicheismo semplicistico e intollerante dimostrato in televisione. Dire che non si vuole parlare con la Mussolini perché nipote del duce è una sciocchezza e una manifestazione di faziosità difficilmente giustificabile.  In democrazia solo i magistrati possono accertare i reati e i “ reati “ politici, in un regime liberale ,non debbono esistere: è lo stesso articolo 21 della Costituzione a dirlo ,quella Costituzione nata proprio dall’antifascismo e dalla Resistenza che rifiuta i regimi autoritari e totalitari, senza far mai far cenno all’antifascismo.  Sciogliendo “ Ordine nuovo” ,forse, si diede un contributo  involontario al rafforzamento dell’ estremismo di destra che poi degenerò drammaticamente  nel terrorismo nero dal quale-va detto- Almirante seppe prendere tempestivamente le distanze. Anche questa è una riflessione che deriva dalla storia passata da cui trarre un insegnamento valido anche oggi.  Bisogna  soprattutto rendersi conto, una volta per tutte che la democrazia liberale garantisce a tutti la possibilità  di .esprimere le proprie opinioni .  La tolleranza volterriana va esercitata anche verso le idee intollerabili perché diversamente non è  vera tolleranza. E’ proprio dalla intollerabilità delle idee che si misura il grado della propria  tolleranza. Tollerare idee diverse dalle proprie, ma in linea di massima di per sé condivisibili, è troppo facile.  A giudicare tra idee e azioni conseguenti generate dalle idee  deve essere la Magistratura e nessun dirigente del Salone del Libro può sostituirsi ad essa.  Altrimenti c’è puzza di regime.
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Come diceva Ennio Flaiano ,i fascisti si dividono in due categorie : i fascisti e gli antifascisti . Può sembrare un’affermazione azzardata ,quasi una boutade,ma quando si leggono i post del dimissionario Raimo ci si deve convincere che non si tratta di un paradosso.  Certe intransigenze ideologiche sono necessariamente intolleranti.  La polemica che si è creata attorno al libro di Salvini e alla sua casa editrice ha, in ogni caso, fatto conoscere l’esistenza del libro e del suo editore sconosciuto ai più. Un ottimo risultato pubblicitario realizzato su misura da Raimo e dallo stesso Lagioia che tira in causa anche Primo Levi nell’anno del centenario della nascita.  Levi, per come  l’ho conosciuto io,era un uomo nettamente di sinistra ed aveva un carattere difficilissimo,direi  irascibile ,ma non era settario. Non lo vedrei in veste di “guardiano del faro” se non attraverso i suoi libri che sono ben altra cosa rispetto ai post di Facebook. I libri di Levi sono un vero antidoto rispetto ai fascismi, le scomuniche di Raimo e Lagioia sono ben poca ed effimera cosa.  Levi raggiunse l’arte attraverso la testimonianza straziante  dello sterminio, questi signori recitano le solite giaculatorie secondo manuale.  Nel 1972 Levi giunse a non partecipare ad un dibattito del Centro” Pannunzio” perché <<non era abbastanza di sinistra>>, sollevando la critica sarcastica di uno dei relatori ,l’antifascista a 24 carati Valdo Fusi che arrivò a dire che sperava in futuro di non doversi trovare a fare ginnastica in un nuovo ventennio di segno opposto o in un campo di rieducazione. Levi si limitò  a telefonarmi privatamente, dicendomi che non si sentiva di partecipare ad un incontro in cui c’era il socialista  Bruno Segre e  il cattolico Valdo Fusi. Forse non gli piacque la presenza di Terenzio Magliano che, peraltro ,era stato rinchiuso nel campo di Mauthausen. I socialdemocratici non gli piacevano e declinò molto civilmente l’invito, senza clamori e senza scomuniche.  Se Torino è città medaglia d’oro della Resistenza ,ciò deve significare una cosa soltanto : che la libertà è il valore supremo e che i neo o i vetero fascisti vanno combattuti “a viso aperto” con l’arma delle idee e della cultura, non con quella dei divieti. Vietare, negare visibilità come vorrebbe il prof. Rimo è un atto di intolleranza. E quando si inizia con l’intolleranza non si sa dove si finisce.
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C’è un legittimo rifiuto del fascismo di natura etica e di natura estetica, prima ancora  che di natura culturale e politica, in cui personalmente mi identifico, ma questa repulsione non deve indurre, almeno in chi ama la libertà, all’errore di bastonare l’avversario. Bastonare e dare l’olio di ricino era una prassi squisitamente fascista. Gli antifascisti non possono usare il bastone neppure metaforicamente.  La democrazia liberale è incompatibile con gli intolleranti di qualsiasi colore politico o religioso.  E’ un po’ come chi vuole combattere l’intolleranza del fanatismo islamico, ricorrendo all’odio religioso e non alla cultura laica del dialogo che deriva dalla migliore storia europea, quella che scrisse con il sangue delle guerre di religione la parola tolleranza.   Neppure più a Cuneo ,dopo decine di anni, si usa più la frase drammatica << Cuneo brucia ancora>>. Nessuno oggi impedirebbe comizi, come accadde per tanti anni al MSI che presentava liste, raccoglieva voti, ma non poteva organizzare un comizio.  L’antifascismo liberale, che non è assolutamente  meno antifascista, consente a tutti di parlare, riservandosi la replica argomentata e, se necessario, severa,  anche alle idee più sconce. Sulla base dei ragionamenti pacati, non urlati, ben ponderati, che colpiscono più di una pietra le tesi che si vogliono confutare.  E’ l’antifascismo che in Piemonte si richiama ad Einaudi, Soleri, Burzio, Brosio, Martini Mauri, Villabruna e Frassati.  Un’eredità di idee e di comportamenti che oggi appare totalmente scomparsa.
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Ps.  La  rinuncia pretestuosa  a partecipare al Salone di Carlo Ginzburg perché è stato dato uno spazio alla casa editrice di Salvini  e le posizioni faziose di Michela Murgia in merito al Salone  non fanno che confermare il  mio discorso sull’intolleranza. Per altro, mi sento in buona compagnia perché l’amico  Pier Luigi Battista oggi sul “Corriere della Sera” esprime gli stessi concetti che ho manifestato io. Ancora una volta, senza sentirci ,abbiamo reagito allo stesso modo: il metodo della scomunica e della censura e’ sempre inaccettabile e mettere all’indice libri ed editori e’ una forma di barbarie .Bisogna dominare l’intollerante che è in noi ,scrive Pierluigi Battista. Se il Salone revocasse lo spazio alla casa editrice di Salvini vicina a Casa Pound sarebbe un fatto molto grave che offuscherebbe l’immagine stessa  del Salone come luogo non privilegiato e libero che in  oltre trent’anni il Salone si è meritato .Sarebbe interessante conoscere l’opinione del suo fondatore Angelo Pezzana che ,amico di Marco Pannella, difficilmente può condividere un’impostazione illiberale che cozza con i principi basilari di una libera cultura.
 

scrivere a quaglieni@gmail.com

Europa Verde nella circoscrizione 1 – Italia nord occidentale – alle elezioni europee

Elena Eva Maria Grandi, co-portavoce nazionale dei Verdi, vicepresidente e assessore al Verde del Municipio 1 del capoluogo lombardo è la capolista. Nelle cinque circoscrizioni Europa Verde ha cinque donne capilista. “Il nostro è un progetto ecologista ed europeista. I Verdi italiani, insieme a Possibile, sono nella grande famiglia dei Verdi europei, l’unico, autentico, partito transnazionale del Vecchio Continente. Il  vero voto utile sarà quello per salvare la terra e il clima. Noi da 35 anni ci battiamo per la salvaguardia del pianeta attraverso la conversione ecologica dei processi produttivi”, dicono i Verdi.

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AVVISO  Il quotidiano “il Torinese” mette a disposizione questo spazio gratuito per tutti i candidati, liste, partiti e movimenti politici che partecipano alle elezioni europee, regionali e amministrative del Piemonte. Per pubblicare  comunicati stampa, programmi, annunci di convegni, comizi, iniziative elettorali scrivere alla mail: edizionibest@libero.it

Dalla febbre del sabato sera agli anni ‘80

Al Circolo dei Lettori di Torino, incontro con i Fratelli La Bionda

Dopo il successo ottenuto da Ricky Gianco, torna al Circolo dei Lettori un altro importante appuntamento con la musica di casa nostra. Considerati i pionieri della discomusic italiana, saranno i Fratelli La Bionda, in dialogo con Bruno Gambarotta e Giorgio Olmoti ad animare l’evento “Dalla febbre del sabato sera agli anni ’80”, in programma lunedì 6 maggio alle ore 21. L’appuntamento si inserisce nel ciclo di incontri “La musica della nostra storia”, organizzato nell’ambito della mostra “NOI…non erano solo canzonette”, in corso alla Promotrice delle Belle Arti di Torino fino al 7 luglio 2019. La mostra si presenta al pubblico come una grande rappresentazione della storia italiana recente nella quale la “Musica d’Autore” si fa strumento di esplorazione e interpretazione delle grandi trasformazioni che caratterizzarono quegli anni. Da questo presupposto nascono i tre appuntamenti al Circolo dei Lettori, rappresentazione dell’Italia dal 1950 al 1982, attraverso quei filoni musicali che ne hanno saputo parlare il linguaggio e restituire le emozioni.

Ciclo “La musica della nostra storia”

Circolo dei Lettori, Via Bogino 9, Torino; tel. 011/4326827

Ingresso libero

Prossimo incontro:

“Metamorfosi: il progressive e l’Italia degli anni ’70”

Giovedì 6 giugno, ore 21; incontro con Vittorio Nocenzi, con la partecipazione di  Bruno Gambarotta e Giorgio Olmoti.

g. m.

Nelle foto
– Fratelli La Bionda
– “La febbre del sabato sera”

 

Studenti piemontesi a Trieste, crocevia di frontiere contese

Cinquanta studentesse e studenti piemontesi, accompagnati da dieci docenti e da uno degli esperti degli Istituti storici della Resistenza piemontesi, parteciperanno dal 10 al 12 maggio al viaggio studio a Trieste che prevede la visita dei luoghi della memoria del confine orientale

Si tratta del primo dei tre appuntamenti riservati agli studenti vincitori della 38° Edizione del progetto di Storia Contemporanea, promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico regionale.
Le principali mete saranno la Risiera di San Sabba a Trieste, la foiba di Basovizza e, nel Goriziano, il memoriale di Redipuglia, dedicato ai caduti della Prima guerra mondiale.
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Trieste, luogo dei luoghi
Trieste, ricca di storia sul crinale carsico e crocevia di frontiere contese, è la città più settentrionale del Mediterraneo e più meridionale della Mitteleuropa, una città “luogo dei luoghi”, con un passato importante, complesso e sofferto, che si porta addosso i segni di ferite mai rimarginate e di irrisolti conflitti. Una città dove si sente l’odore salmastro del mare e il fischiare della bora, con le onde che s’infrangono sul molo Audace dove, nel 1914, (quando si chiamava ancora molo San Carlo) attraccò la corazzata “Viribus Unitis”, nave ammiraglia della marina Imperiale con a bordo le salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, uccisi nell’attentato di Sarajevo. Sullo stesso molo, quattro anni più tardi, giunse il cacciatorpediniere “Audace” della marina italiana. Era il 3 novembre del 1918, finiva la prima guerra mondiale e la nave che diede il nuovo nome a quella lingua di terra in mezzo al mare, vi sbarcò un battaglione di bersaglieri.
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Trieste letteraria, da Saba a Joyce
Trieste ha una “identità di frontiera”, è un crocevia cosmopolita che rispecchia le tensioni europee, che fonde – spesso drammaticamente – culture ed etnie diverse, una città letteraria dove, non a caso, molti scrittori hanno trovato ispirazione. Tra i tanti si possono citare Italo Svevo, Umberto Saba, Rainer Maria Rilke, Scipio Slataper, Boris Pahor Claudio Magris, Stuparich, James Joyce. Joyce visse a lungo in città, vi completò la raccolta di racconti “Gente di Dublino”, scrisse diverse poesie, oltre al dramma “Esuli” e ai primi tre capitoli de “l’Ulisse”, il libro che gli diede fama internazionale. In uno dei luoghi più belli della città, il Ponterosso che attraversa il Canal Grande, nel quartiere teresiano, un monumento in bronzo raffigura lo scrittore irlandese mentre cammina, assorto nei suoi pensieri, con un libro sottobraccio e il cappello in testa. La targa, riprendendo la “Lettera a Nora” del 1909, recita: “la mia anima è a Trieste”.
Trieste e la “rivoluzione” di Franco Basaglia
Trieste è la città dove lo psichiatra Franco Basaglia iniziò – dall’ospedale psichiatrico San Giovanni – la rivoluzione che portò all’abolizione dei manicomi con la legge 13 maggio 1978 n. 180. “La libertà è terapeutica”, venne scritto sui muri bianchi di quella “città dei matti” che rinchiudeva dietro le sbarre, con un “fine pena mai” chi era segnato dalla malattia. La legge “Basaglia”, a quarant’anni dall’entrata in vigore con tutto l’impatto che ebbe sulla società italiana affrontando il difficile rapporto tra malattia mentale, società, poteri e ideologie, è stata la “traccia” più scelta dagli studenti che hanno lavorato sul Progetto di storia contemporanea, raccogliendo i favori del 55 % delle ragazze e dei ragazzi. Grazie a questa legge ai “matti” venne riconosciuta la dignità di esseri umani, mettendo fine alla loro vita di non-persone, da segregare e sorvegliare perché “pericolose per sé e per gli altri”. Franco Basaglia, grande ispiratore della riforma, costrinse tutti a prendere atto che il malato mentale non era uno scarto della società, ma una persona che, nella sua debolezza, deve essere rispettata e aiutata a curarsi.
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La Risiera di San Sabba
Oltre al paesaggio fisico ci sono i luoghi dell’anima e le storie di personaggi veri, come Diego de Henriquez. Uomo straordinariamente singolare, triestino erede di una famiglia di ascendenza nobiliare spagnola, collezionista di ogni genere di materiale bellico e ideatore del Civico Museo della Guerra per la Pace, Diego de Henriquez ricopiò in due dei suoi diari, prima che venissero cancellate, le scritte lasciate dai prigionieri nelle celle della Risiera di San Sabba, lo stabilimento per la pilatura del riso che i nazisti trasformarono in lager diretto da Odilo Globočnik ,ufficiale delle SS e supervisore della costruzione di diversi campi di concentramento in Polonia (Bełżec, Sobibór, Treblinka), uno dei maggiori responsabili dello sterminio di milioni di persone durante l’Olocausto, calato a Trieste per fare della Risiera un luogo di morte. Le vittime della Risiera, unico campo di sterminio nazista in territorio italiano, sono stimate tra le 3000 e le 5000 persone, per la maggior parte partigiani e ostaggi, sloveni e croati, ma anche italiani, oltre ad almeno 28 ebrei.
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La Foiba di Basovizza
Durante il viaggio si visiterà la Foiba di Basovizza, nell’omonima frazione di Trieste a nord-est della città, sull’altopiano del Carso. Dichiarata monumento nazionale nel 1992, rappresenta il simbolo delle atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie di Tito. Pozzo minerario in disuso, nel maggio 1945 fu teatro di esecuzioni di civili e militari italiani, arrestati dalle truppe jugoslave d’occupazione. Gran parte delle vittime vennero gettate dentro le foibe, voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso triestino e in Istria. Quella di Basovizza, nel tempo, è diventa il principale memoriale, dotato da una decina d’anni di un Centro di Documentazione.
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Il Sacrario di Redipuglia
Ultima meta, sulla strada del ritorno a Torino, sarà il Sacrario di Redipuglia, il più grande e maestoso “parco della Rimembranza” dedicato ai caduti della Grande Guerra. Redipuglia, il cui toponimo deriva dallo sloveno “sredij polije” (“terra di mezzo”), si trova nella provincia di Gorizia, sul versante occidentale del monte Sei Busi e sorge nei luoghi dove, durante la Prima Guerra Mondiale, si svolsero le violentissime battaglie dell’Isonzo. Inaugurato il 18 settembre 1938, dopo dieci anni di lavori, l’opera –  conosciuta anche come  Sacrario “dei Centomila” – custodisce i resti di 100.187 soldati caduti nelle zone circostanti, in parte già sepolti, in un primo momento, sull’antistante Colle di Sant’Elia. Fortemente voluto dal regime fascista, il sacrario celebra il sacrificio dei caduti e offre degna sepoltura a coloro che non avevano trovato spazio nel cimitero degli Invitti. Si tratta di una  struttura imponente, composta da tre livelli di gradoni, sormontata da tre croci che richiamano l’immagine del Golgota e la crocifissione di Cristo. Circondato dai cipressi e dai prati  attraversati dai sentieri che passano accanto al museo e alle opere militari (camminamenti, caverne, trincee, postazioni per mitragliatrici e mortai) offre una testimonianza della linea difensiva realizzata prima dagli austriaci e poi conquistata dagli italiani.
 

Marco Travaglini

Mantova, aperte le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te

Sono aperte fino al 15 maggio 2019 le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te, il percorso di ricerca residenziale della Fondazione Palazzo Te dedicato alle arti e alla progettualità culturale, in programma nel periodo estivo a Palazzo Te
I programmi didattici 2019, articolati nei due moduli “Studiare Arte” e “Fare Arte”, sono aperti a studenti, professionisti e mediatori della cultura italiani ed internazionali. La mission della Scuola di Palazzo Te è di accrescere le capacità di azione, di pensiero e di sviluppo nel campo della produzione culturale contemporanea. L’intervento si concentra in particolare sulla relazione tra patrimonio, tradizione, linguaggi ereditati, cultura contemporanea e capacità di progetto, con l’intento di ispirare visione, nuove prospettive di ricerca, nuovi progetti culturali e formare alle capacità necessarie alla loro attuazione.
Studiare Arte
È un percorso residenziale di 5 giorni dal 17 al 21 giugno 2019. Organizzato in collaborazione con il Courtauld Institute of Art di Londra, il corso è dedicato agli studenti interessati a sviluppare le proprie competenze visive e analitiche attraverso il contatto diretto con un monumento complesso come Palazzo Te di Giulio Romano (1525-1535). Insieme al Prof. Guido Rebecchini, gli studenti spenderanno cinque giorni esplorando il Palazzo, con pieno accesso ai suoi spazi. Durante la residenza del gruppo a Mantova, gli studenti esamineranno in modo innovativo questa straordinaria villa cinquecentesca in cui architettura, pittura e scultura convivono e si relazionano in maniera profonda.  La classe sarà formata da circa 15 studenti, dottorandi di ricerca e studiosi.
Fare Arte
È un percorso residenziale di 9 giorni dal 25 giugno al 3 luglio 2019, quest’anno alla seconda edizione. Si terrà a Palazzo Te sotto la guida di tre esperti di arte contemporanea e produzioni culturali: Stefano ArientiMariangela Gualtieri e Stefano Baia Curioni. Il corso prevede 2 seminari monografici condotti dai due artisti, e una sessione comune pomeridiana sull’implementazione e lo sviluppo progettuale guidata dal Direttore della Fondazione Baia Curioni.
Il corso si rivolge a un gruppo di 35 artisti, operatori e mediatori culturali.

"LE ATTREZZATURE SPORTIVE DEL PARCO DORA SONO IN CATTIVE CONDIZIONI"

I CITTADINI LO SEGNALANO DA TEMPO AL COMUNE DI TORINO. QUANDO SARANNO RIPARATE?

Un’ennesima lettera (che inseriamo in calce a questo messaggio) pervenuta anche al nostro Comitato di cittadini sul problema in oggetto. Lo stato di abbandono delle attrezzature da gioco sotto la tettoia dell’ex capannone di strippaggio del Parco Dora è sotto gli occhi di tutti. E incombe pure il concerto del Kappa Futur Festival che occupa per giorni l’area. E’ un problema che coinvolge le decine di frequentatori del Parco e che abbiamo anche come Comitato segnalato nuovamente agli Uffici del Verde Pubblico della Città.

COMITATO DORA SPINA TRE

www.comitatodoraspina3.it

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La lettera

Più volte ho segnalato ai vari Enti competenti tramite mail, senza nessuna soluzione, la condizione dei vari campetti al Parco Dora: porte di calcio non più esistenti, niente reti di pallavolo e tennis, canestri di basket sistemati ad altezza diversa causa anche il Kappa festival.

Ad oggi il campo di calcetto risulta essere senza porte di calcio e senza una recinzione che ne delimiti i confini, anche per la sicurezza dei passanti; nel weekend è pieno di ragazzi che ci giocano ma come porte mettono delle borse.

Campi da tennis e pallavolo sono senza reti da anni.

Campo da basket: i tabelloni purtroppo sono stati messi ad altezze diverse; andrebbero regolamentati. L’abbassamento è stato causato dall’appoggio di una cassa durante il Kappa Futur Festival, il cui peso ne ha causato l’abbassamento.

I ragazzi che abitualmente giocano a basket hanno comprato due retine per i canestri; consiglierei di inserire quelle in ferro per evitare che se li portino via.

Tutto questo dovrebbe rientrare nella manutenzione ordinaria.

A chi bisogna rivolgersi per risolvere questo problema?

Il Parco Dora è un bel parco, però mi sembra che si stia abbandonandolo a se stesso.

Cordiali saluti

(segue la firma)

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Claudia Durastanti   “La straniera”   -La nave di Teseo-   euro 18,00
 
E’ una sorta di romanzo-memoir l’ultimo libro della giovane scrittrice Claudia Durastanti, nata a Brooklyn nel 1984, scrittrice e traduttrice, che ha esordito nel 2010 con il romanzo “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra”. Da allora la sua carriera nella patrie lettere è stata in continua ascesa. “La straniera” è la sua 4° opera, in gran parte autobiografica, perché anche lei come la protagonista è figlia di genitori non udenti, emigrata da Brooklyn in un paesino lucano. Figlia, nipote e pronipote di migranti, la Durastanti, narra un po’ la storia del suo albero genealogico in cui soprattutto le antenate italo-americane confluiscono nella figura della straniera. Una famiglia sui generis con forti dosi di fascino perché ingloba concetti come espatrio, viaggio, migrazione, ma anche vita ai margini, stranezze e comportamenti borderline. Diversità fisica e senso di estraneità attraversano le vite dei suoi genitori, entrambi sordi, che hanno imbastito un matrimonio tra il passionale e il rancoroso, finito con il divorzio nel 1990. Da allora non si parlano quasi più, ma entrambi raccontano il loro primo incontro sostenendo di aver salvato la vita all’altro. Chi dei due la racconti giusta è un rebus. Però parte proprio di lì l’indagine della scrittrice, che rimanda spesso al film di Jane Campion “Lezioni di piano”, pellicola che l’aveva particolarmente affascinata. Anche lei e la madre si erano trasferite in una nuova comunità, non proprio le spettacolari spiagge della Nuova Zelanda, ma un paesino sperduto della Basilicata. La protagonista del film era un’enigmatica e affascinante pianista muta, mentre la madre della Durastanti parlava fin troppo, non amava usare la lingua dei segni ed esprimeva il suo talento nella pittura. Una donna coraggiosa che a 34 anni, dopo la separazione, decide di lasciare l’America e Brooklyn, e con i due figli ancora piccoli percorre una rotta emigratoria al contrario. Figura complessa e irrequieta che difficilmente si integra nell’ideale femminile imperante nel meridione. Personaggio da scoprire a poco a poco attraverso la narrazione della figlia che ripercorre così anche la sua atipica educazione sentimentale poliglotta; tra ostacoli e perenne ruolo di straniera che però l’hanno resa più forte e addestrata a saper mettere radici ovunque nel mondo.
 
 
Gioconda Belli   “Le febbri   della memoria”   -Feltrinelli-   euro 18,00
 
Poetessa, scrittrice e giornalista, nata a Managua nel 1948, Gioconda Belli ha esordito nel 1988 con il best seller “La donna abitata” e da allora ha raccontato storie di stampo femminista. Ora per la prima volta si mette nei panni di un uomo, di più…in quelli di un suo misterioso antenato di cui ricostruisce l’avventurosa vita nell’800. Tutto ha inizio con la scoperta fortuita di un corposo manoscritto di 480 fogli di carta da pacchi, nascosto in un’antica scatola di latta, rinvenuta durante i lavori di demolizione della casa di sua nonna Graciela a Matagalpa. In quelle pagine c’è la storia del suo avo: il Duca francese Charles Choiseul de Praslin, Pari di Francia, accusato di aver ucciso la moglie e rocambolescamente scappato dalla Parigi post rivoluzionaria del 1847. Ha fatto credere a tutti di essersi ucciso ed ha lasciato per sempre dietro di sé 9 figli e un’ingente patrimonio. Nella sua precipitosa fuga sull’isola di Wight, accompagnato da un fedele servitore, trova rifugio per un po’, sotto mentite spoglie. Riparte da zero, cambia nome, diventa Georges Desmoulins e si reinventa un passato, apprende i rudimenti della medicina e stringe amicizia con il poeta Alfred Tennyson. Questo però è solo il suo primo temporaneo scalo. Lidi ben più lontani lo attendono e forse è questa la parte più affascinante della storia. Si imbarcherà per New York dove va alla ricerca di Henriette, l’istitutrice dei suoi figli con cui aveva imbastito una storia di adulterio che l’aveva danneggiato non poco. La scova, l’affronta e chiarisce una volta per tutte la dinamica dell’omicidio della moglie. Chiude un capitolo doloroso della sua vita e poi guarda altrove. Fra gli incontri che farà il più interessante e strategico è quello con un personaggio del calibro del Commodoro Cornelius Vanderbilt, magnate energico e geniale che trasformava in oro tutto ciò che sfiorava. (Curiosità. A Newport in America si può visitare “The Breakers”, l’imponente dimora estiva costruita dai Vanderbilt, in stile rinascimentale italiano. Sfarzo e ricchezza dell’età d’oro di fine 800 che lascia senza fiato). Ed ecco che Charles afferra al volo una seconda chance nel selvaggio Nicaragua, dove il governo dava concessioni sulle terre ai nuovi arrivati europei che guardavano al Nuovo Mondo come speranza di futuro. Nella zona di Matagalpa nascono così le nuove colonie e il protagonista trova finalmente il suo definitivo approdo, iniziando una nuova vita che vi appassionerete a scoprire. E’ da lì che arriva una delle nonne della scrittrice che ci ha regalato 300 pagine indimenticabili, tra rocambolesca saga familiare e romanzo storico.
 
 
 
Rachel Cusk   “Transiti”   -Einaudi-   euro 17,00
 
Questo è il secondo libro (dopo “Resoconto”) della trilogia della scrittrice Rachel Cusk , nata in Canada nel 1967, ma inglese di adozione, che vive tra Londra e la contea di Norfolk. Dopo gli studi a Oxford ha esordito a soli 26 anni con “Saving Agnes” con cui ha vinto il Whitbread Awards, poi tra i suoi romanzi tradotti in italiano “Arlington Park” e   “Le variazioni Bradshaw”. In “Transiti”, secondo tassello della sua trilogia, mette a punto la narrazione “aperta” in cui più personaggi che “transitano” nella vita della protagonista si raccontano mettendo a nudo le loro vite. Il filo che lega il tutto è la voce narrante di una scrittrice separata da poco, che compra una disastrata casa londinese e la ristruttura. L’appartamento è la porzione di un’antica dimora vittoriana divisa in due, e lei si trova a dover fare i conti con gli altri inquilini. Una coppia di anziani coniugi incattiviti nei confronti del mondo, che la odiano, la insultano, lasciano cadere a pezzi la casa e il giardino ..e soprattutto non sopportano il minimo rumore. Il racconto inizia con i lavori di insonorizzazione dei pavimenti…ed è l’inizio di un collage di personaggi vari e diversissimi tra loro che magari compaiono una volta sola. Ecco allora un mosaico fatto di tanti frammenti, una sequenza di dialoghi tendenti al monologo in cui le persone incontrate dalla protagonista raccontano le loro vite e stigmate. Dalla storia del muratore polacco avvolto dalla nostalgia per il suo paese a quella del cugino Lawrence che ha lasciato la moglie per un’altra. Spesso dietro alle traiettorie di vita si annidano traumi infantili, rotture   in famiglia e tanti altri spaccati di vita che la Cusk racconta in modo magnifico.
 
 

 
 
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