redazione il torinese

Paolo Rumiz. Un filo infinito per salvare l’Europa

Giovedì 9 maggio Paolo Rumiz ha presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino il suo ultimo libro “Il filo infinito”, il racconto di un viaggio tra i monasteri benedettini che porta lo scrittore triestino a contatto con la storia di uomini straordinari che hanno rifondato l’Europa in un momento di grave crisi, ricostruendo un continente lacerato dalla caduta dell’impero romano. Il “Viaggio alle radici dell’Europa” nasce quasi per caso, due anni fa, durante un altro viaggio, quello nei territori feriti e martoriati dal terremoto. Rumiz, giunto a Norcia, entra nella piazza principale e si trova di fronte ad uno spettacolo che lo colpisce: le due chiese sono crollate e distrutte, ma è rimasta intatta la statua di San Benedetto, patrono d’Europa. Nella notte lo scrittore cerca informazioni su un santo che non conosce, su un uomo dell’Appennino che, con la sua regola, ha avuto la forza di rifondare un Occidente in decadenza e travolto dalle invasioni barbariche, riuscendo a convertire e a rendere sedentarie popolazioni affamate di cibo e di guerra, per nulla paragonabili ai poveretti che, oggi, cercano rifugio nei nostri territori, attratti dalla speranza di un domani migliore. L’idea di un viaggio tra i monasteri d’Europa nasce dalla necessità di un triestino, laico, magiapreti, di comprendere come, in un momento molto più difficile di quello che il nostro continente sta vivendo oggi, in anni in cui l’Europa stava attraversando un periodo estremamente buio, un gruppo di uomini sia riuscito, attraverso il lavoro, la preghiera, il silenzio, la cultura e soprattutto il cibo a ricostruire un mondo che sembrava morto, integrando popolazioni diverse e conquistandole con una Regola che è quanto mai attuale. Il percorso tra quindici monasteri collocati in sette nazioni viene scandito da susseguirsi di incontri perché quello che rende unico un viaggio non sono i luoghi che si visitano, ma le persone nelle quali ci imbattiamo durante il cammino.
 
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Tra le pagine di questo libro che diventa una ricerca di una soluzione che ci consenta di ricostruire, ancora una volta la nostra Europa, Rumiz ci accompagna a conoscere persone straordinarie come l’abate Wolf “padrone di undici lingue, amante della musica, studioso di teologia, filosofia, zoologia, chimica e astronomia, missionario in Africa, insegnante al pontificio ateneo di sant’Anselmo a Roma, autore di una trentina di libri” che si rivela un uomo di una semplicità disarmante quando confessa candidamente “siamo contadini”, sottolineando come i benedettini compiono una rivoluzione culturale quando, primi uomini liberi, prendono in mano una zappa e iniziano a lavorare la terra, creando un sistema economico. L’abate conduce Rumiz a visitare gli orti, le stalle e, infine, il cimitero tripartito: da una parte riposano i soldati della Wermacht, in un’altra gli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio e nella terza i monaci che dormono sotto piccoli cumuli di terra smossa, sormontati da una croce di ferro che indica il mestiere che fecero in vita. In questo luogo di pace l’abate Wolf indica la propria tomba, già pronta, un cumulo che viene ad innaffiare ogni giorno, non un “memento mori” tragico, ma un simbolo di speranza perché i benedettini non pensano “troppo all’eterno nel senso orizzontale della durata. Immaginano l’istante in cui si siederanno al tavolo delle nozze”. Tra musica celestiale, manoscritti antichi e preziosi, incontri straordinari Rumiz giunge a comprendere che questi uomini sono stati capaci di costruire un mondo in grado di dialogare con il laico in un momento in cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo sull’Europa e sono queste le radici dalle quali dobbiamo partire. Soltanto facendo nostra e attualizzando una lezione che parla di accoglienza, di integrazione, di speranza, di lavoro, potremo salvare e rifondare questa Europa che si sta disgregando sotto i nostri occhi. Bisogna ripartire dal mito di Europa, la fanciulla che Zeus, trasformatosi in un toro bianco, rapì e portò attraverso il mare fino all’isola di Creta. Europa fu la prima migrante della storia ed è il suo destino essere punto di arrivo per i popoli, essere luogo di dialogo, di convivenza, di democrazia perché anche nei momenti più difficili “democrazia” significa speranza che anche il più debole, il più misero degli esseri umani possa vincere contro un potente.
 

Barbara Castellaro

 
 

Contratti agricoli stipulati con i defunti per ottenere contributi

Quando si imbatteva in un terreno agricolo apparentemente abbandonato, la prassi era sempre la stessa: si recava all’Agenzia delle Entrate e lo registrava a suo nome in qualità di locatario. Il vantaggio? Ottenere in tal modo i contributi agricoli erogati dalla Regione. C’era però un particolare, i legittimi proprietari non ne sapevano nulla.

Questo è quello che ha scoperto la Guardia di Finanza di Torino nel corso di un’indagine nei confronti di un imprenditore di Lanzo Torinese (TO). I Finanzieri della Tenenza di Lanzo Torinese che hanno condotto le indagini, hanno ascoltato una trentina di proprietari terrieri nei comuni di Lanzo Torinese e comuni limitrofi. Dai primi riscontri è emerso fin da subito che la quasi totalità dei soggetti coinvolti era totalmente all’oscuro che i loro appezzamenti,sui cui gravava tra l’altro una richiesta di contributo pubblico, risultassero dati in locazione al fantasioso agricoltore.   “L’operazione” ideata dal maldestro concittadino, infatti, permetteva, mediante la registrazione del contratto, di ottenere i contributi agricoli che l’A.R.P.E.A., l’agenzia regionale per i fondi all’agricoltura, eroga a vantaggio dei produttori agricoli. La vicenda ha assunto toni ancora più spiacevoli quando i Finanzieri hanno accertato che alcuni dei contratti agricoli erano stati stipulati con persone oramai defunte da anni, destando l’incredulità e l’indignazione dei parenti delle persone decedute. La posizione del quarantenne è ora al vaglio della Procura Regionale della Corte dei Conti; la finalità è il recupero del maltolto alla comunità.

Litiga con la fidanzata e la polizia scopre che detiene droga

Un cittadino italiano di trentacinque anni è stato arrestato da personale della Squadra Volante per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’intervento di polizia è scaturito da una segnalazione giunta al 112, dopo le 4 del mattino, relativo ad un litigio in strada fra fidanzati, piuttosto acceso. All’arrivo della pattuglia, l’alterco fra i due era già finito, ma gli operatori non poteva non notare un forte odore di stupefacente provenire dall’uomo. La perquisizione personale effettuata su di lui, un cittadino italiano di 35 anni, portava al rinvenimento di alcune dosi di hashish, marijuana, cocaina per circa 2,2 grammi. Gli agenti provvedevano anche alla perquisizione domiciliare del suo alloggio, rinvenendo altri 50 grammi di hashish e marijuana, custodita in contenitori cilindrici in vetro nonché la somma di denaro contante di 2570 € e 1 bilancino elettronico di precisione.   L’uomo, con precedenti per reati simili ed anche di altri natura, è stato arrestato.
 

Economia circolare al mercatino di Mirafiori

Sabato 11 Maggio inaugura a Mirafiori, in Corso Tazzoli 226, il Mercatino dell’usato, attività imprenditoriale vestita di sostenibilità. Il riuso, in quanto prevenzione, genera effetti positivi per la comunità locale e per l’ambiente. Proprio di questo vsi discuterà nell’ambito di un dibattito nel corso dell’inaugurazione, a cui prenderanno parte sia l’amministrazione locale che il Comune di Torino. Il Mercatino di Mirafiori nasce in una area “particolare” con l’obiettivo di esprimere sul
territorio tutta la potenzialità e la forza dell’economia circolare, in grado di rigenerare flussi reddituali altrimenti persi, contribuendo fortemente al rallentamento della desertificazione commerciale locale. Ma cos’è il riuso, e perché fa bene alla società e all’ambiente? A spiegarlo nel corso del dibattito esperti di settore, giornalisti e studenti. “Acquistare beni usati suggerisce Fabrizio Malberti – l’imprenditore di Mirafiori – è un gesto intelligente. Un oggetto che passa di casa in casa, continua a diffondere il suo valore salvaguardando il luogo in cui si vive”. In Italia ha spiegato Sebastiano Marinaccio – Presidente della Mercatino – con 7 milioni di oggetti movimentati nell’ultimo anno è stato possibile evitare emissioni in atmosfera per circa 45.000 tonnellate di gas serra e di risparmiare circa 30.000  kg di PM2.5, le cosiddette polveri sottili, le più cancerogene. Proprio questo ultimo aspetto ha condotto Legambiente ad approfondire il fenomeno: gli oltre 11 milioni di metri cubi di oggetti venduti in 6 anni da Mercatino equivalgono al volume totale di rifiuti urbani conferiti nel 2016 nelle discariche italiane (Fonte: rapporto ISPRA 2017). Il riuso si configura quindi come opportunità di riduzione dei costi per lo smaltimento dei prodotti, un incentivo alla sostenibilità e alla diffusione di un concreto modello di economia circolare, con relative ricadute occupazionali. Ricordiamo inoltre che secondo la Commissione Europea il riutilizzo è destinato a crescere e potrebbe generare fino a 800.000 posti di lavoro facendo scomparire un sesto
della disoccupazione giovanile.
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Programma
Ore 11:00
Il brivido della durata
Letture teatrali a cura di Antonella Dello Gatti e Nadia Lambiase di
Mercato Circolare attorno ai 4 principi dell’economia circolare
Ore 11:30
Dibattito “Riuso ed Economia Circolare” nasce il Mercatino di
Mirafiori
Relatori:
Luisa Bernardini Presidente Circoscrizione 2 – Torino
Alberto Unia Assessore Ambiente – Città di Torino
Federico Mensio Presidente Commissione Ambiente Torino
Sebastiano Marinaccio Presidente Mercatino Franchising
Alessandro Stillo Presidente Rete ONU
Fabrizio Bo – Amministratore Legambiente Piemonte
Nadia Lambiase – Mercato Circolare
Filomena Greco – Sole24Ore
Giuseppe Iasparra – Eco dalle Città
Modera Giorgia Marino de La Stampa – Tutto Green
Ore 12:00
Antonella Giani di Giardino forbito con lo scrittore Sebastiano
Mondadori presentano “Un anno fa domani” libro selezione Strega
2010, primo candidato 2019 per essere Letto&Riletto. Progetto
BOOKSHARING – la circolarità etica dell’editoria

APERTE LE CANDIDATURE PER GLI INNOVATION IN POLITICS AWARDS 2019

Il 2017 ha visto un vincitore italiano e, nel 2018, ben 10 progetti locali in finale

Ogni anno, gli Innovation in Politics Awards rendono merito ai progetti politici più coraggiosi e di impatto realizzati nei Paesi membri del Consiglio d’Europa. Una giuria di più di 1.000 cittadini europei provenienti da 40 Paesi seleziona gli 80 finalisti e nomina i vincitori nelle 8 categorie, fra tutte le candidature ricevute. Chiunque può candidare un progetto: nel 2017 sono stati più di 600 le iniziative presentate. La Cerimonia di Premiazione si svolgerà il 4 dicembre 2019 a Berlino.

 La nuova edizione del premio internazionale per la buona politica prende il via: tutti i politici eletti, a qualunque livello, e i comuni cittadini dei 47 paesi membri del Concilio d’Europa, sono invitati a candidare iniziative politiche e progetti che esplorano nuovi territori per la democrazia liberale. L’Italia ha già raggiunto la vittoria nel 2017 grazie al progetto Tariffa Puntuale, Verso Rifiuti Zero del comune di Capannori (LU), e nel 2018 ha visto in finale ben 10 esempi di eccellenza e innovazione provenienti da tutta Italia: Adotta un Nonno (Milano), Borgoalbergo (Ferla), Crowdfunding civico (Milano), Hopeificio (Chieuti, Serracapriola), La Banca del Riciclo (Latronico), Laboratori di Comunità (Bologna), Officine ON/OFF (Parma), Ragazzi Harraga (Palermo), Reddito di Cittadinanza Locale (Livorno), Torino City Lab (Torino). Gli Innovation in Politics Awards raccolgono ogni anno modelli di governo e amministrazione pubblica di alto valore, che cambiano in meglio la vita dei cittadini e pongono le basi per un futuro migliore, basato sui valori europei di Dignità della persona, Libertà, Democrazia, Uguaglianza, Diritti umani. Fra i recenti vincitori degli Innovation in Politics Awards ci sono state, ad esempio, iniziative ambiziose e di forte impatto come European Solidarity Corps del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che permette ai giovani di prendere parte ad attività di volontariato in tutta Europa, o Gdansk Immigrant Integration Model, che promuove progetti speciali per l’integrazione dei migranti e dei rom, presentata da Pawel Adamowicz, il sindaco di Danzica tragicamente scomparso lo scorso gennaio. “In una fase storica particolare per l’Italia e per l’Europa, è stata una grande soddisfazione nella scorsa edizione vedere ben dieci iniziative in finale, molte delle quali provenienti da piccoli borghi che con creatività ed energia hanno dimostrato che un cambiamento è possibile”, dichiara Martin Slater, Presidente di Noesis Group, rappresentante di The Innovation in Politics in Italia. “L’Italia è ricca di progetti politici straordinari, che mostrano l’impegno delle istituzioni locali per la comunità. Incoraggiamo dunque i cittadini del nostro Paese a partecipare, aiutandoci ad identificare queste iniziative per portarle oltre i nostri confini come esempi virtuosi di buona politica”. Questa iniziativa è dedicata allo sviluppo e al rafforzamento della politica democratica e della amministrazione pubblica innovativa in Europa. A questo fine, superando i confini geografici, si cercano e si riconoscono progetti politici esemplari in 8 categorie: Civiltà, Comunità, Democrazia, Ecologia, Diritti Umani, Lavoro, Prosperità, Qualità della Vita. Il know-how che viene condiviso da queste best practice può essere fatto proprio da altri attori della politica e dalla società civile, indipendentemente dal partito di appartenenza, dal livello di servizio o dalla regione. Tutti i progetti candidati saranno valutati da una giuria di più di 1.000 cittadini da tutta Europa il prossimo autunno. Chiunque, al di sopra dei 16 anni, può candidarsi per diventare un membro di questa giuria. Tutti i finalisti saranno invitati alla cerimonia di premiazione a Berlino, il 4 dicembre 2019: 500 ospiti da tutta Europa sono attesi alla serata di gala, che si svolgerà al TIPI, presso la Cancelleria Federale.

Candida un progetto suhttps://innovationinpolitics.eu/it/project-nominate

Diventa un membro della giuria suhttps://innovationinpolitics.eu/it/juror-submit

Gli Awards sono organizzati dall’Innovation in Politics Institute con sede a Vienna, assieme ai sui partner europei: Act.Now (Vienna), Arenaldé (Stoccolma), Dreamocracy (Bruxelles), Bulgarian School of Politics, EuropaNova (Parigi), European Forum Alpbach, assieme a Szkola Liderów e THINKTANK in Polonia.

L’appetitoso fagottino Braidese

La “Sautissa ed Bra” e’ un prodotto tradizionale della salumeria braidese

salsiccia

E’ l’unica salsiccia prodotta con carni di vitello che puo’ fregiarsi di una Concessione Regia di Casa Savoia a firma di Re Carlo Alberto nel 1847. Ve la propongo in questa insolita e sfiziosa ricetta.

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Ingredienti per 4 persone:

350gr.di salsiccia di Bra
1 grossa patata
4 fette di formaggio Taleggio
Sale e pepe q.b.
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Sbriciolare la salsiccia e farla dorare, senza condimento, in una padella calda. Cuocere la patata a vapore, pelarla e ricavarne 8 fette. Preparare 4 fogli di carta forno e confezionare i fagottini mettendo in ognuno 2 fette di patata tagliata a tocchetti, 2 cucchiai di salsiccia, sale, pepe e la fettina di Taleggio a pezzi, chiudere a fagottino e legare con spago da cucina. Cuocere in forno per 15 minuti a 200 gradi. Servire i fagottini come antipasto e…buon appetito.

Paperita Patty

 

Queen Eye: dodici artisti contemporanei raccontano il mondo delle donne

Percorrere le sale della mostra Queen Eye significa fare un vero e proprio viaggio nell’universo femminile Allestita al piano terreno del Castello di Adelaide, sede del Museo Civico della città di Susa, la mostra è nata per raccontare lo sguardo delle donne in tutte le sue molteplici declinazioni. «Regine, madri, mogli, imprenditrici, migranti — racconta il curatore, Stefano Angelo Paschero le donne sono tutto questo e molto altro: l’associazione Artemide ha deciso di dedicare loro una mostra per raccontarle attraverso gli occhi di dodici artisti contemporanei di talento, sia donne che uomini». In questo modo, lo sguardo delle donne non si limita ad essere solo quello delle artiste che espongono i loro lavori, ma anche e soprattutto quello delle protagoniste femminili delle 70 opere presenti in mostra.  Si tratta di lavori realizzati con tecniche e stili completamente diversi, aderenti alle differenti personalità degli artisti. Così, alle opere di Marco Sciarpa, estremamente pop per stile e colori ma non per questo banali, fanno da contraltare gli scatti di Enzo Gargano, fotografo attento alle relazioni umane. Presentano in mostra una serie di fotografie pure Gianni Caruso e Pamela Cirella. Quest’ultima espone anche un paio di opere su carta, «nate per fissare in un’immagine i momenti bui e i momenti belli della vita di ogni donna». Sullo stesso materiale lavora Anna Olmo, che nei suoi disegni lascia che sia la forma ad emergere liberamente: «Le donne protagoniste delle mie opere — tiene a precisare l’artista — nascono per sottrazione perché oltre al carboncino uso la gomma con cui cancello il segno per far emergere la figura». Invece, in tutte le opere di Gabriele Bosco, è la preparazione rossa della tela a emergere volutamente lungo i contorni delle figure. La presenza di animali felini rappresenta la costante dei dipinti di Matilde Negro, mentre il dialogo con la pittura metafisica costituisce la cifra distintiva delle opere di Davide Pognant Gros. Oltre alla riproduzione di un dipinto di Giorgio De Chirico, il giovane artista valsusino presenta due lavori densi di significato: «In Medusa racconto della donna che seduce l’uomo per poi abbandonarlo, mentre in Notte trasfigurata, rappresento un uomo e una donna incinta abbracciati e senza volto per riflettere sulla decadenza della condizione umana». Attraverso un’installazione e un dipinto su tela, Sara Francesca Molinari affronta il tema della violenza sulle donne, mentre Anna Branciari gioca con i colori per dare vita a poetiche immagini di fantasia. Venere Chillemi presenta in mostra alcune tele e una serie di sculture, lavori che concepisce e realizza come strumenti di ricerca e di riflessione spirituale. Infine, Rosalba Castelli racconta l’amore tra due donne attraverso un’installazione di otto dipinti su tela. Questi ultimi fanno parte di C(i)elate, un progetto artistico articolato, che prevede la realizzazione di una performance. Intitolata Chi sono le nuvole e incentrata sul concetto di identità, si terrà alle ore 18 del prossimo venerdì 17 maggio: «Proprio in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia — precisa il curatore Paschero — per ribadire che al Castello non facciamo distinzioni. Tutti gli esseri umani legati da un rapporto di amore e rispetto per noi danno vita a una famiglia». Proprio per la famiglia, comunque intesa, il Castello ha pensato a un pacchetto speciale: l’ingresso al museo, comprensivo della mostra, costa 6 euro, quello ridotto 3 euro, ma per due adulti e due bambini il biglietto è unico a 10 euro. Si tratta di un’iniziativa lodevole, che nasce dalla volontà di far conoscere un luogo ricco di storia: nei mesi di maggio e giugno, il Castello apre le sue porte ogni venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. 
Giulia Amedeo

I divieti non servono a capire

Di Pier Franco Quaglieni
La scelta” tutta politica” del presidente Chiamparino e del sindaco Appendino di vietare all’ultima ora la presenza al Salone dell’editore di Salvini va rispettata perché i due interessati se ne sono assunti la piena la responsabilità. Ma essa tuttavia suscita non pochi dubbi in chi è di convincimenti liberali perché i liberali non amano i divieti e si ispirano a Voltaire che destava certe idee,ma diceva di voler lottare fino alla morte perché esse possano essere manifestate liberamente.Io,sia chiaro,non metterei mai in gioco la mia vita per difendere Casa Pound che è mille anni- luce distante dalle mie idee che si ispirano al pensiero liberal-democratico e laico.Ma, proprio perché liberale e laico, non posso condividere le decisioni dell’ultimo momento di Chiamparino ed Appendino ,affermando allo stesso tempo una condanna senza appelli per ogni forma di fascismo ,comunque camuffata. Voglio tentare di fare alcuni ragionamenti a mente fredda,sgombra da pregiudizi settari,ammesso che in questo Paese, nel clima incandescente in cui ci troviamo,sia ancora lecito farlo.Ieri su “La stampa “ e’ comparso un articolo di Waldimiro Zagrebelski, non propriamente un liberale, nel quale quasi mi identifico. La civiltà culturale e giudica europea ha sempre garantito a tutti, specie a chi è più distante,il diritto di manifestare il suo pensiero. E sempre ieri ho letto tanti articoli e prese di posizione che manifestano spirito liberale e tollerante. Forse oggi molti di quelli che hanno scritto ieri ,si trovano a disagio di fronte alle decisioni prese ieri era. Il Salone che non voleva politici, per non essere trascinato nella campagna elettorale ,e’ diventato invece oggetto di un’aspra polemica politica, come mai era accaduto in trent ‘anni.C’è’ sicuramente da rimpiangere l’equilibrio avveduto di Picchioni e Ferrero rispetto agli attuali gestori del Salone . Lo stesso notaio Giulio Biino presidente del Circolo dei lettori,copronotore del Salone ,da uomo di legge, ha sollevato dei dubbi sulla limitazione imposta al diritto di parola . Certo, dà molto fastidio che un giovane editore ,neppure trentenne ,si dichiari fascista e ritenga Mussolini il più grande statista italiano,come già disse Gianfranco Fini prima di essere folgorato sulla via di Damasco dalla tesi del “fascismo male assoluto”. Da’ fastidio non perché possa essere illecito dichiararsi tale- lo ha riconosciuto Zagrebelski che non e’ illecito dichiararsi fascista – ma perché significa che certi valori, che sembravano essersi affermati, sia pure faticosamente, una volta per sempre, sono tutt’altro che condivisi da tutti.Questo è il dato che involontariamente mette in evidenza la decisione di Chiamparino e Appendino. Se c’è gente ,sia pure poca ,che ad oltre settant’anni dalla fine ingloriosa e drammatica del fascismo,lo rimpiange ,ciò deve essere motivo per una seria ed approfondita riflessione e non per dichiarazioni di fede fini a se’ stesse, simili a vere e proprie giaculatorie laiche che non servono a salvarci dal male del fascismo. C’è da domandarsi se la presenza di fascisti in Italia sia un fatto patologico rispetto alla democrazia o non si debba invece considerare ,visto il numero molto ridotto di nostalgici ,un fatto fisiologico ad un sistema democratico, in quanto gli apologeti della violenza e della forza sono forse un elemento irriducibile in ogni umana società. Ampliando per un attimo il discorso va detto che una società formata tutta da buoni cittadini democratici resta un’utopia impossibile da realizzare: Caino ed Abele ,ad esempio,sono, purtroppo,una dura,implacabile realtà che dobbiamo condannare e combattere, pur sapendo che essa non è facilmente estirpabile dalla storia umana . Solo un sano realismo machiavelliano può preservarci da mali peggiori,evitando le utopie dell’uomo naturalmente buono di Rousseau o dell’uomo “virtuoso” di Robespierre, vittima egli stesso del terrore giacobino da lui fomentato:reminiscenze lontane, eppure incredibilmente vicine al clima infuocato del Salone del libro di Torino in cui brilla soprattutto l’evidente giacobinismo del sindaco Appendino e dei consiglieri comunali grillini che si lasciano andare a vere e proprie forme di virulenza polemica totalmente prive di qualsivoglia cultura storica.
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Chiamparino invece ha la sua storia che viene direttamente dal Pci e merita più rispetto proprio perché sempre coerente con le sue idee che non ha mai sostanzialmente cambiato nel corso dei decenni.Pensare ad un Chiamparino liberale in effetti sarebbe quasi un ossimoro. In ogni caso appare in tutta la sua vistosa vacuità chi, pur non essendo grillino, ha mandato nel 2016 con il suo voto al ballottaggio, Appendino a fare il sindaco di Torino al posto di Piero Fassino.Oggi può toccare con mano il grave errore commesso eleggendo Appendino. Palmiro Togliatti, uomo coltissimo che aveva letto e studiato Machiavelli e Marx, non credo si sarebbe messo ad urlare contro l’untorello fascista,negandogli uno spazio al Salone. Corazzato di cultura storica, egli,pur nel suo cinismo quasi assoluto, si differenzia totalmente da questa sinistra odierna , formata in larga misura da quelli che Vittoria Ronchey chiamava i “figlioli miei marxisti immaginari”, per lo più parolai sessanttotini o loro diretti eredi. Togliatti, ministro di grazia e giustizia,volle l’amnistia per partigiani e repubblichini, all’indomani del referendum istituzionale del 1946, per chiudere la pagina della guerra civile ,scontentando molti comunisti che criticarono il suo provvedimento di clemenza che copri’ veri e propri crimini,anche se non “particolarmente efferati”. A molti di quelli che hanno strillato più forte in questi giorni consiglierei una lettura di Togliatti che sarebbe loro estremamente utile per capire la complessità della storia che non divide mai la mela esattamente in due parti. Il problema è come circoscrivere e battere ogni forma di neo- fascismo risorgente nel modo più aperto e convincente senza rinunciare alle libertà di parola di chi la pensa diversamente. Il bello della democrazia e’ proprio quello di consentire ai suoi nemici di parlare,anche se Popper poneva dei limiti agli intolleranti. Uno storico autorevole come Carlo Ginzburg dovrebbe aiutarci a capire perché non tutti gli italiani sono antifascisti e ci sono invece persone che non esitano a dichiararsi fascisti. Dire di disertare il Salone per non mescolarsi con loro è una scelta in ogni caso poco utile a consentirci di capire il problema del neofascismo nell’Italia di oggi . Posso comprendere e anche condividere che la sopravvissuta novantenne di Auschwitz Halina Birembaum possa avere a ridire sulla presenza dell’editore di Salvini e rispetto la sua testimonianza come se fosse quella di Primo Levi. Ma gli altri che si sono espressi sul tema non hanno i titoli morali della Birembaum e spesso hanno peccato di eccessiva faziosità . Le frasi ad effetto-non dimentichiamolo- non risolvono i problemi e servono esclusivamente a riempire i giornali di panna montata ,perché le dichiarazioni bellicose e gladiatorie che abbiamo letto rivelano un’intelligenza corta e un grado di intolleranza molto alto. La presidente dell’ANPI che non voleva partecipare al Salone per non infettarsi avrebbe dovuto invece forse dovuto più umilmente domandarsi se anche l’ANPI non avesse commesso qualche errore, riducendo a volte l’antifascismo ad un fatto reducistico, come accadde nel secolo scorso per i Mille di Garibaldi, sopravvissuti all’impresa in Sicilia. Festeggiare il 25 aprile o premiare il sindaco di Riace  non basta a far crescere tra i giovani e i cittadini in generale una coscienza democratica che non venga imposta da qualcuno,ma nasca da una radicata e profonda convinzione personale. Non si può obbligare tutti con la forza a pensarla allo stesso modo, alla maniera dell’ANPI o di chiunque altro, a meno di cadere più, o meno volontariamente, in una sorta di mistica antifascista. La mistica, non dimentichiamolo mai, e’ quanto di più lontano ci sia dal pensiero democratico – liberale e laico. Al Salone, a scegliere i libri e a deciderne la sorte, debbono essere solo ed esclusivamente i visitatori e i lettori: nessuno, neppure i magistrati, sono autorizzati a decidere quali siano i libri buoni da ammettere e i libri cattivi da respingere. Che il presidente uscente della Regione e il Sindaco di Torino, abbiano anche presentato esposti non come singoli cittadini,ma in rappresentanza delle rispettive istituzioni appare un fatto senza precedenti. Un atto che sembra più emotivamente elettorale che ragionato. Nella Costituzione della Repubblica non c’è mai un riferimento all’antifascismo e si parla del “disciolto partito fascista” solo in una norma finale e transitoria. Questo è il merito storico dei Costituenti: aver scritto una costituzione antifascista in positivo e non in negativo. Nella sostanza e non nella forma.
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E’ un merito che già vedeva Piero Calamandrei che,pur costituente, non era così entusiasta della Costituzione,come si evince da un suo discorso all’Assemblea costituente che pochi ricordano. L’antifascismo è certamente un valore importante,ma va testimoniato con coerenza ,facendo crescere una consapevolezza democratica che deve essere acquisita volontariamente come scelta e non imposta da altri. Questo è l’elemento discriminante tra chi è liberale e chi non lo è.Sicuramente non c’è obbligo di essere liberali,ci mancherebbe altro. Ma chi è liberale non può lasciarsi intimidire e tacere perché l’esempio della tolleranza liberale vale sopratutto per le idee intollerabili. La proposta più esilarante che abbiamo letto in questi giorni e’ venuta dal Torino Pride che pretende niente meno che la firma di un codice etico per partecipare al Salone. Si tratta di una vera e propria sciocchezza perché il Salone deve essere una sorta di Pireo della cultura in cui la categoria del bene e del male non c’entra nulla.Un porto in cui ci si incontra e ci si scontra in libertà assoluta. Con idee opposte, anche diametralmente opposte, che sono il vero sale della democrazia . Solo le dittature pretendono uniformità di consensi. Gobetti diceva che le idee è meglio che siano diverse e contrastanti perché solo dal loro scontro nascono nuove idee. Gobetti era intransigentemente antifascista e pagò un prezzo altissimo per questa scelta coraggiosa a cui bisogna rendere l’onore dovuto. Ma Gobetti era anche un liberale,malgrado la sua intransigenza che portò Prezzolini a definirlo un cherubino della rivoluzione. Cantare in coro e’ l’opposto della democrazia e l’idea di andare a cantare “Bella ciao”al Salone lanciata da una assessore regionale uscente ha tutto il sapore della trovata elettorale, con tutto il rispetto dovuto alla canzone più popolare della Resistenza. Il Salone non è fatto per i coristi,ma per tanti,tantissimi solisti capaci,per usare parole di Montanelli di steccare nel coro dei conformismi. Come non ho protestato a suo tempo per la presenza al Salone di Sofri e di Curcio,come non ho protestato per la presenza dei libri del pluriomicida e terrorista Cesare Battisti ,così non mi scandalizzavo per la presenza dell’editore vicino a Casa Pound che ha pubblicato il libro-intervista di Salvini il quale, forse, non sarebbe stato neppure in grado di scrivere in proprio un suo libro. Semmai mi scandalizzo del fatto che abbiamo dei politici incolti e grossolani come Salvini che ,per altro-gli va riconosciuto-non ha neppure mai tentato di approdare al Salone,avendo capito per tempo che la cultura non è esattamente il suo forte. Semmai mi scandalizzo per il bassissimo livello degli interventi contro Salvini e la sua casa editrice. E noto che, di fatto ,nessuno si è schierato dalla sua parte. E questo deve far riflettere. Non mi scandalizzo neppure per l’assenza dell’editore vicino a Casa Pound che legittimamente è stato deciso di escludere da chi aveva il potere di farlo,scindendo un contratto che pure era stato sottoscritto altrettanto legittimamente ,come ha riconosciuto anche il direttore Lagioia. A questo punto però, altrettanto legittimamente, credo di avere il diritto di dissentire.  Con questo dissenso non si sento meno antifascista di altri. Lo sono e lo rimango, anzi proprio per questo motivo, mi permetto di dissentire perché il fascismo fu basato sui divieti. Nel campo della cultura,per dirla con il ’68 francese,per me è “vietato vietare”. Non sopporto il Sessantottismo, ma il suo essere libertario lo condivido. Credo che Marco Pannella mi avrebbe indicato questa strada: criticare con durezza gli avversari nemici della democrazia,ma garantire a tutti il diritto di parola.  Non dimentichiamo che l’intera vicenda ha dato una visibilità a questa casa editrice sconosciuta che neppure un’agenzia di pubblicità avrebbe potuto garantirle. E vietare può significare anche rendere incredibilmente attrattivo qualcosa che di per sè non lo sarebbe,anzi sarebbe disgustoso. Anatole France scrisse che, facendone un peccato,il Cristianesimo ha fatto molto per il sesso. E il sesso ha di per sé una forte, naturale attrattiva. Non vorrei che rendendolo proibito,un libro suscitasse un interesse che non merita affatto.  Trattandosi di un divieto esplicitamente politico,vedremo le conseguenze che potrà avere anche sul voto di fine maggio. Ma, forse,la maggioranza degli elettori si sarà nel frattempo scordato anche il Salone del Libro, oltre che le polemiche che ha suscitato e che lo accompagneranno. Viviamo in un Paese in cui, in fondo, la cultura interessa a pochi e una delle cause del risorgere del fascismo è proprio questa:la mancanza di un’adeguata cultura che consenta di non dimenticare cosa sono state la dittatura e la guerra per milioni di Italiani. 
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P.s. Vedo al Salone del libro delle persone che molto civilmente passeggiano in silenzio con frasi antifasciste. Questo è un modo di essere presenti che approvo totalmente perché non impedisce a nessuno di manifestare le proprie idee .

scrivere a quaglieni@gmail.com

LA DIFESA AL 32° SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

La Difesa partecipa con un proprio stand alla 32^ edizione del Salone del Libro, presso il Lingotto Fiere a Torino, per promuovere e per pubblicizzare i prodotti e le iniziative editoriali delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri

Il tema dell’edizione di quest’anno del Salone internazionale del Libro è “Il gioco del Mondo” che ben si collega al costante impegno delle Forze Armate alle missioni internazionali per garantire non solo la sicurezza della collettività nazionale, ma anche un futuro stabile e prospero alle giovani generazioni.

Il 10 maggio alle ore 17:30, nella Sala Bronzo del Lingotto, verrà presentato il libro “NATO-ITALIA:1949-2019”, in concomitanza con la ricorrenza del 70° anniversario dalla costituzione dell’Alleanza Atlantica. Saranno presenti gli autori, l’Ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo e Matteo Bressan. A seguire verrà premiato il vincitore del concorso fotografico “UNO SCATTO IN AVANTI: LE DONNE NELLA DIFESA” per valorizzare il lavoro svolto dalle donne della Difesa a 20 anni dalla loro entrata nelle Forze Armate.

Dal 9 al 13 maggio le proposte editoriali “con le stellette” che verranno presentate presso lo stand della Difesa comprendono diversi prodotti editoriali dalla storia all’attualità.  In particolare:

·         Giovedì 9 maggio la Marina Militare, alle ore 12:30, presenterà “Aviazione Navale nella Grande Guerra” e “Aquile della Regia Marina”, poi l’Aeronautica Militare, alle 15:00, i “100 ANNI Gruppi 20” e, infine, alle 17:30, l’Esercito Italiano “Armando DIAZ Duca della Vittoria”, “Bollettino Archivio Storico 2018” e “Atti del Primo Convegno Nazionale di Storia Militare”;

·         Venerdì 10 maggio, alle ore 10:30, i Carabinieri presentano “Detective dell’Arte”;

·         Sabato 11 maggio, alle ore 10:30, l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore delle Difesa presenta “Atti del Congresso di studi storici internazionale dal titolo 1918: La Vittoria e il Sacrificio” “Dalla Battaglia di Arresto alla Vittoria” e, alle ore 12:30, “I Balcani Occidentali al bivio – La NATO, KFOR e il ruolo dell’Italia”, alle ore 15:00 l’Esercito presenta la “Rivista Militare”, per terminare alle ore 17:30 con l’Aeronautica con “Una storia di d’eccellenza, l’addestramento al volo dei piloti dell’Aeronautica Militare” e “Voglia di volare”;

·         Domenica 12 maggio, alle ore 10:30 l’Ufficio Storico di SMD presenta “Missione in Siberia” e “A Scuola sul Mare” e, alle ore 15:00, termina la Marina Militare con “Uomini oltre – COMSUBIN” e “Basi navali e aeree e della Regia Marina nella 1^ Guerra Mondiale”;

·         Lunedì 13 maggio, alle ore 10:30 lo Stato Maggiore Difesa presenta “Uomini contro bombe”, poi alle 12:30 i Carabinieri con “1948-2018 – I Carabinieri negli anni della Costituzione”, a seguire, alle ore 15:00, la Marina presenta “Per Venezia non si passa” e, alle 17:30, l’Esercito conclude con la presentazione “Rapporto Esercito 2018”.  

In questa edizione le Forze Armate parteciperanno per la prima volta anche alla 16^ edizione del Salone Off con l’apertura al pubblico (il 9 e 10 maggio, dalle 9 alle 13 e dalle 17 alle 20) dello storico palazzo dell’Arsenale, sede della Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, dove gli ospiti potranno partecipare alle visite guidate, vedere una mostra dei mezzi ed equipaggiamenti militari ed una esposizione di editoria militare. Il 9 maggio alle ore 19:30, ci sarà la presentazione del libro “I Balcani occidentali al bivio” e, il 9 e 10 maggio alle ore 20:30, si conclude con il concerto/carosello della Fanfara della Brigata Alpina “Taurinense”.