Salone del Libro & C: si accettano proposte per la ripresa

di Enzo Biffi Gentili

Cercasi proposte d’uscita dalla crisi torinese, che s’aggrava sempre più, e vengono giustamente invitati a intervenire sui giornali locali anche rappresentanti della società civile e dell’imprenditorialità privata. A esempio recente, Alberto Barberis, alla guida dei giovani di Confindustria, ha affermato in un’intervista rilasciata a Paolo Griseri (Dobbiamo far emergere quella Torino sconosciuta così ricca di grandi talenti, in “la Repubblica”, 10 dicembre 2017) che “la chiave…è tutta nella capacità di sapersi raccontare”. E rieccoci alla richiesta di una “narrazione” -fondamentale in una società della comunicazione- ma che troppe volte negli anni passati si è trasformata in un’arma di distrazione di massa dallo stato dei fatti. Non sarebbe però corretto imputare solo a Chiamparino e poi a Fassino questa tendenza al racconto fantastico, che è stato obbiettivamente rialimentato proprio dagli organi di stampa, dal mondo della cultura, della finanza e dell’industria, e da gran parte dell’opposizione. Ristabilire quindi differenti ruoli e posizioni, pur su obbiettivi comuni di rilancio e ripresa, è fondamentale per uscire da un “sistema Torino” eccessivamente “poroso” in passato, e sovente proprio per quanto riguarda le relazioni e rapporti tra pubblico e privato, tra missioni istituzionali e interessi economici e commerciali. Pare se ne renda ben conto, per quanto di sua competenza, l’Assessora alla Cultura della Regione, Antonella Parigi, che alle prese con il delicato problema del disavanzo della Fondazione per il Libro -altro caso, tra molti, emblematico di un’acritica trascorsa ottimistica “narrazione”- e delle incertezze operative e gestionali che riguardano o prossimi Saloni ha auspicato “una forte discontinuità rispetto al passato”.

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Precisando poi che manifestazioni di natura fieristica come il Salone del Libro ed Artissima – alle quali aggiungiamo anche Operae, l’Indipendent Design Fair- non possono avere carattere eminentemente commerciale, se devono continuare a godere di risorse pubbliche. Altrimenti, conclude Parigi, sarebbe più razionale lasciarle emigrare a Milano, o altrove. Una coraggiosa considerazione, poi articolata con varie proposte di soluzioni e di interventi di altre strutture come il Circolo dei Lettori o la Fondazione per la Cultura, che dovranno essere legalmente chiarite da uno studio specializzato in diritto amministrativo, Merani Vivani e Associati. Insomma, si è di fronte a una preziosa occasione per ristabilire la necessaria, netta distinzione tra enti e personaggi istituiti o nominati da organismi di diritto pubblico per rispondere a esigenze di interesse generale, nel caso culturale, e senza fini di lucro ed altri che coltivano un pur legittimo interesse privato. La questione, prima che giuridica, è politica: più volte nelle assemblee elettive, a partire da membri del Movimento 5 Stelle, ci si è lamentati di un sistema Torino che oltre dalla “porosità” testimoniata da un certo interscambio delle funzioni, come tra Enti locali e Fondazioni, sembrava pure caratterizzato da qualche ambiguità nelle procedure amministrative adottate. Insomma, non raccontiamocela più: fatti, non pugnette, come si direbbe in Romagna.

 

 

 

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