Da questa mattina sono in corso perquisizioni nell’edificio occupato da Askatasuna in corso Regina. La polizia sta perquisendo anche abitazioni di militanti riconducibili al centro sociale e a collettivi studenteschi. L’operazione di polizia è collegata all’inchiesta sugli assalti alle Ogr, a Leonardo e alla sede de La Stampa, durante manifestazioni pro Pal nei mesi scorsi. Il centro sociale, attivo dal 1996, e’ stato alla fine sgomberato. Dentro c’erano alcuni attivisti, mentre secondo le regole del patto di “legalizzazione” del centro sociale in corso con il Comune, sarebbe dovuto essere vuoto. Ora cadono le condizioni per continuare nel percorso che il sindaco Lo Russo perseguiva, di rendere Askatasuna “bene comune”.
Le reazioni politiche
“Caro sindaco, te l’avevo detto, te l’avevamo detto. Quanto emerso oggi durante le perquisizioni al centro sociale Askatasuna di Torino conferma ciò che denunciamo da tempo: quel già assurdo patto di collaborazione siglato con il Comune è stato un’altra volta apertamente violato”. Lo dichiara il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che prosegue: “L’accordo prevedeva un utilizzo limitato e regolamentato degli spazi. La presenza di persone che vi abitavano stabilmente, ben oltre quanto consentito, dimostra che non c’è mai stata la volontà di rispettare le regole. Quando un patto viene tradito, quel patto cessa di avere valore. Non esistono zone franche né scorciatoie ideologiche che giustifichino l’illegalità. Chi occupa spazi pubblici e non rispetta gli accordi presi con le istituzioni non può pretendere indulgenza o coperture politiche. Askatasuna deve essere sgomberato: lo Stato non tratta con chi considera le regole un optional”. Il Ministro ha poi concluso: “L’imbarazzante gestione della questione da parte del Comune e del sindaco ha, com’era ovvio, portato soltanto a una perdita di tempo. Parlare di patto sciolto, ora, non basta più. Siamo nel bel mezzo di uno scenario che richiede responsabilità e azioni politiche, un lessico e un immaginario da Libro Cuore non risolveranno la situazione. Il sindaco di Torino prenda atto concretamente della violazione e agisca di conseguenza: governare una città significa far rispettare le regole, non voltarsi dall’altra parte”.
“L’operazione di questa mattina ha certificato quello che noi dal territorio denunciamo da sempre. Non c’è stato giorno in cui Askatasuna sia stato libero dagli antagonisti. Per mesi il Comune di Torino ha raccontato la versione del Patto con i “civici”, dei piani interdetti, dei lavori necessari per permettere allo stabile di sanare l’inagibilità, ma nei fatti in Corso Regina 47 continuava ad esistere la base del peggior antagonismo violento. Finalmente speriamo che l’operazione di oggi metta un punto fermo su questa vicenda e riporti alta la credibilità dello Stato” a dichiararlo e la capogruppo di Fdi in Circ.7 Patrizia Alessi insieme ai consiglieri Domenico Giovannini e Francesco Caria.
Alessi continua: “Signor Sindaco, Assessore alla Sicurezza, Assessori tutti della Giunta Lo Russo, Garanti del Patto Askatasuna e tanti altri…..oggi almeno un pò di vergogna spero esca da voi! BASTA prenderci in giro!”.
“Lo sgombero di Askatasuna è esattamente il contrario della sicurezza: è un ulteriore passo verso la criminalizzazione delle lotte sociali ed è il tentativo di cancellare spazi di partecipazione e solidarietà. Tutto questo, fatto dal Ministero degli Interni anche contro la Città, che aveva finora risposto alle continue richieste di sgombero con un patto che riconosceva Aska come bene comune: patto che la Prefettura ha in sostanza fatto saltare. Non è con la forza che si risponde al bisogno di socialità, cultura e mutualismo che questi luoghi hanno rappresentato per anni”. Lo dichiarano Marco Grimaldi, vice capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Alice Ravinale capogruppo AVS in consiglio regionale del Piemonte, Sara Diena e Emanuele Busconi consiglieri comunali di Torino, sinistra ecologista. Le due capigruppo da questa mattina sono davanti a corso Regina 47.
“Il governo Meloni – proseguono– continua a usare la forza come risposta politica, trasformando le forze dell’ordine in uno strumento di propaganda, addirittura cancellando a oltre 500 bambini gli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze di Natale pur di mandare in scena la sua odiosa spettacolarizzazione della repressione, con un intero quartiere militarizzato. Ma la storia dei centri sociali non si cancella con un’operazione di polizia: è una storia che ha attraversato decenni, costruendo alternative, reti di solidarietà, cultura dal basso. La città deve resistere a un governo che usa luoghi come il Leoncavallo e Aska come lo scalpo del nemico: occorre aprire subito un confronto pubblico sul futuro dell’immobile di corso Regina, perché Torino non ha bisogno di silenzi, ma di spazi vivi, aperti, partecipati”.
“Chi oggi esulta per lo sgombero è minoranza in città – concludono i rappresentanti rosso verdi– dimentica che la libertà non si sgombera. Ogni volta che si chiude uno spazio sociale, si spegne una luce nella città. Noi continueremo a lottare perché ci sia ancora più luce contro questo buio”, commenta Sinistra Ecologista Torino.
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“Finalmente sono in corso perquisizioni e si stanno sgomberando i locali occupati abusivamente a Torino da Askatasuna. In uno stato civile e democratico il ripristino della legalità è doveroso”. Lo ha affermato il Segretario Generale del SAP, Stefano Paoloni. “Gli appartenenti ad Askatasuna – ha aggiunto – sono stati protagonisti più volte delle manifestazioni in cui sono scoppiati gravi episodi di violenza. Si tratta di veri e propri professionisti del disordine, i quali, indipendentemente dalla motivazione della manifestazione, hanno quale unico scopo quello di provocare tensioni. Per troppo tempo è stata tollerata la situazione di illegalità e finalmente oggi è stato deciso l’intervento. È stato un lavoro capillare di verifiche e accertamenti, da parte dei colleghi di Torino, per dimostrare in modo oggettivo lo stato di illegalità presente nel centro sociale. La professionalità degli operatori ha superato il pregiudizio ideologico”, ha concluso Paoloni. |

