La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: 25 aprile 80 anni dopo – Referendum – Lettere

25 aprile 80 anni dopo
Chi vuole vedere il 25 aprile 1945 come una data storica deve necessariamente storicizzare , evitando le  esaltazioni acritiche. C’è un libro di Dino Messina  dal titolo molto  significativo “Piazzale  Loreto. I due volti della liberazione” che merita di essere letto. Messina analizza i diversi giudizi su quell’ultimo episodio che rappresentò secondo Parri una “carneficina sudamericana”, mentre Bocca giunse a definirlo con la  sfrontatezza dello scribacchino (che era stato anche antisemita) un “atto rivoluzionario”. La violenza non è mai giustificabile di per sé. Questo è un principio sul quale non si può derogare specie se a farne le spese sono dei cadaveri.
Il 25 aprile va comunque celebrato come fine di una terribile guerra durata cinque anni che per altri versi chiudeva una guerra civile europea iniziata nel 1914 la quale ebbe una parentesi di pace tra il 1919 e il 1939: una sorta di guerra dei trent’anni, come è stato detto, forse semplificando molto perché la storia non si ripete mai. Il sogno del 25 aprile fu quello della pace, della libertà, della democrazia che non sempre si realizzarono, anche se  pensiamo anche solo alla guerra fredda. In Italia si aprì  un lungo periodo di libertà e di democrazia garantito da una Costituzione che si è rivelata il frutto migliore e più duraturo del 25 aprile. Non bastò un generico antifascismo perché non tutto l’antifascismo fu democratico. E non bastò neppure il sogno europeo, già nato nella mente di Einaudi ben prima del manifesto di Ventotene, a dare concretezza all’unità europea ,anche se l’Europa, nel suo  pur difficile cammino, ha garantito una pace insperabile: i nazionalismi e le cupidigie nazionali sono dure a morire. I veri valori ad aver vinto il 25 aprile sono però  quelli dell’ Europa oggi putroppo  in profonda crisi. Il modo migliore per festeggiare la Liberazione è quello di guardare al futuro, sperando che Putin e Trump non rappresentino il ritorno ad un passato che speravamo archiviato per sempre. Gli Stati Uniti che diedero un contributo fondamentale alla liberazione dell’Europa, non possono finire ostaggio di un  vecchio visionario pericoloso che cerca di stravolgere il mondo.
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Referendum
E’ legittimo invitare a votare ai referendum indetti dalla Cgil per giugno. Ma non va dimenticato che il referendum implica un quorum e che quindi  è legittimo astenersi dal voto quando l’elettore lo ritenga opportuno. Esistono due vie: il voto contrario e il non voto. Se consideriamo che i promotori intendono dare al voto referendario il valore di una “rivolta sociale”, coloro che non condividono questa scelta  possono opporsi contribuendo a far saltare il quorum. Non si tratta di imitare i consigli del vecchio cardinale Ruini, si tratta di impedire che il referendum rappresenti uno strumento illecito di pressione politica volto a mutare l’esito del voto. Guai a mettere in conflitto il voto referendario con il voto politico a cui ci si oppone con le elezioni e con referendum politicizzati. Dopo il referendum sul divorzio (tema che doveva restare estraneo dal contesto politico contingente) ci furono forze politiche che tentarono la spallata e in parte  ci riuscirono , approfittando del voto referendario, a governare tutte le principali città l’anno dopo nel 1975 attraverso giunte rosse che si ressero anche sul voto di trasformisti che passarono in cambio di assessorati al fronte. Chi non è favorevole a queste conseguenze che Landini evoca parlando persino di fronte popolare, vota contro o si astiene. Con l’astensione puo ‘rendere nullo il referendum come prescrive la legge. E qui si pone un altro problema: sperperare tanti soldi per un referendum che non raggiunge il quorum può significare secondo alcuni giuristi un danno erariale. Facilitare la raccolta delle firme per via informatica senza alzare il numero dei firmatari proponenti  si rivela un errore grossolano di bassa demagogia. Il numero dei richiedenti va innalzato in base al cambiamento dei tempi e alle nuove tecnologie comunicative. Gli appelli di don Ciotti non meritano di essere considerati in termini politici. Sono le solite, trite esternazioni che si ripetono da decine d’anni quasi sempre inascoltate.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Del Din patriota
In riferimento all’articolo sulla Medaglia d’oro al Valor Militare del Din che ho molto apprezzato, vorrei ricordare che la stessa ha detto che preferisce essere definita patriota e non partigiana perché lei si senti’ al servizio della patria e non di una parte. Una scelta molto importante. Ho letto che la Fivl di cui la del Din è presidente onoraria  non raccoglie i partigiani monarchici, ma si estende a quelli socialisti. Mi sembra una sbandata della nuova presidenza che mi allontana dalla Fivl, sempre più simile all’Anpi. Il mio defunto marito patriota nella Resistenza ne sarebbe indignato.     Esterina de Filippis
Non seguo da anni la Fivl di cui fui dirigente in Liguria con Lelio Speranza. Mi sorprende quanto mi dice perché monarchici furono molti resistenti a partire da Enrico Martini Mauri per giungere alla Del Din.La Fivl cacciò il vicepresidente Edgardo Sogno, monarchico , ma il motivo era riconducibile al tentato golpe, reato da cui venne assolto, anche se con un giornalista in punto di morte ammise di aver pensato  realmente ad un golpe. La Fivl avrebbe dovuto attendere prima di cacciare Sogno  anche se, alla fine, stando all’intervistatore, aveva ragione. La Fivl di Lelio Speranza era cosa diversa dalla attuale che dialoga amabilmente con l’Anpi e invita come  unico oratore ufficiale Rosy Bindi. Sarebbe interessante conoscere quanto lo Stato dia annualmente ad una federazione di partigiani senza partigiani perché quasi tutti estinti. Un po’ come i Mille di Garibaldi nel ‘900.
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L’educazione all’affettività
Cosa pensa dell’idea di aggiungere nelle scuole l’educazione all’affettività? A me sembra una sciocchezza o una furbata per inserire a scuola l’Lgbtq in modo surrettizio. E poi quale competenza avrebbero i docenti? Magari essi stessi hanno delle famiglie disastrate e violente…    Alessandra Rizzi
Mi sembra un’idea razionalmente fragile, per usare un termine oggi di moda, un’idea  emotivamente e politicamente poco pensata e poco sensata. L’affettività si apprende vivendo e  amando e non ci sono scuole che servano ad insegnarla. Si apprende amando e soffrendo come abbiamo fatto noi. Non sempre, ovviamente, perché ci sono donne e uomini negati ai sentimenti che al massimo vivono in modo interessato, istintivo o  algido la vita. In passato si voleva l’educazione sessuale a scuola, adesso quella all’affettività. Forse sono io che non riesco a capire la novità che si vorrebbe introdurre. Il mondo dell’intimità potrebbe invece  riguardare la famiglia, ma oggi molti genitori non saprebbero intervenire, ammesso che non abbisognino essi stessi di corsi specifici che insegnino loro l’arte di essere genitore.
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