Andragogia, questa sconosciuta

ANDRAGOGIA

Meno conosciuto del suo opposto, la pedagogia, il termine andragogìa indica l’insegnamento agli adulti: derivato da ἀνήρ (uomo) e ἄγω (condurre), fu coniato una quarantina di anni or sono e si riferisce ad una teoria che ha avuto in Malcolm Knowlesil suo massimo esponente.

E’ una teoria che si basa sulla differente capacità di apprendimento delle persone adulte rispetto ai giovani e che consente, perciò, una diverso risultato se impostato opportunamente.

I risultati delle teorie di Knowles furono da lui raccolte nel 1980in “The Modern practice of adult education: from pedagogy to andragogy”.

Vediamo alcune differenze.

I giovani ritengono utili le nozioni trasmesse dal docente, mentre gli adulti ritengono più significativo ciò che viene appreso attraverso l’esperienza.

Nella pedagogia, Il ruolo del discente è di dipendenza. Il docente è visto come colui sul quale pesa ogni responsabilità su cosa, come e quando una materia verrà appresa e di verificare se sia stataappresa; nell’andragogìa, il docente stimola l’apprendimento nei discenti, che sono auto-motivati.

Nei giovani l’insegnamento è impostato in modo uguale per tutti, indipendentemente dai loro interessi e dalle loro attitudini, secondo precisi piani ministeriali spesso inadatti ai tempi; nell’andragogìa l’educatore fornisce i mezzi perché i discenti possano perseguire il fine a cui tendono, ma sono i discenti stessi a percepire le loro necessità, i loro gusti e le loro attitudini.

Nella pedagogia i giovani sono investiti del compito di imparare, mentre negli adulti è frutto di una loro scelta.

I giovani ricevono una formazione basate sulla logica della materia trattata con criteri di difficoltà crescente (dalla filosofia presocratica ai filosofi attuali, dalle tabelline aritmetiche alle equazioni di quarto grado); gli adulti considerano l’educazione come un processo di sviluppo delle competenze che permettano loro di raggiungere il loro pieno potenziale. Sanno che applicando le nozioni e le tecniche apprese oggi potranno vivere meglio il domani e sono in grado di applicare alla vita reale la teoria trasmessa dai docenti.

Abbiamo numerosi esempi di insegnamento andragogico: dall’Università popolare di Torino, nata nel 1900 per consentire l’istruzione di chi, per varie ragioni, non aveva potuto completare o approfondire gli studi, alla miriade di Università della terza età sparse nel territorio, il cui compito è appunto quello di fornire formazione agli adulti, fino ai numerosi istituti di cultura di varia natura.

Io mi occupo di insegnamento dalla fine del secolo scorso (ecco come sentirsi vecchi …) e credo che uno dei punti di forza dell’insegnamento andragogico stia proprio nel coinvolgere i discenti nei progetti cui aderiscono. Non può essere una lezione calata dall’alto, informazioni diffuse per osmosi da chi ne sa di più a chi ne sa di meno, ma il compito del docente deve anche e soprattutto essere quello di stimolare nei discenti la voglia di fare proprie le nozioni, di imparare dai propri errori e fare tesoro dell’esperienza.

Sia nelle mie lezioni di sociologia che di fotografia, coinvolgo sempre i miei allievi nella realizzazione di progetti, nell’organizzazione di eventi e di viaggi, perché solo in tale modo essi diventano parte del progetto, vivendolo come una loro creatura e non imposto come un fardello da indossare.

Una sorta di cameratismo dove i ruoli da un lato si confondono quasi a non riconoscere chi sia il docente e chi il discente ma, al tempo stesso, il docente sia sempre tale per rispondere ad ogni e qualsiasi necessità dei discenti di sentirsi integrati nella lezione, nella materia, nel progetto.

Considerando che l’età media è notevolmente aumentata l’andragogìa sembra rispondere perfettamente alle esigenze di una società sempre più anziana ma sempre più bisognosa di apprendere nuove tecniche, nuove realtà ed apprendere nuovi linguaggi, non solo etnici ma anche tecnici.

Che dire poi dell’esercizio mentale che tutti dovremmo affrontare,raggiunta e superata una certa età, per mantenere il buon funzionamento del nostro cervello e del sistema nervoso? Lo studio, la pratica di attività soprattutto manuali, la lettura e la scrittura, l’allenamento della memoria sono tra le terapie più adatte per mantenersi giovani “dentro”: cosa aspettiamo? Le opportunità sono infinite, sta a noi saperle sfruttare.

Sergio Motta

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