L’impoverimento del linguaggio

Il linguaggio è rappresentativo della cultura di un popolo; gli antichi romani, con il latino, esprimevano concetti che noi oggi non sappiamo più esprimere.

Il nostro idioma, sviluppato a partire dal volgare e reso famoso nel mondo da scrittori del calibro di Manzoni, Verga, Montale, Gozzano e molti, molti altri ha saputo esprimere concetti, disegnare attraverso i suoi vocaboli e le proprie costruzioni lessicali concetti che altre lingue nemmeno possono sognare.

L’involuzione della società, l’impoverimento dell’offerta formativa scolastica e, per ultima, la tecnologia hanno portato il nostro idioma ad una lenta, inesorabile malattia che ha come agenti patogeni proprio gli studenti ed i giovani che dovrebbero affiancare i neologismi alla lingua consolidata e non sostituirli insieme allo slang giovanile portando il linguaggio ad una morte preannunciata.

Il recente concorso per l’ingresso in magistratura è più eloquente di mille parole: il 95% dei candidati è stato escluso dopo la prova scritta per aver dimostrato assenza di logica e, soprattutto, incapacità di scrivere correttamente; xkè al posto di perché ed altre perle simili si commentano da sole.

Quando ormai vent’anni fa insegnai (Sergio Motta) nella casa circondariale di Torino mi accorsi subito che il linguaggio dei miei allievi era piuttosto povero di termini, e non soltanto da parte degli stranieri, spesso in Italia da poco tempo; la spiegazione era da ricercare nelle scarse opportunità di esprimere concetti elaborati potendo stare al telefono solo pochi minuti al mese e potendo incontrare pochissime persone esterne.

Il deterioramento dell’insegnamento scolastico a partire dalle elementari è dipeso da programmi scolastici demenziali che hanno eliminato educazione civica, storia dell’arte ed esami a favore di test a risposta multipla, tablet sterili che hanno impresso un’accelerata a questo processo involutivo, ma è certamente nell’ambito familiare che va ricercato il maggior responsabile.

Adolescenti (quando non bambini) lasciati da soli per ore, con una TV che trasmette programmi diseducativi, che fomentano una competitività violenta, dove urla e insulti prendono il posto di dialoghi e monologhi costruttivi non sono sicuramente idonei nell’instillare, in tutti ma in particolare in chi stia formando il carattere e la propria cultura, un linguaggio articolato, completo fatto di sinonimi, contrari, figure retoriche e sillogismi.

Osservo spesso gli studenti di alcuni istituti situati vicino a casa mia: sono certo che tra molti di essi il buon Darwin avrebbe trovato l’anello mancante tra uomo e scimmia a lui tanto caro; all’analfabetismo dei nostri nonni, per sanare il quale il compianto Alberto Manzi ideò la trasmissione “Non è mai troppo tardi” si è passati ora all’analfabetismo funzionale: giovani che non sanno comprendere il senso di un testo scritto e che non sanno riassumere un brano appena ascoltato; praticamente sono i moderni schiavi che, a differenza di quelli  de Il gladiatore che anelavano la libertà sapendo di essere schiavi,  non sanno di esserlo, si ritengono liberi ed autonomi, e rifiutano ogni tentativo attuato per aiutarli in senso positivo.

La moda degli SMS e dei messaggi in chat, la scarsa padronanza del linguaggio (o oppure ho?) e una disaffezione supportata dalla scuola nei confronti della cultura in generale riducono il linguaggio a pochissimi vocaboli: a fronte di circa 47000 vocaboli del lessico comune, il vocabolario di base si riduce a 6500 lemmi, ma la maggior parte dei giovani ne usa circa 1500.

Non parliamo poi di congiuntivi, condizionali, consecutio temporum e, soprattutto, di distinguere congiunzioni e preposizioni dalle voci verbali perché lì il discorso peggiora ulteriormente.

E’ evidente come le persone con una scarsa cultura e con un vocabolario molto limitato abbiano minori, per non dire nulle, possibilità di far valere i propri diritti e di perorare una causa in proprio favore e questo torna sicuramente utile a chi da questo trae un vantaggio: se non comprendi i tuoi diritti non li fai valere, se non comprendi un contratto che ti sottopongono per la firma difficilmente di rifiuti di farlo.

Analizzando l’argomento dal punto di vista degli studiosi di neuroscienze, è evidente che pensiero e linguaggio siano strettamente correlati ed intrecciati in modo tale da ricevere continue influenze reciproche, e che entrambi siano in continua evoluzione tanto a livello individuale che sociale.

Benjamin Lee Whorf sostiene che il pensiero dipenda dal linguaggio e che la struttura peculiare di una lingua determini il pensiero e la percezione del mondo.

Per Jean Piaget il linguaggio esprime ciò che è già presente nel pensiero e il livello di complessità di entrambi dipende dall’intelligenza (“donata” in modo del tutto casuale dalla peculiare combinazione di geni di ciascuno).

Jerome Seymour Bruner sostiene che pensiero e linguaggio coincidano in quanto il linguaggio è il mezzo che abbiamo a disposizione per comunicare il nostro pensiero.

Per Lev Semënovič Vygotskij pensiero e linguaggio hanno origini indipendenti e si influenzano reciprocamente per cui si può avere un buon livello intellettivo (misurabile attraverso test intellettivi “non verbali”) ed esprimere la propria intelligenza senza usare il linguaggio così come si può usare il linguaggio con un livello intellettivo sotto la norma.

Anche Noam Chomsky ha espresso la sua opinione affermando che le strutture del linguaggio sono talmente complesse e specifiche da non poter che essere innate. Sarebbe impresa ardua doverle apprendere tramite esperienza. Il bambino non apprende semplicemente un numero consistente di parole, non sentirà un adulto dire “ho faciuto”. Al massimo un adulto potrà ridere bonariamente di fronte ad una tale espressione frutto di principi linguistici innati, che sono parte dell’intelligenza e che verranno modulati, nel corso dello sviluppo, attraverso l’acquisizione di regole sintattiche convenzionali specifiche delle varie lingue.

A proposito del linguaggio, Ludwig Wittgenstein afferma che “L’uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni singola parola significhi. – Così come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell’organismo umano né è meno complicato di questo.”

Infine, per fugare dubbi e timori di chi, trovandosi a convivere con quelle neurodiversità che riguardano proprio l’apprendimento el’espressione del linguaggio, stia leggendo questo articolo, mi piace (Cristiana Francesia) citare le parole di A. Einstein relativamente alla personale percezione dei rapporti tra il suo pensiero e il linguaggio che usa per esprimerlo:

“Sembra che le parole o il linguaggio, così come sono scritti o detti, non abbiano alcun ruolo nei miei meccanismi di pensiero. Le entità psichiche che sembrano fungere da elementi, nel pensiero, sono certi segni e certe immagini – più o meno chiare- che possono essere “volontariamente” riprodotti e combinati. Naturalmente c’è un legame tra quegli elementi e i concetti logici permanenti. E’ chiaro anche che il desiderio di arrivare a concetti logicamente connessi è la base emotiva (nell’essere umano ragione ed emozione non hanno soluzione di continuità, ndr) di questo gioco un po’ vago con gli elementi prima citati. […] Gli elementi prima invocati sono, nel mio caso, di tipo visivo e… muscolare. La laboriosa ricerca di parole convenzionali o di altri segni deve avvenire solo in uno stadio successivo, quando il gioco di associazione cui facevo accenno è sufficientemente stabilito e può essere riprodotto a volontà”.

L’importanza del linguaggio e la complessità dei rapporti e delle influenze reciproche tra intelligenza, pensiero, linguaggio, creatività, istruzione, supporti tecnologici, relazioni umane, è tale da suscitare costantemente l’attenzione degli studiosi di svariate discipline, dalle neuroscienze alle scienze sociali.

Alla luce di quanto riportato sopra e nella consapevolezza della grandezza del patrimonio culturale che, grazie al linguaggio, parlato e scritto, viene messo a disposizione di tutti, crediamo sia di fondamentale importanza, per qualunque società, prendersi cura delle forme linguistiche e della loro evoluzione per prevenirne l’impoverimento e incentivarne un’evoluzione migliorativa.

Sergio Motta

Cristiana Francesia

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