”Il suicidio del consigliere regionale piemontese Angelo Burzi pone drammaticamente questioni di elementare evidenza.
Restare prigionieri di una accusa e di un processo per dieci anni è una barbarie, qualunque sia l’accusa, qualsiasi siano le responsabilità. Restarlo dopo essere stati assolti in primo grado ‘perché il fatto non sussiste’ aggiunge infamia alla barbarie, e non è da tutti riuscire ad accettarla.
Angelo Burzi non c’è riuscito. Tutto qui, tragicamente semplice nella sua evidenza. Eppure dobbiamo leggere, sul solito gazzettino delle manette, che il torto risiederebbe nelle parole di chi si scandalizza per tale barbarie ed esprime umana compassione per chi ne è stata vittima. (Parole peraltro condite dalla consueta dose di disinformazione tecnica: l’annullamento
della Cassazione, ad eccezione di un capo divenuto definitivo, riguardava non la semplice rideterminazione della pena, come afferma
Travaglio, ma la sussistenza dell’elemento soggettivo della condotta!)”.
Lo sottolinea l’Unione delle Camere penali. ”Non meno gravi – aggiunge l’Ucpi – ci appaiono le parole del procuratore generale di Torino, Saluzzo, il quale ha ritenuto di dover intervenire (non è ben chiaro in difesa di chi e di cosa), finendo per minacciare addirittura reazioni giudiziarie verso quanti, esprimendo quello sgomento e quelle censure, si macchierebbero di vilipendio della magistratura. Invece di serbare un silenzio rispettoso della
tragica vittima di quella barbarie (un processo infinito nonostante una assoluzione piena in primo grado), o semmai di aprire una riflessione sulla compatibilità tra l’appello del pubblico ministero
contro sentenze assolutorie ed il principio della condanna ‘oltre ogni ragionevole dubbio’, il dottor Saluzzo, e non è cosa nuova per lui, mena fendenti, invocando il più odioso dei reati a tacitazione delle
legittime critiche”.
”I penalisti italiani esprimono tutta la umana e partecipe vicinanza ai familiari di Angelo Burzi, e tutta la più orgogliosa, incommensurabile distanza, culturale ed etica, dalle posizioni espresse da Marco Travaglio e da Francesco Saluzzo sul tragico epilogo
di una vicenda giudiziaria di per sé incompatibile con i principi costituzionali del giusto processo”, conclude l’Unione delle Camere penali.
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