Il te’ di Eleonor

IL PUNTASPILLI di Luca Martina

La settimana scorsa si è celebrata la giornata contro la violenza sulle donne. 

 

Parlarne oggi per me è un modo per ricordare come il problema andrebbe affrontato quotidianamente e non solo il giorno a lui riservato.

 

Il fenomeno non è, tragicamente, solo italiano anche se da noi è maggiore il numero di delitti commessi dal partner o dell’ex partner, quest’anno il 58% (63 su 109 totali) contro il 29% in Europa (dati del 2017).

 

Il nostro Paese, peraltro, registra una incidenza di questi odiosi soprusi simile alla media europea ed un minore tasso di femminicidi (in percentuale della popolazione).

 

Questo naturalmente non è di nessun conforto ma ci ribadisce come il fenomeno sia diffuso in tutto il mondo (ed in Europa si registra una minore incidenza rispetto agli altri continenti).

 

La riduzione della violenza fisica contro le donne rimane un imperativo morale ma, come analista dei fenomeni economici, non posso anche sottolineare il fardello che questa rappresenta per il nostro sistema.

 

Le discriminazioni, una delle declinazioni della violenza sull’altra metà del cielo, e la mancanza di attenzioni e tutele per lo svolgimento dell’attività lavorativa hanno provocato una ridotta partecipazione femminile al mondo del lavoro.

Avere un lavoro significa, tra l’altro, potersi sottrarre al potere impositivo di uomini violenti ed essere in grado di proteggere la propria famiglia (e crescere i figli) dai loro soprusi.

Negli Stati Uniti il costo della sola violenza sulle donne è stimato in 500 miliardi di dollari all’anno (il 2,5% del PIL).

Una stima è stata fatta per il nostro Paese dall’ EIGE, l’ Istituto europeo per l’Uguaglianza di Genere, quantificando il danno in 26 miliardi di euro (l’1,3% del nostro PIL).

 

A questo andrebbe aggiunto il contributo che le donne potrebbero fornire in presenza di pari opportunità, stimato in circa l’1% del PIL mondiale l’anno.

Per comprendere questi dati e le potenzialità economiche inespresse basterebbe ricordare che attualmente in Italia il 77% degli uomini hanno una occupazione retribuita contro il solo 56% delle donne.

 

Maggiori possibilità di occupazione significherebbero, quindi, una maggiore crescita economica (e sociale) aiutandoci ad uscire da una situazione che negli ultimi anni ha aggiunto alle nostre ataviche debolezze (burocrazia e scarsa efficienza del settore pubblico in primis) la crisi pandemica ancora in corso.

 

D’altronde sappiamo molto bene come i momenti più difficili e complicati non hanno mai spaventato le nostre madri (nonne, mogli, amiche, colleghe…).

 

Ricordiamocelo quindi ogni giorno, affinché si possa finalmente smettere di dovere parlare di uomini che considerano le donne come delle bustine di tè usate e da gettare con disprezzo nella spazzatura.

 

Questo perché, per parafrasare Eleonor Roosvelt, la donna è sì come una bustina del tè ma solo perché non si può dire quanto è forte fino a che non la si mette nell’acqua bollente!

 

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