Incontro con il maestro fiorentino / I tempi dell’emergenza sanitaria da Covid 19 appena trascorsa hanno lasciato dietro di sé uno strascico di interrogativi e di dubbi sull’imminente futuro, ma hanno saputo ritrovare nell’arte non soltanto la loro espressione più emblematica, ma anche la loro catarsi.
E così è stato anche per le opere pittoriche realizzate, durante i mesi della pandemia, dall’artista fiorentino Andrea Granchi, in cui hanno trovato corpo paesaggi ed immagini capaci di diventare metafora dell’umanità, che ha dovuto attraversare i momenti più drammatici del lockdown.
Temi come il distanziamento fisico, indispensabile e richiesto per superare l’emergenza sanitaria, hanno ricevuto un’efficace traduzione pittorica, per esempio, in dipinti capaci di cogliere, lungo un sentiero costeggiato di alberi, la sagoma di due uomini distanti tra loro, ma idealmente uniti dalla scia scura della loro ombra.
Andrea Granchi, è stato titolare della Cattedra di Pittura e Nuovi Linguaggi Espressivi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, vincitore del premio Stibbert nel 1971, con all’attivo diverse importanti partecipazioni alla Biennale di Venezia del 1978 e 2011, alla Triennale di Milano nell’81 e alla Quadriennale di Roma. È anche stato uno dei più significativi rappresentanti della particolare stagione dell’avanguardia artistica degli anni Settanta nota come “Cinema d’Artista”, ambito nel quale ha curato rassegne di carattere internazionale in Italia ed all’estero.
Nelle opere realizzate dall’artista durante il periodo del lockdown si può cogliere un’impronta espressionistica in cui prevale l’accentuazione dei valori emozionali ed espressivi dell’umanità, ai quali egli ha, da sempre, rivolto una particolare attenzione, già a partire dai primi anni della sua formazione e produzione, quando vinse il premio Stibbert con il lavoro giovanile del 1967 intitolato “La fuga”, in cui colse un giovane intento, appunto, a fuggire da una realtà essenziale ma, al tempo stesso, inquietante, sovrastato da un arcobaleno-ponte, che rappresenta il cammino, inteso come meditazione e unione di pensiero e ragione, ma anche come arco ed elemento capace di generare una tensione formale.
Un altro leitmotiv presente nel pensiero creativo di Andrea Granchi è rappresentato dalla contrapposizione tra bianco e nero, e del colore, in cui l’assoluto del bianco e la profondità del nero si antepongono alla espressività dei pigmenti e del cromatismo pittorico. Nelle opere di questo maestro fiorentino emerge anche, incontrastato, un altro elemento che è l’ombra, che rende l’artista capace di liberarsi dalle limitazioni corporee della figura ritratta, per aprirsi alla ricerca inconscia di se stessi.
L’artista ha saputo trasportare molto bene nel contesto della pandemia, purtroppo tragico e spesso caratterizzato dall’impotenza da parte dell’uomo all’azione, le tematiche che contraddistinguono il suo stile ed il suo linguaggio artistico. Si tratta, per esempio, del tema del viaggio e di quello dell’indagine sull’uomo e sulla natura dell’artista stesso, che insegue la ‘sua ombra’ ed i suoi contrari, a metà tra Romanticismo e Modernismo. In fondo l’aspirazione del vero artista è sempre stata quella di indagare, attraverso la sua arte e la sua poetica, le tematiche del presente e del futuro. Di fronte ad un evento epocale e catastroficamente inaspettato come è stato la pandemia da coronavirus, un artista come Andrea Granchi si è posto la domanda sulla realizzabilita’ di un futuro in cui si possa ritrovare una comunione spirituale tra gli esseri umani.
Andrea Granchi ha, da sempre, nutrito un profondo affetto per la città di Torino, un affetto che affonda le sue radici in anni lontani. Nel 1977 l’artista fiorentino fu protagonista di una personale curata da Giorgio S. Brizio ed Ugo Nespolo presso la galleria “Antidogma”, galleria- studio dello stesso Nespolo; nel 1985 la sua opera è stata il soggetto di un’altra personale, presso la galleria Mantra di Paolo Tonin, una mostra curata sempre da Giorgio Sebastiano Brizio.
Con Janus, uno dei più colti e raffinati critici d’arte, scomparsi recentemente, Granchi ha condiviso, nell’ambito di un rapporto di reciproca stima, progetti e mostre personali, quali “Viaggi obliqui” alla Tour Fromage di Aosta nel ’93 e “Vicissitudini” nel ’99 all’Accademia delle Arti del Disegno.
Mara Martellotta