IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Scarso risalto sui giornali italiani ha avuto il bicentenario di Vittorio Emanuele II. Era prevedibile ed anche comprensibile perché l’emergenza Coronavirus ci ha invaso, creando via via sempre di più quel clima di psicosi che si voleva illusoriamente evitare. Quindi lo spazio per il re il “Corriere della Sera” non l’ha trovato
Se fosse stato vivo Giuseppe Galasso, non sarebbe accaduto, ma con i vari Carioti e’ stato possibile. Tuttavia l’articolo di Alessandro B a r b e r o su “La Stampa” che riprende parte delle argomentazioni di Mack Smith, – vecchie di cinquant’anni e non frutto di ricerche condotte seriamente, – e riprende persino citazioni riportate su Wikipedia, basta ed avanza.
Pochi lo hanno letto, ma chi lo ha fatto non ha potuto non constatare le esagerazioni e le strumentalizzazioni che balzano fin troppo evidenti anche a un non addetto ai lavori. In passato gli storici del Medio Evo si limitavano a scrivere della loro disciplina, salvo casi eccezionali. Ed erano dei grandi storici. E’ stata un‘ eccezione quella di Luciano Canfora che da filologo dell’antichità classica si è spinto avventurosamente a scrivere di Gramsci e di Concetto Marchesi e di tanto altro . Gli esiti non sono stati sempre felicissimi, ma va riconosciuta la vivida intelligenza del noto professore dell’ Università di Bari che a volte è anche fazioso, ma si rivela sempre brillante nel senso migliore dell’espressione e non e’ mai banale. Sarebbe logico che ognuno si occupasse del suo orticello, curando in primis la ricerca, l’insegnamento e gli allievi, mettendo all’ ultimo posto la divulgazione che da’ facile notorietà e forse, anche, guadagni significativi. Il docente, di norma, dovrebbe rifiutare la mediaticità dei circenses che piacciono alle plebi, anche se ormai i monaci del sapere laico come Franco Venturi non ci sono più da tempo.
Sarebbe stato comunque impensabile un Rosario Romeo, sommo storico risorgimentale, nella veste di volgarizzatore sommario di storia medievale, ad esempio. Certo e ‘ lecito criticare il re Vittorio – anzi le celebrazioni vanno abortite – ma occorrono sempre delle serie argomentazioni storiche riferite al Risorgimento e al trentennio del suo regno che non può essere solo e soltanto un insieme di errori e di ombre negative.
.
C’è stata in Italia una storiografia repubblicana da Salvatorelli a Spadolini, a Galasso, tanto per citare tre nomi importanti, che ha dato un contributo alto al dibattito risorgimentale. Adolfo Omodeo non esito’ a difendere il Risorgimento dalle semplificazioni giovanili di Gobetti con assoluta fermezza, parlando dell’ “orianesimo“ giornalistico del giovane torinese. Questi storici sarebbero indignati di fronte alla prosa un po’ troppo disinvolta di B a r b e r o che non ha titolo specifico per scrivere su Risorgimento e fascismo, come invece fa da anni. Il fatto che piaccia al pubblico televisivo non dimostra nulla. Anzi, il successo televisivo è inversamente proporzionale allo scrupolo storiografico che impedisce sempre la semplificazione, una scorciatoia vietata agli storici. Direi che la consapevolezza della complessità e’ per uno studioso anche una questione di etica professionale irrinunciabile . La storia e’ sempre un fatto complesso e non semplificabile, se non si vuole tradire il valore della ricerca. Luigi Firpo, quando ci insegnava i rudimenti della ricerca storica, era molto rigoroso e chiaro su queste premesse procedurali. Ma c’ è un esempio ancora più emblematico di una storiografia di origini nettamente di sinistra, opera di un dirigente del PCI che ha ricoperto importanti incarichi pubblici. Mi riferisco a Gianni Oliva la cui opera ha spaziato dalla storia militare a quella sabauda, per poi giungere in tempi molto difficili alla ricostruzione storica del dramma delle foibe, tema sul quale il PCI ebbe posizioni omertose e mendaci. Oliva ha saputo e continua a distinguere il suo legittimo impegno politico e la sua ricerca storica con un’onestà intellettuale davvero eccezionale. Anche Oliva ha fatto della divulgazione storica, anche Oliva va in televisione, ma ha sempre saputo mantenere il necessario rigore scientifico. Non si è mai esibito e non si è mai montato la testa anche se viene invitato in tutta Italia e i suoi libri hanno un ampio successo. Oliva usa un linguaggio semplice e leggibile che molti storici rifuggono, rendendosi troppi elitari, ma non scade mai nella banalità oggi imperversante.
.
Oggi in Italia tutti scrivono di tutto, ma la tuttologia è esattamente l’inverso della scienza. E non si può stabilire una differenza tra il testo di un articolo di giornale rispetto ad un saggio perché il rispetto della verità e dello scrupolo storico deve essere sempre lo stesso . Il venir meno a certe regole in un articolo non è meno grave che in un saggio. B a r b e r o si laureò con Giovanni Tabacco di cui fui amico. Non fu lui a succedergli sulla cattedra torinese, ma B a r b e r o vinse la cattedra a Vercelli. Tabacco non credo – il dubbio e’ sempre doveroso, trattandosi di un morto – che potrebbe approvare il suo ex allievo, anche se è chiaro che ognuno è libero di scegliere la sua strada in assoluta libertà . Anche Galante Garrone criticò il suo ex allievo Vittorio Messori, un giornalista per molti versi colto e intelligente che, per un eccesso di foga polemica, cercò di distruggere, niente di meno, il Risorgimento. Anche il solito presidente della sedicente consulta dei senatori del regno ha voluto scrivere in questa occasione il suo compitino, una rigovernatura di luoghi comuni che hanno assai poca affinità con la riflessione storica sul bicentenario. Nessun esponente dei diversi comitati per il bicentenario del re ha fatto sentire la sua voce per confutare l’articolo di B a r b e r o. Hanno taciuto in attesa di riorganizzare magari a Ferragosto il gran ballo programmato per il 13 marzo. Loro, invece di studiare la storia, ballano. Questione di gusti ma anche segno sinistro dei tempi calamitosi in cui viviamo.
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE