Fontana dei mesi: l’Allegoria dei fiumi e la corrente di Novembre

La statua di novembre al parco del Valentino è stante; la donna resta in piedi in una posizione di riposo, un ginocchio leggermente flesso, le punte dei piedi divaricate, con una mano regge la veste, con l’altra -aperta all’altezza del petto scoperto- fa atto di porgere qualcosa o di indicare una chiara evidenza, chissà. Sul volto l’accenno di un sorriso e una espressione di dolce pacatezza.

Alla Fontana dei Mesi la statua di novembre è la più serena, ha la caratteristica comune alle altre di esprimere con il volto e con il corpo la stessa emozione.

 

Ogni statua delle quattro stagioni è a pieno titolo armoniosa perché dalla testa ai piedi è allegoria di un sentimento tipico di un mese dell’anno, di pacatezza in questo caso, in altri di gioia, di tripudio, di attesa, di felicità, festosità, curiosità, timidezza, scoperta, volontà di condivisione, protezione, fermezza, etc. Ognuno a Torino quando ha tempo, passeggiando alla Fontana, provi ad indovinare quale sentimento si addice meglio ad ognuna di loro indovinandolo dall’atteggiamento del corpo oltreché dall’espressione del viso. Abbiamo visto alcune delle altre statue durante le precedenti uscite e ogni volta abbiamo introdotto in modo più o meno approfondito un movimento artistico su cui riflettere; per questa uscita ho promesso di parlarvi delle quattro statue al centro della Fontana datata 1898 quindi anche in questo caso accennerò soltanto alla corrente che ho pensato per il mese di novembre pescando dalla mia conoscenza della storia dell’arte che si basa sul pensiero di altri che prima e meglio di me hanno ragionato su piccole differenze estetiche nell’arte cogliendo l’inizio e lo sviluppo di una nuova tendenza e di una nuova sensibilità fino a vedere il pieno compimento e il termine di alcune caratteristiche e poi talvolta facendo collegamenti per descrivere altre opere di altri artisti in altri tempi creando una tradizione nel racconto dei beni culturali ossia creando la storia dell’arte, dunque dicevo parleremo solo brevemente del Verismo e del Naturalismo a cui ho pensato guardando la statua di Novembre. Si tratta di due correnti di cui la differenza è grande come la cruna di un ago insomma sintetizzando molto spesso se ne fa un fascio solo e senza nemmeno troppo pensiero, e mescolando tutto insieme con il Realismo persino, infatti queste correnti sono per esprimere la realtà con la massima fedeltà, senza interpretazioni romantiche né idealizzazione alcuna; il verismo dice: bisogna guardare la verità in faccia in modo crudo, qualsiasi esso sia siano riprodotti i fatti stanti seppur nella loro miseria e crudeltà, così da poterne trarre la vera essenza, da poterne conoscere l’allegria e il riso dell’umanità e della realtà riprodotta, mentre il naturalismo di solito invece considera la natura nella sua interezza.

Ha la tendenza a riprodurla in modo veritiero, ma facendo capo a un modello a un pensiero generale intorno alla natura, seppur vago e in qualche modo inconscia espressione della visione personale del singolo artista. Insomma guardando per esempio un quadro naturalista possiamo vedere la natura proprio così come appare in realtà ad un primo sguardo. Possiamo vedere un paesaggio, un bosco ad esempio, come appena arrivati al suo limitare. Quello ci mette a nostro agio immediatamente, ma alla lunga stufa. Un quadro verista invece a tutta prima è onestamente orribile, vero al cento per cento, mostra l’intimità di un personaggio immediatamente senza dare lui tempo di nascondersi come fanno tutti per pudore di mostrare questo o quel difetto, né di presentare la sua profondità psicologica, complessa o semplice che sia, e quindi anche di farsi accettare dall’altro. Toglie il nascondimento, il fascino della conquista. Mostra quel momento di fulgida lucidità a cui si arriva solo al culmine di un lungo discorso e non mostra altro. Solo abituandoci nel guardarlo, riconoscendo particolari veritieri permette di riprendersi dalla forte impressione che un quadro naturalista o per la precisione verista talvolta provoca. Ho scritto abbastanza, tanto che per il momento delle quattro statue al centro della Fontana del Ceppi non posso dire altro se non che tradizionalmente sono espressione di una allegoria: quattro fiumi piemontesi.

Ovviamente vediamo il Po e la Dora che gli abitanti di Torino ben conoscono, uno è l’uomo barbuto assiso, mentre la Dora è la fanciulla con una corona di margherite sul capo affiancata da una capra, poi vediamo il fiume Stura di Demonte rappresentato da tre figure femminili nude avviluppate in stoffe, infine l’affluente di sinistra del Po, il Sengone, raffigurato come un genio acquatico vicino a due giovani amanti. La leggenda di Fetonte e la storia del suo carro sarà per una prossima uscita, Aurevoir!

 

Elettra-ellie-Nicodemi

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