IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Qualche sera fa ad Alassio di fronte ad una domanda del pubblico, ho improvvisato una risposta sugli intellettuali italiani e la loro storia. Qualche osservazione merita forse di essere ripresa. Per secoli dall’età delle Signorie in poi e anche in parte del Medio Evo (pensiamo alla scuola poetica attorno a Federico ll) se si esclude Dante, gli intellettuali italiani sono stati dei cortigiani destinati a servire un principe, fosse quello di Machiavelli o di altra signoria. Il grande Ariosto dovette porsi al servizio degli Estensi che non apprezzarono neppure la sua opera. Pochissimi furono vittime del potere come Bruno, Campanella, Galilei. Per trovare esempi di poeti che non si piegarono nella” genuflessioncella “come era tenuto a fare il Metastasio alla corte di Vienna , bisogna attenendere l’abate Parini fustigatore dei privilegi, gli illuministi milanesi e quelli napoletani. Anche Goldoni cittadino della Repubblica di Venezia andò alla corte francese. E poi l’aristocratico Alfieri che odiò “ le muse appigionate “e seppe tenere la schiena dritta. Ma è soprattutto da Foscolo che nasce una poesia civile capace di opporsi ai potenti fino alla scelta dell’esilio, come i piemontesi Baretti e Radicati di Passerano. Foscolo morì povero a Londra. Anche gli aristocratici Leopardi e Manzoni seppero non piegarsi mai al potere. Nell’800 ci furono tanti intellettuali e scrittori che furono patrioti e conobbero il carcere e l’esilio a partire da Francesco De Sanctis. Anche Carducci fu poeta libero, malgrado la nomina a senatore. Nell’800 incomincia ad insinuarsi anche nel mondo della cultura la Massoneria che non fu protagonista, come molti sostengono, del Risorgimento. Molti poeti e scrittori scelsero il sostegno della Massoneria. A determinare un cambiamento fu il graduale riconoscimento in Italia e all’estero dei diritti d’autore che li liberò dalle edizioni pirata delle loro opere.
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Con i diritti d’autore dovrebbe cessare il mecenatismo. Ma in effetti non è così perché la politica diventa una seduzione irresistibile per tanti intellettuali. D’Annunzio ne è un esempio alto anche se a volte confuso. Sarà soprattutto di fronte al fascismo che gli intellettuali si schierarono pro o contro nel 1925 con i manifesti di Gentile e di Croc, tema che ho affrontato nella mia lectio iniziale. Ma il banco di prova fu il Ventennio. Mussolini, che conosceva bene le ambizioni degli intellettuali italiani, creò la Reale Accademia d’Italia con appannaggi , feluche , titoli di eccellenza. In pochi resistettero alla tentazione, ma molti furono fascisti per convinzione a partire da Pirandello e Ungaretti. Gli intellettuali an tifascisti furono pochi : obbligati all’esilio , condannati al carcere e al confino. I loro nomi vantano il sacrificio di Gramsci , dei fratelli Rosselli e di pochi altri uomini di cultura. Croce seppe opporsi restando in Italia , ma il suo prestigio internazionale e il fatto che fosse senatore lo preservarono dalla persecuzione. Analogamente accadde per il grande economista Luigi Einaudi. Caduto il fascismo il 25 luglio 1943, molti intellettuali che furono fascisti quasi fino al giorno prima, si riposizionarono, trovando la sponda nel partito comunista che accolse i convertiti senza particolari problemi. Anche durante la Repubblica sociale ci furono Fo, Albertazzi e persino il giovane Spadolini che scelsero di stare dalla parte di Mussolini e di Gentile, assassinato sotto casa nel 1944.
Togliatti era un politico di razza e accolse tutti i voltagabbana che diventarono i più devoti comunisti per farsi perdonare il passato. Ha così inizio il sogno dell’egemonia culturale gramsciana che l’intellettuale sardo sperava con radici più nobili. Gramsci concepiva il partito comunista come il nuovo “Principe“ di Machiavelli, un partito compatto e disciplinato, un partito pronto a fare la rivoluzione bolscevica. Togliatti era più realista di Gramsci e pensò ad accaparrarsi posti nelle università , nelle case editrici , nei giornali , nel cinema da affidare ai suoi militanti. Quella egemonia non è più quella di un tempo, ma continua a resistere. La maggioranza degli uomini di cultura con Marchesi, Russo e tanti altri nel 1948 scelse il fronte popolare . Una minoranza scelse la libertà: i Silone, i Pannunzio, i Longanesi, i Guareschi. Per fortuna dell’Italia vinse il fronte raccolto attorno a De Gasperi, a Croce, ad Einaudi, a Saragat, la cultura restò un monopolio degli sconfitti e non fu certo un premio di consolazione.
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