LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Al di là della propaganda e della inevitabile ed oggettiva faziosità, quando si parla del sindacato e,
nello specifico, della Cisl e della Cgil che sono finiti nell’occhio del ciclone in questi ultimi tempi,
non possiamo non evidenziare un aspetto. E cioè, la Cisl e la Cgil hanno due modelli alternativi di
concepire e di praticare il sindacato. Piaccia o non piaccia, e pur ricordando l’importanza
dell’unità sindacale – tesi, questa, da sempre sostenuta dal sindacato cattolico – sono tali e tante
le differenze concretamente emerse in questi ultimi anni che ci portano alla conclusione di una
difficoltà strutturale e congenita a recuperare rapporti finalizzati a ridare al sindacato quel ruolo e
quel compito che gli sono storicamente e costituzionalmente riconosciuti.
Due punti su tutti vanno evidenziati e sottolineati.
Il primo è il capitolo dell’autonomia del sindacato. Non è, questo, un ritornello burocratico e
protocollare. Per la semplice ragione che proprio questo è il tassello che separa, speriamo non
irreversibilmente, le due organizzazioni sindacali. È indubbio che la Cisl, sin dalla sua nascita nel
lontano 1950, ha fatto della autonomia nei confronti dei partiti e della politica la sua ragione
fondante. Un’autonomia che, va pur detto, ha sempre guardato con spiccata attenzione
all’esperienza politica della “sinistra sociale” di ispirazione cristiana nel concreto dibattito politico.
Ma senza mai essere il banale prolungamento di questa qualificata e gloriosa esperienza politica.
Sia quando era forte e ben visibile nella cinquantennale presenza della Democrazia Cristiana e sia
quando era meno incisiva in alcuni partiti che sono succeduti alla Dc stessa. Sul fronte della Cgil,
invece e al contrario, la concezione della “cinghia di trasmissione” con il partito è sempre stato il
filo conduttore che ha caratterizzato lo storico comportamento del “sindacato rosso”. Al punto
che oggi, com’è emerso platealmente nell’ultima consultazione referendaria, non è più il partito
che detta il percorso politico al sindacato, ma è lo stesso sindacato che detta l’agenda politica al
partito di riferimento e, di conseguenza, alla coalizione di sinistra e progressista. Appunto, due
modelli politicamente e culturalmente alternativi.
Il secondo aspetto è proprio la “mission” stessa del sindacato. Se la Cisl ha come unico ed
esclusivo obiettivo quello della contrattazione nazionale e locale, di rafforzare la politica della
concertazione con gli altri attori sociali ed istituzionali e di cercare in tutti i modi di “chiudere gli
accordi”, come si diceva un tempo, il modello della Cgil, anche su questo versante, è
radicalmente alternativo. Perchè è la scelta politica il criterio dirimente. Quando si trova di fronte
ad un Governo politicamente nemico od avversario – come nel caso specifico dell’attuale
Governo Meloni – lo stesso ruolo del sindacato cambia. E quindi, e di conseguenza, partecipa
organicamente al dibattito politico – come sta concretamente capitando da ormai 3 anni – per
costruire, insieme ai partiti dell’opposizione, l’alternativa politica di governo con tanti saluti a tutto
ciò che dovrebbe caratterizzare il ruolo e la mission di un sindacato.
Ecco perchè, al di là delle legittime opinioni e dei rispettivi ruoli, è indubbio che oggi, e ormai da
tempo, c’è una perfetta e quasi scientifica alternativa nel comportamento concreto di queste due
storiche organizzazioni sindacali. La speranza, comunque sia, resta sempre quella di far sì che
prevalgano le ragioni dell’unità sindacale seppur in un contesto ancora lastricato da molte e
strutturali divisioni. Perchè, in ultimo, senza l’unità sindacale a pagarla sono sempre e solo i
lavoratori. E questo dovrebbe sempre essere il faro che illumina le scelte e le decisioni concrete
del sindacato. Qualunque sia la sigla e l’organizzazione.