Siamo tutti Popolari?

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Credo che adesso noi cattolici popolari e cattolici sociali possiamo sentirci realmente soddisfatti.
E questo per una ragione persin troppo semplice da spiegare. E cioè, ormai non passa mese che
non nasca una associazione o un gruppo o una corrente Popolare all’interno di singoli partiti.
Bene, anzi direi benissimo. Perchè questo conferma che non solo il popolarismo di ispirazione
cristiana, il cattolicesimo sociale e popolare, la cultura e lo stesso pensiero popolare conservano
una straordinaria attualità e modernità nell’attuale contesto politico italiano. Ma, ed è certamente
questo l’aspetto più importante, la cultura e il pensiero cattolico popolare e cattolico sociale sono
destinati ad incidere e a condizionare pesantemente lo stesso progetto politico del partito di
appartenenza.

E sin qui tutto bene. Anzi, come dicevo poc’anzi, benissimo. C’è solo un aspetto che non torna. O
meglio, che non ci è così chiaro. E che, al contempo, genera un dubbio. Ovvero, ma tutti questi
gruppi Popolari che nascono qua e là nei vari partiti sono realmente espressione della cultura,
della tradizione e del pensiero del cattolicesimo popolare e sociale del nostro paese? Ci
permettiamo di avanzare questo piccolo particolare non per frenare l’impeto Popolare che sale
con sempre maggior forza dalla periferia italiana ma, soprattutto, per evitare che nascano
equivoci o tentativi di impadronirsi di una cultura e di un pensiero quando si è mai fatto parte nè
di quella cultura e nè di quella tradizione. Con questo non vogliamo affatto dire – lungi da noi
questa accusa – che esiste un monopolio esclusivo e totalizzante da parte di chicchessia del
patrimonio storico del popolarismo di ispirazione cristiana. Chiunque, come ovvio e scontato, può
essere espressione di questa storica e nobile cultura. Ma è altrettanto indubbio che se non
vogliamo ridicolizzare, e anche umiliare, questa cultura politica non possiamo sostenere
allegramente che adesso “sono tutti Popolari”.

Perchè delle due l’una. O c’è realmente un grande fermento culturale e politico nell’area cattolica
italiana – seppur molto composita ed articolata – e allora ci sono realmente le condizioni per dar
vita finalmente ad un neo e rinnovato Partito Popolare Italiano oppure, e forse ci azzecco, si tratta
di una banale e semplice strumentalizzazione di una cultura da parte di singoli esponenti per
centrare obiettivi politici del tutto personali.

Pongo questo dilemma per una ragione altrettanto semplice. E cioè, se si vuole continuare a dare
lustro, sostanza, prestigio, credibilità e soprattutto coerenza alla cultura politica del popolarismo
di ispirazione non possiamo e non dobbiamo improvvisarci Popolari. Perchè, come amava sempre
dire Sandro Fontana, non c’è cosa peggiore per sfregiare una cultura politica di sbandierare di
farne parte quando si è “indifferenti e sordi” rispetto ai suoi valori, ai suoi principi, alla sua storia e
alla sua tradizione. E, pur senza rivendicare alcuna e ridicola primogenitura, verrebbe quasi da
dire ‘lasciamo il popolarismo ai Popolari’. Per coerenza e non per potere o per calcolo.

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