Al Gioiello, repliche sino a domenica 28 aprile
Non è raro, nel mondo dello spettacolo, che un autore/regista, accolto più che
entusiasticamente alla sua prima prova, rischi d’inciampare quando deve mettere
mano alla seconda. Adesso, punto primo, chiariamo che Cristian Messina non è certo
un neofita del palcoscenico; in secundis, sarà necessario confermare che, una volta
addentratosi in compagnia di Valerio Di Piramo nel mondo dell’investigatore “più
arguto e intelligente del mondo”, si ritrova che è una meraviglia, si diverte e diverte,
se possibile supera di non poche lunghezze l’orditura precedente. Perché la coppia
Messina/Di Piramo – è doveroso citarli entrambi, uno a braccetto dell’altro – mi pare
che piazzi oggi una scrittura coi fiocchi al servizio degli attori, che ampli il divertimento
del già applaudito capitolo uno, “Sherlock Holmes e il mistero di Lady Margaret”: nella
pienezza dell’impianto, esiste qui una tessitura di battute, di nonsense messi in bocca
soprattutto al detective e alla sua ombra Watson, un bagaglio di esplosive situazioni
davvero da piccolo manuale. Situazioni, grandi verità spacciate per sciocchezze e
sciocchezze che hanno la maschera delle leggi universali, ammiccamenti,
chiacchierate strampalate e lunari, frasi e un ritmo che fanno tornare alla mente un
certo cinema di/alla Mel Brooks, tutto concorre a fare di questo odierno “Sherlock
Holmes 2, lady Margaret e il sigillo reale” un capitolo due che dovrebbe avere lunga
vita (per il momento le repliche torinesi si chiuderanno domenica 28), a rinfrescare le
giornate di un pubblico giustamente in cerca di un po’ di svago e delle quattro (e
decuplicatele ancora e ancora non basterebbero) risate fatte con gusto al di fuori dei
problemi e di una quotidianità sempre più stretta. Con il tacito pensiero, da parte di
chi scrive queste note, di un capitolo tre che (eventualmente) chiuda le avventure.
Nella scena (e con i costumi) di Monica Cafiero, ci ritroviamo nella periferia di Londra,
nella vecchia dimora Old Artist, casa di riposo per vecchie glorie dello spettacolo
diretta dalla signora Barret (Maria Occhiogrosso) – ci alloggia Sir Henry, un ormai
tremolante attore (Sergio Catania) e Oliver Plum, cantante lirico pieno di vanagloria
ma ancora buon cicisbeo (Valter Lunetti), nonché la viperina Clarissa Glimmer
(l’eccellente Anna Cuculo), eterna rivale sui palcoscenici e nella vita di lady Margaret,
lì invitata a trascorrere qualche giorno, carattere esuberante e imperioso, croce e
delizia della povera Scarlet, negli abiti scomodi della strapazzata collaboratrice. La
quale Margaret ha legato parecchio, diciamo così, in seguito al dono della collana di
smeraldi, con l’attempata regina Vittoria, proprio in quei giorni del gennaio 1901
passata a miglior vita, dopo i suoi ferrei sessantaquattro anni di regno. La sovrana, in
punto di morte, le ha fatto dono del sigillo reale, che apre ogni porta e ogni decisione
definitiva e che per questi e altri molti motivi fa gola a parecchia gente: non ultimo a
Joseph Lastrada, sicilianissimo trapiantato in piena city, vice ispettore capo aggiunto di
Scotland Yard, che tenterà di tutto, ogni travestimento (e gli abiti femminili della
giornalista guastafeste, entro cui è camuffato Cristian Messina, sono davvero uno
spettacolo nello spettacolo) pur di impossessarsene. Sherlock dovrebbe essere il fulcro
delle indagini ma una memoria ormai vacillante, che si tenta senza troppe speranze di
curare mediante innocue pasticche, la sbalordaggine fuori controllo, tutto mette a
dura prova lo svolgimento verso un lieto fine: per cui guai se tra i fumi del detective
ormai più strettamente legato alla propria pipa non si facesse strada il fedele Watson,
braccio destro insuperabile, in occasione di un doveroso scavalcamento. Lo
svelamento dell’improbabile nascondiglio e il suo recupero faranno tornare il sigillo
reale nelle mani appropriate: mentre una inattesa postilla di insperate agnizioni
porterà all’epilogo finale.
Tutto ruota a meraviglia senza che l’intreccio perda mai il proprio smalto, e gli attori al
suo servizio trascinano il foltissimo pubblico del Gioiello all’applauso. Si spalleggiano
davvero con gusto Mauro Villata e Mario Bois (Holmes e Watson), prendendosi i giusti
spazi e i tempi completi che sono a loro dovuti, spremono con un’aria stordita e con i
necessari quanto reali ragionamenti la costruzione dei loro personaggi, ogni passo o
movimento o ginnastica d’occhi è studiato senza aver mai l’aria che si debba strafare
per strappare l’applauso. Margherita Fumero è svagata e votata al comando e
disperata per quel furto come meglio non si potrebbe, entra in scena e il pubblico
conosce già benissimo quanto grande sarà il successo della serata.
Elio Rabbione
Nelle immagini di Enrico Ricci, alcuni momenti dello spettacolo.