De Gasperi, il 25 aprile e i tabù ideologici

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Attorno alla Festa del 25 aprile nel corso degli anni sono nate molte narrazioni. Il recente
convegno organizzato da Tempi Nuovi a Roma sul magistero politico di Alcide De Gasperi in
merito alla costruzione della Europa e al valore dell’europeismo, ha evidenziato alcuni di questi
singolari aspetti. Ma forse vale la pena richiamare l’attenzione su alcuni tasselli che nel corso degli
anni si sono sedimentati e curiosamente consolidati.
Innanzitutto il 25 aprile è diventata la Festa della sinistra nelle due diverse e molteplici espressioni.
Una sorta di primogenitura e una auto investitura escludente che ha trasformato una delle date
fondanti e storiche della nostra democrazia in una giornata profondamente divisiva. E anche
quest’anno, come da copione, si è puntualmente verificata questa vulgata. Il “caso Scurati” non è
nient’altro che la ciliegina sulla torta che cambia ogni anno i protagonisti ma non modifica affatto
la sostanza.
In secondo luogo, e specularmente, per molti settori della destra italiana la data del 25 aprile è
certamente importante ma non affatto decisiva e, men che meno, unitiva. Anche su questo
versante si tratta di una prassi che si è venuta progressivamente affermando al punto che proprio
sul 25 aprile – la Festa più rappresentativa per il profilo e la natura della nostra democrazia
repubblicana – si registra una sorta di deriva degli “opposti estremismi” che resta uno degli
elementi più nefasti del nostro sistema politico.
In terzo luogo si registrano alcune singolari ed anacronistiche rimozioni. Tra queste ve n’è una di
straordinaria gravità che non possiamo banalmente archiviare. E cioè, la Festa del 25 aprile è nata
con Alcide de Gasperi. Il leader democristiano è stato un sincero, vero ed autentico antifascista
ma il suo straordinario ed unico magistero politico con riferimento proprio all’antifascismo è stato
semplicemente rimosso dal “politicamente corretto” nonchè del tutto dimenticato. Un elemento,
questo, che rientra nei misteri della politica Italia e, soprattutto, della cultura politica democratica
e antifascista del nostro paese.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, non possiamo continuare a parlare dell’unità del
paese quando persiste una virulenta divisione attorno al significato, alla pregnanza e alla natura
della Festa della Liberazione. Non è lontanamente immaginabile sanare antiche e vecchie divisioni
politiche, culturali e storiche quando permane una frattura quasi verticale sulla natura del 25
aprile.
Ecco perchè, forse – e proprio cogliendo l’occasione della Festa della Liberazione del 2024 – è
giunto anche il momento affinchè la cultura politica della sinistra e la cultura politica della destra
prendano atto che senza un superamento definitivo dei rispettivi tic ideologici difficilmente si
arriverà ad una vera e credibile condivisione sulle fondamenta civili ed ideali della nostra
repubblica. E la Festa del 25 aprile è proprio una di quelle date attorno alle quali, adesso, non si
può più tergiversare. Nè per pigrizia culturale, nè per rigidità ideologica e nè, tantomeno, per
arroganza politica.
Giorgio Merlo

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