Nostra indagine sul delicatissimo momento degli ospedali italiani, in gravissima difficoltà. La situazione regione per regione
«Fino a 4 milioni di chiamate al giorno ai medici di base. Centinaia di telefonate giornaliere anche al 118, accessi in massa ai pronto soccorsi, con picchi di afflussi che superano anche i 200 pazienti al giorno.
Ospedali in ginocchio da Nord a Sud, in particolare in Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Toscana e Sicilia: sono queste le realtà sanitarie che vivono le emergenze più gravi.
Decine e decine sono i pazienti in coda nei pronto soccorsi, molti per un semplice controllo, classificati con un codice non grave, arrivano ad attendere anche 24 ore per un esame, per una visita. Il panico in troppi casi regna sovrano, anche ingiustificato.
Sono tanti, troppi coloro che bypassano il medico di famiglia, nella speranza di essere subito sottoposti a controlli nei pronto soccorsi, quando in molti casi potrebbero curarsi a casa.
I casi gravi ci sono, per carità, l’influenza non può essere certo sottovalutata: in territori come il Lazio si arriva a cifre allarmanti, stiamo parlando di oltre 1000 malati in attesa di ricovero. Perché, di fatto, per chi ha bisogno davvero delle cure ospedaliere, il posto letto oggi non c’è.
In Campania, a Napoli, il San Paolo e il Cardarelli, sono letteralmente in ginocchio da tempo.
Tutto pesa maledettamente sulle spalle dei professionisti sanitari, i pochi rimasti sul campo, sia chiaro, perché tra carenza strutturale dei singoli territori e infermieri e medici che “si ammalano come gli altri comuni mortali ”, la situazione rischia solo di peggiorare di ora in ora.
Gli esperti del Ministero della Salute, confortati dai report dell’Istituto Superiore della Sanità, non hanno dubbi. Si tratta del peggior ceppo influenzale dell’ultimo decennio.
A farne le spese, come da prassi, sono i bambini, gli anziani e i soggetti fragili.
«Non è finita certo qui, le indagini che seguiamo di ora in ora non ci confortano. Il picco dei contagi deve ancora arrivare. No, non siamo di fronte al Covid, ma di fronte a una influenza che colpisce le vie respiratorie e che diventa pericolosa anche per la vita stessa, in particolare nei casi di patologie pregresse.
Con la riapertura delle scuole, poi, i casi sono destinati ad aumentare, lo dimostra il fatto che, oltre ai pronto soccorsi, ad andare in tilt, potrebbero essere ancora i reparti di pediatria.
«E’ evidente che si tratta di una influenza particolarmente aggressiva, continua Antonio De Palma, ma non siamo certo di fronte ad una nuova pandemia. Potremmo e dovremmo dire per fortuna, eppure la realtà delle cose non cambia. Il nostro modo di fronteggiare le nuove sfide sanitarie non muta, anzi paradossalmente peggiora.
Nel senso che non siamo pronti a gestire l’emergenza in maniera ottimale, questo è davanti agli occhi di tutti.
Strutture ospedaliere vetuste, con posti letto insufficienti. E poi quella carenza di personale che rappresenta una spada di Damocle a cui ormai dovremmo essere abituati, ma che, sia chiaro, va ricordato, rappresenta la peggiore piaga della nostra realtà sanitaria.
Provate a immaginare, allora, cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni, complice anche il calo delle temperature.
E se alla carenza strutturale di personale, aggiungiamo gli infermieri e i medici che restano a casa colpiti a loro volta dall’influenza, la prospettiva non può certo essere confortante.
L’Italia della sanità è questa, ovvero quella della carenza cronica di infermieri, 175mila mancano all’appello da nord a sud. L’Italia della sanità è quella che traballa oggi come un castello di sabbia di fronte al picco influenzale».
NURSING UP
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