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Noi non viviamo di parole propinate a caso negli intrecci della vita, noi viviamo di fatti, di versi e di parole non dette, ma dettate dal cuore e percepite con l’anima nuda. Le parole e le sensazioni che leggo dopo averti scritto, sono per te, poesia. Sono per noi e per la vita di chi leggendo si emoziona…
Carmelo Cossa: il rapporto profondo con la poesia nella silloge “Non mi dimentico mai di chiamarti AMORE”
DEDICA AL LETTORE
Questa silloge è dedicata a te che stai leggendo,
a te che ci credi più di me che scrivo,
più di me che sogno, più di me che amo
e più di me che volo.
Ma l’ho fatto sempre in sogno.
A te che leggi, invece, auguro di sognare,
di amare e di volare tutta la vita.
Io scrivo, sogno, amo e volo. E poi? Sogno ancora,
perché sognare si può e non è peccato!
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Ciao poesia, sei andata via lasciandomi solo il gusto dei tuoi versi.
Ma la lontananza non è niente, siamo soltanto da un’altra parte: tu in vacanza con un altro poeta ed io da solo con la speranza che una notte riuscirò a dormire e un giorno a guarire. Ti penso, e per me è come fossi nella stanza accanto. Abbiamo solo un giorno in più, ma siamo gli stessi che eravamo ieri, ci amiamo e ci scriviamo anche da lontano. Ma non chiamarmi amore. Chiamami con il mio nome; io ti chiamerò: Poesia. Ti si addice, è il tuo. Mi hai stregato, poesia. Mi hai forse fatto un sortilegio? So che saresti capace di tutto per realizzare il sogno di viverci e te ne sono grato, ma temo di sbagliare. Io ti amo e lo farò ogni giorno e in ogni verso. Come hai potuto appurare nel tempo che passiamo insieme ti ho sempre scritto con amore perché lo sei. Non ho potuto e non posso ancora prometterti che ti porterò all’eccelso, ma ti amerò scrivendo come non avrei mai pensato si potesse fare. Non preoccuparti se ti fai scrivere da altri, sei amata da chi ti legge e scritta da chi ti ama.
Io ti amerò come ho sempre fatto, e ti lascio libera nello stesso modo che ti scrivo. Vivo già il supplizio della paura di sbagliare e lo strazio di saperti in altre menti, in altri scritti e in altre mani.
Ma non importa perché tu sei nella mia anima e ti abbraccio per scaldarti e farti vivere come fa un cuore innamorato. Io t’amo come sei. Ma una domanda voglio fartela: Perché quando ti scrivono lo fanno in rima, e in mille altri modi che non voglio nominare?
Io, a volte, nei tuoi confronti mi sento colpevole. Colpevole di scriverti come non dovrei. Ma non è colpa mia se ti porto nel cuore e mi piace scriverti per farti sentire libera. Spesso scrivo ciò che sento per non dimenticarti e poi rileggo ciò che ho scritto per riuscire a ricordare. Ma quando non ricordo, scrivo ancora, poi rileggo e scopro che tu, in un verso o in un altro, sei e sarai sempre poesia.
Allora ti suggerisco un accordo: Io ti scrivo con emozione e come mi dice il cuore, ma ti prego di non sgridarmi. Non è colpa mia se sei nata bella, se mi emozioni e se la mia mente detta i versi senza avvisarmi e io li scrivo così, come li ricordo.
Tu poesia, non dovrai mai sentirti colpevole e io non ti chiederò mai niente. Lo so già! Me l’hanno insegnato le mie notti insonni e i miei giorni tristi. Ma tu, poesia, continua a vivere e a gioire di ciò che ci ha fatto riflettere da sempre e continua a godere del piacere e del tempo che riusciremo a stare insieme per capirci meglio. A volte sono le piccole cose a rendere grande un amore che nessuno potrà mai fermare. Ci piace stare insieme e lo faremo spesso. Voglio pregare, voglio sorridere, voglio pensarti scriverti e amarti come solo amando si riesce a fare.
Il mio nome è il tuo, i tuoi versi sono i miei, l’amore e le emozioni che ci legano sono farina dello stesso sacco. Ci siamo incontrati tardi, ma che importa! L’importante è averlo fatto. Il resto è solo fantasia inutile. Sappi che da adolescente ti studiavo a memoria e provavo a scriverti perché fu amore a prima vista. L’amore che proviamo e che viviamo dobbiamo viverlo a piene mani.
L’amore di questa storia conserverà il significato che ha sempre avuto: Vita! E lo sarà per sempre. Gli accadimenti grandi restano nel tempo e ad essi, specialmente quando si parla d’amore, c’è una continuità che non si spezza. Io sarò sempre nei tuoi versi e tu sarai nei miei pensieri. E chissà che un giorno io e te insieme, non saremo nel cuore di chi ci legge o nei cuori di chi volesse provare a scriverti. Ma io, poesia, continuerò ad amarti davanti al mondo che, anche se non ci appartiene, è nostro. È fatto di semplici cose e di profumi di stagione che nel loro insieme ci rendono liberi di volare nel nostro esistere. Ho sempre gioito quando il sole mi ha regalato luce, ma con la stessa enfasi, quando il fato si è accanito, ho pianto e forse lo farò ancora, ma ti amo e vorrei posare una lacrima nei tuoi versi per far capire a tutti quanto è dolce piangere. Mi auguro che tu sorrida in ogni istante, ma la dolcezza di una lacrima in un verso, è immensa. Noi non viviamo di parole propinate a caso negli intrecci della vita, noi viviamo di fatti, di versi e di parole non dette, ma dettate dal cuore e percepite con l’anima nuda. Le parole e le sensazioni che leggo dopo averti scritto, sono per te, poesia. Sono per noi e per la vita di chi leggendo si emoziona. Quella vita mai vissuta prima che c’incontrassimo e che ci mescolassimo nei versi. Ma quella stessa vita, oggi ci osserva e ci sprona a viverla così, come possiamo e come sogniamo, perché sognare si può e non è peccato.
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LA PRIMA POESIA
“Quella che segue è la mia prima poesia che scrissi quando arrivai a Torino a soli quindici anni. Oggi, forse, – commenta Cossa – la scriverei in modo diverso, ma non sarebbe vera allo stesso modo”.
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Il treno
Il treno correndo mi portava via
dalla terra amata e dalla mamma mia.
Poco più di un bimbo son partito,
promettendo a tutti che sarei tornato.
Amavo la campagna e quei luoghi
ma dovevo emigrare per sognare
e vivere una vita nuova, come i giorni
che sognavo.
Quel giorno il treno correva veloce
avrei voluto urlare, ma ero senza voce.
La paura mi attanagliava il cuore
mentre il treno correva da ore.
Qualcuno mi chiedeva dove vai,
ma io pensavo solo ai miei guai.
Un nodo mi serrava la gola
e non riuscivo a dire una parola.
Tentavo di dormire e non pensare
a cosa mi aspettasse al mio arrivare.
Che cosa farò in città io mi chiedevo,
mentre il treno ancora correva
troverò un lavoro dignitoso,
e vivrò una vita decorosa.
Il sonno infine venne e sognai cose belle
e quando dal treno scesi titubante
l’emozione mi soprese e piansi.
Oggi voglio aggiungere che quel viaggio cambiò la mia vita, ma le cose belle che sognai, nonostante tutto, le sogno ancora e lo farò fino alla fine dei miei giorni perché ogni giorno vivo, non ho più paura e sogno ancora.
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L’ULTIMA LIRICA DELLA SILLOGE
La raccolta si conclude con questa lirica che ha dato il titolo alla silloge.
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Non mi dimentico mai di chiamarti amore
Non so più se sei donna, se sei amore,
se sei sogno, o se sei solo poesia,
ma ti amo come fossi amore,
ti sogno come fossi vita,
ti scrivo ogni notte una poesia
e mi manchi perché sei il mio respiro.
Ma ora dimmelo tu, donna mia,
che cosa sono i tuoi occhi, il tuo volto,
e il tuo sorriso se non poesia?
Sai donna, sei tu la poesia da scrivere,
da amare, da sognare e da vivere
volando e cantando il titolo e i versi
dell’unico motivo che un cuore folle
e innamorato può intonare:
Non mi dimentico mai di chiamarti amore…
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