Partiamo dal presupposto che per “Dio” intendo un qualsiasi ente (participio presente del verbo essere, cioè “ciò che è”) nel quale credere, al quale mostrare devozione, in nome del quale propugnare le proprie idee, e non quell’anziano con la barba bianca ed il forcone in mano o altre rappresentazioni analoghe.
Tutti gli uomini, da sempre, hanno bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa che ne giustifichi la presenza sulla Terra, che li gratifichi se si sono comportati in un certo modo e che, per contro, reprima le loro condotte deviate, agendo anche come deterrente.
Nella storia dell’uomo di fianco alla religione, o più spesso al posto di questa, abbiamo avuto fazioni schierate per questo o quel Dio, intendo con questo termine l’oggetto di devozione del singolo o di gruppi.
Ecco, dunque, che andiamo dall’adorazione del fuoco, che permetteva di scaldarsi, cuocere, difendersi dagli animali feroci e dai nemici e di illuminare l’ambiente a quella per l’acqua (il dio Poseidone) passando per Manitù, Giano, Giove, Anubi, Osiride e molti, molti altri.
Alcuni, vuoi perché scaturiti dall’immaginazione umana, vuoi perché considerati antropomorfi per assimilazione o perché vi sono state testimonianze dirette sono stati tramandati a noi attraverso icone, dipinti e sculture: Gesù, Buddha, Zaratustra e tutti gli altri; di altri sono più note le manifestazioni in loro onore: la pace, la non violenza, l’antifascismo, l’antisemitismo, la tifoseria sportiva, la new age e così via decine di altri oggetti di culto.
Anche se apparentemente lontani tra di loro, tutti i soggetti (anche astratti) citati sopra hanno in comune una cosa: raccolgono adepti che, nel nome di quella divinità, compiono atti e misfatti che poco li distinguono tra i seguaci complessivamente intesi.
Pensiamo, ad esempio, all’Inquisizione ed alle Crociate perpetrate dai seguaci di una Chiesa che predica amore e uguaglianza, salvo poi mettere sulla graticola l’ostetrica romana Finnicella ed elevare all’onore degli altari (è diventato Santo nel 1450) quel Bernardino da Siena che la fece arrostire; o, ancora, condannare per eresia quel Galileo Galilei che venne riabilitato soltanto dopo oltre 350 anni da Papa Giovanni Paolo II ma soltanto dopo che la Pontificia accademia delle scienze riconobbe che fu un errore condannarlo sulla base delle conclusioni alle quali pervenne un’apposita commissione di studio da lui istituita nel 1981; non bastava leggere un libro di geografia o di scienze delle superiori? Oppure pensiamo alle nefandezze compiute da alcune tifoserie, da estremisti politici di tutti gli schieramenti (vedi il comizio dell’On. Saccucci a Sezze, nel 1976).
E’ evidente che, pur con motivazioni diverse e finalità molto distanti tra di loro, tutti questi comportamenti, queste appartenenze hanno in comune un dato: chi vi aderisce ha bisogno di un qualcosa (o, astrattamente, qualcuno) in cui credere, per il quale compiere determinati gesti, attraverso il quale realizzarsi e sentirsi così a posto con sé stessi piuttosto che con gli altri.
Chi di voi era già almeno adolescente negli anni ’70 ricorderà i cortei e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, per la riforma dell’istruzione contro il Ministro Malfatti, prima ancora nell’autunno caldo del 1969 dal quale nacque lo Statuto dei lavoratori e potrei citare molti altri esempi.
Va notato che tutti questi idoli hanno in comune, troppo spesso, il fanatismo: chi si schiera da una parte inevitabilmente lotterà strenuamente contro chi è schierato sul fronte opposto mentre quasi sempre lascerà senza considerazione chi non è, almeno ufficialmente, schierato anziché scambiare con altri le proprie opinioni e, soprattutto, ascoltare le ragioni altrui: solo gli stolti, infatti, non cambiano mai idea.
Sembra insito nell’animo umano non tollerare dissensi o contraddizioni arrogandosi il diritto di essere seduti dalla parte della ragione, una specie di pregiudizio della convenienza sempre identico.
Io sostengo sempre che è meglio sedersi dalla parte del torto perché vi sono più posti liberi, visto che tutti vogliono sedersi dalla parte della ragione; credere di avere sempre ragione si manifesta in molti modi diversi, ma mai costruttivi: dai litigi condominiali alle separazioni coniugali, alle cause civili fino alle guerre dove ogni parte sostiene che è il suo diritto ad essere stato violato, e non il contrario.
Sono convinto che se ognuno di noi agisse secondo la propria coscienza, in totale umiltà, accettando che non sempre la ruota giri a tuo favore molte divinità cesserebbero di avere senso.
Sergio Motta
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