Resta alta la tensione nella Casa circondariale di Torino, dove questa mattina si è verificato un grave atto di violenza. La notizia arriva dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPe, per voce del segretario regionale del Piemonte Vicente Santilli: “Ancora violenze nel carcere di Torino. Questa mattina, le ore 8,00, un detenuto di nazionalità nigeriana ha sferrato un violento pugno in pieno volto nei confronti dell’Agente di servizio presso il padiglione. Durante l’apertura della cella, il detenuto chiedeva insistentemente una sigaretta al poliziotto e, al suo diniego, lo ha colpito con violenza. L’agente è dovuto ricorrere alle cure del caso presso il nosocomio cittadino. Non se ne può più!”. “La situazione nelle carceri del Piemonte, ed in quello di Torino in particolare, è critica”, denuncia Santilli: “ci si aspetta forse un gesto ancora più violento ed eclatante affinché qualcuno possa intervenire, dimenticando che chi opera all’interno degli istituti sono uomini e donne dello Stato che rischiano la vita ogni giorno per garantire la sicurezza in un carcere?”.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, esprime solidarietà al poliziotto contuso a Torino ed è impietoso nella sua denuncia: “Siamo preoccupati dall’alto numero di eventi critici che si registrano ogni giorno nelle carceri: e siamo sconcertati dall’assenza di efficaci provvedimenti contro coloro che si rendono responsabili di queste inaccettabili violenze, anche perché questo determina quasi un effetto emulazione per gli altri ristretti violenti. Aggressioni, colluttazioni, ferimenti contro il personale, così come le risse ed i tentati suicidi, sono purtroppo all’ordine del giorno. È per noi importante e urgente prevedere un nuovo modello custodiale ed è necessario intervenire con urgenza“. Per Capece non c’è più tempo da perdere: “servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere: certo non indulti o amnistie”.
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