26 luglio 1963 …26 luglio 2023. Sono passati 60 anni che sembravano un’eternità.
Romolo Gobbi, studente all’ultimo anno di giurisprudenza, diffondeva davanti ai cancelli della
Mirafiori un giornale, di cui era direttore, dall’emblematico titolo “Gatto Selvaggio”.
Riprendeva lo scontro sociale a Torino.
Giusto un anno prima alla Fiat si era ripreso a scioperare per il contratto di lavoro e l’egemonia
Vallettiana stava venendo meno.
Vittorio Valletta si era fatto un proprio sindacato SIDA, soprannominato sindacato giallo. Anni di
conflitto, anni di crescita sociale e direi anche di crescita culturale.
Torino, Città Fabbrica, produceva tante automobili, ma anche una nuova classe politica che
avrebbe avuto nel ‘68 il suo punto più alto nella contestazione. Direi conflitto costruttivo perché
produceva. Proprio così, produceva qualcosa di positivo per il dopo.
Romolo Gobbi, come scrisse il giornale ABC, figlio della buona borghesia Torinese era anche
Direttore del Gatto Selvaggio, attirando gli strali della magistratura e della politica, in particolare
dei politici del PCI. Precisamente era considerato amico da una parte dei dirigenti comunisti
sindacalisti come Sergio Garavini o Vittorio Foa, e visto come fumo negli occhi da Adalberto
Minucci, allora Segretario provinciale, che in un articolo sull’Unità gli diede del prezzolato. In poche
parole, accusò Romolo Gobbi di essere al libro paga della Fiat per gettare scredito sul movimento
operaio. Affermazione falsa, totalmente falsa. Ovviamente si poteva essere o non essere d’accordo
con quello che diceva Romolo. Non cadendo (forse volutamente) nel dileggio si rimane nel
confronto politico sulle idee. Un gruppo di iscritti alla FGCI contestò le affermazioni pesanti di
Minucci.
Tra i firmatari il mio amico Marco Moratto, sedicenne con il pallino della politica. Fu espulso dalla
Federazione Giovani Comunisti. Anni dopo rientrò nel PCI, con la sua proverbiale scettica
intelligenza.
Ma alla fine cosa contestavano a Romolo Gobbi? Di essere favorevole al sabotaggio in fabbrica. Più
che una esaltazione, la sua era una costatazione, anzi si auspicava il passaggio dal sabotaggio alle
forme di lotta come il gatto selvaggio. Concretamente squadre di operai si astenevano 15 minuti a
turno di fatto bloccando per l’intera giornata la catena di montaggio. Il minimo sforzo con il
massimo risultato. Era una forma di lotta osteggiata dal sindacato, ma sicuramente più apprezzata
dagli operai. Anni dopo, in un documentario RAI sulle lotte operaie per il contratto di lavoro, gli
operai intervistati, a maggioranza, si dichiararono favorevoli agli scioperi a gatto selvaggio. Del
resto, è la nostra stessa Costituzione a prevedere il diritto di sciopero, indipendentemente dalla
forma.
Comunque Romolo si beccò 10 mesi, condannato per apologia di reato. Venne assolto dal più
grave reato di istigazione a delinquere. Venne difeso dall’Avvocato Guidetti Serra, che aveva dato il
placet alla stampa del Gatto Selvaggio, dal momento che più nessuno era stato condannato per
apologia di reato a mezzo stampa sin dalla caduta del Fascismo.
Poi… di fatto fu una ” medaglia ” che si è portato dietro tutta la vita.
Si laureò un anno dopo tra gli strali del Preside di giurisprudenza che lasciò l’aula come segno di
disapprovazione verso Romolo Gobbi e i contenuti della sua tesi.
Ora? Tanti ricordi…ma non solo.
Romolo sta rivivendo un terza se non quarta giovinezza a 86 anni. Ed in fondo anche noi che non
siamo più giovani e siamo stati suoi studenti. E non solo ricordi ma anche la presunzione d’essere
stati protagonisti di un pezzettino di Storia della nostra Città. Così ai primi di ottobre presso la
libreria Trebisonda- via Sant’Anselmo 22- si terrà la presentazione del suo libro: Come eri bella
classe operaia. Insomma, il nostro professore Romolo Gobbi non molla.
PATRIZIO TOSETTO