Nel giro di 15 anni il 40% degli attuali infermieri sarà in pensione
Bisogna agire subito per non sguarnire il sistema sanitario pubblico
Chi di dovere convochi un tavolo strategico con i sindacati per una soluzione
Il Nursing Up, sindacato degli infermieri e delle professioni sanitarie, lancia un preoccupato allarme sul continuo e inarrestabile invecchiamento della categoria, con l’età media attuale degli infermieri, rilevata sugli iscritti agli ordini, che è giunta a 52,2 anni, quando solo nel 2019 era di 45,6 anni.
Un fenomeno che non può che destare una concreta preoccupazione perché in proiezione, nel giro di 15 anni, avremo almeno il 40% degli infermieri attuali che avranno abbandonato il lavoro, perché andati in pensione. Quasi la metà degli attuali infermieri occupati, quindi, se ne andranno (giustamente per il raggiungimento dell’età pensionabile) e da chi verranno sostituiti, visto che già oggi gli organici avrebbero bisogno di massicce nuove assunzioni? Da chi, visto che come andiamo dicendo da mesi inascoltati, sarebbe necessario già oggi avere almeno 5000 infermieri in più, assunti e immessi nel sistema sanitario pubblico della nostra regione?
Le cifre di questo “disastro generazionale” che oggi viviamo, certificate a livello nazionale dall’indagine del maggio 2022 dell’osservatorio Oasi (Observatory on healthcare organizations and policies in Italy) del Cergas Bocconi che hanno evidenziato, drammaticamente, come l’età media dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale sia addirittura 56,49 anni, impongono immediate e risolutive azioni collettive, con strategie concrete messe in atto dalla Regione in accordo con i sindacati.
Le linee guida su cui lavorare sono essenzialmente tre: un rigoroso e coraggioso piano di assunzioni, che contribuisca a sanare la voragine esistente; rendere il lavoro nella sanità pubblica regionale più appetibile con una valorizzazione economica degna di tal nome che può e deve restituire appeal e credibilità alla nostra professione; incentivare il ricambio generazionale continuo e sostanzioso partendo dalle basi della professione, ovvero i corsi universitari.
Se non si agirà immediatamente su queste strategie, il futuro della nostra professione e dell’attuale sistema di sanità pubblica sarà davvero una grande incognita, con la chiara possibilità che molti dei servizi erogati oggi non possano più essere realizzati “domani” per la mancanza di personale.
Il Segretario regionale Nursing Up del Piemonte, Claudio Delli Carri, aggiunge: “Agire subito su queste drammatiche previsioni che poggiano su dati concretissimi odierni, che ognuno di noi vive di persona quotidianamente nei reparti in perenne emergenza di personale, non vuole dire impostare l’ennesima sterile discussione o polemica. Ma vuole dire pianificare da parte della Regione, assieme alla parte sindacale, immediate strategie per massicce assunzioni di forze fresche, incentivando la scelta della professione nella sanità pubblica con una valorizzazione economica adeguata e concreta, e supportando tramite ciò la scelta di questo mestiere dei giovani che iniziano l’università. Oggi, gli infermieri sono pochi, con un’età media superiore ai 50 anni, e si applicano in una professione usurante sia fisicamente sia psicologicamente, che non può essere affrontata per 40 anni lavorativi di fila. In più, anche la “finestra lavorativa” dell’infermiere si è ristretta, visto che fino a qualche anno fa i giovani assunti andavano dai 19 anni ai 22 anni e oggi, dopo la formazione universitaria, l’accesso al mondo del lavoro è slittato: infatti, i nuovi infermieri che entrano nelle strutture hanno in media dai 24 ai 28 anni. E, altro dato drammatico, le domande al corso di laurea per infermiere (dati nazionali) sono palesemente diminuite rispetto agli anni precedenti, dopo i “picchi” degli anni dal 2010 al 2013.
Ora, se è inevitabile che i colleghi che oggi sono over 50 andranno tutti in pensione, è chiaro che non abbiamo altre strade da percorrere se non quella di ricostruire da zero tutta la strategia di gestione della nostra professione nella sanità pubblica. La situazione è davvero allarmante. Per fare un esempio è come se la professione nel pubblico fosse una barca che mese dopo mese si riempie d’acqua, senza che nessuno faccia nulla per rimediare: la barca alla fine affonda. Le toppe, gli interventi tampone, il ricorso ad artifici estemporanei come l’appoggiarsi alle cooperative con le esternalizzazioni, non risolvono il problema. Se non vogliamo rischiare un’ecatombe di personale sanitario con tutte le conseguenze sulla qualità delle prestazioni dei cittadini che si possono immaginare, è imperativo agire.
Chiediamo dunque a chi di dovere di organizzare un tavolo permanente di “emergenza”, con la presenza dei sindacati, per creare una strategia d’azione concreta e da attuare subito per tentare di trovare una soluzione.
Se invece non si farà nulla, l’alternativa, come ci raccontano i dati, sarà un futuro su cui incombe un’enorme incognita sia per la nostra professione sia per il sistema sanitario pubblico come lo conosciamo”.
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