Presso il Teatro torinese Vittoria
L’Orchestra Polledro prosegue i festeggiamenti per i primi dieci anni di attività 2012-2022 con il secondo concerto della stagione 2022/23.
Martedì 28 marzo prossimo al teatro Vittoria, in via Gramsci 4, alle 20.30 sul podio il maestro Federico Bisio e oboe solista il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’orchestra Nazionale della RAI.
Il programma prevede la Sinfonia in do maggiore di Marianna Martinez, vissuta negli anni 1744-1812, il Concerto per oboe e orchestra in Sol maggiore di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano, e la Sinfonia in re maggiore op. 3 n.1 B 126 di Ignaz Pleyel, direttore il maestro Federico Bisio.
Marianna Martinez, nata a Vienna il 4 maggio 1744, quinta figlia del maestro di cerimonie della nunziatura apostolica, il napoletano Nicolò, crebbe all’interno di una famiglia agiata che conobbe un’ascesa sociale alla corte degli Asburgo. Se a Vienna una donna apparteneva ai ceti alti, era prassi che si dedicasse ai rapporti sociali e a patrocinare le arti. La famiglia Martinez viveva in un edificio nella Michaelerplatz e, come era frequente prima dell’invenzione degli ascensori, i piani dei palazzi corrispondevano alla classe sociale dei loro abitanti.
Questa convenzione sociale consentì a Marianna di avere uno spazio vitale tale da dedicarsi alla musica con impegno e dedizione. Protetta e seguita nei suoi studi dal celebre vicino di casa Pietro Trapassi detto il Metastasio, poeta cesareo, poté vantare tra i suoi insegnanti il giovane Franz Joseph Haydn e, in particolare, l’anziano maestro italiano Nicolò Porpora, insegnante di canto e compositore molto noto. In un attico freddo e umido, viveva un giovane compositore, Joseph Haydn, che stava tentando di intraprendere la carriera di musicista.
Questa felicissima combinazione fece sì che Marianna potesse diventare, in un breve periodo, la donna compositrice più prolifica della città. Divenuta nel 1773 Accademica Filarmonica onoraria della prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna, per la quale scrisse un Dixit Dominus, la Martinez vide consolidato il suo ruolo nel mondo musicale viennese, grazie a un catalogo di opere comprendenti musica sacra, una Messa e un oratorio.
Dei suoi lavori di più ampia scala ricordiamo la Sinfonia in Do maggiore, di straordinaria vivacità, per un organico di oboi e due corni.
Composta in tre movimenti secondo lo schema dell’Ouverture, il primo e quello finale sono contrassegnati come Allegro Spiritoso e Allegro con spirito, incarnando la vivacità e la grazia dell’autrice.
Il manoscritto rivela il rigore dell’autrice e l’orgoglio che ne traeva.
Marianna dimostrò di avere un buon talento per la composizione, quindi iniziò a prendere lezioni con Johann Adolf Hasse e con il compositore della corte imperiale Giuseppe Bonno.
Ricevette un’ottima educazione, di molto superiore a quella che veniva offerta a donne della sua classe sociale.
Era madrelingua italiana e tedesca e, in una lettera autobiografica scritta a Padre Martini, riferiva di avere una buona conoscenza della lingua francese.
Il programma prevede anche il concerto per oboe e Orchestra in Sol maggiore, di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano e la Sinfonia in Re maggiore op.3 n.1 B. 126 di Ignaz Pleyel.
Pleyel nasce a Ruppersthal in Austria, figlio di Martin, maestro di scuola, e studiò musica prima presso il compositore Johann Baptist Vanhal e, a partire dal 1772, fu allievo di Joseph Haydn ad Eisenstadt.
Trasferitosi in Francia dove assunse il nome francese di Ignace, lavorò a partire dal 1797 come editore musicale e a lui si deve la prima edizione dei quartetti per archi del suo maestro Haydn.
In seguito divenne uno dei maggiori e più famosi costruttori di pianoforti francesi del XIX secolo, facendo concorrenza anche ad altri grandi artigiani quali Sebastien Erard.
La Sinfonia in Re maggiore fu composta quando il maestro Haydn era già impegnato nella prima delle sue tre Sinfonie di Parigi.
Pubblicata per la prima volta nello stesso anno, esiste in varie copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.
A differenza di Haydn che, a partire dalla metà del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore nel 1785, quando il suo maestro Haydn era impegnato nella prima delle tre Sinfonie di Parigi Pleyel rimase fedele alla strumentazione con archi, oboi e corni, che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.
Fu pubblicata per la prima volta nello stesso anno e esiste in copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.
A differenza di Haydn che, a partire dalla metà degli anni Settanta del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore e nella maggior parte delle sue Sinfonie Pleyel rimase fedele alla strumentazione standard con archi, oboi e corni che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.
Questa Sinfonia rivela già una fantasia formale e una perfezione nel trattamento delle tecniche compositive sinfoniche tali da rendere comprensibile la popolarità di cui godono le sue Sinfonie presso il pubblico contemporaneo.
Il primo movimento, Allegro assai, inizia senza un’introduzione lenta; il suo tema principale si sviluppa in due sequenze fino a un possente tutti orchestrale.
Questo tema principale è seguito da due temi sussidiari nella tonalità dominante di La maggiore, il secondo dei quali si espande con un tono in scherzando.
Un ulteriore tutti dell’Orchestra con una reminiscenza del tema principale e una formulazione cadenzale che si dissolve nel piano del primo e del secondo violino, concludono la presentazione del tema nell’esposizione del movimento.
La sezione di sviluppo inizia con un forte all’unisono degli archi e conduce il movimento iniziale del tema principale nelle tonalità più lontane, in discesa cromatica.
Passaggi poco specifici dal punto di vista tematico enfatizzano il processo di modulazione, avventurandosi fino alle regioni di fa maggiore e fa diesis minore, per poi esaurirsi in un esteso pedale sul fa diesis.
La ricapitolazione del tema principale inizia nella tonalità sottodominante di sol maggiore e la sua brusca interruzione da parte di una serie di cadenze per quinte su larga scala porta al ritorno finale della tonalità principale di re maggiore.
Dal punto di vista tematico la ripresa inizia con il secondo tema sussidiario e, nelle misure successive, guida il tema principale nel basso verso un climax dinamico analogo al primo orchestrale.
Il secondo movimento riserva anch’esso delle sorprese con i suoi elementi formali insoliti.
Un tema iniziale di ampio respiro narrativo e una sezione minore carica di emozione sono seguiti da un Allegro 3/8 che ristabilisce la tonalità principale in sol maggiore del tema in scherzando.
Il tema del minuetto (Minuetto, Allegretto) si presenta con una frase iniziale musicale rustica che ricorda un Landler e una conseguente frase che sfuma verso il piano, molto simile al modello di Haydn. Il trio con due violini solisti si contrappone al minuetto nel tono e nel carattere della melodia.
Il tema del finale, Rondò Allegro, ricorda il tema principale del quarto movimento della Sinfonia n. 39 di Mozart. Il tema del ritornello che si sente tre volte nel corso del movimento è contrastato da due episodi.
Il primo ha un tema leggero nella tonalità dominante in la maggiore, il secondo entra con l’incedere emotivo di un episodio minore e poi, nella tonalità parallela in fa maggiore, ritorna al tema leggero del primo episodio.
Il maestro Carlo Romano nasce a Roma nel 1954 e compie gli studi presso il Conservatorio di Santa Cecilia, studiando pianoforte, armonia e diplomandosi in oboe con il massimo dei voti nella prestigiosa scuola di Giuseppe Tommasini.
Il maestro Federico Bisio ha seguito un doppio percorso di studi, sia universitario sia frequentando i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.
Mara Martellotta
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