Rottamiamo gli anziani!

Chi ha frequentato il liceo classico ricorderà senz’altro l’opera tarda di Marco Tullio Cicerone dal titolo significativo “Cato Maior-De senectute” (Sulla vecchiaia). Il trattato filosofico immagina un dialogo tra il vecchio Catone il censore e due suoi amici: Gaio Lelio e Publio Cornelio Scipione Emiliano. Cicerone sostiene che l’essere carico di anni e di esperienze non impedisca e non escluda una partecipazione piena a quello che resta da vivere ed esalta la saggezza, i beni “interiori” dell’avanzata età, che consentono anche di superare l’affievolirsi delle forze fisiche. Insomma i vecchi vanno amati e rispettati.

Fin dall’origine dei tempi, d’altronde, le tribù primitive tenevano in grande considerazione i vecchi, depositari delle tradizioni del popolo e della cultura, maturata attraverso l’esperienza e lo studio; e di solito il governo delle comunità era affidato al “consiglio degli anziani”, a testimonianza che la guida di un gruppo di persone deve essere affidata a chi sa, conosce, ricorda.

Sono passati duemila anni e quei valori sono carta straccia, orpello inutile e fastidioso…

Chi è in età avanzata non è più amato e rispettato, ma solo sopportato quando, addirittura, non è disprezzato o emarginato con fastidio dalla società: vecchio è sinonimo di essere inutile, da rottamare al più presto, un residuo inquinante che rappresenta il passato, cioè un’epoca da dimenticare nella corsa verso il futuro, radioso, bello, giovane.

In Germania il Ministero dei trasporti ha preso in esame l’idea di non rinnovare la patente agli anziani anche se in perfette condizioni fisiche: arrivati ad una certa età, anche se si legge il tabellone dell’oculista senza occhiali, se si sente lo stormire di una foglia a 100 metri, se si salgono le scale saltando i gradini due a due, non si potrà sedersi al volante neppure di un’utilitaria.

In Italia non siamo arrivati a tanto, ma altri segnali sono preoccupanti.

Il più grave è legato all’informatizzazione della vita quotidiana. Non si può chiedere un certificato andando allo sportello di un ufficio pubblico perché lo si deve fare via Internet cliccando sull’indirizzo www.ufficio.it. “Ma io non so cosa sia, e poi non ho neppure un computer” protesta flebilmente il vecchietto ultraottantenne. Peggio per te, pensa l’impiegato di là dal bancone, facevi meglio a morire qualche anno fa…

Vuoi verificare la tua posizione all’INPS? Devi andare sul sito! E lì leggi che “Ai sensi dell’art. 24, comma 4, del D.L. n. 76/2020, dal 1 ottobre 2021 l’accesso a tutti i servizi della Pubblica Amministrazione è consentito solo attraverso credenziali SPID, CIE o CNS”.

Lo SPID?… Cos’è questa sigla lo chiarisce il sito dell’Istituto con queste semplici parole: “SPID è il sistema di accesso che consente di utilizzare, con un’identità digitale unica, i servizi online della Pubblica Amministrazione e dei privati accreditati. Se sei già in possesso di un’identità digitale, accedi con le credenziali del tuo gestore. Se non hai ancora un’identità digitale, richiedila ad uno dei gestori.Accesso, identità digitale, servizi on line, credenziali, gestore; vallo a far capire al poveretto che, per anni, era abituato a far la fila disciplinatamente, a parlare con l’impiegato, a chiedere quello che gli serviva, a farsi spiegare le cose che non capiva…

Vuoi prelevare 500 euro per campare facendo le tue spese quotidiane nel negozio sotto casa? Scordati di entrare in banca, di compilare la richiesta, fare magari due chiacchiere col cassiere,che è figlio di una tua vicina di casa ,e lo hai visto crescere; devi utilizzare il bancomat all’esterno della filiale, digitare il PIN (dovediavolo è finito? L’avevo messo nel portafoglio ma non lo trovo…) ritirare le banconote e ringraziare Dio che non ti hanno rapinato mentre facevi l’operazione.

Vuoi spedire qualche soldo a tuo nipote che studia a Milano e ha sempre bisogno di un aiuto perché lì la vita è cara? Che non ti venga in mente di mandare un vaglia postale, il caro vecchio vaglia postale con cui anni fa spedivi gli aiutini a tuo figlio appena sposato che aveva dovuto trasferirsi a Bologna per lavoro: “Usi l’home banking, fa prima, costa meno, basta che sul sito della Posta apra l’apposita applicazione…”. Già, ma non ho il computer, se lo avessi te lo avrei già sbattuto in testa, crapùn!

Tutto è ormai diventato virtuale, tutto gira sul cloud, sul web, sul software, la realtà è virtuale e si nutre di bit, di giga, di pixel e chissenefrega se l’anziano (anzi, usiamo il termine giusto: il vecchio) resta tagliato fuori, attaccato ai suoi ricordi, alle cose concrete, ai rapporti personali guardandosi negli occhi, anziché smanettando WhatsApp, mail e sms…

Il vecchio è inutile perché fa fatica ad adattarsi, diventa un peso per la società. E la società lo mette “fuori gioco” levandogli la terra sotto i piedi e irridendolo, perché non conosce la differenza tra PIN e SPID.

Siamo arrivati ad una forma sottile ma efficace di “eutanasia per via informatica”: il vecchio non lo si elimina con una dose mortale di farmaci per liberare la società dal peso della sua sopravvivenza, ma lo si elimina mettendolo fuori dalla vita quotidiana.

R.I.P. , requiescat in pace!

Gianluigi De Marchi

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