Non sono un nostalgico dei tempi andati, ma spesso nel confronto tra ieri e oggi quest’ultimo esce perdente su molti aspetti.
Uno di questi sono gli effetti del periodo del boom economico, del benessere degli anni ’60 che ci hanno portato ad uno stile di vita al quale non eravamo preparati, con il risultato che ora non siamo più abituati alle restrizioni attuali.
Mi riferisco, per esempio, alle riparazioni domestiche sia intese come interventi su impianto elettrico ed idraulico, serrande e serramenti, sia come riparazione di elettrodomestici o mobili e tinteggiatura.
Un tempo era molto più comune di ora mettere le mani quando qualcosa non andava, salvo chiamare l’artigiano se proprio era un problema irrisolvibile da noi: nella mia famiglia, sia da parte di mamma che di papà, tutti tinteggiavano le pareti di casa, sostituivano un interruttore, montavano un lampadario o sostituivano lo scarico del lavandino. E se proprio non potevano (assenza, impedimento fisico, urgenza) c’era, comunque, qualcuno degli amici in grado di farlo. Non parliamo poi di traslochi: si noleggiava un furgone (e prima ancora lo si chiedeva al fruttivendolo o al meccanico) e ci si organizzava, magari impiegandoci il triplo del tempo.
L’avvento dell’elettronica nelle automobili (che rende impossibile il 90% delle riparazioni se non sei un ingegnere e soprattutto se non hai le apparecchiature adatte), la costruzione di elettrodomestici che non si riparano più (provate ad aprire un TV attuale), le norme che quasi ogni anno rendono le apparecchiature in tuo possesso energeticamente obsolete (fra un po’ dovranno allungare le etichette per farci stare tutte i + della lettera A) hanno reso le riparazioni domestiche una pratica per pochi addetti ai lavori. Per le riparazioni che ancora potremmo fare, invece, non abbiamo più tempo perché tra ufficio, prendere i figli a scuola, andare in palestra e poi il calcetto alla sera siamo stravolti. Tanto c’è l’artigiano che, entro 15-20 giorni arriverà.
Ma la manualità porta con sé due importantissimi fattori: da un lato realizzare o aggiustare qualcosa (che ci appartenga o no) contribuisce ad aumentare la propria stima ed aumenta la creatività. Quanti di noi si lamentano perché il proprio lavoro non è tangibile? Immaginate un informatico che crea pagine web, programmi per PC o app, ma fisicamente non c’è traccia del suo impegno. Certo, riceverà la giusta ricompensa (o, almeno, dovrebbe) per il lavoro svolto ma presto il suo lavoro verrà sostituito da nuove versioni, da upgrade, o abbandonato.
Altro fattore non meno importante è il contatto con l’oggetto creato, la scelta del materiale, la rifinitura, la colorazione: pensate alla Pietà del Bernini, o al Davide di Michelangelo o al Perseo che decapita Medusa del Cellini o, molto più modestamente ma non per questo immeritatamente, ai lavori di ebanisteria che il falegname in paese realizza su richiesta.
Personalmente sono convinto che trasporre in un oggetto ciò che si sente, ciò che si vuole comunicare predisponga l’individuo verso toni più dolci, verso disposizioni d’animo migliori. Concentrarsi per trasformare un pensiero, un concetto in un oggetto aiuta a migliorare anche se stessi, in un gesto quasi catartico.
Lasciare una traccia, piccola o grande che sia, del proprio passaggio in questo mondo, da una casa realizzata bene ad una scultura che testimonia a distanza di secoli le fattezze di un eroe, da una cassapanca intarsiata alla riparazione della carrozzeria di un’automobile sono, ognuno a modo suo, piccoli gesti che migliorano un po’ il nostro mondo.
Non è insolito vedere persone fragili migliorare il proprio handicap se adibiti a lavori creativi manuali, dalla riparazione di biciclette alla costruzione di bambole, dal restauro di mobili e oggetti antichi e moderni alla pittura su vetro, ceramica o altro materiale ma è altrettanto vero che negli ultimi anni più di prima cerchiamo tutti un passatempo, un hobby per quando andremo in pensione o per i momenti di stress: dal bricolage, al giardinaggio, al collezionismo vedere crescere sotto i nostri occhi ciò che abbiamo contribuito, giorno dopo giorno, a creare è una soddisfazione impareggiabile.
Se, in più, abbiamo risolto subito il problema senza aspettare per giorni che l’artigiano fosse libero ed abbiamo risparmiato cifre non indifferenti abbiamo quasi raggiunto il nostro ikigai.
Sergio Motta
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