A tutti noi è successo di terminare una relazione, talvolta su nostra decisione, altre volte subendo la decisione altrui.
Fino a qualche anno fa, quando i social non si erano ancora impossessati in modo così violento della nostra esistenza, erano due le possibili modalità per porre termine ad una storia: in alcuni casi, soprattutto se i due partner sono abituati al dialogo e dotati di una intelligenza almeno media, chi decide di porre fine alla relazione lo comunica all’altra persona che può, quanto meno,trarne le conclusioni e comunicare, a sua volta, ciò che pensa.
In altri casi, invece, la decisione unilaterale viene comunicata senza addurre giustificazioni o con motivazioni palesemente fasulle.
Da qualche anno è comparsa una terza specie di partner che termina una relazione: quello che, semplicemente, sparisce.
Come spesso avviene, anche per definire questo tipo di relazione è stato coniato un neologismo: ghosting, cioè diventare fantasmi, sparire senza lasciare traccia, negandosi al telefono e cominciando a non rispondere più né ai messaggi né alle mail.
Quel che è ancora più grave è che tale atteggiamento spessocomincia quando la relazione sembra funzionare bene, quando nulla farebbe ipotizzare che uno dei due stia cercando di troncarla.
Questo atteggiamento, che in realtà risulta essere una tattica studiata a tavolino, non riguarda soltanto le relazioni affettive, ma anche i rapporti di amicizia o le collaborazioni lavorative.
Sparire di punto in bianco non è una novità, ma la comunicazione attraverso i social, attraverso la rete ha reso il fenomeno molto più diffuso.
Moltissime coppie mantengono i rapporti solamente via web e, oggi molto più di un tempo, si intrattengono rapporti a notevole distanza perché impegnati nel progetto Erasmus, o in missione di pace o momentaneamente trasferiti per lavoro a centinata di chilometri.
La comunicazione virtuale, fatta anche di mezzi che danno spesso luogo a fraintendimenti (emoticons, immagini), può essere interrotta in un istante semplicemente richiudendo il telefono, chiudendo la finestra della chat o spegnendo il PC. Si passa in un attimo dal contatto al vuoto. In un’epoca in cui l’autostima è ai minimi storici e la capacità di comunicare sembra riservata a pochi eletti, la soluzione a ogni problema di comunicazione non soltanto individuale ma anche all’interno di un gruppo è presto trovata: sparire. Ecco un esempio recente capitato a Motta: incontro una ex collega che non vedevo da oltre 30 anni e le chiedo scherzosamente perché non venga mai ai ritrovi di ex colleghi. Mi risponde che nessuna l’ha invitata, al che le chiedo il numero di telefono per inserirla nel gruppo whatsapp. Me lo detta mentre lo salvo nel mio telefono. Mentre si allontana provo ad aggiungerla al gruppo ma deve accettare l’invito, non è aggiungibile in automatico. Trascorsi 3 giorni l’invito scade, per cui le scrivo segnalandole il problema: “Non vuoi iscriverti?”. Risposta “No”. Le chiedo ancora “Non vuoi venire ai pranzi che organizziamo?”. Stessa risposta.
Non poteva dirlo subito? “Non mi interessa” oppure addurre qualsiasi altra motivazione? Scopro poi da altri che si è eclissata già da anni con loro.
Secondo alcuni studiosi, il ghosting sarebbe il risultato di stili di attaccamento disfunzionali esperiti nelle fasi precoci dello sviluppo. Solitamente sono persone che hanno subito abbandoni o comunque carenze affettive e tendono a replicare gli stessi schemi di dolore emotivo.
Chi adotta questa pratica, che è percepita dalla vittima come unvero e proprio abuso emotivo, nasconde una grande immaturità psicologica: interrompe una relazione rifiutando il confrontopoiché non si sente in grado di farsi carico delle proprie responsabilità, non vuole sperimentare il peso delle proprie azioni, il giudizio negativo o la sofferenza delle persone che si sono fidate di lui e da cui ha deciso di allontanarsi. A livello psicologico, il ghoster mette in atto un comportamento di evitamento sia del proprio dolore emozionale derivante dall’incapacità di stabilire relazioni mature sia dell’idea di causare sofferenza all’altro. I ghoster sono propensi ad autogiustificarsi, convincendosi di non voler ferire l’altro con la comunicazione della propria decisione trascurando il fatto che, così facendo, ottengono proprio l’esito opposto, con la vittima che si trova a dover gestire una profonda frustrazione.
Come abbiamo detto, il ghosting viene messo in atto nel bel mezzo di una relazione positiva, soddisfacente e carica di aspettative, interrompendo il fluire di sensazioni e sentimenti piacevoli. La vittima si ritrova impotente, come paralizzata,impossibilitata a comunicare il proprio dolore e bloccata nell’elaborazione del lutto. Questo genera frustrazione e senso di aggressività repressa che può esitare successivamente in forme depressive. Esperienze ripetute di ghosting subito possono condurre ad una generale mancanza di fiducia negli altri e a difficoltà ad intraprendere nuove relazioni.
Anche il ghoster non è esente da effetti negativi nel lungo terminepoiché il comportamento di evitamento, ripetuto relazione dopo relazione, dà una sensazione solo momentanea di benessere ma in realtà non fa altro che rinforzare l’ansia e la paura di un sanoconfronto e dell’inevitabile conflitto che accompagna le relazioni mature che durano nel tempo.
Sia i ghoster sia le loro vittime possono beneficiare di percorsi psicologici mirati al riconoscimento delle proprie emozioni, dei conflitti interni e esterni e alla loro gestione.
Sergio Motta
Cristiana Francesia
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Molto vero penso che chi soffre non veda il sole ma solo scuro intorno a sé
Conseguentemente non riesce rilassarsi e capire che invece avrebbe modo di condividere le sue pene così simili e non uniche
il distacco emotivo va elaborato,o il prezzo da pagare sarà dolore e solitudine,è una pena che pagano entrambi,a volte il chiarimento non è possibile a causa del muro che uno dei due mette in atto.