Sino a domenica 10 al Gioiello “Stanno sparando sulla nostra canzone”
Innanzitutto, davvero un gran bel trio. In questa black story con musiche e canzoni,
dove riempiono la scena le nebbie notturne della Manhattan anni Venti e dove si sente
un forte profumo di whiskey e di proibizionismo, le luci delle macchine della polizia e le
sventagliate dei mitra, i gangster ricattatori e i giocatori di poker dal cuore d’oro e dai
sentimenti ad alta gradazione, ideata da Giovanna Gra – che è anche regista in coppia
con Walter Mramor – c’è una ironica e sensuale e sfacciatamente talentuosa Pivetti, la
Veronica dico, qui Jenny Talento, semplice fioraia per tutti ma in realtà venditrice
d’oppio, misteriosa nei suoi négligé e nelle sue calze a rete, caschetto di capelli neri,
bella voce, eccellente ballerina e gran portamento. Il cattivo di turno, Micky
Malandrino, nomen omen, ha la faccia e il fisico scattante di Cristian Ruiz, un
personaggio e un commentatore come poteva essere il Joel Grey di “Cabaret”, un
invidiabile curriculum che arriva dalla scuola di John Strasberg, il figlio di Lee fondatore
dell’Actors’ Studio di NY, pronto ad attraversare l’Accademia dei Filodrammatici e
“Quelli di Grock” milanesi, a sfoderare un canto ad alti livelli, danza moderna con
Debbie Allen, la coreografa di “Fame”. Last but not least di certo, Brian Boccuni con il
suo innamorato Nino Miseria, uscito da prove impegnative come “Il bacio della donna
ragno”, il musical che ci accompagnava attraverso la “Divina Commedia” o “Jersey
Boys”, che dimostra grinta e grande padronanza della scena, tra il ruvido e il
sentimentale e il combattivo ben tratteggiati. I due signori uomini metteteli poi uno di
fronte all’altro, come nella scena del duello, e sarà un gran bel pezzo di teatro.
Chi vorrà (repliche sino a domenica 10 aprile nella sala del Gioiello) divertirsi con
“Stanno sparando sulla nostra canzone”, saprà delle avances di Nino e
dell’arrendevolezza di Jenny, dei bisticci e dei sentimenti, delle carognate di Micky che
reclama dalla donna la restituzione di un debito che il ragazzo ha nei suoi confronti.
Facile immaginare le strade poco ortodosse. Jenny non ha il cuore poi tanto tenero e
soprattutto è una donna che pretende di farsi strada in una vita che non deve sempre
essere legata a quei suoi pochi fiori in vendita. Questa la vicenda, questa
l’ambientazione di un secolo fa, inaspettatamente confortata da una colonna sonora
che la riporta all’oggi, con forza e convinzione: da Gianna Nannini a Gloria Gaynor, dal
Ligabue di “Certe notti” alla Marilyn di “A qualcuno piace caldo” con il suo ukulele tra
le mani, da Sinatra alla Hepburn di “Colazione da Tiffany”, a Renato Zero. Forse gli
angoli più belli e incisivi della serata (soprattutto grazie agli arrangiamenti di
Alessandro Nidi e Elio Baldi Cantù), laddove al contrario hai la sensazione che il
tessuto narrativo verso l’epilogo batta un po’ in ritirata, esprima con troppa fretta la
giravolta di un destino e sembri sgonfiare l’eccellente costruzione che è stato sino a
quel momento. Questo certo non smorza l’entusiasmo di una platea colma al massimo
come raramente si vede di questi tempi, con i tre attori/cantanti/ballerini richiamati
più e più volte. Lo spettacolo è loro, alla loro bravura, all’entusiasmo alle stelle, al loro
saper fare ogni cosa senza ombra di difetti o smagliature. Anche per i bis, che non
lesinano, al di là della fatica: quando si arriva a Morandi e all’eterna “C’era un
ragazzo”, mai così attuale come in questi temi di guerra più o meno lontana, se
possibile la partecipazione del pubblico si fa più forte e incisiva. Grande serata.
Elio Rabbione
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