Giochi pericolosi

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

La situazione tra Russia e Ucraina rimane molto tesa e ha (in parte) scalzato il Covid dalle prime pagine dei giornali.

Il gioco delle parti (Russia, Ucraina, NATO) mantiene reale il rischio che il tutto possa degenerare in una guerra dalle conseguenze difficilmente prevedibili (le sanzioni potrebbero farne la parte del leone ma gli scontri, specie nelle aree sotto il controllo dei ribelli filo-russi, non sono da sottovalutare).

Rimane l’impressione che la Russia punti ad ottenere il massimo risultato con uno sforzo limitato (senza arrivare, cioè, all’esplosione di un conflitto aperto).

La strategia adottata da Putin mira al riconoscimento della sfera di influenza russa su alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica e l’Ucraina, con il suo “pericoloso” avvicinamento alla NATO, ne è l’esempio paradigmatico.

Su questo punto, peraltro, si è espresso recentemente il presidente francese Macron che ha dichiarato, durante l’incontro con l’omologo russo, che “non c’è sicurezza per gli europei se non c’è sicurezza per la Russia”.

D’altro canto Kiev aveva annunciato pubblicamente il proprio interesse ad aderire alla NATO già nel 2002 ed aveva poi richiesto, senza ricevere alcuna risposta, un piano d’azione per l’adesione nel 2008.

Alla Russia non basta però la forza dei fatti e richiede un riconoscimento formale (che molto, molto difficilmente arriverà) che le ex repubbliche sovietiche non faranno mai parte della NATO.

Quello che, più pragmaticamente, Mosca sta ottenendo è rendere chiara a tutti la sua intenzione a tornare a contare sullo scacchiere internazionale e di guadagnare così il ruolo di terzo incomodo al consolidato bipolarismo Sino-statunitense.

Arrivare sino all’orlo del precipizio (la guerra) sta inoltre consentendo alla terra degli zar di riscuotere un fortissimo dividendo grazie alla salita dei prezzi delle materie prime (gas naturale e petrolio in testa).

Basti pensare che il valore delle esportazioni di combustibili ed energia (il 54% del totale complessivo) è cresciuto nel 2021 di più del 50% mentre quello dei metalli (l’11% dell’export) è quasi raddoppiato.

Il rischio, e non solo per la Russia, è che il gioco sia diventato troppo rischioso, con la richiesta di riconoscere l’indipendenza del Donbass già occupato dal 2014 dai ribelli filorussi, e che la corda, a furia di tirarla, possa spezzarsi e, essendo vicini al bordo del burrone, si possa precipitare rovinosamente nel mezzo di una guerra.

Un accordo in extremis sembrerebbe il finale annunciato; esso porterebbe, infatti, benefici effetti per tutte le parti in causa (con limitati danni collaterali per la Russia che finora ha raccolto i frutti dell’aumento dei prezzi delle materie prime).

La riappacificazione porterebbe con sé quasi certamente una discesa dei prezzi delle materie prime energetiche (e non solo) e questo contribuirebbe a raffreddare i preoccupanti aumenti dell’inflazione che stanno minacciando da qualche mese la continuazione della ripresa economica.

La guerra che stanno combattendo le banche centrali è proprio quella contro l’innalzamento dei prezzi al consumo, prima dovuto ai colli di bottiglia della ripartenza dell’economia e poi esasperato dall’effetto sulle risorse energetiche e sulle bollette delle tensioni russo-ucraine.

L’inflazione, come ricordava Luigi Einaudi, è la più iniqua delle tasse in quanto colpisce in maniera maggiore i più poveri ovvero coloro che spendono in consumi (sempre più costosi…) la maggior parte del loro reddito.

In questo modo il carovita riduce il potere di acquisto dei salari e rallenta anche la crescita economica così ben avviata nel 2021.

Un bel gioco dovrebbe durare poco…ed essere giocato con intelligenza per evitare che a perdere siano tutti i partecipanti.

Sperando di non doverci ritrovare a dare troppo ragione a quanto scriveva Bertrand Russel: “Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”.

Per quanto mi riguarda di una sola sono sicuro: di avere tantissimi dubbi…

 

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