Sull’Arabia saudita Renzi sbaglia

Donne saudite con la pistola in borsetta, ragazze pistolere con velo e trucco al poligono di tiro pronte a sparare con pistole, fucili da caccia e armi semiautomatiche. Ma davvero?

Sì, una nuova legge emanata dal regno saudita lo consente. La notizia c’è tutta e colpisce parecchio perché stiamo parlando di un mondo, quello delle armi, che fino a ieri, nelle monarchie del Golfo, era tassativamente maschile. Allora Matteo Renzi, sempre più criticato in Italia perché tiene conferenze a pagamento molto redditizie a Riad ha ragione quando afferma che l’Arabia Saudita del principe ereditario Mohammed Bin Salman sta diventando più aperta, liberale e democratica. Vero è che qualcosa si sta muovendo sul serio in quel Paese, le donne possono finalmente guidare liberamente l’auto e adesso vogliono anche imparare a difendersi, a comprare armi e a sparare al poligono come fanno gli uomini. La realtà però in Arabia è molto diversa. Nonostante qualche apertura e qualche timida riforma il regno saudita guidato da Mbs resta in testa alla lista delle nazioni che violano i diritti umani. Attivisti, pacifisti, artisti e intellettuali continuano a finire in carcere e si usa la pena di morte con decapitazione per reati come lo spaccio di droga e l’omosessualità. Non c’è rapporto al mondo sui diritti umani che non condanni Riad. Secondo le organizzazioni che studiano gli Stati in base alla repressione interna, Bin Salman, da quando guida di fatto la monarchia, ha accentuato la repressione del dissenso e l’Arabia Saudita è in classifica dietro solo al Messico. Nei primi sei mesi di quest’anno i sauditi hanno già giustiziato lo stesso numero di persone uccise dal boia in tutto il 2020 e il Regno resta uno degli Stati più insicuri per le violenze e gli abusi compiuti contro i suoi cittadini. Sotto accusa in particolare l’uso sistematico di torture, esecuzioni, omicidi, sparizioni inspiegabili, arresti illegali e uso della pena di morte, proteste vietate contro il regime, forti limiti alla libertà di espressione, impossibilità per i cittadini di partecipare alla vita pubblica e totale mancanza di libertà religiosa. Tra le vittime illustri il giornalista Jamal Khashoggi barbaramente eliminato nel 2018. Nelle carceri saudite le violazioni dei diritti umani sono quotidiane e colpiscono prigionieri politici e attivisti come Loujain al Hathloul e Mohammed al Rabea.       Filippo Re
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