Barbaroux, il saggio ministro che riformò il regno sardo

ALLA SCOPERTA DEI NOMI DI VIE E PIAZZE

Andiamo alla scoperta di Via Giuseppe Barbaroux. Parallela alla famosissima Via Garibaldi,  fa parte di una delle zone della “movida torinese”, il Quadrilatero. Composta principalmente da ristoranti, piole e cocktail bar, via Barbaroux è diventata soprattutto negli ultimi anni, una tra le zone più frequentate dai giovani

Giuseppe Barbaroux nacque a Cuneo il 6 dicembre del 1772 da Giovanna Maria Giordana (figlia di un noto medico cuneese) e Giovanni Pietro Barbaroux, mercante francese di velluti ma divenuto cittadino di Cuneo nel 1757. Provenendo quindi da una famiglia borghese di condizioni economiche discretamente agiate, Giuseppe ebbe la possibilità di frequentare le migliori scuole torinesi e all’età di soli 17 anni, conseguì la Laurea in Legge presso l’Università di Torino. Dopo la laurea egli decise di rimanere a Torino dove intraprese subito la carriera di avvocato mettendo in luce la sua abilità e le sue competenze; si affermò negli ambienti della migliore società piemontese ed il 10 aprile 1806, consolidò la sua posizione sociale sposando la nobildonna Sofia Scotti-Boschis, da cui ebbe sette figli.

Nel 1815 venne nominato avvocato generale presso il Senato di Genova e presidente di una commissione incaricata di redigere il nuovo corpo di leggi per quel ducato che era stato da poco annesso al Regno di Sardegna. Il compito fu particolarmente delicato e complicato ma il lavoro portato a termine da Barbaroux incontrò il gradimento del re che, nel dicembre del 1815, gli conferì il titolo di Conte. Nel 1816 venne inviato in missione straordinaria a Roma e dopo essere stato nominato ambasciatore del Regno Sardo, fu capace di appianare i contrasti e di ricucire i rapporti tra il pontefice Pio VII e il sovrano sabaudo, riuscendo nel contempo a ottenere che la città di Cuneo divenisse, a partire dal 1817, sede di una diocesi indipendente. Morto Carlo Felice e succedutogli Carlo Alberto, Barbaroux venne nominato, il 24 maggio del 1831, ministro Guardasigilli e qualche giorno più tardi, gli venne anche affidata la presidenza di una commissione per la revisione dei codici, in modo che il moderato e solido avvocato cuneese potesse riformare il codice dello stato sabaudo in senso progressista e già vagamente liberale.

Barbaroux si dedicò con grande passione all’impresa e iniziò un’attività veramente frenetica per la preparazione di ben cinque codici: nel 1837 terminò la riforma della parte civile e fece promulgare lo Statuto Albertino, introducendo modifiche al codice civile che si ispiravano al Codice Napoleonico. Subito dopo, nel 1839, completò la revisione del codice penale, mentre nel 1840, portò a termine quella del codice penale militare. Nonostante alcune lacune, la riforma dei codici operata da Barbaroux costituì senza dubbio un notevole progresso nei confronti della legislazione precedente, ma rimase ben lontana dai modelli a cui inizialmente si era ispirato e dai progetti che egli aveva elaborato. L’impresa che all’inizio era sembrata tanto gloriosa, si rivelò invece un compito che gli costò invidie, calunnie e che suscitò una vasta ondata di malcontento intorno alla sua figura politica: nel corso degli anni venne accusato dai conservatori perché intendeva abolire i privilegi dei nobili primogeniti e nello stesso tempo fu malvisto dai progressisti ai quali sembrò troppo freddo e moderato. Amareggiato nell’anima e fisicamente provato, nel settembre del 1840 Barbaroux si dimise da ogni incarico, mantenendo unicamente la presidenza della commissione istituita per rivedere il codice commerciale, ultima fatica che portò definitivamente a termine nel 1842.

Sentendosi ormai mal voluto ed abbandonato da tutti, Barbaroux mise fine alla sua vita l’11 maggio del 1843 gettandosi da una finestra della sua abitazione di Torino (all’odierno numero 29 di via Barbaroux, che dal 19 giugno 1860 gli venne dedicata dal comune). Dato il suo impegno per la creazione della Diocesi di Cuneo, ebbe comunque funerali religiosi nonostante a quel tempo non fossero previsti per i suicidi.

 

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