Non molti sanno che nella XII legislatura del Regno d’Italia, l’ultima dove gli elettori poterono esprimere un voto, dopo l’approvazione delle ‘Leggi Fascistissime’ nelle quali il fascismo divenne regime, a Montecitorio rimase una piccola pattuglia di deputati che non vennero fatti decadere in conseguenza delle leggi speciali di difesa dello Stato che defenestrarono l’opposizione e sciolsero tutti i partiti ad eccezione del PNF.
Erano i due deputati sloveni Josip Wilfan ed Engelbert Besednjak eletti in rappresentanza delle minoranze slovena e croata. Rimasero nel Parlamento Italiano e con loro i colleghi tedeschi Tinzel e Sternbach, grazie al Trattato di Rapallo con la Jugoslavia del 1924 che Benito Mussolini non voleva prolungare ma al momento dell’entrata in vigore delle sopracitate leggi era ancora in vigore. Per i due deputati eletti dalla comunità slovena e croata della Venezia Giulia, nati nell’Impero Austro-Ungarico, portare a termine il mandato parlamentare non fu certamente semplice. Besednjak, di tendenze cristiano-sociali, insieme al nazionale liberale Vilfan, fu il più alto rappresentante di una comunità di oltre 500mila sloveni e croati che vivevano sotto l’ombrello del Regno d’Italia, in conseguenza dei nuovi confini dettati dalla pace di Versailles. Gli appassionati interventi del deputato ed avvocato nato a Gorizia regnante ‘Cecco Beppe’ (Francesco Giuseppe d’Asburgo) e diventato suo malgrado cittadino italiano sono raccolti in un volume ‘Engelbert Besednyak v parlamentu – Discorsi parlamentari dell’on. Engelbert Besednyak’ in italiano ed in sloveno, edito a Trieste nel 1996 a Trieste a cura del Circolo per gli studi sociali Virgil Scek. Nel libro vengono riportati interventi, interrogazioni, ordini del giorno dell’appassionato lavoro a Montecitorio a difesa della minoranza slovena e croata in Italia e, in generale, dei diritti umani. L’attività si articola a partire dall’indirizzo di risposta al discorso della Corona del 4 giugno 1924, nel quale Besednjak, il primo discorso pubblico del deputato pronunciato in lingua italiana nel quale sottolinea ‘l’importanza decisiva che ha la politica verso le minoranze per la missione che ha da compiere l’Italia nel mondo’, una mano tesa che il cosiddetto ‘fascismo di frontiera’ lasciò tale. Una particolare attenzione è dedicata alla soppressione delle scuole slovene ed alla riforma del ministro del Giovanni Gentile che imponeva l’italiano come lingua di insegnamento in tutta Italia. Nel suo ultimo discorso pronunciato alla Camera dei deputati, dichiarò che dopo l’abolizione delle scuole croate e slovene, ogni famiglia jugoslava in Italia sarebbe diventata essa stessa una scuola. Nel 1929 Besednjak emigrò in Argentina, ma già l’anno successivo ritornò in Europa per lavorare al Congresso delle Minoranze Etniche Europee di Vienna, di cui fu vicepresidente]. In seguito si stabilì nel Regno di Jugoslavia, a Belgrado. Nel periodo tra le due guerre lavorò nel Partito Popolare a supporto della fazione centrista guidata dal politico cristiano-democratico Andrej Gosar. Dopo il 1935, quando il partito decise di supportare il governo conservatore guidato da Milan Stojadinović, Besednjak si fece sempre più critico della sua linea. Passò gli anni della Seconda guerra mondiale a Belgrado, dove non si unì a nessuna fazione politica in lotta contro l’occupazione tedesca. Inizialmente si tenne a distanza sia dai partigiani sia dalle milizie collaborazioniste. Dopo il 1943 iniziò a collaborare con il cosiddetto “centro cattolico” guidato da Jakob Šolar e Andrej Gosar nella provincia di Lubliana e da Virgil Šček nella Venezia Giulia, nel tentativo di bilanciare il Fronte di liberazione del popolo sloveno di orientamento comunista e le varie forze anti-comuniste. Dopo il 1944 si avvicinò al movimento partigiano di Tito, ritenendo il movimento comunista l’unico in grado di realizzare l’annessione del litorale sloveno e dell’Istria alla Jugoslavia e di tenere unito un paese etnicamente così ricco. Nel 1950 Besednjak si stabilì a Trieste, dove collaborò alla fondazione dell’Unione Sociale Slovena Cristiana, che in seguito si fuse con altri partiti conservatori nell’Unione Slovena. Dopo l’annessione de facto della zona A del Territorio Libero di Trieste all’Italia nel 1954, si ritirò dalla vita pubblica. Alla fine degli anni cinquanta pubblicò un libro di memorie dedicato all’amico e collaboratore Virgil Šček, che resta ancora oggi una delle fonti più importanti per la storia dei movimenti politici sloveni e croati nel Regno d’Italia.
Engelbert Besednjak morì a Trieste nel 1968.
Massimo Iaretti
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