Gallo (Pd): “Un nuovo rinascimento per Torino”

L’INTERVISTA / Raffaele Gallo, capogruppo pd in Regione

Torino si appresta ad affrontare il voto per il rinnovo dell’amministrazione comunale. Nel centrosinistra è aperto da tempo il confronto su candidature e programmi. Quali sono, a suo parere, le principali sfide che andranno affrontate per il futuro di Torino?

Dopo cinque anni di governo targato cinque stelle la città è più povera, meno competitiva, meno attrattiva. Chi guiderà Palazzo civico dovrà essere in grado di costruire per la città un nuovo rinascimento, capace di coniugare le competenze alla progettualità di rilancio.

 

Molti sostengono che oggi occorra una visione che vada ben al di là di un ciclo amministrativo. Come pensa dovrà essere la città tra dieci, quindici anni?

Avere una visione che vada oltre il mandato amministrativo è fondamentale. Non possiamo immaginare lo sviluppo di una città nel breve periodo. Lo fecero le giunte di centrosinistra dal 1993 con un progetto di lungo respiro che cambiò drasticamente la città, convertendo il modello fordista di fine anni ’90 nella città internazionale, turistica, giovane e effervescente delle Olimpiadi. Ci sono però voluti vent’anni. Oggi Torino ha necessità di riscatto e rilancio, con l’ambizione di essere città metropolitana al pari delle capitali europee.

 

Salvaguardia dell’ambiente e sostenibilità sono temi ricorrenti. Come pensate di affrontarli in una città che è stata, e in parte è ancora, la capitale dell’auto?

Guardi, sostenibilità non significa solo biciclette e monopattini. L’industria automobilistica sta, attualmente, investendo sulla ricerca e sono apprezzati dal mercato i veicoli ibridi o ad alimentazione alternativa alla benzina e al diesel. Non dobbiamo fare l’errore di pensare che la salvaguardia dell’ambiente passi attraverso esclusivamente l’uso ridotto o più consapevole dell’automobile. Penso al grande sforzo che deve essere fatto per l’adeguamento energetico degli stabili, dei condomini, allo svecchiamento dei mezzi pubblici, e al loro incremento nel numero delle corse, penso a punti di interscambio ai confini della città per favorire la mobilità mista per chi viene da fuori e fa il pendolare. Serve un monitoraggio, per comprendere quali sono le fasce più critiche di traffico in entrata e in uscita dalla città e quali, di conseguenza, le risposte da mettere in atto.

 

Ci può indicare brevemente tre progetti che dovrebbero, a suo parere, trovare spazio tra le priorità per il governo di Torino?

Torino è una città più povera: il centro ha perso smalto, complice l’incapacità della Giunta Appendino a mantenere in città i grandi eventi, che negli ultimi anni hanno preferito spostarsi altrove, e la periferia fa fatica. La pandemia ha solo tolto il coperchio a situazioni già complesse, quali l’assenza di lavoro, la precarietà, spesso esasperando le situazioni più critiche. Tornare a essere attrattivi, per il nostro commercio che boccheggia. Dare opportunità ai giovani perché oggi, se Torino è città apprezzata per l’offerta universitaria, è anche vero che una volta che i giovani si sono laureati non trovano occupazione alla loro altezza e se ne vanno. Occorre pensare agli anziani: questa è una città che invecchia e che ha bisogno di un nuovo modo di fare assistenza. Ma poi c’è tutta la sfida dell’industria 4.0 da vincere, con i poli dell’aerospazio, della metalmeccanica.

 

Le alleanze sono uno dei temi più delicati. Lei pensa ad un centrosinistra allargato che punta ad essere autosufficiente o a un’alleanza con altri soggetti?

L’alleanza è una convergenza di forze che si trovano unite sullo stesso programma e sul medesimo obiettivo. Chi si riconosce nei valori del centrosinistra, le parti sociali, datoriali: già da tempo abbiamo iniziato a confrontarci con loro per costruire insieme una nuova idea di città. Il ragionamento si fa sui progetti da presentare ai cittadini elettori, non sui numeri e le percentuali.

Si alleerebbe con il Movimento 5 Stelle?
Il tema è superato: la decisione di non fare alleanze con il Movimento 5 Stelle è stata del partito metropolitano, e condivisa. Ci dividono strategie, visioni della città e poi non possono essere possibili alleanze con chi in questi cinque anni ha praticamente immobilizzato la città, regredendola a periferia d’Europa e del nord Italia.
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Il suo giudizio sui cinque anni di Giunta Appendino?
E’ un bene che stiano per finire.
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Quale grado di innovazione è necessario oggi per garantire lo sviluppo di una città con la storia di
Torino che, non va scordato, è stata la prima capitale d’Italia e protagonista non secondaria delle
vicende nazionali?
E’ necessario saper interpretare le nuove tendenze, sfruttando ciò che offre il nostro territorio. In questo contesto si collocano opere che già sono parte della progettualità presente, come il parco della Salute, la Città della Manifattura e dell’Aerospazio. Rimangono fondamentali e devono essere accelerati: la Città della manifattura e la Città dell’aerospazio sono progetti importanti sui quali deve esserci la massima convergenza di impegno. A questi, insieme con le infrastrutture e le grandi opere, dobbiamo coniugare importanti progetti cogliendo l’occasione del Recovery.
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In una società complessa e interdipendente quanto giudica importante la “sintonia” tra Comune e
Regione?
La sintonia è fondamentale, ma mi consenta di sottolineare quanto sarà importante il ruolo del sindaco che verrà eletto per tutto il territorio fuori dai confini torinesi. Dopo la legge Delrio che ha abolito le province infatti, il sindaco di Torino lo è anche della Città metropolitana. Per questo serve una visione ampia, ambiziosa e corale con i territori oltre la cinta daziaria: le città metropolitane europee ragionano in termini di territorio, non certo sulla base del proprio campanile. Questa è la grande sfida che ci aspetta. Le relazioni tra Comune e Regione sono indispensabili, per far prevalere il bene dei cittadini.
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Se Raffaele Gallo fosse il prossimo sindaco di Torino, cosa farebbe nei primi cento giorni di
mandato?
La priorità è avviare una serie di incontri europei per rilanciare l’immagine di Torino nel contesto europeo e italiano, una maggiore cura del verde urbano e dei nostri splendidi parchi e un potenziamento dei servizi di pulizia e cura del nostro territorio. Insomma una sfida global e local.
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Non crede che il Pd dovrebbe fare uno sforzo maggiore per tornare in sintonia con i ceti popolari
e con intere aree periferiche della città che da anni hanno scelto di votare altre forze o di rifugiarsi
nell’astensione?
Noi non ci siamo mai allontanati dai ceti popolari, siamo stati presenti anche in questi lunghi mesi di pandemia grazie ai nostri iscritti che hanno collaborato con iniziative di territorio per portare sollievo a coloro in difficoltà. Le relazioni sono state fitte, e l’ascolto è stato ed è alto. Caso mai chi ha tradito le periferie sono quelli che nella passata campagna elettorale dicevano che avrebbero
abolito la povertà e che avrebbero cancellato le code alla Caritas. Oggi, vediamo non solo una periferia senza anagrafe o biblioteche, a causa dei tagli voluti dall’amministrazione che ha vinto su
promesse non mantenute, ma anche quel centro, così sfavillante da dar fastidio, che si vede spegnere ogni giorno di più. Vogliamo tornare a Palazzo Civico, e lo faremo con un progetto che riaccenda speranze, idee e futuro.
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bc
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