Italia: dal Rinascimento allo sbando

Lo scorso sabato sera sera, in diretta sulla televisione Al Jazeera, senza interpreti a sfalsarne o semplificarne il contenuto, ho ascoltato integralmente il discorso del Primo Ministro inglese, colui che presiede il Consiglio dei Ministri della nazione che ha votato per la cosiddetta Brexit.
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In altre parole, ho ascoltato dal vivo il Presidente del governo di un popolo che ha scelto di togliersi dalla dittatura economica della cosiddetta Unione Europea,  mai permettendo ad altri di togliere al proprio Paese l’uso e la produzione di propria moneta nazionale:  un Paese, in altre parole, che non ha permesso ad altri di stabilire, al di fuori dei propri confini, la propria politica socio-economica, al fine di salvaguardare il più possibile gli interessi del proprio ambiente e dei propri connazionali.
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Inter alia, è necessario notare come, fra gli anni 50 e 90 dello scorso secolo, fu proprio la Gran Bretagna a generosamente votare più volte a favore della ex nemica Germania per far cancellare ai tedeschi, da parte della comunità internazionale, quasi tutto l’enorme ammontare di debito pubblico teutonico accumulato dai tempi delle guerre mondiali e della ricostruzione: fatto che ora la Germania tende ovviamente a dimenticare, spalleggiata dai piccoli Paesi come il paradiso fiscale olandese, mentre la germano-centrica Unione Europea costringe nazioni come la Grecia (e presto l’Italia, grazie alla farsa dei Fondi di “recupero”) ad una mortale austerità, saccheggiandone i beni più preziosi (marchi, aziende, porti, industrie strategiche).
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Ovviamente la nostra televisione di Stato (quella che fa pagare la tassa sulla TV e poi comunque inonda di pubblicità, diretta e subliminale, le proprie trasmissioni già pagate dal canone dei cittadini) tale discorso del Primo Ministro britannico, in diretta internazionale, non lo ha assolutamente mandato in onda:  fra una pubblicità e l’altra, fra una marchetta commerciale ed una partitica, è meglio inebetire gli italiani con quiz registrati, tele-novele pseudo-romantiche, giornalisti inviati da direttori di rete (rispettivamente tesserati od in quota ad un preciso blocco partitico) incaricati, parlando talvolta linguaggi misto-confusi da monaco dolciniano del film il “Nome della Rosa”, di citare cifre e numeri sulla pandemia insieme a locali pseudo-esperti in virologia.
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Per inciso, in merito a questi ultimi, mi ricordo un tale (laureatosi non so dove e non so con quale votazione) che a fine gennaio 2020, in diretta serale su noto rotocalco televisivo con conduttore pagato circa 2 milioni di euro all’anno e comica che vuole far ridere dicendo crescenti volgarità, pronunciò solenne la frase “rischio di contagio da coronavirus: zero!” accompagnando il numero con braccio enfatico; mentre ora (dimenticando la responsabilità deontologica di tali affermazioni totalmente errate) quotidianamente lo stesso pseudo-esperto enfatizza il numero di contagiati e di morti e contribuisci ad una gestione irresponsabile della pandemia.
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Tornando all’altra sera, è stato interessante ascoltare in diretta da Londra lo spettinato biondo Primo Ministro, nel suo discorso in londinese stretto e pragmatico, senza filtri di interpreti più o meno improvvisati o controllati dalla TV di regime.
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Egli ha riassunto, in modo serio e sintetico, le motivazioni tecnico-scientifiche sulla imminente scelta governativa, con dettagli presentati a suo fianco da scienziati di consolidata esperienza, in modo altrettanto professionale;   illustrate sempre dal vivo, le conclusioni si sono basate su proiezioni statistiche ottenute da dati oggettivi che solo un approccio intellettualmente onesto alla inconfutabilita’ della vera scienza può permettere di interpretare in modo corretto.
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Al termine di questa conferenza stampa, avendo prima ammesso i propri errori di qualche mese fa, il capo del Governo inglese (con pacata determinazione e senza banalmente leggere testi scritti da altri) ha spiegato a giornalisti e popolo britannico le motivazioni che hanno convinto il governo a proporre (sottolineo, “PROPORRE” ) un piano di confinamento razionale (“lockdown” – cerco di parlare e scrivere sempre in italiano, quando sono in Italia) entro questo giovedì prossimo, PREVIA discussione ed eventuale approvazione del Parlamento, ad inizio settimana.
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Se non sbaglio, nel Bel Paese i cosiddetti DPCM non vengono sottoposti allo stesso vaglio delle nostre preposte istituzioni cosiddette democratiche, quando si decide che il virus al ristorante durante i pranzi probabilmente non lo si prende, così come non lo si prenda ammassati sui mezzi pubblici e sulle scale dei metrò, mentre  Palazzo Chigi è certo che il contagio scatti seduti nei ristoranti a cena.
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Riassumendo, nonostante ormai io lavori e viva spesso all’estero, fa male vedere il degrado del Paese in cui sono nato, dove chiaramente Governo e democrazia sono allo sbando: una nazione, che fu patria del Rinascimento, dove ora scienza, etica e conoscenza non fanno più parte di una politica la cui “p” è davvero troppo spesso minuscola.
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