Torino, città dell’insicurezza e dell’illegalità

Sono trascorsi più di cinquant’anni dalla stesura del testo di Norberto Bobbio sulla democrazia, comparso nel decimo anniversario della Costituzione ed in cui il noto studioso affermava che “Quando parliamo di democrazia, non ci riferiamo soltanto a un insieme di istituzioni, ma indichiamo anche una generale concezione della vita.

 

Nella democrazia siamo impegnati non soltanto come cittadini aventi diritti e doveri, ma anche come uomini che debbono ispirarsi a un certo modo di vivere  e di comportarsi con se stessi e con gli altri”.

Queste parole, più che mai attuali, sono la conferma del fatto che la manifestazione tenutasi lunedì sera in centro a Torino per protesta contro il recente Dpcm del governo e sfociata in atti di teppismo e violenza rappresenta, purtroppo, la morte della democrazia. In mezzo a persone oneste, appartenenti a categorie di lavoratori che volevano esprimere il loro disagio per le recenti restrizioni decise dal governo, alla fine hanno prevalso i gesti violenti di coloro che sono stati definiti dalla sindaca di Torino “vandali” e “sciacalli”. Le moderne tecnologie oggi presenti e le videocamere dei negozi, sicuramente, riusciranno a individuare i colpevoli, ma mi domando sinceramente se non sarebbe stato possibile arginare questo gruppo di facinorosi in piazza Castello, dove la manifestazione ha preso avvio nel suo nucleo originario, prima che si infiltrasse nelle aree limitrofe, quali via Roma, via Accademia delle Scienze, dove hanno distrutto diverse vetrine di esercizi commerciali, tra cui anche quelle di bar, e scendesse verso piazza Carlo Alberto.  La seconda manifestazione di protesta, che ha avuto luogo in piazza Vittorio Veneto, e che ha visto la partecipazione di commercianti e persone appartenti a categorie con partite Iva, si è svolta, invece, in modo assai più pacifico.

In fondo, allora, tutto ciò mi porta a riflettere su una più generale mancanza di sicurezza nel nostro tessuto urbano, in cui se, da una parte, non vengono isolati facinorosi o giovani appartenenti ai centri sociali, infiltratisi in una manifestazione che aveva uno scopo ben diverso dalla violenza, dall’altra non rende possibile neanche al cittadino di sentirsi protetto nei suoi spostamenti. In tal caso, allora, lo stesso cittadino non si sentirà tutelato nell’esercizio primario della democrazia, che è imprescindibile dalla libertà di espressione del pensiero, unita alla tutela della propria sicurezza personale.

Mara Martellotta

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