“Tre ragioni per dire NO”

REFERENDUM  / Lunedì 7 settembre, presso la storica sede del Collegio degli Artigianelli, si è tenuta una affollatissima – ovviamente con regole Covid – conferenza stampa per la presentazione del documento intitolato “Tre ragioni per votare NO”. L’appello ha visto come estensori e primi firmatari Guido Bodrato, Giampiero Leo, Giorgio Merlo, Francesco Pallante e Alessandro Risso quindi persone di cultura e tradizione cattolico democratica e popolare.

L’appello, però, si è presentato come aperto “a tutte/i coloro che si sentono “accomunati dai valori espressi nella nostra Costituzione”.
Infatti le adesioni si sono rivelate rappresentative di un arco culturale e politico estremamente ampio e variegato. Dall’ex sindaco Valentino Castellani, al segretario della “Nuova” D.C.Mauro Carmagnola , dal noto intellettuale prof.Franco Quaglieni, dall’autorevole rappresentante del Coordinamento interconfessionale del Piemonte prof. Bruno Geraci, (il quale ha appunto illustrato un articolato e profondo documento del suddetto Movimento, che non ha dato una indicazione tassativa di voto. Il Movimento “Noi siamo con voi”, però ha completamente concordato la necessità di una forte ed educativa, azione politica e culturale volta a risanare i danni di oltre un quarto di secolo di antipolitica e di demagogia). Dalla leadership regionale e cittadina delle Sardine, con Mattia Angeleri e Paolo Ranzani, all’associazione culturale cattolica “Esserci” – presidente Giancarlo Cesana – dal già segretario del PCI – PDS – PD, Giorgio Ardito a importanti ex onorevoli ed ex consiglieri regionali o comunali di svariata provenienza, quali Daniele Cantore, Alessandro Bizjak, Silvio Magliano, Domenica Genisio ecc. Dalla rappresentante dei Radicali Italiani Patrizia DE Grazia e del partito radicale transnazionale Chiara Ardito, a storici esponenti della cultura cattolica come Luca Rolandi, Daniele Ciravegna, Paolo Girola, Luigi Vico. Tutti uniti come è scritto nel documento da una appassionata difesa della carta Costituzionale. E con la speranza come ha dichiarato l’ecumenico Giampiero Leo che “questa battaglia – condotta con passione, serietà e spirito unitario possa essere l’inizio di un’inversione di tendenza rispetto alla “demagogia al potere”. la partita è durissima, ma si presenta un’occasione e non va sprecata”.

 

Tre ragioni per votare NO

Il 20-21 settembre saremo chiamati alle urne per confermare o respingere la legge che ha ridotto del
36% il numero dei parlamentari.

La vittoria del Sì al referendum appare scontata: è comprensibile il rifiuto da parte dei cittadini di
una classe politica autoreferenziale e via via peggiorata nel corso della cosiddetta Seconda
Repubblica, caratterizzata da un bipolarismo forzato ed estremista, da partiti personali, da
“rappresentanti del popolo” scelti in realtà dai capi partito. Deputati e senatori hanno perso il
contatto con gli elettori, perché per il proprio destino politico è molto più importante la fedeltà al
capo, che decide le liste bloccate, piuttosto che il consenso delle persone. Il servilismo fa ormai
premio rispetto al merito. Così da un lato si sviliscono le Istituzioni rappresentative, dall’altro
aumenta la sfiducia dei cittadini che si manifesta nel crescente astensionismo elettorale.

In questa grave crisi di credibilità della politica, è un falso problema il numero dei parlamentari.
Diminuirlo non influirà sulla qualità della classe dirigente e del dibattito politico. Ci pare quindi
poco significativo discutere sulla consistenza del taglio (che ci farà diventare il Paese europeo con
meno rappresentanti in rapporto al numero di abitanti) o sui risparmi che ne deriveranno (57 milioni
annui, che rapportati al bilancio medio dello Stato di 800 miliardi ne rappresentano lo 0,007%).
Non è sui numeri che va posta l’attenzione.

Noi sottoscrittori, con radici in differenti culture politiche ma accomunati dai valori espressi nella
Costituzione, voteremo NO per tre sostanziali motivi.

1. Per mantenere la rappresentanza dei territori
Tagliare il numero dei parlamentari mette in discussione le fondamenta della democrazia
costituzionale, con la sua capacità di esprimere il pluralismo e la complessità della società.
Il taglio di oltre un terzo dei parlamentari riduce notevolmente la capacità di rappresentanza,
soprattutto a danno delle aree interne e periferiche e delle formazioni politiche meno grandi.
Se il fondamentale ruolo del parlamentare è portare la voce dei cittadini nelle Istituzioni, il taglio
approvato indebolisce fortemente questo principio e con lui la centralità del Parlamento – e dunque
del popolo – nel sistema costituzionale democratico.

Sappiamo bene che con la prassi dei “nominati” si è perso il necessario rapporto tra elettori ed eletti.
Ma non per questo le regole, e i numeri, devono essere modellati su una realtà negativa che va
invece cambiata. Perché se ci rassegniamo ad avere un Parlamento svilito composto da “nominati” e
incompetenti, il loro numero può benissimo venire azzerato, non solo ridotto.

2. Contro la demagogia al potere

Il taglio dei parlamentari realizza uno slogan elettorale dei Cinquestelle, in linea con la cultura
antipolitica e antiparlamentare del Movimento fondato sul “vaffa…”. Ma anche i populisti di destra
si sono allineati al Sì, così come il Partito Democratico, piegato alle convenienze di governo.
Inutile dire che il taglio è fine a se stesso, e manca ogni analisi seria sui veri punti critici della
qualità degli eletti e del funzionamento delle Istituzioni: la costruzione dell’esperienza, attraverso
percorsi di formazione e di partecipazione all’attività istituzionale, e il riconoscimento del valore
del confronto politico aperto al compromesso per la soluzione dei problemi.

Con il NO si può dare un forte segnale di rifiuto di una politica urlata, basata sullo scontro e
banalizzata in slogan, imperante nella vita pubblica italiana e nei gruppi dirigenti degli attuali
partiti, caratterizzati da scarsa competenza, silenzi su verità scomode, mancanza di visione.

3. Per difendere la democrazia rappresentativa

La crisi del Parlamento, oltre che dalle carenze e degenerazioni dei partiti “personali”, deriva anche
da una campagna politica e mediatica che punta a svuotare i principi della democrazia
rappresentativa. Stiamo vivendo da tempo una deriva antidemocratica determinata da leggi elettorali
oltre il limite della costituzionalità, dalla logica dello scontro politico, da partiti del capo, liste
bloccate e conseguente svalutazione del Parlamento, svuotato di funzioni dall’abuso di decreti
legge. Ora il taglio dei parlamentari. Il prossimo prevedibile passo di questa deriva sarà
l’introduzione del vincolo di mandato e l’abolizione del voto segreto, con la motivazione di evitare il
deprecabile trasformismo dei singoli deputati (sarà solo ammesso il trasformismo dei capi partito…).
Per alzare la mano a comando e convertire in legge i decreti sarebbero troppi 60 parlamentari, non
600. Con questo simulacro di democrazia, basta che il corpo elettorale (anche una minoranza,
peggio per chi si astiene…) si esprima ogni 5 anni votando (o televotando, magari sulla piattaforma
Rousseau…) il proprio leader preferito nel teatrino mediatico, con un rapporto diretto tra il
cittadino/individuo e il potere. In realtà, un individuo sempre più solo e un potere sempre più
concentrato in poche mani.

Il Sì al referendum è funzionale a questo disegno, che respingiamo totalmente.
Intendiamo quindi difendere la democrazia rappresentativa disegnata dalla Costituzione, e
ribadiamo che il numero dei parlamentari è un falso problema.
La fondamentale battaglia politica per rigenerare il Parlamento e recuperarne autorevolezza sarà
ottenere una legge elettorale che permetta al cittadino di avere rappresentanza scegliendo un partito
e all’interno di quello le persone ritenute più meritevoli. Quindi proporzionale e preferenze. La
democrazia rappresentativa può rigenerarsi solo affidando la piena responsabilità di scelta ai
cittadini e riscoprendo il valore del confronto, anche conflittuale, rivolto – in un’ottica di “bene
comune” – alla soluzione dei problemi collettivi.
Ma sulla legge elettorale fanno solo fumo i partiti della Seconda Repubblica e i loro capi, schierati
quasi al completo per il Sì al taglio e tutti decisi a non mollare la prerogativa di scegliersi i
cortigiani.
Chi vuole cambiare questo stato di cose, superare un Parlamento di maggiordomi e tornare ad
assemblee formate da persone libere e forti del consenso degli elettori, incominci votando NO a
questo demagogico referendum.

Guido Bodrato, Giampiero Leo, Giorgio Merlo, Francesco Pallante, Alessandro Risso

Aderiscono
Pier Giuseppe Accornero
Mattia Angeleri
Chiara Ardito
Giorgio Ardito
Eusebio Baucè
Carlo Baviera
Alessandro Bizjak
Antonio Bona
Rodolfo Buat
Franco Campia
Aldo Cantoni
Daniele Cantore
Pier Angelo Carando
Mauro Carmagnola
Valentino Castellani
Sandro Cattaneo
Giancarlo Cesana
Daniele Ciravegna
Giuseppe Davicino
Maria Rosaria Ferrara
Emilio Gazzano
Domenica Genisio
Donatella Genisio
Bruno Geraci
Paolo Girola
Franco Maletti
Egisto Mercati
Davide Mosso
Aldo Novellini
Giuseppe Novero
Laura Perugini
Pier Franco Quaglieni
Paolo Ranzani
Luca Rolandi
Gianni Sartorio
Daniele Stella
Giampaolo Testa
Alberto Vanelli
Marco Verga
Luigi Vico

 

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