IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Francesca Scopelliti, la compagna fedele che ne ha condiviso la vita è ne tramanda il ricordo, ci ha rammentato che oggi è l’anniversario della morte di Enzo Tortora, mancato il 18 maggio 1988. Ha scritto un articolo dal titolo emblematico: “Nel barbaro paese di Travaglio Enzo Tortora sarebbe morto in cella”, un’affermazione cruda, ma sicuramente vera in un’ Italia in cui è stato imposto il blocco della prescrizione e non si è fatto nulla per rendere più rapida la giustizia per evitare processi senza fine.
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Questo è un paese in cui c’è stato uno scandalo al CSM che è stato di fatto minimizzato, se non insabbiato. E’ un paese giustizialista in cui ci sono giornalisti e magistrati che rifiutano a priori la presunzione di innocenza sancita come diritto costituzionale.
Per altri versi, vengono liberati condannati all’ergastolo per gravi delitti di mafia in un modo che appare davvero scandaloso e ingiustificato. Enzo Tortora è stato una vittima della mala giustizia, condannato ingiustamente a 10 anni in base ad accuse rivelatesi totalmente false. Nessun magistrato ha pagato, anzi alcuni hanno anche fatto carriera. Tortora affrontò a testa alta il carcere e i processi e pagò con la vita le conseguenze delle pene terribili che affrontò con dignità e coraggio. Anche allora ci furono giornalisti infami che scrissero contro Tortora e furono in pochi a dargli credito. Fu lapidato e insultato attraverso una persecuzione mediatica sconcertante e velenosa. Marco Pannella fu lo Zola Italiano che denunciò il caso Tortora, uno scandalo vergognoso come lo fu il caso Dreyfus nella Francia di fine Ottocento. Tortora eletto al Parlamento europeo rinunciò all’immunità parlamentare dopo la condanna a dieci anni con un atteggiamento che ha rivelato l’alto valore morale di quest’uomo libero che ha reso onore al giornalismo italiano come esempio quasi unico di totale indipendenza che fu anche la causa dei ripetuti licenziamenti da lui subiti in Rai. Ha scritto ancora Francesca Scopelliti che “il tampone oggi risulterebbe positivo al virus del giustizialismo perché mancano gli anticorpi, manca la cultura, manca la politica”. Manca un Leonardo Sciascia, un Marco Pannella capaci di scuotere la coscienza degli italiani atterriti dal virus e forse persino incuranti dei pericoli insiti in una democrazia sospesa. Oggi va ricordato il martirio di Tortora testimone e vittima. Il suo caso non è bastato a modificare le distorsioni della mala giustizia e l’arroganza di chi vuole usare le manette in modo indiscriminato: forse sta tornando il brivido del tintinnio delle manette evocato durante Tangentopoli, paradossalmente nello stesso in cui ci sono le scarcerazioni facili per delinquenti conclamati e socialmente pericolosi. Qualche anno fa in una città della Liguria su mia proposta venne inaugurata una piazza intitolata ad Enzo Tortora. Dopo pochi giorni la targa con inciso il nome di Enzo venne distrutta da ignoti teppisti. Quella lapide attende ancora oggi di essere ripristinata. Anche questo è un segno dei tempi barbari che viviamo.
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